lovemovies
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mercoledì 27 settembre 2023
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non basta dire che è colpa degli anni 70
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Il film ricorda perfettamente la ripartizione classica in primo e secondo tempo, quando si accendevano le luci della sala e passavano quelli che vendevano le patatine. Come negli anni 70, per l'appunto. Soltanto che in realtà sembra di assistere a due proiezioni, due mezzi film di cui il secondo tempo non ha attinenza col primo. Penso che sia limitativo addossare sempre le colpe di quel che accade, alla società corrotta, bugiarda e viziata. Non è un rapporto omosessuale di un padre di famiglia o il libertinaggio di una madre arrapata a determinare la crescita di un mostro. Qui addirittura di mostri ce ne sono tre, più altri occasionali mostriciattoli di più modesta categoria.
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Il film ricorda perfettamente la ripartizione classica in primo e secondo tempo, quando si accendevano le luci della sala e passavano quelli che vendevano le patatine. Come negli anni 70, per l'appunto. Soltanto che in realtà sembra di assistere a due proiezioni, due mezzi film di cui il secondo tempo non ha attinenza col primo. Penso che sia limitativo addossare sempre le colpe di quel che accade, alla società corrotta, bugiarda e viziata. Non è un rapporto omosessuale di un padre di famiglia o il libertinaggio di una madre arrapata a determinare la crescita di un mostro. Qui addirittura di mostri ce ne sono tre, più altri occasionali mostriciattoli di più modesta categoria. Troppo semplice prendersela anche con una scuola di religiosi, perché uno, la notte, girava in cerca di prostitute. Belve si può diventare, ma si può pure nascere. Questi del film lo nacquero. Piuttosto parlerei del branco, del clima di complicità che si instaura fra giovani che tutto fanno meno che evitare gli eccessi.D'accordo che la giovinezza fa credere di essere invincibili mentre invece si è più deboli che mai, ma qui c'erano due soli posti utili per siffatta gioventù: l'ospedale psichiatrico e la galera. Ci sono arrivati per direttissima, lasciando però alle spalle l'orrore. Non si può certo dire che la regia si sia scostata di fronte a tale violenza. Direi piuttosto che ci ha indugiato sopra, quasi che lo spettatore dovesse ricorrere agli antistaminici, come l'ispettore Block quando arriva sul luogo del crimine. Quegli anni 70 li ho vissuti anch'io e nego che il clima politico influenzasse le mie giornate e le mie scelte, così come nego un diffuso esasperato maschilismo. Non siamo finiti tutti nelle patrie galere. Tecnicamente il lavoro della regia e degli attori è buono, ma rimane un film a due tempi, di cui la prima parte non lega con la seconda e nemmeno la giustifica.
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capitano666
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mercoledì 20 settembre 2023
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due ore di vita che non riavrò
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Film lento, noioso, dalla cronologia caotica, mal girato, e mal recitato come solo i film italiani degli ultimi 20 anni sanno essere.
Peccato perché sull'episodio ci si sarebbe potuto girare un bel thriller.
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elvio pons
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martedì 29 agosto 2023
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estremamente deludente
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Mediocrità. Tema comunque già visto e rivisto( società borghese, figli senza ideali ecc). Ma per fortuna la realtà di quel periodo era ben diversa. Sceneggiatura insufficiente come la musica.
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frenky 90
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martedì 27 giugno 2023
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el sueño de la razón produce monstruos
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Ne “La scuola cattolica” la violenza è suggerita. La camera non indugia sul corpo inferto ma sulle
conseguenze che ha sulla vittima. Vittima che, come ci dice il cammeo del sempre memorabile
Fabrizio Gifuni, stavolta nei panni del professor Golgota, non sempre è il percosso ma spesso lo
stesso carnefice, per usare le sue parole, lo stesso aguzzino. Lungi da noi, dall’opera di Mordini e da
quella da cui deriva di Albinati giustificarne gli indifendibili esecutori per carità mancherebbe altro.
