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Menzogna, paura, sospetto, tradimento, vendetta, pentimento. Il nuovo lavoro del regista David Fincher, Gone girl – l’amore bugiardo, tratto dal romanzo di Gillian Flynn (e sceneggiato da quest’ultimo ndr), è un thriller con risvolti noir serrato, chirurgico, senza sbavature. Fincher è tornato, e con esso la sua messinscena più cupa, come già in Zodiac o Seven, senza sconti, lavorando di cesello e di suggestioni. Gone girl porta sullo schermo la vita matrimoniale di una coppia in difficoltà, tra le vicissitudini familiari e le avversità lavorative; Nick Dunne, interpretato da Ben Affleck e la moglie Amy, Rosamund Pike, sono giunti al loro quinto anniversario, giorno in cui lei scompare lasciando dietro di sé soltanto un tavolino da salotto rovesciato e tracce di sangue frettolosamente ripulite in cucina. Il resto è lo snodo del canovaccio, che narra e dissimula, senza sapere, molte volte, dove si ponga il confine tra verità e menzogna. Dopo un inizio più canonico ed ordinario, dove si vede meno la mano registica fincheriana, si passa a quello che il cineasta americano sa fare con maggior maestria: costruire una narrazione in cui lo spettatore si addentra, (in)consapevole che presto le strutture rodate e le previsioni più ovvie saranno inesorabilmente destinate a saltare. Questo è Fincher, che fagocita e si fagocita, cita e si autocita, con un’ipertestualità evidentissima. Da rimandi Hitchcockiani a The Game, da Millennium – uomini che odiano le donne a The social network, Gone girl è un turbinio di rinvii a personaggi già sviscerati in passato, a tematiche trattate di petto, ma senza diventare mai didascalico o ripetitivo, tantomeno prevedibile. Una Rosamund Pike che fa inneggiare alla rivelazione; una iniziale voce narrante che fa presagire il divenire e lo sguardo di Amy dritto in macchina. Gone girl rappresenta un lavoro di altissimo profilo con una critica sapida alle convenzioni sociali, ai mass-media che tutto estremizzano ed esasperano, alla volubilità dell’opinione pubblica. Il punto di vista del narratore è ingannevole e cangiante, conferendo un senso di smarrimento e di dubbio.
Un film caldamente consigliato.
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antonio montefalcone
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sabato 3 gennaio 2015
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le vere relazioni umane, dissolte nel nulla…
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Il film, tratto dall'omonima opera sceneggiata dalla stessa autrice del libro, Gillian Flynn, è un intrigante mix di thriller, farsa e dramma morale, dove regia, fotografia, ritmo, dialoghi e colpi di scena (troppi?) si amalgamano con efficacia. I diversi registri, toni e atmosfere della pellicola sono tutti finalizzati a disegnare un interessante e cupo ritratto delle relazioni umane (sia matrimoniali, che sociali) in un mondo, quello occidentale, malato di protagonismo e vanità. I rapporti sono retti da menzogne, doppiezze e ipocrisie, e l’essenza delle cose è barattata con l’apparenza. Dietro il rompicapo poliziesco dello script, ottimamente scritto e congegnato, si svela un’inquietante messinscena di inganni e illusioni, nonché un’amara descrizione di pulsioni narcisistiche individuali e collettive fagocitate da media e social network, in un rapporto di reciproche influenze, catalizzatore e senza via d’uscita.
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Il film, tratto dall'omonima opera sceneggiata dalla stessa autrice del libro, Gillian Flynn, è un intrigante mix di thriller, farsa e dramma morale, dove regia, fotografia, ritmo, dialoghi e colpi di scena (troppi?) si amalgamano con efficacia. I diversi registri, toni e atmosfere della pellicola sono tutti finalizzati a disegnare un interessante e cupo ritratto delle relazioni umane (sia matrimoniali, che sociali) in un mondo, quello occidentale, malato di protagonismo e vanità. I rapporti sono retti da menzogne, doppiezze e ipocrisie, e l’essenza delle cose è barattata con l’apparenza. Dietro il rompicapo poliziesco dello script, ottimamente scritto e congegnato, si svela un’inquietante messinscena di inganni e illusioni, nonché un’amara descrizione di pulsioni narcisistiche individuali e collettive fagocitate da media e social network, in un rapporto di reciproche influenze, catalizzatore e senza via d’uscita. Degne di nota anche l'interpretazione di Rosamund Pike e la musica.
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