thekinglamon
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martedì 16 febbraio 2016
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qui rido?
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No, qui non si ride. Checco Zalone porta sugli schermi dell'italia il suo film più politico, dove in ogni sua battuta si può ritrovare una critica allo stato o ad altro. Zalone ha un posto fisso, Zalone vive con i suoi, il lavoro di Zalone è amato dalle donne, Zalone ama questa vita. Tutto si stravolge con una riforma che lo riguarda, che non cambia la vita a nessuno se non a lui. Tentano di rubargli il lavoro dei suoi sogni ma lui resiste. Una trama semplicistica, se si trama si può parlare. Potrebbe finire in qualsiasi momento della pellicola senza creare scalpori. Una sequela di situazioni, certamente concatenate fra loro, che provano a scatenare grosse risate ma che in realtà riescono a far spuntare una breve mezzaluna.
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No, qui non si ride. Checco Zalone porta sugli schermi dell'italia il suo film più politico, dove in ogni sua battuta si può ritrovare una critica allo stato o ad altro. Zalone ha un posto fisso, Zalone vive con i suoi, il lavoro di Zalone è amato dalle donne, Zalone ama questa vita. Tutto si stravolge con una riforma che lo riguarda, che non cambia la vita a nessuno se non a lui. Tentano di rubargli il lavoro dei suoi sogni ma lui resiste. Una trama semplicistica, se si trama si può parlare. Potrebbe finire in qualsiasi momento della pellicola senza creare scalpori. Una sequela di situazioni, certamente concatenate fra loro, che provano a scatenare grosse risate ma che in realtà riescono a far spuntare una breve mezzaluna. Sulle varie tecniche cinematografiche non si può mettere parola perché se no si dovrebbe paragonare questo film a un qualsiasi video su youtube o su facebook. Allora come gli si può dare più di una semplice stellina? Si può perchè questo film fa il lavoro che deve fare, INTRATTENERE! Uscito dalle sale difficilmente si riesce a definirlo un "brutto" film. E anche se è il suo film più politico non porta a riflessioni sulle problematiche stereotipate che vengono presentate, in pochi parleranno dei fannulloni che sfruttano del posto fisso, ma parleranno delle battute sul posto fisso, ricordandole con il sorriso o no. Ed è questa la forza del comico che spopola in tutta la penisola. Prendiamo questo film come una decente ora e mezza passata con il sorriso sul viso e non per un film di denuncia perché ,lo stesso film, non vuole far denuncia.
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pierluigi
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giovedì 22 giugno 2017
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si ride, e questo deve bastare
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Alla sua quarta prova sul grande schermo, Zalone conferma le sue doti comiche, la sua arguzia, il suo personaggio ingenuo e pasticcione alle prese con una società spesso rude ed egoista. Per decreto legge saltano le Regioni, e al Nostro salta una delle poche certezze della vita: il posto fisso. Nel disperato tentativo di mantenerlo, Checco accetta le disumane condizioni imposte dal capoufficio: si ritrova a visitare le sedi più disagiate d’Italia fino ad arrivare al Polo Nord. Ma, paradossalmente, in mezzo ai ghiacci troverà il calore di un amore vero. Si ride, molte battute sono fulminanti. Ma dov’è finito il caustico Zalone, l’unico comico italiano capace di inanellare battute volgari senza mai esserlo? Aridatecelo.
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Alla sua quarta prova sul grande schermo, Zalone conferma le sue doti comiche, la sua arguzia, il suo personaggio ingenuo e pasticcione alle prese con una società spesso rude ed egoista. Per decreto legge saltano le Regioni, e al Nostro salta una delle poche certezze della vita: il posto fisso. Nel disperato tentativo di mantenerlo, Checco accetta le disumane condizioni imposte dal capoufficio: si ritrova a visitare le sedi più disagiate d’Italia fino ad arrivare al Polo Nord. Ma, paradossalmente, in mezzo ai ghiacci troverà il calore di un amore vero. Si ride, molte battute sono fulminanti. Ma dov’è finito il caustico Zalone, l’unico comico italiano capace di inanellare battute volgari senza mai esserlo? Aridatecelo.
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giadas
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domenica 10 gennaio 2016
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il cinepanettone che non è un cinepanettone
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Ovviamente la pellicola è più che leggerà, ma chi va a vedere questo genere di film sa di non trovarsi una candidatura per gli Oscar. Comunque mi aspettavo molto molto peggio. Come sempre la comicità di Zalone sa di "terrone" ma neanche più di tanto, vertendo invece questa volta sulle stranezze e sui costumi dell'italiano medio. Il fuoco è posto sul cosiddetto "posto fisso", quel contratto a tempo indeterminato nella sfera statale che tanto è stata desiderata dalla generazione dei nostri genitori (o almeno dei miei genitori), che però continua ad emettere un certo fascino anche per i giovani di oggi (anche se non per tutti). Questo, l'italiano medio, messo in contrapposizione con il nuovo italiano, con quei giovani che non vedono nel Bel Paese possibilità, con quei più o meno giovani che cominciano a sentirsi fuori luogo, che sentono stretta la culla della civiltà, dove forse la civiltà non c'è più.
