vbelmonti
|
domenica 2 febbraio 2020
|
psicodramma di un grande leader in agonia
|
|
|
|
Una premessa: questo non è un film storico e non ha ambizioni di critica politica. È una bella sceneggiatura con splendidi personaggi, dialoghi memorabili e un'interpretazione formidabile. Sobria e sapiente la messa in scena.
È un'opera molto psicologica e molto molto realistica, sebbene i personaggi siano quasi tutti romanzati. Tratta la vicenda interna e umana di Craxi in modo originale, accurato, direi fenomenologico, assumendo spesso una prospettiva soggettiva (Favino ha dichiarato di essersi davvero immedesimato nella mente del personaggio senza farsi influenzare dalla sua immagine pubblica), con lunghi monologhi e dialoghi che sembrano anch'essi monologhi, o forse sedute di psicoterapia.
[+]
Una premessa: questo non è un film storico e non ha ambizioni di critica politica. È una bella sceneggiatura con splendidi personaggi, dialoghi memorabili e un'interpretazione formidabile. Sobria e sapiente la messa in scena.
È un'opera molto psicologica e molto molto realistica, sebbene i personaggi siano quasi tutti romanzati. Tratta la vicenda interna e umana di Craxi in modo originale, accurato, direi fenomenologico, assumendo spesso una prospettiva soggettiva (Favino ha dichiarato di essersi davvero immedesimato nella mente del personaggio senza farsi influenzare dalla sua immagine pubblica), con lunghi monologhi e dialoghi che sembrano anch'essi monologhi, o forse sedute di psicoterapia. Al centro c'è sempre lui, il Presidente, con la sua indomabile onnipotenza, la sua violenza verbale, l'amarezza rabbiosa del leone ferito. Con la consapevolezza dello statista ma anche tutta la debolezza di un uomo incapace di adattamento, di sottomissione, di autocritica. E poi i non-detti, che superano persino le parole, come la scena in cui lui cambia canale alla TV ignorando la moglie, con la prevaricazione automatica del capofamiglia in una società maschilista e gerarchica. O quando caccia la figlia-vestale, rea di troppo amore accudente, amata e odiata allo stesso tempo in quanto specchio della sua inaspettata, intollerabile dipendenza. Ma mai disprezzata quanto il figlio maschio, brutta copia del padre o, peggio ancora, proiezione della sua parte più debole e insicura.
Insomma, tutto il film ruota intorno e dentro alla mente di Craxi, personaggio complesso, sincero fino all'offesa, figura emblematica del grande statista in agonia ma anche unica nelle sue caratteristiche personologiche. E l'ossessione che tutti gli altri personaggi sembrano avere per lui, Monsieur le Président, rappresenta bene l'ossessione del gruppo per il capo carismatico, o l'ossessione della massa per il leader autoritario.
La riflessione politica è ai margini del film, ma non può che scaturirne con forza. Ad esempio non si può fare a meno di ragionare sul rapporto fra ambizione personale e rivoluzione, fra onnipotenza e leadership, fra paranoia e damnatio memoriae.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a vbelmonti »
[ - ] lascia un commento a vbelmonti »
|
|
d'accordo? |
|
enzo70
|
venerdì 11 settembre 2020
|
imponente ritratto della decadenza di un paese
|
|
|
|
I ritratti dei protagonisti della politica italiana proposti nelle sale cinematografiche italiani sono sbiaditi, scontati, pregni del qualunquismo del dibattito politico e culturale. Non è così, invece, per questo film in cui Amelio racconta gli ultimi anni di esilio, non dorato, di Craxi ad Hammamet. Lo fa con l’ausilio di un sempre più incredibile Pierfrancesco Favino che interpreta in maniera esemplare la latitanza di Craxi. Il termine latitanza no andrebbe riferito allo status giuridico del leader del partito socialista, ma allo stato di diritto che ha ceduto il passo ad un sistema di polizia, in cui i processi venivano celebrati senza alcuna tutela giuridica, adoperando il carcere come strumento coercitivo per estorcere confessioni.
