ilamar
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domenica 12 marzo 2017
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potere alle donne
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Finalmente un film decente dopo tutte le schifezze delle ultime settimane. Taraji P. Henson è fantastica, ironica, divertente e pungente. Dopo averla vista in serie tv, qui è esplosa in tutta la sua bravura. Grande anche Kevin Kostner. La storia di 3 donne di colore negli anni '50 in america, relegate a ruoli minori, ma che riescono a riscattarsi, a farsi strade a gomitate, fino a ricoprire ruoli importanti all'interno della NASA.
[+] un lavoro di squadra che fece crollare muri
(di antoniomontefalcone)
[ - ] un lavoro di squadra che fece crollare muri
[+] non decente.il migliore della stagione.
(di bizantino73)
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flaw54
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mercoledì 15 marzo 2017
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scontato, ma piacevole.
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Film sicuramente non realistico nelle atmosfere e nella rappresentazione dei rapporti interrazziali, ma piacevole, accattivamente e assai ben recitato dalle tre protagoniste. Bene anche Kevin Costner più naturale e meno imbambolato del solito. La storia è ben scritta, ben sceneggiata e nonostantd l'atmosfera da commedia coinvolge e commuove lo spettatore. Sono andato a vedere il film con poche aspettative, ma ne sono stato piacevolmente colpito.
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mauriziomeres
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giovedì 23 febbraio 2017
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film,vero,importante,e bellissimo.
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Una vera storia che entra in una delle istituzioni mondiali più importanti,e soprattutto rigide dal punto di vista della comunicazione sociale,la Nasa,la cattedrale della scienza,dove tutto è possibile e nulla è scontato.
Siamo nel nostro secolo,ma sembra di stare in un medio evo moderno,la donna vista come un essenza impropria,e in questo caso addirittura orripilante,perché ci sono tre grandi donne di colore,non accettate sotto ogni punto di vista,Lincoln chissà quante volte si sarà girato nella tomba,o meglio ancora lo sta facendo.
Il film diventa un'apoteosi alla grande volontà,all'intelligenza,ad una tenacia voglia di esserci e soprattutto contare,i primi passi di un emancipazione,dura da comprendere in quell'ambiente di lavoro,e soprattutto razzista nella forma più ipocrita.
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Una vera storia che entra in una delle istituzioni mondiali più importanti,e soprattutto rigide dal punto di vista della comunicazione sociale,la Nasa,la cattedrale della scienza,dove tutto è possibile e nulla è scontato.
Siamo nel nostro secolo,ma sembra di stare in un medio evo moderno,la donna vista come un essenza impropria,e in questo caso addirittura orripilante,perché ci sono tre grandi donne di colore,non accettate sotto ogni punto di vista,Lincoln chissà quante volte si sarà girato nella tomba,o meglio ancora lo sta facendo.
Il film diventa un'apoteosi alla grande volontà,all'intelligenza,ad una tenacia voglia di esserci e soprattutto contare,i primi passi di un emancipazione,dura da comprendere in quell'ambiente di lavoro,e soprattutto razzista nella forma più ipocrita.
Stupenda interpretazione di tutto il cast,orchestrato stupendamente da Theodore Melfi,non è mai patetico,ma commuove soprattutto con stupendi dialoghi,che diventano un trionfo alla libertà.
Bellissime ambientazioni,che danno un quadro perfetto di quel periodo,interessanti scene reali,che sono un piacere rivederle in un ricordo lontano,ma per chi le ha vissute sono sempre presenti.
Film da vedere perché solo il cinema può aprire delle pagine della storia sconosciute,e finalmente apprezzare le grandi menti del progresso.