Ma il film ci dice che spesso chi compie il male, nel malsano ambiente in cui nasce, lo fa per
“diventare uomo”, perché crede di doverci passare per poi un domani compiere il proprio destino in
una fantomatica retta via, pallida ostentazione di un falso “bene”.
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Ne “La scuola cattolica” la violenza è suggerita. La camera non indugia sul corpo inferto ma sulle
conseguenze che ha sulla vittima. Vittima che, come ci dice il cammeo del sempre memorabile
Fabrizio Gifuni, stavolta nei panni del professor Golgota, non sempre è il percosso ma spesso lo
stesso carnefice, per usare le sue parole, lo stesso aguzzino. Lungi da noi, dall’opera di Mordini e da
quella da cui deriva di Albinati giustificarne gli indifendibili esecutori per carità mancherebbe altro.
Ma il film ci dice che spesso chi compie il male, nel malsano ambiente in cui nasce, lo fa per
“diventare uomo”, perché crede di doverci passare per poi un domani compiere il proprio destino in
una fantomatica retta via, pallida ostentazione di un falso “bene”. E’ bene infatti il tessuto sociale in
cui i nostri protagonisti crescono. E’ bene la via che credono di seguire i loro genitori quando li
iscrivono alla scuola cattolica di cui sopra e soffocano le marachelle dei figli a suon di donazioni
pasquali alla luce del sole e cinghiate nel buio delle quattro mura domestiche. E’ bene il quartiere
che quelle quattro mura contiene. E’ bene che chi ci vive abbia il portafogli e il boxer gonfio, l’uno
ingrossato da una ricchezza familiare che gli permetterà inopinatamente di maneggiare pistole e
macchine grandi come astronavi, mazzi di chiavi che aprono ville al mare per adescare e fare
impressione, l’altro da una repressione sistematica di ogni istinto animalesco che non può che
sfogarsi in modo malsano. E’ bene che a un uomo “non piaccia il cazzo” e faccia di tutto per
dimostrare al suo branco ululante quanto gli piacciono le donne. Così come nel romanzo il tono
sfugge (non per vigliaccheria) dalla cronaca e dipinge un affresco di una generazione vissuta in
prima persona dall’autore. Tutta la prima parte del film, quindi, è la più interessante, quella in cui “i
nostri eroi” ci vengono dipinti come attori di un sistema che ne stritola le carni, tarpando le ali non
solo a ogni possibile sogno ma soprattutto a una qualsivoglia forma di umanità. I giovani che
animano questa metà anni ‘70 alto-borghese capitolina non sanno letteralmente dove andare,
operano il bullismo per noia convenzionale, l’omofobia per ignoranza, il sesso per immaginazione.
“Sarebbe stato meglio non averla direttamente, una sessualità” afferma a un certo punto uno dei
nostri ragazzi. La religione laddove non si tramuta in ipocrisia, nella figura ad esempio del prete che
va a prostitute, ha la funzione di fungere da ulteriore tappo e di reprimere ancor di più contribuendo
a creare un mostro che la mattina si confessa e la sera si sfoga in una setta satanica, o, ancor peggio,
nei tristi fatti noti del finale. La violenza, si diceva. Il suggerimento della stessa di cui si disquisiva
all’inizio sta in una mano che trattiene una ragazzina da impressionare davanti al timido fratello per
poi lasciarla andare, in una leggera spinta che precede il peggio sulla spalla del compagno di classe
omosessuale, letteralmente messo in mezzo con la scusa di giocare a rievocare un dipinto, in
un’adolescente oggettificata nel più bieco modo da un diciottenne in motocicletta, in un volto
sprezzante (ottimo il cast di tutti i ragazzi, perfettamente credibili e calati nella parte) davanti a un
professore che contesta un tema su Adolf Hitler. Parlare del massacro del Circeo è dolorosissimo,
ma necessario. Chi vi scrive non ha vissuto in quella generazione e ne viene a conoscenza
solitamente in maniera incidentale. Il merito di film come questo è di far tornare in auge i fatti, sia
per operare un doveroso seppur sempre triste omaggio alle vittime, ma soprattutto come monito
“che questo è stato” a imperitura memoria. I cartelli finali che informano chi ha dai quaranta in giù
che fino a quel dì lo stupro era considerato reato morale e non contro la persona devono stupefare e
indignare, spingere a fare perché mai più si ripeta attraverso un’educazione vera, soprattutto di chi è
negli anni sperduti di chi ha compiuto ciò che, con chiarezza documentaristica stavolta sì, si può
purtroppo ben vedere nella conclusione.
