Lettere da Iwo Jima |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Shido Nakamura, Tsuyoshi Ihara, Ryo Kase.
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Titolo originale Letters From Iwo Jima.
Drammatico,
durata 142 min.
- USA 2006.
- Warner Bros Italia
uscita venerdì 16 febbraio 2007.
MYMONETRO
Lettere da Iwo Jima
valutazione media:
4,13
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Suggestiva celebrazione della dignità umanadi Nick SimonFeedback: 2964 | altri commenti e recensioni di Nick Simon |
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giovedì 29 agosto 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Solo un regista, e prima ancora un uomo, dotato di umanità ed equilibrio come Clint Eastwood poteva finalmente far riflettere sulla necessità di conoscere e comprendere il proprio nemico, sul dovere di rispettare ogni cultura e sull’impossibilità di definire il bene e il male in senso assoluto. Insieme a “Flags of our Fathers” il film analizza le vicende che fecero da contorno alla battaglia di Iwo Jima, in questo caso dal punto di vista giapponese. Come di consueto, Eastwood unisce il suo stile registico pulito e asciutto alla profondità dell’indagine psicologica. Senza farsi giudice delle vicende narrate, e rifiutando ogni sensazionalismo, egli rende giustizia ad entrambi gli schieramenti. La condanna verso la guerra non si esprime attraverso il paternalismo o la retorica pacifista, bensì grazie alla contrapposizione tra l’ottuso fanatismo di alcuni militari e la speranza dei soldati, in un grandioso inno ai valori della vita. Le scene di combattimento sono girate perfettamente, ma non è questo il fulcro della storia; ciò che conta è l’animo dei personaggi. Al di là di ogni differenza politica o culturale, i protagonisti sono uomini uguali ma nascosti dietro uniformi di colore diverso: le lettere scritte dai soldati giapponesi e sepolte nella grotta sono identiche a quelle scritte dai soldati americani. È anche il generale Kuribayashi (l’ottimo Ken Watanabe), figura contradditoria ma giudiziosa, a fare da portavoce di questo concetto semplice ma fondamentale. La grandezza del cinema di Clint Eastwood sta nella sua capacità di emozionare, far meditare e anche soffrire lo spettatore, bilanciando la potenza del messaggio con la delicatezza narrativa e la sottigliezza psicologica. È un cinema che predilige il chiaroscuro, i contrasti, la penombra. La fotografia più che mai desaturata di Tom Stern è, in questo caso, metafora della condizione dei soldati: svuotati e turbati nell’intimo, così come le immagini sono private del colore. Struggente la colonna sonora.
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