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ashtray_bliss
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venerdì 24 febbraio 2017
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donne che hanno rivoluzionato la storia della nasa
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Hidden Figures, arriva con un tempismo perfetto per la data situazione politica e sociale che stiamo attraversando, e con grande abilità e maestria porta i riflettori sulla storia vera e inedita di tre brillanti donne afroamericane che sono riuscite a intergrarsi e imporsi in un'ambiente tipicamente maschile (e maschilista) sfidando pregiudizi e discriminazioni razziali di ogni tipo. Il regista Melfi riesce dunque a confezionare una pellicola intimamente ottimista, ma che riesce a trattare con grazia e senza superficialità il problema dell'emancipazione sociale e della conquista dei pari diritti civili da parte dei cittadini afroamericani. Puntando la camera sulle tre eroine sconosciute: Dorothy Vaughn, Katherine Jonson e Mary Jackson il regista fa emergere tutte le caratteristihe brillanti e notevoli di queste donne; la loro tenacia, il coraggio, la perseveranza, la determinazione.
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Hidden Figures, arriva con un tempismo perfetto per la data situazione politica e sociale che stiamo attraversando, e con grande abilità e maestria porta i riflettori sulla storia vera e inedita di tre brillanti donne afroamericane che sono riuscite a intergrarsi e imporsi in un'ambiente tipicamente maschile (e maschilista) sfidando pregiudizi e discriminazioni razziali di ogni tipo. Il regista Melfi riesce dunque a confezionare una pellicola intimamente ottimista, ma che riesce a trattare con grazia e senza superficialità il problema dell'emancipazione sociale e della conquista dei pari diritti civili da parte dei cittadini afroamericani. Puntando la camera sulle tre eroine sconosciute: Dorothy Vaughn, Katherine Jonson e Mary Jackson il regista fa emergere tutte le caratteristihe brillanti e notevoli di queste donne; la loro tenacia, il coraggio, la perseveranza, la determinazione. Evitando tuttavia di appensatire la pellicola con dosi abbondanti di retorica o moralismi che ne avrebbero snaturato il contenuto. Mantenendo sempre una debita legerezza, tipica della commedia, e sdrammatizzando alcune situazioni (come ad esempio quelle in cui Katherine deve recarsi in bagno percorrendo una distanza significativa) Il Diritto di Contare risulta un prodotto pienamente riuscito, che racconta di una storia inedita e lo fa senza pietismi ma puntando piuttosto sul messaggio finale, intrinsecamente ottimista e costruttivo, che lascia agli spettatori.
Un film per mettere di buon umore e sigillare il bisogno di speranza e progresso, oggi come ieri, Hidden Figures è qui per ricordarci che la battaglia contro il sessismo e il razzismo, che in questo caso combaciavano, non è una causa persa. Quando una persona ha il QI adatto a risolvere i più laboriosi calcoli matematici col sola aiuto della carta e penna (ricordiamo che siamo nel 1961, nell'era pre-computer) e la stoffa necessaria per farsi valere in un'ambiente chiuso e competitivo, nè il proprio sesso e nemmeno il proprio colore della pelle possono essere un'ostacolo al successo. E il successo in questo caso fu mandare nello spazio il primo austronauta americano, Sheppard, e in orbita a distanza di un'anno, John Glenn. Una missione che ha avuto successo anche grazie alla figura di Katherine Johnson e della sua abilità di gestire complicate formule matematiche.
Il talento, l'intelligenza, la determinazione sono del resto le caratteristiche che ci contraddistinguono veramente, sia sul lavoro che nella vita. Il colore della pelle o l'essere donna sono caratteristiche biologiche aggiuntive (anche se preferisco pensarle come valori aggiunti) che non dovrebbero essere d'intralcio nella corsa al successo. Favoloso il cast, a partire dalle bravissime protagoniste principali a finire con Kevin Coster e Kirsten Dunst, che giustamente ha vinto il prestigioso SAG 2017 contro l'imbattibile La La Land. Bellissima la scenografia e i costumi d'epoca, la fotografia e la sceneggiattura, scorrevole e leggera quanto basta.
In definitiva? Un bel film, non completamente privo di alcuni clichè e soluzioni facili, che comunque riesce a rinnovare i propositi ottimisti mentre racconta la storia -precedentemente sconosciuta- di tre donne geniali al servizio dell'agenzia aerospaziale più prestigiosa al mondo. 3/5.