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spione
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sabato 28 gennaio 2023
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l'ambivalenza del rapporto sado-masochista: un tema che va oltre le possibilità di mordini.
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A parte una manciata di instant movies ad esso ispirati più o meno apertamente (e oggi dimenticati), "La scuola cattolica" è il primo film a raccontare il raccapricciante episodio noto come "massacro del Circeo", e la circostanza che arrivi a quasi mezzo secolo dai fatti la dice lunga su quanto l'argomento sia stato e continui a risultare ostico. La sceneggiatura è ispirata all'omonimo romanzo di Edoardo Albinati, un testimone diretto cresciuto nell'humus in cui maturarono quella ed altre nefandezze che insanguinarono il decennio più violento della seconda metà del secolo scorso (mai sottovalutare gli effetti perversi del pan-ideologismo!). Mordini - il regista - ne trae un'opera tutto sommato interessante, che ha al suo attivo una serie di buone prove attoriali (sia dei giovani quasi sconosciuti che interpretano i ruoli principali, sia dei colleghi più affermati - Scamarcio, Gifuni, Golino, Trinca, Cervi - che li affiancano) e una non banale descrizione del contesto, segnato da violenza, latitanza dei valori, ipocrisia perbenista e latitanza degli adulti, che ha "partorito i mostri".
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A parte una manciata di instant movies ad esso ispirati più o meno apertamente (e oggi dimenticati), "La scuola cattolica" è il primo film a raccontare il raccapricciante episodio noto come "massacro del Circeo", e la circostanza che arrivi a quasi mezzo secolo dai fatti la dice lunga su quanto l'argomento sia stato e continui a risultare ostico. La sceneggiatura è ispirata all'omonimo romanzo di Edoardo Albinati, un testimone diretto cresciuto nell'humus in cui maturarono quella ed altre nefandezze che insanguinarono il decennio più violento della seconda metà del secolo scorso (mai sottovalutare gli effetti perversi del pan-ideologismo!). Mordini - il regista - ne trae un'opera tutto sommato interessante, che ha al suo attivo una serie di buone prove attoriali (sia dei giovani quasi sconosciuti che interpretano i ruoli principali, sia dei colleghi più affermati - Scamarcio, Gifuni, Golino, Trinca, Cervi - che li affiancano) e una non banale descrizione del contesto, segnato da violenza, latitanza dei valori, ipocrisia perbenista e latitanza degli adulti, che ha "partorito i mostri". I limiti sono di ordine più strutturale, nel senso che forse non ci si sarebbe potuti aspettare dal regista un'analisi più calata in profondità della psicologia dei personaggi per sondare con maggior profitto gli abissi della loro aberrante amoralità. Non per caso - quando ci tenta - fallisce: vedasi la scena assai poco convincente in cui il professore illustra agli studenti una "Flagellazione" (di Signorelli?) per cercare di dar conto del complesso (ambivalente) rapporto tra vittima e carnefice. Proprio quella scena, tra l'altro, insieme a quelle dell'efferato scempio finale, era valsa al film un iniziale divieto ai minori di 18 anni ?? (poi riportato a 14 dopo alcuni tagli ??). Un vero peccato, perché l'argomento sarà pure tra i più complessi, spinosi e fraintendibili esistenti, ma se affrontato con la dovuta pazienza e capacità di analisi è in grado di raccontarci molte cose sul "fascismo latente" che infetta da sempre la società italiana e su uno dei suoi frutti più velenosi: la violenza di genere, oggi chiamata con un brutto termine "femminicidio". Resta pur sempre ovvio, però, che tessere una tela così delicata in un film destinato al grande pubblico genererebbe solo quel miscuglio di incomprensioni, strumentalizzazioni e sterili polemiche a cui ultimamente siamo purtoppo assuefatti, e a cui mi ostino a preferire il silenzio. Se volete sapere se vale la pena di vederlo, la risposta è sì. Con l'avvertenza forse superflua che è un vero e proprio pugno nello stomaco.