[+]
I ritratti dei protagonisti della politica italiana proposti nelle sale cinematografiche italiani sono sbiaditi, scontati, pregni del qualunquismo del dibattito politico e culturale. Non è così, invece, per questo film in cui Amelio racconta gli ultimi anni di esilio, non dorato, di Craxi ad Hammamet. Lo fa con l’ausilio di un sempre più incredibile Pierfrancesco Favino che interpreta in maniera esemplare la latitanza di Craxi. Il termine latitanza no andrebbe riferito allo status giuridico del leader del partito socialista, ma allo stato di diritto che ha ceduto il passo ad un sistema di polizia, in cui i processi venivano celebrati senza alcuna tutela giuridica, adoperando il carcere come strumento coercitivo per estorcere confessioni. Ma Amelio è bravo a non dare risposte, nessuna certezza e nessuna riabilitazione politica di Craxi. La valutazione la darà la storia tra molti anni. Il regista, invece, pone al centro l’uomo, mortificato nel momento dell’apice del successo politico, ma dandogli una dimensione umana. E il grande merito di questo film è proprio quello di riproporre una questione importante, e per certi profili attuale, con un senso di decadenza, quella di un uomo malato, per consentire allo spettatore di porsi domande. Un film importante.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enzo70 »
[ - ] lascia un commento a enzo70 »
|
|
d'accordo? |
|
carloalberto
|
giovedì 9 dicembre 2021
|
discutibile ma riuscita opera di umanizzazione
|
|
|
|
Gianni Amelio si cimenta in un’operazione difficile se non impossibile. Umanizzare il personaggio di Craxi, consegnato all’immaginario collettivo, prima che alla storia, come uno dei politici più corrotti della prima repubblica, può apparire di primo acchito ispirata da un revisionismo inopportuno e discutibile in quest’epoca dominata dall’antipolitica, nata negli anni novanta proprio a causa dei ladri di regime e della riscossa giudiziaria di mani pulite. Ma guardando attentamente il film ed ascoltando i dialoghi, soprattutto illuminanti, della posizione niente affatto neutrale assunta dal regista, sono le battute scambiate tra il protagonista e l’uomo politico che gli fa visita ad Hammamet, e superando le iniziali perplessità, dovute alla naturale antipatia che suscita il personaggio, si comprende che Amelio è riuscito nel suo intento nonostante tutto e soprattutto senza provare a riscattare l’uomo dal punto di vista morale.
[+]
Gianni Amelio si cimenta in un’operazione difficile se non impossibile. Umanizzare il personaggio di Craxi, consegnato all’immaginario collettivo, prima che alla storia, come uno dei politici più corrotti della prima repubblica, può apparire di primo acchito ispirata da un revisionismo inopportuno e discutibile in quest’epoca dominata dall’antipolitica, nata negli anni novanta proprio a causa dei ladri di regime e della riscossa giudiziaria di mani pulite. Ma guardando attentamente il film ed ascoltando i dialoghi, soprattutto illuminanti, della posizione niente affatto neutrale assunta dal regista, sono le battute scambiate tra il protagonista e l’uomo politico che gli fa visita ad Hammamet, e superando le iniziali perplessità, dovute alla naturale antipatia che suscita il personaggio, si comprende che Amelio è riuscito nel suo intento nonostante tutto e soprattutto senza provare a riscattare l’uomo dal punto di vista morale.
Il film non assolve Craxi dalle sue responsabilità, non ne fa un santino o un martire perseguitato dalla giustizia, ma tenta di metterne in luce il lato umano, il carattere difficile, scontroso, egocentrico, ribelle ed autoritario, risalendo introspettivamente alla sua infanzia.
Il segreto del successo di Amelio, che raggiunge il suo obiettivo sebbene le difficoltà accennate si presentino all'inizio come insormontabili, è nella prima e nell’ultima suggestiva sequenza che chiude il loop e sintetizza la parabola dell’uomo icasticamente in una sola immagine, quella di un sasso lanciato nella finestra. E’ il simbolo di un’anima ribelle che infrange le regole senza temere il castigo delle istituzioni, è lo stesso spirito che accomuna i rivoluzionari e i delinquenti e che casualmente può portare alcuni uomini alla gloria ed ai fasti del potere e altri alla condanna morale e alle patrie galere. Nella fattispecie è accaduta l’una e l’altra cosa.