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[+] film bavoso
(di misesjunior)
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rubio93
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giovedì 16 marzo 2017
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corsa allo spazio e lotta per i diritti civili
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Il diritto di contare è un film del 2016, diretto da Theodore Melfi, uscito nelle sale statunitensi il 25 dicembre 2016 e dall'8 marzo 2017 nelle sale italiane. E' stato candidato a tre premi Oscar, miglior film, miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale.
Come recita il titolo originale Hidden Figures, ovvero figure nascoste, la vicenda, ispirata a fatti realmente accaduti, narra di alcune personalità che, benchè abbiano compiuto grandi passi avanti nell'evoluzione della conoscenza umana, la storia ha lasciato un pò in disparte.
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Il diritto di contare è un film del 2016, diretto da Theodore Melfi, uscito nelle sale statunitensi il 25 dicembre 2016 e dall'8 marzo 2017 nelle sale italiane. E' stato candidato a tre premi Oscar, miglior film, miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale.
Come recita il titolo originale Hidden Figures, ovvero figure nascoste, la vicenda, ispirata a fatti realmente accaduti, narra di alcune personalità che, benchè abbiano compiuto grandi passi avanti nell'evoluzione della conoscenza umana, la storia ha lasciato un pò in disparte.
Siamo negli anni della guerra fredda, dove la lotta per due visioni opposte del mondo non si svolge sul suolo terrestre con soldati e carrarmati, ma nella corsa alla conquista dello spazio, attreverso calcoli, complesse equazioni e soprattutto grandi menti. Gli autori, però non si limitano a questo; in tale contesto intrecciano le lotte intestine e le proteste degli afroamericani per la conquista dei diritti civili, il loro disagio nei confronti di una nazione che fatica ad accettare il diverso colore della pelle. Un disagio che deve essere affrontato anche dalle donne, colpite ancor di più dagli atteggiamenti sessisisti, che rendeno la loro posizione più precaria e discriminata rispetto a quella degli uomini.
I personaggi principali sono tre: Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monàe). Esse fanno parte di un gruppo della Nasa, addetto ai calcoli, ma per il quale lavoro ricevono solo un minimo merito, se non addirittura nessuno.
Grazie, però, all'evoluzione delle circostanze, ma soprattutto per merito di loro stesse, ciascuna di esse attreverso un proprio percorso, fatto di intraprendenza e ad anche di sacrifici, sfonderà le barriere dei pregiudizi, sia legati al colore della loro pelle che al loro sesso. Grazie al loro talento e capacità professionali si faranno spazio nel mondo della scienza aerospaziale.
Il film inequivocabilmente di sapore politico e sociale, riesce a dimostrare, portando in primo piano l'esperienza di queste tre grandi donne, quanto poco importa, anzi per niente, il colore della pelle o l'essere maschio o femmina, nell'evoluzione della razza umana. Sostanzialmente dice allo spettatore, senza esagerare e senza darsi troppe arie, che non si dovrebbe giudicare un libro dalla copertina.
Inoltre, il film, in questo suo trattare di tematiche politiche, razziste e sessiste, trova un ambito e un punto d'approccio originale, riuscendo anche narrare abilmente la storia di queste tre donne, le cui esperienze verrano ora ricordate in tutto il mondo.
Una narrazione drammatica, se si guarda alla cornice più ampia, quella delle marce antisegregazioniste e dei distanti conflitti coi sovietici. Ma è anche una storia narrata con leggerezza ed ironia, le cui critiche a determinate questioni sono quisitamente sottili.
La solida scenaggiatura sociale, che anche grazie alle brillanti interpretazioni delle protagoniste, raggiunge una sua validità storica nell'ambito cinematografico e rende il film uno di quelli che verrebbe eti
chettato come impengnato, senza però divenire per questo pesante e lento.
