angeloumana
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lunedì 19 marzo 2018
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aus dem nichts (dal nulla) o oltre la notte
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Il senso di tutto il film sta nella scarna dichiarazione che Diane Kruger pronuncia ricevendo il premio per la migliore interpretazione femminile al festival di Cannes 2017, premio annunciato da Almodòvar e consegnato da Sorrentino: Non posso accettare questo premio senza rivolgere un pensiero a coloro che sono stati colpiti dal terrorismo e che stanno cercando di rimettere insieme i pezzi per continuare a vivere, dopo aver perso tutto. Sappiate che non vi abbiamo dimenticati.
Peculiare è osservare i titoli che sono stati dati al film in tre diverse lingue: in tedesco Aus dem Nichts (dal nulla), l'ambientazione è ad Amburgo e parzialmente in Grecia.
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Il senso di tutto il film sta nella scarna dichiarazione che Diane Kruger pronuncia ricevendo il premio per la migliore interpretazione femminile al festival di Cannes 2017, premio annunciato da Almodòvar e consegnato da Sorrentino: Non posso accettare questo premio senza rivolgere un pensiero a coloro che sono stati colpiti dal terrorismo e che stanno cercando di rimettere insieme i pezzi per continuare a vivere, dopo aver perso tutto. Sappiate che non vi abbiamo dimenticati.
Peculiare è osservare i titoli che sono stati dati al film in tre diverse lingue: in tedesco Aus dem Nichts (dal nulla), l'ambientazione è ad Amburgo e parzialmente in Grecia. Il regista Fatih Akin (La sposa turca) è nato nel '73 da genitori turchi e vive in Germania. In inglese In the fade(nell'oblìo, o dissolvenza) ed in italiano Oltre la notte. Paiono entrarci tutti col film. “Dal nulla”, dalle parti più oscure della popolazione tedesca, o dai motivi più bassi, come la convinzione di essere razza superiore e osteggiare o uccidere gli stranieri stabilitisi nel proprio territorio, nasce la xenofobia. L'”oblìo” delle vittime che il terrorismo ha prodotto e la “notte” della disperazione, oltre la quale Katja-Diane non saprà andare. Lo tenta inizialmente, nel processo a carico dei due giovani autori dell'attentato: a Katja sono stati ammazzati da una bomba il marito Nuri, curdo, e il bambino dei due, Rocco. E' convinta da subito che siano stati dei “nazisti”, appartenenti nella realtà al National Sozialistischer Untergrund-NSU (nel film c'è il favoreggiamento di Alba Dorata). Si tratta dei ”delitti del kebab”: una decina di stranieri venne uccisa in Germania tra il 2000 e il 2007, ad opera di giovani tutti appartenenti a situazioni sociali e familiari quantomeno problematiche.
La tedesca Katja aveva conosciuto Nuri acquistando da lui marijuana e lo aveva sposato in prigione mentre lui scontava la pena per spaccio. Nel processo la difesa dei responsabili del delitto insinua appunto il passato di Katja e Nuri; gli autori saranno assolti per insufficienza di prove. Ma Katja ha cominciato a morire la sera in cui torna nell'ufficio del marito per riportare a casa la famigliola e trova un grande assembramento di folla e la polizia che delimita il luogo dello scoppio. Non riuscirà a “rimettere insieme i pezzi” fino in fondo, o lo farà in modo del tutto personale. E' proprio il suo sguardo che le ha fatto meritare il premio a Cannes (con Golden Globe al film): stravolto e smarrito dopo la tragedia, animato al processo, deciso e quasi sereno nell'epilogo.
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deadman
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domenica 18 marzo 2018
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la sposa truce
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seguo fatih dalla sposa turca film ormai quasi ventennale e purtroppo devo constatare l'ennesima delusione, la storia inconsistente sembra tratta da una puntata del commissario rex tanto è contrapposta dalla famigliola felice multietnica da mulino arcobaleno contro i due ragazzini viziati razzisti e nazisti, appunto la trama, sembra scritta in uno di quei bar fumosi e pieno di donne e uomini tatuati e musica rock a manetta che tanto piuacciono al nostro regista davanti ad un paio di birre, tanto è così semplice e banale, per capirci la terrorista neonazista lascia la bici con l'esplosivo davanti al locale senza neanche non dico mettersi una parrucca ma perlomeno un cappellino e si fa riconoscere dalla kruger che aiutata dalla deposizione del padre dell'altro neonazista li trascinano in tribunale dove seppur sommersi dalle prove un cattivo avvocato tedesco riesce ad avere la meglio sul simpatico avvocato turco amico della vittima e rilascia i due incriminati.
