francesca meneghetti
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sabato 29 giugno 2024
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un'anna magnani mediorientale
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Fremont è una città della California, a circa un’ora di strada da San Francisco. Viene chiamata Little Kabul, perché vi si concentra la comunità degli afgani rifugiati negli States, quasi 70.000. Qui vive, in una specie di casa di ringhiera (poche stanze affacciate su un ballatoio), una giovane donna, Donya, che nel suo Paese faceva da interprete per conto dell’esercito americano prima dell’arrivo dei talebani: ragion per cui è dovuta fuggire, abbandonando la famiglia. Poiché questo suo passato le suscita ostilità presso alcuni connazionali, preferisce lavorare a San Francisco, in una fabbrica di biscotti gestita da una coppia di cinesi (lui saggio e amichevole, lei stronza). Buona parte del film, girato in BN, si svolge appunto in fabbrica, tra i macchinari.
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Fremont è una città della California, a circa un’ora di strada da San Francisco. Viene chiamata Little Kabul, perché vi si concentra la comunità degli afgani rifugiati negli States, quasi 70.000. Qui vive, in una specie di casa di ringhiera (poche stanze affacciate su un ballatoio), una giovane donna, Donya, che nel suo Paese faceva da interprete per conto dell’esercito americano prima dell’arrivo dei talebani: ragion per cui è dovuta fuggire, abbandonando la famiglia. Poiché questo suo passato le suscita ostilità presso alcuni connazionali, preferisce lavorare a San Francisco, in una fabbrica di biscotti gestita da una coppia di cinesi (lui saggio e amichevole, lei stronza). Buona parte del film, girato in BN, si svolge appunto in fabbrica, tra i macchinari. Donya, che è molto sola, ma determinata, si rivolge ad uno psicologo perché non riesce a dormire. Il professionista, dopo averla studiata, la prende in simpatia e la interroga sul suo passato, sui traumi che l’hanno segnata, ma la ragazza appare laconica, se non reticente. Allora, per penetrare nel suo mondo di persona solitaria e sradicata (poche le amicizie: una collega, un vecchio dove cena la sera, un coinquilino che la sera fuma nel ballatoio guardando le stelle), lo psicologo le racconta la trama di Zanna Bianca, finito tra i cani essendo per trequarti lupo. Una storia di emarginazione, ma anche di riscatto. Un fortuito cambio di mansioni al lavoro, porta Donya a dover scrivere i bigliettini che accompagnano i biscotti della fortuna, distribuiti nei ristoranti cinesi. Ispirata dai colloqui con lo psicologo, fra le tante frasi, che ricordano un po’ quelle dei baci Perugina, Donya scrive una sorta di SOS. Il caso dispone le cose in modo diverso dalle sue aspettative, ma la ragazza ha l’intelligenza di non opporsi alla sorte, anzi di assecondarla, incrociando la vita di Daniel, un meccanico americano solitario come lei. Fremont, diretto da Babak Jalali (iraniano e british), e sceneggiato da Carolina Cavalli, è un film delicato, che coinvolge senza strappare le lacrime, e ci introduce in una storia di immigrazione diversa dalle solite. Anaita Wali Zada, è un’interprete notevole, soprattutto per intensità dello sguardo che ricorda quello di Anna Magnani (senza occhiaie). Ma apprezzabili anche quelle di Daniel, interpretato da Jeremy Allen White (prescelto per il biopic su Springsteen), dello psicologo (Gregg Turkington), dell’imprenditore cinese (Eddie Tang).
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cardclau
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domenica 22 settembre 2024
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la vita umana può essere sorprendente
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Babak Jalili nel film Fremont riflette sulle vite di alcuni profughi afgani portati negli Stati Uniti quando l’esercito di quegli stessi Stati Uniti, andati in Afganistan per portarci la democrazia, dopo aver causato della distruzione supplementare, se erano scappati frettolosamente in una resa non dichiarata, lasciando il paese in condizioni peggiori di come l’avevano trovato. In realtà il regista iraniano affronta un altro aspetto, particolarmente complesso, per certi versi inquietante: quali eventi della vita precedente possono essere elaborati, riportati alla coscienza e quindi pacificati; e quali eventi risultano inelaborabili, da tenere nei sotterranei della coscienza pena la frantumazione della personalità.
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Babak Jalili nel film Fremont riflette sulle vite di alcuni profughi afgani portati negli Stati Uniti quando l’esercito di quegli stessi Stati Uniti, andati in Afganistan per portarci la democrazia, dopo aver causato della distruzione supplementare, se erano scappati frettolosamente in una resa non dichiarata, lasciando il paese in condizioni peggiori di come l’avevano trovato. In realtà il regista iraniano affronta un altro aspetto, particolarmente complesso, per certi versi inquietante: quali eventi della vita precedente possono essere elaborati, riportati alla coscienza e quindi pacificati; e quali eventi risultano inelaborabili, da tenere nei sotterranei della coscienza pena la frantumazione della personalità. Pur nella drammaticità dell’argomento non si cade mai nella disperazione, assistiamo invece al fatto che la vita umana può essere stupefacente. Così per la brava protagonista Donya (Anaita Wali Zada), ragazza afgana, che si relaziona con lo psichiatra Dr. Antony (Gregg Turkington), per averne dei sonniferi, con la fissa di Zanna Bianca, capace di interventi dolci e teneri. Che si relaziona con Joanna (Hilda Schmelling), una collega di lavoro, sfortunata negli appuntamenti amorosi ma ricca di consigli a riguardo. Che si relaziona col timido meccanico Daniel (Jeremy Allen White), al quale porta in regalo un apprezzato cervo stampato, forse preludio di una storia d’amore.
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