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loland10
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lunedì 20 marzo 2017
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'donne...nascoste'
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“Il diritto di contare” (Hidden Figures, 2016) è il terzo lungometraggio del regista-sceneggiatore di Brooklyn Theodore Melfi.
Raccontare l’America, raccontare il sogno, raccontare la Nasa, raccontare la vittoria.
Nel film di Theodore Melfi tutto appare (anzi è) ammantato da un prato verde, tutto è disegnato con un arcobaleno all’orizzonte, tutto è ricostruito con vestale leggerezza: con ossimori uniformi verso il buono e riuscito, verso il sorriso e l’entusiasmo in un Paese pieno di ottimismo e di pienezza: tutto contro i ‘bastardi’ al di là del muro per essere quelli che sorpassano ma soprattutto avere il piedistallo sotto i piedi.
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“Il diritto di contare” (Hidden Figures, 2016) è il terzo lungometraggio del regista-sceneggiatore di Brooklyn Theodore Melfi.
Raccontare l’America, raccontare il sogno, raccontare la Nasa, raccontare la vittoria.
Nel film di Theodore Melfi tutto appare (anzi è) ammantato da un prato verde, tutto è disegnato con un arcobaleno all’orizzonte, tutto è ricostruito con vestale leggerezza: con ossimori uniformi verso il buono e riuscito, verso il sorriso e l’entusiasmo in un Paese pieno di ottimismo e di pienezza: tutto contro i ‘bastardi’ al di là del muro per essere quelli che sorpassano ma soprattutto avere il piedistallo sotto i piedi.
La pellicola racconta la storia (vera) della scienziata afroamericana Katherine Joshon che collaborò con la NASA nei calcoli matematici e fisici per i lanci spaziali e diverse missioni orbitali. Cape Canaveral e il suo centro studi diventarono l’inizio di una parità ancora lontana. Il colore della pelle era ancora limite invalicabile per ristoranti, scuole, servizi e centri di lavoro.
Le ‘figure nascoste’ (dalla traduzione del titolo in originale) sono già lì ma non vogliamo o riusciamo a vederle, sono linee di contorno che possono stare in prima fila e in grado di reggere l’impatto di un mondo che va oltre l’atmosfera. Si nascondono bene ma si danno da fare per non arginare la voglia di parità, di giustizia e di diritti. Il gioco narrativo è molto ‘politically correct’ con piacimento e autocompiacimento, oltre quello che fa intersecare i vari personaggi
Homo sapiens. In questo caso il sessismo e il razzismo sfidano ogni pregiudizio per una ‘donna’ tenace, forte e di intuizione sopra la media. Geniale il modo di rapportarsi con la parte maschile del film.
Intensa, ironica, irremovibile e istrionica: Katherine non si ferma mai neanche davanti ad un cestino da svuotare o un bagno da raggiungere. E con Dorothy Vaughan e Mary Jackson si rompono le uova nel paniere e i sistema di difesa ‘maschili’.
Diritti senza sosta, ecco quello che le donne sognano da quel (lontano) 1961. E il colore della pelle inizia a non contare più
Donne e diritti, donne e intelligenze, ne(g)re e barriere, razze e uguaglianze. Le (ne)g(re) (come si dice nel film) chiedono libertà di pensiero e vera giustizia.
Epoco prima di essere lanciato nello spazio (missione Mercury-Atlas 6) l’astronauta John Glenn chiede espressamente l’aiuto di Katherine: solo lei riesce a convincere(lo) che lo spazio non faceva più paura.
Ne(g)ra: brutto termine quando l’uomo classifica(va) e mette(va) le differenze già nel linguaggio. Martin Luther King è lì in quell’America ottimista, sognante ma ancora tremendamente divisa.