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xerox
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domenica 22 gennaio 2023
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se...
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Se la realtà processuale è la stessa della realtà del film, questi tre mostri non avrebbero più avuto nessun diritto di vivere.
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paolorol
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giovedì 19 gennaio 2023
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occasione sprecata
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Izzo era un mostro fascista che ha poi ammazzato altre due donne. Era un mostro perchè fascista o è diventato fascista perchè era un mostro? Il regista sembra propendere per la seconda opzione, descrivendolo come un soggetto affetto da un grave disturbo di personalità antisociale e non si sbilancia politicamente, limitandosi ad annaspare fra le infinite pagine del romanzo di Albinati. Ed il naufragar gli è inevitabile in quel mare.. Il risultato è un film sbilanciato e traballante, noioso e lento come le fiction televisive. L'ultima mezzora prende le distanze dal libro e sembra compiacere la morbosità voyeurista degli spettatori, mettendo in scena immagini crude del massacro.
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Izzo era un mostro fascista che ha poi ammazzato altre due donne. Era un mostro perchè fascista o è diventato fascista perchè era un mostro? Il regista sembra propendere per la seconda opzione, descrivendolo come un soggetto affetto da un grave disturbo di personalità antisociale e non si sbilancia politicamente, limitandosi ad annaspare fra le infinite pagine del romanzo di Albinati. Ed il naufragar gli è inevitabile in quel mare.. Il risultato è un film sbilanciato e traballante, noioso e lento come le fiction televisive. L'ultima mezzora prende le distanze dal libro e sembra compiacere la morbosità voyeurista degli spettatori, mettendo in scena immagini crude del massacro. Ho letto una recensione di un utente che afferma di essersi masturbato sul divano eccitandosi di fronte a scene che per lui rappresentano un "sano erotismo sadomasochista". La narrazione horror è quasi assente nel romanzo ma nel film diventa, a quanto pare, la ricompensa finale per chi si è sorbito pazientemente una prima parte descrittiva che in realtà serve solo da giustificazione e da preparazione per immagini da Colosseo. I mostri sono fra noi, più ora di allora. La descrizione del milieu è banalizzata e piena di stereotipi. Famiglie sbandate, istituzione scolastica marcia e farisea, ipocrisie e vuoto esistenziale. Un terreno di coltura per mostri. Non c'è nessuna suspence in questo film e non si può invocare come giustificazione il fatto che il finale sia noto. Il regista non è un artista ma un artigiano che si preoccupa non già di essere fedele al testo ed al senso del romanzo ma di attirare quanti più spettatori possibile applicando sfruttate tecniche commerciali. La recitazione, in particolare quella del protagonista, è buona. La ricostruzione degli ambienti pure. Peccato che manchi tutto il resto, e non è poco..
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gurthang
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lunedì 5 settembre 2022
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ideologizzato, unilaterale e inverosimile
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La parte migliore del film è la ricostruzione degli ambienti, dei vestiti ecc. Per il resto non mi è piaciuto affatto. Ecco i punti critici:
1) l’impostazione sinistrorsa contraria alla “educazione cattolica” e il perbenismo borghese. Si vede che ora che quel mondo si è dissolto, metà dei bambini viene tirato su dalla sola mamma e la sQuola è ridotta a un parcheggio garantito a cani e porci abbiamo risolto il problema della criminalità. Proprio al contrario lo sfacelo che abbiamo dinanzi agli occhi è il risultato diretto dello sgretolamento di quel mondo fatto di valori ancora semisolidi e di quel perbenismo ipocrita che rappresenta(va) la forma più sana di educazione dei giovani e di gestione della società;
2) di conseguenza manca quasi completamente un approfondimento psicologico individuale, che dovrebbe rappresentare l’aspetto quintessenziale della pellicola;
3) si vede che gli autori non hanno contatto diretto coi ragazzi in età scolare.
