Tra Almodóvar e Lars von Trier, tra Lanthimos e Cocteau. E persino con un’ombra di Paolo Virzì. Ogni episodio è denso di emozione, tensione, ossessione. Dal 12 maggio in streaming su MYmovies ONE.
di Giovanni Bogani
Tra Almodóvar e Lars von Trier, tra Lanthimos e Cocteau. E persino con un’ombra di Paolo Virzì. No, neanche così riesci a dare l’idea della forza disturbante e possente di La Mesías, serie spagnola che sarà disponibile in streaming dal 12 maggio su MYmovies ONE, dopo il passaggio ai festival Sicilia Queer Filmfest e a La Nueva Ola. La serie è un groviglio di temi, che è dramma familiare, racconto di ossessioni e fanatismi religiosi, horror, sci-fi su incontri con alieni.
Già. Di che cosa parla La Mesías? Di traumi infantili devastanti, di una madre sbandata, di due fratelli che crescono tra cicatrici del corpo e dell’anima. Di un gruppo di sorelle che fanno video pop cristiani che diventano virali – cosa, peraltro, realmente accaduta in Spagna.
Dio come prigionia, come tenebra, come ossessione. Il fanatismo religioso che si unisce al patriarcato, e crea una famiglia che vive reclusa, in una casa/carcere dove l’unico libro ammesso è la Bibbia. Religione e patriarcato che si incontrano, e una madre disturbata che ama i suoi figli di un amore tossico. Riunioni, di notte in cima a una montagna, di gente che crede di essere in contatto con gli alieni…
Se leggi un coacervo di trama del genere, non sei sicurissimo che ne possa venire fuori qualcosa di buono. E invece, accidenti se sì. Ogni momento di La Mesías è denso di emozione, tensione, ossessione. La hanno ideata, scritta, diretta e prodotta da Javier Ambrossi e Javier Calvo, due giovani registi spagnoli impostisi all’attenzione internazionale con la serie HBO Veneno, biopic sulla cantante transgender Cristina Ortiz Rodriguez. Giovani – quarant’anni l’uno, trentatré anni l’altro – i due Javier sono anche una coppia nella vita. Nella serie, dicono, hanno inserito molti elementi autobiografici. E certo, devi averle vissute certe cose, per raccontare episodi con questa temperatura emotiva,a questo grado di fusione del dolore.
È una madre al centro di tutto. Una madre inquieta, bella, disperata, confusa, costantemente in fuga. Una madre che scappa dal marito violento portandosi dietro i figli, come la Micaela Ramazzotti de La prima cosa bella di Paolo Virzì. Una madre che assicura ai suoi bambini che il futuro sarà bellissimo: e li sprofonda, invece, nell’incubo. Manipolatrice e manipolata, continuamente al limite. Ubriaca, tossica, finita a prostituirsi, una madre che impedisce ai figli di andare a scuola, una madre innamorata del figlio – e tuttavia, lo costringe a vedere tutto lo sfacelo possibile e immaginabile. Una madre che non controlla mai i suoi nervi, una madre meravigliosamente interpretata, negli episodi che la mostrano giovane, da Ana Rujas, e in seguito con altrettanta potenza da Lola Dueñas e Carmen Machi.
Già, perché la costruzione narrativa è un ottovolante fra epoche: la timeline è continuamente spezzata, si va continuamente avanti e indietro, a scavare in una memoria che sembra un magma avvelenato, un ribollire feroce di dolori. Allo spettatore viene consegnato uno specchio rotto, nel quale riconoscersi.
Bravi i due registi, anche se non erano nati, nel ricostruire la Spagna post franchista, fra colori arancio da vecchia pellicola Ferrania, magliettine a righe, piastrelle di ceramica da poco prezzo. E non è estraneo all’effetto di credibilità il fatto che le sequenze dei flashback siano state effettivamente girate su pellicola, mentre quelle ambientate nel presente siano girate con telecamere digitali. E all’impasto visivo si mescolano anche riprese da videocamera anni ’80, e i video pop cristiani con un’estetica furiosamente Kitsch che appaiono di tanto in tanto. I due Javier – Los Javis, come li chiamano in Spagna – non hanno paura di mescolare, ibridare, sporcare, graffitare la loro opera.
Una madre, dicevamo, al centro di tutto. Ma anche due fratelli, il maggiore perdutamente innamorato della mamma in caduta libera nell’esistenza, e la sorella che cerca di ignorare i traumi che anche lei ha vissuto. Attori tutti superlativi. In Spagna, dove è stata distribuita su Movistar Plus+ nel 2023, la serie ha vinto sei Feroz Awards, fra cui quello per la migliore serie drammatica. A nostro giudizio, è una delle più originali, feroci, memorabili serie degli ultimi anni.