Il film ha il merito (non da poco) di raccontare una storia ‘nascosta’ che riesce a farsi spazio, che sgomita con rispetto e che entra piano nelle aule giudiziarie. Una storia minima che è grande. Katherine Johnson ha sicuramente guardato ciò a lei dedicato e, soprattutto, ha visto (e toccato con mano) quello che è successo negli ultimi sessant’anni (tra l’altro ha ottenuto il 16 novembre 2015 la Medaglia Presidenziale della Libertà dall’ex Presidente Obama).
Film forse convenzionale, facile appeal e piacevolmente familiare ma, ha dalla sua una viva forza rigeneratrice e un’(auto)ironia tipicamente da commedia. Viene evitato il retrò/sentimentale) e la retorica da lezione (comunque vedere i cartelli pro J.F. Kennedy e il suo volto presidenziale doma il ‘sogno’ americano meglio di tante banalità e disarma i muri post-moderni di oggi).
Tarajì P. Henson (Katherine) riesce a reggere il personaggio; Kevin Costner (Al Harrison) mastica amaro il chey gum del (suo) sogno di ieri.
Musica e ambientazione d’epoca sono sagacemente ammiccanti; tra Pharrell Williams e Hans Zimmer con Benjamin Wallfisch la colonna sonora arriva a destinazione.
Regia comoda e lineare: ondeggiare sopra i fatti senza respiri di burrasca.
Voto: 7+/10.
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maumauroma
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giovedì 16 marzo 2017
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il diritto di contare
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Segregazione razziale e conquista dello Spazio, ecco le due tematiche cosi' apparentemente diverse che fanno da collante a questo originale e interessante film. Chi agli inizi degli anni sessanta era bambino o ragazzo si ricordera' sicuramente dell'appassionante gara tra le superpotenze Urss e Usa, che si sfidarono a lungo, nel pieno della guerra fredda, per mandare per primi un uomo al di fuori dell ' atmosfera terrestre. Dapprima furono i russi ad avere la meglio, ma poi, a poco a poco, gli americani riuscirono a superare i sovietici, e dopo una serie di missioni di grande successo con capsule spaziali sempre piu' affidabili e tecnicamente evolute, riuscirono addirittura, nel luglio del 1969, a mandare per la prima volta un loro astronauta sulla Luna.
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Segregazione razziale e conquista dello Spazio, ecco le due tematiche cosi' apparentemente diverse che fanno da collante a questo originale e interessante film. Chi agli inizi degli anni sessanta era bambino o ragazzo si ricordera' sicuramente dell'appassionante gara tra le superpotenze Urss e Usa, che si sfidarono a lungo, nel pieno della guerra fredda, per mandare per primi un uomo al di fuori dell ' atmosfera terrestre. Dapprima furono i russi ad avere la meglio, ma poi, a poco a poco, gli americani riuscirono a superare i sovietici, e dopo una serie di missioni di grande successo con capsule spaziali sempre piu' affidabili e tecnicamente evolute, riuscirono addirittura, nel luglio del 1969, a mandare per la prima volta un loro astronauta sulla Luna. Pochissimi sapevano pero', prima di vedere questo film, che buona parte del merito di questi successi statunitensi, fu da attribuire al lavoro oscuro,svolto alla Nasa in qualita' di ingegneri matematici da tre donne, per di piu' di colore,che con le loro preziose intuizioni tecnologiche e i loro calcoli aggiornati sulle traiettorie di volo, consentirono partenze e rientri delle navette con gli astronauti a bordo in condizioni di massima sicurezza, e consegnarono alla Storia queste affascinanti imprese . All'epoca si era nel pieno della discriminazione razziale, e la sola idea che dall'ingegno di tre persone afroamericane appartenenti al sesso femminile, in un ambiente del tutto maschilista come era quello della Nasa a quel tempo, potessero dipendere i successi aerospaziali degli Stati Uniti, pareva del tutto inconcepibile. Il Diritto di contare risulta un film ben costruito, a tratti avvincente, e ha il grande merito di trattare un argomento sgradevole e avvilente come quello del razzismo con una dose di ironia difficile da riscontrare in opere che trattano questo tema, senza per questo apparire superficiale o scontato. Lo sviluppo della trama e' pero' alquanto convenzionale e purtroppo non mancano i soliti fastidiosi momenti di trionfalismo a stelle e a strisce tipici di questo genere di pellicole. Buona risulta l'interpretazione di tutti gli attori mentre la colonna sonora si dimostra efficace e piacevole. Tre stelle e mezzo
