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Ultimo aggiornamento lunedì 7 maggio 2018
Una giornata da trascorrere insieme e numerosi nodi da sciogliere: un padre e un figlio si confrontano. In Italia al Box Office Wajib - Invito al Matrimonio ha incassato 232 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Abu Shadi, 65 anni, divorziato, professore a Nazareth, prepara il matrimonio di sua figlia. Shadi, suo figlio, architetto a Roma da anni, rientra qualche giorno per aiutarlo a distribuire a mano, uno per uno, gli inviti del matrimonio come vuole la tradizione palestinese del "wajib". Tra una visita e l'altra, le vecchie tensioni tra padre e figlio ritornano a galla in una sfida costante tra due diverse visioni della vita.
Attraverso tortuose salite e discese di Nazareth, brucianti rancori e ricordi di famiglia tracciano la geografia di una città divisa, la storia di un popolo riflessa negli sguardi dei due uomini.
Abu Shadi (Mohammad Bakri) e Shadi (Saleh Bakri), padre e figlio anche nella vita e per la prima volta insieme al cinema ci guidano, a bordo della loro vecchia Volvo, in un road movie urbano tra lo spazio di una città ferita e il tempo di una famiglia distrutta. Nazareth è la terza protagonista di cui la regista e poetessa Annemarie Jacir mette in evidenza le eterne contraddizioni. La più grande città della Palestina storica, oggi Stato d'Israele, Nazareth è pietrificata dall'occupazione israeliana in cui tensioni permanenti infiammano la popolazione, musulmana al 60% e cristiana al 40%. È dunque quella minorità di "palestinesi invisibili", come vengono chiamati i palestinesi cristiani che accettano di vivere con diritti limitati pur di restare nel loro Paese, che la regista vuole raccontare. Una città-ghetto agli occhi di molti, "una città di sopravvissuti" agli occhi di Annemarie Jacir.
Il "wajib" dunque, "dovere sociale" riservato agli uomini della famiglia della sposa, diventa una scusa per la regista che guarda alla sua Palestina attraverso la relazione padre-figlio in cui si riflette l'intera comunità. I due uomini di due diverse generazioni rispecchiano due modi opposti di essere palestinese: se il padre rappresenta la sottomissione allo Stato d'Israele che passa per il compromesso e la paura, il figlio che ha preferito l'esilio, dà voce allo sradicamento e all'idealizzazione di uno Stato che non esiste più o non ancora. Il figlio rimprovera al padre la sua rassegnazione e la sua remissività al sistema locale di potere, compromessi e ipocrisie, a cui il padre oppone la fedeltà alla sua terra e un necessario pragmatismo.
Shadi, invece, con chignon e camicia rosa a fiori, che ha lasciato il Paese dopo le tensioni politiche causate dal suo cine-club e preferisce fare l'architetto a Roma, è visto dal padre come vile che parla della Palestina da lontano con la sua ragazza, figlia di un membro influente dell'Olp. Abu Shadi, così, per orgoglio paterno preferisce dire ad amici e parenti che suo figlio è medico e un giorno tornerà a casa e si sposerà con una ragazza del posto. Le accese dispute tra i due uomini, dunque, risuonano della complessità di una città, difficile da abitare così come da abbandonare.
Tra le interminabili visite e gli interminabili caffè, impossibili da rifiutare, Shadi da architetto passa in rassegna lo squallore e l'abbandono della città, tra insensate strade, inutili teli colorati, onnipresente plastica e montagne di spazzatura, probabilmente invisibili allo sguardo abituato del padre. Ma il continuo movimento e cambio di ambientazione non lascia che il duello verbale diventi una vera disputa. Nonostante la tensione crescente di una conversazione sempre sul punto di esplodere in furiosa lite, basta una canzone che risveglia ricordi d'infanzia per mettere a tacere gli insulti, i rimproveri e i rancori. In fondo entrambi sanno che nessuno dei due ha completamente ragione, entrambi, ciascuno a suo modo, cercano il miglior modo di sopravvivere a problemi più grandi di loro. Così i temi politici, sociali e umanitari accennati con delicatezza rimangono sullo sfondo di una lunga conversazione tra padre e figlio, finalmente riuniti. I momenti più drammatici, inoltre, rivelano preziosi istanti di humour proprio di chi ha una grande umanità e tanta voglia di vivere. Nonostante l'immondizia, la plastica e la polvere, Nazareth riesce ancora a brillare agli occhi di Shadi e Abu Shadi, che si riscoprono dopotutto padre e figlio.
"Wajib - Invito al Matrimonio" della regista Annemarie Jacir racconta, appunto, l'usanza palestinese dello 'Wajib' di portare personalmente nelle case degli invitati la partecipazione di nozze con relativo invito. Ed è quello che in due giornate fanno in occasione del matrimonio della figlia/sorella un padre ed un figlio ritornato a Nazareth dall'Italia [...] Vai alla recensione »
Siamo a Nazareth ai tempi di oggi, in prossimità del Natale. È imminente il matrimonio di Amal e suo fratello Shabi, che fa l’architetto e vive in Italia, torna a casa per l’evento ad aiutare il padre Abu Shadi, un insegnante di scuola sessantenne, per organizzare la festa. La madre non vive più lì perché anni prima si era innamorata di un altro uomo e [...] Vai alla recensione »
Film ambientato e girato a Nazareth dove è rimasto a vivere un anziano professore di religione cristiana, divorziato da una moglie che lo aveva abbandonato con due figli piccoli, un maschio ed una femmina, preferendo fuggire negli Stati Uniti con il nuovo compagno poiché, come dirà nel corso della narrazione cinematografica il figlio, “voleva di più” rispetto [...] Vai alla recensione »
"Wajib - Invito al Matrimonio" della regista Annemarie Jacir racconta, appunto, l'usanza palestinese dello 'Wajib' di portare personalmente nelle case degli invitati la partecipazione di nozze con relativo invito. Ed è quello che in due giornate fanno in occasione del matrimonio della figlia/sorella un padre ed un figlio ritornato a Nazareth dall'Italia [...] Vai alla recensione »
Il Wajib è una tradizione palestinese: gli inviti al matrimonio di una giovane donna di casa li portano personalmente a casa degli invitati il padre e, se ci sono, i fratelli maschi della ragazza. Siamo a Nazareth, caotica città nella quale vivono molti palestinesi che dal 1948 hanno dovuto prendere la cittadinanza dello stato di Israele.