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La parte migliore del film è la ricostruzione degli ambienti, dei vestiti ecc. Per il resto non mi è piaciuto affatto. Ecco i punti critici:
1) l’impostazione sinistrorsa contraria alla “educazione cattolica” e il perbenismo borghese. Si vede che ora che quel mondo si è dissolto, metà dei bambini viene tirato su dalla sola mamma e la sQuola è ridotta a un parcheggio garantito a cani e porci abbiamo risolto il problema della criminalità. Proprio al contrario lo sfacelo che abbiamo dinanzi agli occhi è il risultato diretto dello sgretolamento di quel mondo fatto di valori ancora semisolidi e di quel perbenismo ipocrita che rappresenta(va) la forma più sana di educazione dei giovani e di gestione della società;
2) di conseguenza manca quasi completamente un approfondimento psicologico individuale, che dovrebbe rappresentare l’aspetto quintessenziale della pellicola;
3) si vede che gli autori non hanno contatto diretto coi ragazzi in età scolare. I personaggi del film si comportano come giovani sui 22-25 anni: niente schiamazzi, esuberanza, caciara, battute sessuali, volgarità gratuite;
4) Invece d’imbastire una narrazione chiara e lineare il film, in linea colle mode postmoderne, salta da un episodio all’altro offrendo quadretti da cui lo spettatore dovrebbe ricavare il potenziale di violenza instillato o quantomeno non controllato dalle famiglie. Qualunque approccio filmografico che richieda sensibilità proattive da parte dello spettatore mi fa schifo e lo classifico come arte degenerata;
5) L’unica parte che mi è piaciuta è l’ultima mezz’ora, dove mi son goduto un po’ di sano erotismo sadomasochista. Visionando il film dal divano di casa, mi ha dato occasione di sfogare manualmente l’irritazione accumulata nella visione della pellicola. Alla fine il film è servito a qualcosa.
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[+] sano erotismo
(di paolorol)
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felicity
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mercoledì 29 giugno 2022
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un film che tutti dovrebbero vedere
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La scuola cattolica è una grande analisi antropologica e sociologica dei ragazzi di quel tempo, nello specifico della Roma borghese. Un racconto personale dello stesso autore che ha condiviso scuola e amici con i colpevoli del massacro del Circeo. Una storia di ragazzi, che in un contesto diverso avremmo definito di “formazione” ma che qui è di vera deformazione. Una storia in cui l’universo maschile è descritto, indagato, percorso con una lucidità impressionante. Il racconto è costernato da elementi di quegli anni, anni in cui lo schieramento politico era forte e violento e in cui la droga la faceva da padrone anche tra gli adolescenti. La storia di cui si fa testimone per il cinema Mordini è la stessa che si trova nel libro ma con una grande e intelligente differenza.
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La scuola cattolica è una grande analisi antropologica e sociologica dei ragazzi di quel tempo, nello specifico della Roma borghese. Un racconto personale dello stesso autore che ha condiviso scuola e amici con i colpevoli del massacro del Circeo. Una storia di ragazzi, che in un contesto diverso avremmo definito di “formazione” ma che qui è di vera deformazione. Una storia in cui l’universo maschile è descritto, indagato, percorso con una lucidità impressionante. Il racconto è costernato da elementi di quegli anni, anni in cui lo schieramento politico era forte e violento e in cui la droga la faceva da padrone anche tra gli adolescenti. La storia di cui si fa testimone per il cinema Mordini è la stessa che si trova nel libro ma con una grande e intelligente differenza. Non ci sono fascisti dichiarati o abuso di droga visibile. Ci sono però i loro atteggiamenti instabili, pericolosi, estremi. Il lavoro di Mordini e degli autori, oltre che del tutto il cast per la maggior parte esordiente, è veramente equilibrato, lucido, chiaro e riguarda uno schema non dichiarato ma visibilissimo che vede muoversi responsabili e colpevoli.