Nel personaggio inventato del figlio del suo collaboratore ed uomo di partito, suicidatosi per la vergogna, è emblematicamente rappresentato il senso si colpa che Amelio immagina abbia turbato gli ultimi mesi di vita di Craxi, il giudice interiore della propria coscienza, al quale non è riuscito a sfuggire neppure con l’esilio in terra straniera.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a carloalberto »
[ - ] lascia un commento a carloalberto »
|
|
d'accordo? |
|
lbavassano
|
domenica 12 gennaio 2020
|
strepitoso favino
|
|
|
|
Doverosamente premesso che del suo eventuale significato politico, o del significato politico che qualcuno vorrà attribuirgli, me ne importa poco o nulla (anche se in quegli anni la politica l'ho vissuta con impegno, passione e, soprattutto, rabbia, e forse proprio per questo), ho trovato "Hammamet" un bel film, molto bello a tratti, ottimo nel finale, nel pre-finale a dire il vero, felliniano, che immediatamente, volutamente, violentemente ribalta la poesia onirica in cialtroneria. Meno riuscito, a mio parere, il finale-finale, ma è tutto il personaggio di Fausto ad apparirmi debole, quando non inutile. Strepitoso sempre Favino, nello scavo interiore, nel sapere rendere appieno tutte le sfaccettature umane, troppo umane, ed in ciò mi ha addirittura ricordato la Meryl Streep di "The Iron Lady", nella capacità di interpretare il confronto, il conflitto tutto interiore fra un ego smisurato e la debolezza della malattia.
[+]
Doverosamente premesso che del suo eventuale significato politico, o del significato politico che qualcuno vorrà attribuirgli, me ne importa poco o nulla (anche se in quegli anni la politica l'ho vissuta con impegno, passione e, soprattutto, rabbia, e forse proprio per questo), ho trovato "Hammamet" un bel film, molto bello a tratti, ottimo nel finale, nel pre-finale a dire il vero, felliniano, che immediatamente, volutamente, violentemente ribalta la poesia onirica in cialtroneria. Meno riuscito, a mio parere, il finale-finale, ma è tutto il personaggio di Fausto ad apparirmi debole, quando non inutile. Strepitoso sempre Favino, nello scavo interiore, nel sapere rendere appieno tutte le sfaccettature umane, troppo umane, ed in ciò mi ha addirittura ricordato la Meryl Streep di "The Iron Lady", nella capacità di interpretare il confronto, il conflitto tutto interiore fra un ego smisurato e la debolezza della malattia. Giusta la misura della discreta presenza di Silvia Cohen.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lbavassano »
[ - ] lascia un commento a lbavassano »
|
|
d'accordo? |
|
fabriziog
|
giovedì 23 gennaio 2020
|
favino scompare...craxi redivivo
|
|
|
|
“Hammamet” di Gianni Amelio non è un film. “Hammamet” è il film. Pierfrancesco Favino non è un attore. Pierfrancesco Favino è l’attore. Favino non interpreta Craxi. Favino è Craxi. Favino si indentifica in Craxi e in esso scompare (trucco extra ordinem di Andrea Leanza e Federica Castelli). Il pubblico non osserva un artista che riveste i panni di un personaggio evocandone la corporeità e l’anima, bensì scruta un interprete che si trasforma nel personaggio evaporando in esso. Il Giulio Andreotti della pellicola di Paolo Sorrentino “Il divo” è Toni Servillo che rimanda magistralmente all’esponente scudocrociato, ma lo spettatore si ferma ad ammirare il Premio Oscar partenopeo.