Trovo la recensione di Francesca Ferri così puntuale e convincente che potrei astenermi da aggiungere alcunché. Se invece mi provo a dire qualcosa, è per cercare di rendere onore, seppure solo con qualche impressione modesta, a un film intelligente, sensibile e proprio ben fatto. Un aspetto che potrebbe sembrare secondario o peggio ancora casuale, ma credo proprio non lo sia, [...] Vai alla recensione »
Film deludente. Scarsa l'introspezione dei personaggi anche se le tematiche accennate sono senza dubbio importanti. Non c'è alcun cenno esplicito all'appartenenza religiosa nè questa sembra entrare nelle vite dei personaggi se non come folklore natalizio. L'unica presenza religiosa, in una città come Nazareth piena di chiese e di conventi, è un prete ortodosso [...] Vai alla recensione »
Il film di Annemarie Jacir, Wajib - Invito al Matrimonio, narra una storia apparentemente semplice: due palestinesi, padre e figlio, attraversano la città di Nazareth, sotto il dominio israeliano, per andare personalmente a consegnare gli inviti del matrimonio della figlia. L'ordito, apparentemente senza particolari problemi, del tessuto del racconto narrato, si complica rapidamente in una [...] Vai alla recensione »
Miscelando i toni con mano leggera, ci restituisce un quadro della vita palestinese attraversato dalla politica, ma non appiattito sulla politica, sui luoghi comuni, sulle idiosincrasie, e, soprattutto, umanamente toccante al di là di confini, frontiere, culture. Un film autenticamente bello.
La frattura tra padre e figlio che sembra allargarsi di ora in ora durante la giornata di consegna degli inviti a poco a poco, invece, si ricompone. Il dialogo a cui sono "forzati" durante la loro permanenza in macchina nel girovagare e nelle soste in coda per le vie di Nazareth li fa litigare ma anche spiegarsi e, alla fine, capirsi.Questa è la mia ultima "recensione" che riceverà, come al solito, [...] Vai alla recensione »
Presentato all'ultimo Festival di Locarno, Wajib -Invito al matrimonio è un film palestinese che non alza la voce per farsi notare: chi è disposto a scoprirlo, però, ci troverà un piccolo capolavoro di calore e tenerezza. Seguiamo le peregrinazioni per Nazareth di Abu Shadi, insegnante di mezza età, e di suo figlio Shadi, emigrato in Italia e di ritorno in Palestina per il matrimonio della sorella. [...] Vai alla recensione »
È nella «geografia» di Nazareth, la città palestinese nel cuore di Israele, che si inscrive la storia di Wajib di Annemarie Jacir. Le sue strade e vicoli vengono attraversate nel corso di tutto il film -un on the road sui generis, dove il punto d'arrivo coincide con quello di partenza - dai due protagonisti: Shadi e Abu Shadi, padre e figlio sia nella finzione che nella vita- li interpretano infatti [...] Vai alla recensione »
Minoranza di una minoranza. A Nazareth, i palestinesi cristiani sentono di vivere come se fossero "invisibili". È per questo che il protagonista, un giovane architetto, se ne è andato da tempo: ora abita a Roma (di cui parla con infinita, commovente ammirazione) insieme alla sua compagna, e se è tornato al Paese natale è solo perché la sorella si sta per sposare.
Padre e figlio su una vecchia rombante Volvo per i saliscendi di Nazareth. Poi nelle case tra famiglie, the, caffè, saluti e pappagalli vaganti. Abu Shadi ha 65 anni, professore e divorziato esercita il suo "wajib", il dovere di consegnare a mano gli inviti per il matrimonio della figlia. Shadi, suo figlio architetto, è arrivato dall'Italia dov'è emigrato per dargli una mano e assistere alle nozze [...] Vai alla recensione »
Un road movie a Nazareth, che si interroga, facendo sorridere, su tradizione e modernità. Protagonisti sono Abu Shadi, insegnante in pensione, e suo figlio Shadi, architetto a Roma. Non hanno un Enzo Miccio a disposizione e quindi li seguiamo, per un giorno, mentre consegnano, a mano, tutti gli inviti per il matrimonio della figlia/sorella. Politica, ma anche conflitto generazionale, faranno da colonna [...] Vai alla recensione »
Nome sacro, quasi onirico per quanto evoca Nazareth, ma oggi è un giro di grandi arterie intorno a un ginepraio di palazzine, antenne tv, viottoli, che la cristiana palestinese Jacir percorre avanti e indietro nell'auto di Abu, padre orgoglioso di consegnare di persona ad amici e parenti la partecipazione delle nozze della figlia, e Shadi, il figlio architetto emigrato a Roma insofferente di sconfitte. [...] Vai alla recensione »