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                A SERIOUS MAN
 CRITICA DI: Diego Pigiu III
 VOTO: 5
 
 (cito si seguito la critica di Boris Sollazzo in quanto rispecchia
 esattamente quello che penso, quindi non avendo parole migliori uso a
 mio consumo queste)
 
 "Coenismo" allo stato puro
 di Boris Sollazzo
 
 "Ci sono registi che vengono amati e odiati con
 pregiudiziale faziosità. Il massimo esponente di questa corrente
 cinematografica, se vogliamo chiamarla così, attualmente è Lars Von
 Trier, che su questo ha giocato molto, costruendoci, di fatto, una
 carriera e una reputazione. Sulla buona strada stanno anche i fratelli
 Coen, virtuosi della regia e dell'immagine, abili raccontatori di storie
 che spesso non hanno bisogno di argomenti o spunti perchè il loro
 talento sa ben nascondere l'assenza di contenuti o motivi validi per
 rimanere davanti allo schermo.
 Se sai creare fumo come nessun altro, in fondo, a cosa ti serve
 l'arrosto? Forse a non far scoprire la tua furbizia, se è vero che sia
 lo spettatore (di nicchia, da sempre un appassionato) e il critico
 possono divertirsi e soprassedere sugli esercizi di stile di una
 commedia riuscita e brillante come Burn after reading , è molto più
 difficile resistere di fronte all'autorialismo estremo di A serious man ,
 accozzaglia di scene, riflessioni pseudofilosofiche e paradossi e
 parossismi religiosi che cercano disperatamente un senso, sapendo di non
 averlo. Tanti carneadi come attori- bravissimi Adam Arkin, Michael
 Stuhlbarg e Richard Kind- la pellicola è una sorta di bozza di
 autobiografia dei due fratelli, che raccontano, con inserti di assurdo e
 altre perle di saggezza cabalistica (da bar dello sport, però), la
 comunità ebraica anni '60 dove sono cresciuti. Come una partita a poker,
 non cercando nè volendo una struttura- ormai sono troppo prolifici e
 forse pigri per (ri)finire un intero film- i due registi non fanno che
 bluffare, con le armi loro rimaste (detrattori o fans concorderanno sul
 fatto che Arizona Junior e Fargo siano inarrivabili): un'ironia
 malinconica sempre efficace, un maschilismo ben nascosto (vedi la scena
 "erotica" da commediasexi all'italiana con la vicina di casa), un gioco
 etico ed etnico sulle origini e le tradizioni che tanto li avvicinano al
 Woody Allen più nichilista. Molti gridano al capolavoro, ipnotizzati
 dai movimenti di macchina e dal finale "estremo". Il cinema moderno ha
 la pessima abitudine di ricompensare in ritardo i suoi maestri. Non
 premi, quindi ma risarcimenti. Vale molto spesso per l'Oscar, che forse
 ai Coen ha pure dato alla testa."
 
 
 Da Liberazione, 4 dicembre 2009
 
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