[+]
“Hammamet” di Gianni Amelio non è un film. “Hammamet” è il film. Pierfrancesco Favino non è un attore. Pierfrancesco Favino è l’attore. Favino non interpreta Craxi. Favino è Craxi. Favino si indentifica in Craxi e in esso scompare (trucco extra ordinem di Andrea Leanza e Federica Castelli). Il pubblico non osserva un artista che riveste i panni di un personaggio evocandone la corporeità e l’anima, bensì scruta un interprete che si trasforma nel personaggio evaporando in esso. Il Giulio Andreotti della pellicola di Paolo Sorrentino “Il divo” è Toni Servillo che rimanda magistralmente all’esponente scudocrociato, ma lo spettatore si ferma ad ammirare il Premio Oscar partenopeo. In “Hammamet” le movenze, l’andamento claudicante, il vezzo di toccarsi spesso gli occhiali rossi, la tonalità della voce, la parlata attenta e pensata, le movenze, la mimica, la gestualità, non ricordano Bettino Craxi ma sono Craxi, un Craxi oramai gravemente diabetico, cardiopatico e malato di tumore in “esilio” ad Hammamet. Il metodo Stanislavskij irrompe prepotentemente sul set, ossia nell’autentica villa tunisina, ben lontana dalle false rappresentazioni compiute dai rabbiosi rotocalchi del tempo.
Storia di tenera e commovente devozione della figlia Stefania (nel film Anita), sul rapporto travagliato con il figlio Bobo, affettuoso con il giovanissimo nipote e fantasioso con il figlio di Vincenzo Balsamo, segretario amministrativo del PSI, invero non morto suicida ma di infarto. Storia di riappropriazione di affetti, come con la moglie, in sempiterna sintonizzazione sui programmi televisivi italiani, e di sentimenti che non si cancellano, come quelli con le amanti.
La narrazione inanella fictio, suggestioni e nascondimenti, ove i personaggi che si susseguono, al pari dei parenti, si intuiscono, non si esplicitano. Lo stesso Craxi è citato con la sigla “C”.
Una coralità di attori di ampio respiro recitativo incollano lo sguardo allo schermo: Livia Rossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Roberto De Francesco, Omero Antonutti, Giuseppe Cederna, Renato Carpentieri, Claudia Gerini.
Una riflessione sulla tragica sorte dei potenti che cadono in disgrazia e che – come è consuetudine in Italia – vedono mutare in forme ectoplasmatiche i leccapiedi del giorno prima.
Un lavoro che dovrebbe indurre a meditare un Popolo in eterna negazione di se stesso: mai stato fascista, mai stato democristiano, mai stato berlusconiano e, probabilmente, mai stato leghista.
Un film sull’amore filiale, sugli inganni del potere e sulla sua caducità, sul senso di onnipotenza che obnubila le menti degli uomini di successo che perdono l’orizzonte dei limiti umani; un film sulla falsità, sulla viltà e sulla slealtà ma anche sugli affetti più autentici che sono quelli familiari, presenti non solo nella luce che svanisce nel crepuscolo.
Nella penombra del racconto v’è un interrogativo e un “memo”: perché non vi sono stati processi, condanne e galera (4000 arresti, 1000 condannati: e i 3000 che si sono fatti la prigione come forma di pressione e, quindi, di tortura?) per gli esponenti del Partito Comunista Italiano percettori per lustri e decenni di immani fondi dal nemico n. 1 dell’Occidente, la tirannica, imperiale e comunista Unione Sovietica? Sotto la Presidenza del Consiglio di Bettino Craxi l’Italia divenne la quinta potenza mondiale.
Buona obbligatoria visione!
Fabrizio Giulimondi
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fabriziog »
[ - ] lascia un commento a fabriziog »
|
|
d'accordo? |
|
rene''52
|
domenica 26 gennaio 2020
|
solo uno straordinario e gigantesco favino
|
|
|
|
Premesso che è una cosa assolutamente normale che i giudizi della critica contrastino spesso e volentieri con quelli del pubblico e opere considerate di notevole levatura dalla prima siano accolte freddamente dal secondo e viceversa, da questo film, osannato dalla critica, mi aspettavo qualcosa di diverso. D'accordo che il titolo stesso lasciava presagire che la vicenda si sarebbe incentrata quasi esclusivamente sulla vita da rifugiato del protagonista in Tunisia ma pensavo comunque che si sarebbe lasciato più spazio a quanto trascorso in Italia e anche la crisi di Sigonella, quasi ridicolizzata, avrebbe meritato un'altra visione. Il tutto in un contesto troppo lento e forse un po' troppo 'psicologico'.