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seguo fatih dalla sposa turca film ormai quasi ventennale e purtroppo devo constatare l'ennesima delusione, la storia inconsistente sembra tratta da una puntata del commissario rex tanto è contrapposta dalla famigliola felice multietnica da mulino arcobaleno contro i due ragazzini viziati razzisti e nazisti, appunto la trama, sembra scritta in uno di quei bar fumosi e pieno di donne e uomini tatuati e musica rock a manetta che tanto piuacciono al nostro regista davanti ad un paio di birre, tanto è così semplice e banale, per capirci la terrorista neonazista lascia la bici con l'esplosivo davanti al locale senza neanche non dico mettersi una parrucca ma perlomeno un cappellino e si fa riconoscere dalla kruger che aiutata dalla deposizione del padre dell'altro neonazista li trascinano in tribunale dove seppur sommersi dalle prove un cattivo avvocato tedesco riesce ad avere la meglio sul simpatico avvocato turco amico della vittima e rilascia i due incriminati. da qui come in altri film di fatih abbiamo uno spostamento geografico che invece della solita dicotomia germania/turchia ci spostiamo in grecia dove la kruger rintracciati i due, ospiti di amici di albadorata decide di ridargli pan per focaccia e confeziona lei stessa una bomba in cucina come stesse preparando una crostata ma al momento di fare saltare in aria la roulotte dove i due vivono intenerita da un passerotto cinguettante sullo specchietto cambia idea e torna in camera sua dove riceve una telefonata dall'avvocato che la informa che si andrà in appello contro i due neonazisti. ma ovviamente far finire un film iun questo modo non è nelle corde di fatih che quindi decide dopo qualche flash back idilliaco della famigliola che corre sulla spiaggia una conclusione più violenta, la kruger novella martire si lega su di sè la bomba rudimentale e entrata nella roulotte dei due si fa scoppiare, diciamo che manca solo il grido allah u akbar come degna chiusura di un film scritto a tavolino senza una scintilla di originalità di vera rabbia e senza scalfire minimamente le ragioni dell'odio che serpeggia tra le varie anime e le varie culture della vecchia europa o le guerre fratricide che si consumano in medio oriente dove turchi e curdi continuano ad uccidersi senza che il signor fatih se ne accorga
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[+] hai fatto spoiler a tutto spiano senza avvisare
(di jackbeauregard)
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luigagli
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domenica 18 marzo 2018
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la giustizia non basta...
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... E il perdono presuppone la necessità di vivere. Nessuno è troppo lineare in questo film, tranne quelli da cui tutto ha avuto origine e, ovviamente il bimbo di cui si analizza la morte attraverso la freddezza dell'anatomo-patologo. Tutto in primo piano, tutto forte con pochi personaggi da sfondo che accompagnano senza capire la resoluta protagonista verso un coerente futuro. Oltre la notevole interprete una nota all'attore che impersona l'avvocato di controparte: non era facile interpretare il ruolo samurai di quel mestiere con tanta freddezza; ancor più di quella giudici, in fondo umani.
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cardclau
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domenica 18 marzo 2018
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al di là della cronaca
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Il titolo del film ricorda il libro di Céline "Viaggio al termine della notte", nel suo raccontare i meandri, apparentemente incomprensibili, di quell'animo umano caratterizzato dal raggiungere una momentanea pacificazione interiore solo con la distruzione della felicità altrui, sia essa, la pacificazione, assolutamente anaffettiva o di un godimento necrofilo, ma essenzialmente maligna. Condivisa e difesa da ampie componenti della società, di cui lo squallido teatrino della corte di giustizia non è che un esempio lampante , sempre di non credere alla barzelletta che "la legge è uguale per tutti". La poesia di Jacques Prévert, "I ragazzi che si amano", esprime lo stesso concetto in un modo differente.
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Il titolo del film ricorda il libro di Céline "Viaggio al termine della notte", nel suo raccontare i meandri, apparentemente incomprensibili, di quell'animo umano caratterizzato dal raggiungere una momentanea pacificazione interiore solo con la distruzione della felicità altrui, sia essa, la pacificazione, assolutamente anaffettiva o di un godimento necrofilo, ma essenzialmente maligna. Condivisa e difesa da ampie componenti della società, di cui lo squallido teatrino della corte di giustizia non è che un esempio lampante , sempre di non credere alla barzelletta che "la legge è uguale per tutti". La poesia di Jacques Prévert, "I ragazzi che si amano", esprime lo stesso concetto in un modo differente.