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lizzy
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giovedì 28 aprile 2022
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coitus interruptus...
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Sicuramente l'impresa del Mordini ardua assai era: condensare circa 1300 pagine di storia in quasi cento minuti di film non è facilissimo.
E infatti i risultati si vedono: a parte il saltellare a cavolo da un periodo ad un altro per poi tornare indietro, accelerare avanti e via dicendo non aiuta lo spettatore.
Se poi ci metti che il film che parte lento ha un'accelerazione solo negli ultimi minuti per mostrare la parte "tosta" di tutta la faccenda riducendola in una specie di "trailer" del fattaccio... beh eccoti servita la "frittata".
Io non credo che così come è stato sceneggiato il film sia veramente utile in caso di cineforum o di semplici riflessioni personali.
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Sicuramente l'impresa del Mordini ardua assai era: condensare circa 1300 pagine di storia in quasi cento minuti di film non è facilissimo.
E infatti i risultati si vedono: a parte il saltellare a cavolo da un periodo ad un altro per poi tornare indietro, accelerare avanti e via dicendo non aiuta lo spettatore.
Se poi ci metti che il film che parte lento ha un'accelerazione solo negli ultimi minuti per mostrare la parte "tosta" di tutta la faccenda riducendola in una specie di "trailer" del fattaccio... beh eccoti servita la "frittata".
Io non credo che così come è stato sceneggiato il film sia veramente utile in caso di cineforum o di semplici riflessioni personali.
Insomma: qua si dice tutto e si dice niente.
Si vuol far credere che si stanno approfondendo i personaggi e il loro ambito familiare, ma poi ben poco ne esce.
Le stesse figure principali tipo quelle di Izzo non sono veramente descritte "realisticamente" e non vengono messe a nudo: Izzo già prima del massacro era stato condannato per stupro mentre qua di tipi che "stavano uscendo dal carcere" se ne distingue forse solo uno nei discorsi dei ragazzi (il Ghira?).
Così come le malefatte dei pariolini (tipo le rapine) non sono forse manco citate (o non me ne sono accorta io) e il loro forte impegno politico non viene completamente specificato.
Per il resto il film non ci dice nulla di nuovo su ambienti e personaggi: situazioni che anche oggi possiamo trovare tranquillamente e che denotano forse una deriva anche peggiore di quei tempi datosi che oggi pare non esistano più veri ideali politici ad infiammare gli animi di certi deficienti e che la tecnologia sta piallando, se possibile, ancor di più sentimenti e pensieri di un certo popolino succube di social, status simbol e protagonismo a tutti i costi.
Il prete che va a prostitute (o trans) lo abbiamo sempre avuto e sempre lo avremo.
Le famiglie che "pagano" per il quieto vivere insegnanti e/o religiosi pure.
Quel che spero è che certe violenze, per quanto ugualmente odiose e in alcuni casi anche pericolose, restino "sulla carta" limitandosi al mero bullismo (digitale o reale che sia) e a piccole schermaglie fra ignoranti.
E che non ci vadano di mezzo delle persone come successo tristemente al Circeo.
E comunque: se il film avesse voluto dare allo spettatore uno spaccato della società di quel tempo e approfondire chi, cosa, come e perchè la parte del massacro avrebbe dovuto esser solo accennata.
Se invece si fosse voluto raccontare proprio quello partendo dal corollario ambientale si è sbagliato egualmente in quanto le scene avrebbero dovuto esser più dettagliate (intendo in generale, non nella parte "truculenta") e alla fine una specie di "cosa è successo dopo" ci sarebbe voluto come il pane...
Ma niente di tutto questo.
Insomma: ho cominciato a vedere il film sperando in qualcosa di più concreto, ma l'accelerazione finale e il troncare il tutto così, di punto in bianco, mi ha lasciato l'amaro in bocca.
Un coito interrotto, appunto...
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