[+]
Premesso che è una cosa assolutamente normale che i giudizi della critica contrastino spesso e volentieri con quelli del pubblico e opere considerate di notevole levatura dalla prima siano accolte freddamente dal secondo e viceversa, da questo film, osannato dalla critica, mi aspettavo qualcosa di diverso. D'accordo che il titolo stesso lasciava presagire che la vicenda si sarebbe incentrata quasi esclusivamente sulla vita da rifugiato del protagonista in Tunisia ma pensavo comunque che si sarebbe lasciato più spazio a quanto trascorso in Italia e anche la crisi di Sigonella, quasi ridicolizzata, avrebbe meritato un'altra visione. Il tutto in un contesto troppo lento e forse un po' troppo 'psicologico'. Ovviamente erano proprio queste le intenzioni del regista e quindi probabilmente non l'ho capito ma, a mia difesa posso dire che ero in compagnia di amici, tutt'altro che avvezzi ai cine-panettoni o action-movies di serie B per intenderci, e il giudizio è stato unanime. Se poi era un'occasione per consacrare Favino come il miglior attore italiano del momento, tale da non sfigurare neanche al confronto con i 'mostri sacri' di Hollywood, beh allora lo scopo è stato raggiunto. Un'interpretazione che meriterebbe una nomination agli Oscar come quella del trucco che ha reso Favino somigliante a Craxi in maniera quasi inquietante.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rene''52 »
[ - ] lascia un commento a rene''52 »
|
|
d'accordo? |
|
frascop
|
giovedì 9 gennaio 2020
|
anche per raccontare craxi occorre un drammaturgo
|
|
|
|
Quando nel 1972 Francesco Rosi diresse “Il caso Mattei” non c’era una controinformazione e per questo il regista incaricò il giornalista Mauro De Mauro di approfondire i fatti “ufficiali”; l’operazione fu così pericolosa e minacciosa che De Mauro scomparve. Ma oggi, in cui le fonti di informazione sono molteplici, non si può fare un film su un personaggio pubblico basandosi in prevalenza su fonti giornalistiche. Amelio è regista sensibile, delicato, onesto. Qui un sosia di Craxi, uno strepitoso Favino capace di interpretarlo bene anche con voce e mimica, parla molto (ad un giovane, personaggio inventato come spalla da Amelio) ripetendo concetti e idee che la stampa e la tv hanno già diffuso.
[+]
Quando nel 1972 Francesco Rosi diresse “Il caso Mattei” non c’era una controinformazione e per questo il regista incaricò il giornalista Mauro De Mauro di approfondire i fatti “ufficiali”; l’operazione fu così pericolosa e minacciosa che De Mauro scomparve. Ma oggi, in cui le fonti di informazione sono molteplici, non si può fare un film su un personaggio pubblico basandosi in prevalenza su fonti giornalistiche. Amelio è regista sensibile, delicato, onesto. Qui un sosia di Craxi, uno strepitoso Favino capace di interpretarlo bene anche con voce e mimica, parla molto (ad un giovane, personaggio inventato come spalla da Amelio) ripetendo concetti e idee che la stampa e la tv hanno già diffuso. Prendiamo invece la serie tv britannica “The Crown” sulla regina Elisabetta e la sua famiglia. Anche della British Royal Family pensiamo di sapere già tutto, solo che lo showrunner, Peter Morgan (1963), è un grande sceneggiatore e drammaturgo britannico capace di approfondire l’animo dei personaggi. Gli italiani (i santini televisivi lo testimoniano) con i biopic movies hanno grandi difficoltà perchè l’impianto teatrale (in questo film evidente), i dialoghi, le location non sono quasi mai sorrette da una drammaturgia, unico strumento che consenta di scavare dentro i protagonisti. Non è sufficiente che essi dicano cose che hanno effettivamente dette, che i fatti siano davvero avvenuti, che la villa di Hammamet sia proprio quella in cui ha vissuto Craxi in esilio: semplicemente in questo film, ben fatto e con le musiche di Piovani, non c’è il Craxi che non conosciamo, i suoi sentimenti più veri, che magari ci spiegherebbero le sue azioni.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a frascop »
[ - ] lascia un commento a frascop »
|
|
d'accordo? |
|
|