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dinoroar
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giovedì 16 marzo 2017
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tanti contenuti trattati con misura
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Un film che piano piano ti porta al magico "intressante ... non lo sapevo". Romanzato quanto basta per non rischiare di essere un noioso docufilm, tratta in modo "distillato" e mai urlato di problemi, vicende, passioni, molto profonde. Emancipazione femminile nel lavoro ma anche nei rapporti familiari, diritti dei Colors in un'America combattuta da sentimenti controversi, la spasmodica corsa alla conquista dello Spazio quale mezzo per consacrare l'America "guida del Mondo", il pragmatismo ed i sogni, la tenacia e le fragilità ... insomma cen'è per tutti.Mai sopra le righe ti conduce per mano alla scoperta di una vicenda ai più sconosciuta ma che alla fine coivolge ed entusiasma.
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Un film che piano piano ti porta al magico "intressante ... non lo sapevo". Romanzato quanto basta per non rischiare di essere un noioso docufilm, tratta in modo "distillato" e mai urlato di problemi, vicende, passioni, molto profonde. Emancipazione femminile nel lavoro ma anche nei rapporti familiari, diritti dei Colors in un'America combattuta da sentimenti controversi, la spasmodica corsa alla conquista dello Spazio quale mezzo per consacrare l'America "guida del Mondo", il pragmatismo ed i sogni, la tenacia e le fragilità ... insomma cen'è per tutti.Mai sopra le righe ti conduce per mano alla scoperta di una vicenda ai più sconosciuta ma che alla fine coivolge ed entusiasma.Manifesto della non violenza spiega bene il concetto che "si può fare" con la tenacia e l'Amore, dove Amore stà per passione incondizianata, sacrificio, impegno e fiduca nel domani.Attraverso questa vicenda si comprende bene la tensione sociale tra neri e bianchi che tutt'oggi serpeggia in America, dove la parificazione dei diritti/doveri è stata più una inevitabile conseguenza del pragmatismo americano, che una reale presa di coscienza dei bianchi della insensatezza delle discriminazioni raziali. Consigliato!
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vanessa zarastro
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venerdì 17 marzo 2017
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doppia emancipazione
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Il film è tratto dalla storia vera di tre donne che hanno lavorato alla NASA all’inizio degli anni ’60. Basato sul libro Hidden Figures: The Story of the Afro-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot Lee Shetterley, Il diritto di contarenarra la storia di Katherine Johnson, genio della matematica, che tracciò le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11 che portò il primo uomo americano nello spazio.
Ambientato nel periodo della “guerra fredda”, subito dopo che i russi lanciarono il primo satellite artificiale nello spazio Sputnik 1 con Jurij Gagarin (il 4 ottobre 1957), scattò un’enorme competitività degli scienziati americani.
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Il film è tratto dalla storia vera di tre donne che hanno lavorato alla NASA all’inizio degli anni ’60. Basato sul libro Hidden Figures: The Story of the Afro-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot Lee Shetterley, Il diritto di contarenarra la storia di Katherine Johnson, genio della matematica, che tracciò le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11 che portò il primo uomo americano nello spazio.