La regia di Fatih Akin e la sceneggiatura sono veramente efficaci ed equilibrate, sondando differenti aspetti dell'animo umano, che ruotano su quel terribile fatto di cronaca. Il marito sempre colpevole per la sua colpa pregessa. L'ambiguità dei familiari nell'attribuire motivazioni e comportamenti colpevolizzanti alla protagonista offesa da un inelaborabile lutto, in quello che dice incautamente, ma con cattiveria, sua madre o sua suocera. Non c'é posto per una inappropriato e facile sentimentalismo. Ognuno porta il suo vissuto interiore, a pochi è concessa la compassione. La solitudine della protagonista è assoluta. Nessuno riesce a comprendere il baratro in cui è precipitata la protagonista, la cui sua unica colpa è di amare, ricambiata. Diane Kruger è grande. Il film non può che terminare così.
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michelecamero
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domenica 18 marzo 2018
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oltre i facili conformismi
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Un buon film con una eccellente interpretazione della brava e bella attrice tedesca Diane Kruger, capace mirabilmente di rappresentare con le spigolature e le angolazioni del viso guidato dai suoi occhi espressivi, i drammi interiori di una donna ferita e sconfitta. Un film che riesce a mettere insieme il thriller, il legal movies come pare si dica oggi di quelle storie per le quali la macchina da presa si trasferisce, stabilmente o per buona parte della durata della pellicola, nelle aule di un tribunale, la denuncia sociale e politica. Akin infatti prendendo lo spunto dal terrorismo degli ultimi anni (va oltre quello di matrice islamica ed anzi sembra metterci in guardia dal possibile errore di colorare il terrorismo con una unica matrice) e da alcuni fatti ad esso legati accaduti in Germania, ci racconta la storia di una donna tedesca cui vengono ammazzati marito, curdo di origine turca, e figlio amatissimo in un attentato compiuto da una giovane coppia ariana legata a gruppi neo – nazista.
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Un buon film con una eccellente interpretazione della brava e bella attrice tedesca Diane Kruger, capace mirabilmente di rappresentare con le spigolature e le angolazioni del viso guidato dai suoi occhi espressivi, i drammi interiori di una donna ferita e sconfitta. Un film che riesce a mettere insieme il thriller, il legal movies come pare si dica oggi di quelle storie per le quali la macchina da presa si trasferisce, stabilmente o per buona parte della durata della pellicola, nelle aule di un tribunale, la denuncia sociale e politica. Akin infatti prendendo lo spunto dal terrorismo degli ultimi anni (va oltre quello di matrice islamica ed anzi sembra metterci in guardia dal possibile errore di colorare il terrorismo con una unica matrice) e da alcuni fatti ad esso legati accaduti in Germania, ci racconta la storia di una donna tedesca cui vengono ammazzati marito, curdo di origine turca, e figlio amatissimo in un attentato compiuto da una giovane coppia ariana legata a gruppi neo – nazista. La donna smarrita e persa ritrova una speranza di giustizia nel processo nel quale tuttavia prevalgono quegli aspetti garantisti ma formali che in Porte Aperte di Sciascia, da cui Gianni Amelio trasse l’omonimo bellissimo film, lo scrittore siciliano seppe così ben descrivere “Fantasie cui il giudice spesso si abbandonava, vagheggiamenti e vaneggiamenti giuridici dentro un andar delle cose che, magari lasciando intatta la lettera, del diritto devastava la sostanza”. La protagonista vede trasformare in sé, silenziosamente ma anche con grande determinazione, la voglia di giustizia in necessità di vendetta. Un film che in definitiva nel mettere in guardia dal terrorismo da qualunque parte esso provenga, vuole focalizzare le nostre attenzioni anche su quelle tentazioni e pulsioni della mente e dell’animo umano che forse non si sconfiggono mai definitivamente. Deve essere la società nel suo complesso che dovrà farsi carico di vigilare soprattutto nei momenti in cui una società organizzata e consolidata, come la nostra europea ad esempio, conosce il fenomeno di uno di quei movimenti migratori che mescolano popoli diversi in un mixer etnico di cui pure è piena la Storia dell’Umanità, ma che innegabilmente da tanti viene vissuto come una minaccia.
michelecamero
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manuelazarattini
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sabato 17 marzo 2018
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duro come il dolore
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Suddiviso in quattro capitoli (La famiglia, Oltre la notte, La giustizia, Il mare) in cui il dolore di Katja prende corpo, cresce ed evolve senza sosta. Dalla prima scena all'ultima. Bellissimo e bravissima Diane Kruger. Pienamente meritato il premio come miglior protagonista vinto a Cannes.
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