Ambientato nel periodo della “guerra fredda”, subito dopo che i russi lanciarono il primo satellite artificiale nello spazio Sputnik 1 con Jurij Gagarin (il 4 ottobre 1957), scattò un’enorme competitività degli scienziati americani. A Langley Hampston in Virginia, tre donne nere fanno parte di un gruppo di “calcolatrici donne di colore” che lavorano segregate nell’ala ovest del campo. Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monàe) sono tre di queste donne che, intelligenti e determinate, lotteranno per ottenere il riconoscimento delle loro capacità in tre settori diversi. Alla fine otterranno il giusto e meritato risultato: Dorothy diventerà un’esperta di computer (siamo ai primissimi IBM), Mary Jackson diventerà la prima laureata afro-americana in ingegneria aereo-spaziale e Kahterine otterrà finalmente di poter firmare i rapporti del lavoro svolto, oltre alla soddisfazione che lo stesso astronauta John Glen, nel 1962, si fiderà esclusivamente dei suoi calcoli.
Impressionante è costatare che ai tempi di John Kennedy nel 1962, esistessero ancora Stati segregazionisti con i servizi differenziati (toilette, autobus, bar, …) ma perfino nelle scuole e nelle biblioteche dove si presume lavorino persone con visuali più aperte – nella cultura così come nel sociale.
Basato sulla figura di Robert C. Gilruth, Hal Harrison (interpretato da Kevin Kostner), il capo del Space Task Group al Langley Research Center, avrà il merito di guardare alla capacità di affrontare e condurre la ricerca scientifica delle persone, a prescindere dal loro genere e dal colore della pelle.
Il film è un prodotto molto americano, convenzionale e ottimista, ma la metafora dell’emancipazione femminile è narrata con humor. Molto bello e intelligente è il discorso che fa Mary Jackson al giudice che deve deliberare sulla sua eventuale accettazione nell’esclusiva scuola segregazionista. Il ritmo della musica con famosi pezzi jazz (da Herbie Hancock a Miles Davis) ben accompagna il ritmo incalzante del film che si vede volentieri.
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[+] solo due stelle?
(di sergiolino63)
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sergiolino63
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domenica 19 marzo 2017
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il diritto di contare....in tutti i sensi!
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Negli anni 60, in piena guerrra fredda, USA e URSS si contendevano le conquiste nello Spazio e la NASA aveva bisogno dei migliori cervelli del Paese, a prescindere dal colore della pelle, in un'epoca dove molti Stati americani erano ancora assurdamente segregazionisti. Tra questi cervelli della NASA tre ragazze di colore laureate in matematica riescono, tra mille difficoltà pratiche, ad emergere ed a sviluppare calcoli matematici complessi e necessari per mandare in orbita il primo americano, in un'epoca in cui il genere umano poteva ancora competere con i primi grandi elaboratori elettronici dell'IBM, sicuramente velocissimi, ma non ancora completamente affidabili.
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Negli anni 60, in piena guerrra fredda, USA e URSS si contendevano le conquiste nello Spazio e la NASA aveva bisogno dei migliori cervelli del Paese, a prescindere dal colore della pelle, in un'epoca dove molti Stati americani erano ancora assurdamente segregazionisti. Tra questi cervelli della NASA tre ragazze di colore laureate in matematica riescono, tra mille difficoltà pratiche, ad emergere ed a sviluppare calcoli matematici complessi e necessari per mandare in orbita il primo americano, in un'epoca in cui il genere umano poteva ancora competere con i primi grandi elaboratori elettronici dell'IBM, sicuramente velocissimi, ma non ancora completamente affidabili. Ragazze che, se da un lato non potevano non essere (ancorchè freddamente e malincuore) apprezzate per le loro capacità dai colleghi e superiori bianchi, dall'altro non potevano godere dei più elementari diritti, come usare i servizi igienici dei bianchi, attingere alla caffettiera di questi oppure frequentare particolari corsi di specializzazione. Ma il capo della Nasa (Interpretato da un grande Kevin Costner) farà in modo che almeno all'interno della NASA certe barriere vengano meno, e che le nostre eroine di colore, dotate di una grande tenacia oltre che di qualità intellettive superiori alla media, abbiano, in tutti i sensi, IL DIRITTO DI CONTARE!!! Un film emozionante, toccante e divertente al tempo stesso! Magari non un capolovoro assoluto ma 4 stelle non gliele leva nessuno!
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