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Ovviamente la pellicola è più che leggerà, ma chi va a vedere questo genere di film sa di non trovarsi una candidatura per gli Oscar. Comunque mi aspettavo molto molto peggio. Come sempre la comicità di Zalone sa di "terrone" ma neanche più di tanto, vertendo invece questa volta sulle stranezze e sui costumi dell'italiano medio. Il fuoco è posto sul cosiddetto "posto fisso", quel contratto a tempo indeterminato nella sfera statale che tanto è stata desiderata dalla generazione dei nostri genitori (o almeno dei miei genitori), che però continua ad emettere un certo fascino anche per i giovani di oggi (anche se non per tutti). Questo, l'italiano medio, messo in contrapposizione con il nuovo italiano, con quei giovani che non vedono nel Bel Paese possibilità, con quei più o meno giovani che cominciano a sentirsi fuori luogo, che sentono stretta la culla della civiltà, dove forse la civiltà non c'è più. È così che la scena si sposta nella lontana Norvegia, dove Checco incontra questa bella ricercatrice che crede veramente nel suo lavoro, il quale non è solo un lavoro, ma una parte di lei. Donna che rispecchia l'opposto della classica donna italiana tradizionalmente del sud tutta casa e famiglia. Famiglia con mente aperta, che chiude al suo interno diverse culture. Insomma, queste scene rappresentano tutto ciò che ricerca chi decide di abbandonare tutto e andarsene.
Questa nuova pellicola presenta forse un utilizzo meno cospicuo di turpiloquio, tentativo di comicità tutto apprezzato. Ripeto film leggero, molto leggero, ma che comunque vuol far riflettere sull'ignoranza, sulla mentalità ottusa e antiquata dell'Italia è come questa cominci a non andare più a genio a quelle nuove (e anche vecchie) generazioni che dovrebbero invece essere il cuore e la forza del Paese.
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rescart
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martedì 5 gennaio 2016
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nevica sul bagnato
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Dei quattro film di Checco nazionale, questo è l’unico che non ho visto. Premessa necessaria per giustificare l’assenza di un giudizio, ovvero numero di stelline, da parte mia. La trama è quella che è, il tema scottante è trattato con l’ironia che tutti si aspettano. Insomma niente di nuovo sotto il sole con o senza catinelle di Luca Pasquale Medici, alias Checco Zalone. Anche il regista non cambia e questo forse è un errore per un attore che promette di essere, almeno stando agli incassi, paragonabile al fenomeno Adam Sandler negli States. Con una differenza: quest’ultimo ha il coraggio di farsi anche dirigere da più registi e mettere da parte le esigenze di cassetta senza rinunciare alla vena comica.
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Dei quattro film di Checco nazionale, questo è l’unico che non ho visto. Premessa necessaria per giustificare l’assenza di un giudizio, ovvero numero di stelline, da parte mia. La trama è quella che è, il tema scottante è trattato con l’ironia che tutti si aspettano. Insomma niente di nuovo sotto il sole con o senza catinelle di Luca Pasquale Medici, alias Checco Zalone. Anche il regista non cambia e questo forse è un errore per un attore che promette di essere, almeno stando agli incassi, paragonabile al fenomeno Adam Sandler negli States. Con una differenza: quest’ultimo ha il coraggio di farsi anche dirigere da più registi e mettere da parte le esigenze di cassetta senza rinunciare alla vena comica. Come nel caso della direzione affidata a Judd Apatow in Funny People. Avrà lo stesso coraggio il comico di Zelig che ha sfondato anche sul grande schermo? Per ora, volendo parafrasare il titolo del suo primo film cult, piove sul bagnato. Il sospetto è che Zalone abbia coraggio da vendere quando si tratta di cambiare attori, meno quando si tratta di cambiare regista. Simbiosi o legame a doppio filo all’italiana, visto che l’amicizia con Nunziante è di lunga data e risale ai tempi di Tele Norba? Nel secondo caso si tratterebbe di un vizietto radicato nel comico pugliese, che finora ha saputo mettere alla berlina molti dei vizi degli italiani, meno quello dei politici. Mi riferisco al film precedente in cui passava in rassegna le varie figure professionali all’italiana. Allora mancava quella del posto fisso, quasi esaltato nel personaggio della moglie. Lacuna colmata con questo film. Ma di vizio ne manca evidentemente ancora uno, il suo, ovvero quella del comico che non sa rinunciare a sbancare il botteghino. Così almeno sinora.
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domenico maria
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sabato 9 gennaio 2016
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sclerosi incipiente.
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Trovo sostanzialmente,almeno in più punti condivisibile quanto scritto da Paola Casella, a proposito, diciamo così, di una "zalonata" meno riuscita e personale; Condivido invece in toto la sostanza, da appassionato di lirica,classica e arte in generale, quello che scrive paolo francesco, che forse, secondo me, come si diceva di un celebre critico musicale, "intinge un po' troppo la penna nel veleno".Si può avere le migliori ragioni del mondo, ma questo tono semiapocalittico, per un film di Zalone mi pare che, proprio per gli orizzonti ristretti dello stesso, sarebbe come sparare a un gattino con un baazoka, o buttare una testata nucleare in una discoteca solo perchè si fà troppo casino. Le 3 stelle che ho deciso di dare,pendendo inizialmente più per due, potrei riassumerle in questa sintesi.
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Trovo sostanzialmente,almeno in più punti condivisibile quanto scritto da Paola Casella, a proposito, diciamo così, di una "zalonata" meno riuscita e personale; Condivido invece in toto la sostanza, da appassionato di lirica,classica e arte in generale, quello che scrive paolo francesco, che forse, secondo me, come si diceva di un celebre critico musicale, "intinge un po' troppo la penna nel veleno".Si può avere le migliori ragioni del mondo, ma questo tono semiapocalittico, per un film di Zalone mi pare che, proprio per gli orizzonti ristretti dello stesso, sarebbe come sparare a un gattino con un baazoka, o buttare una testata nucleare in una discoteca solo perchè si fà troppo casino. Le 3 stelle che ho deciso di dare,pendendo inizialmente più per due, potrei riassumerle in questa sintesi. Ognuno ha ciò che merita:a volte,poche,ne è consapevole; molto spesso ne è più o meno inconsapevole, anche totalmente. Se cinema vuol dire evasione,staccare la spina, "due ghignate" come diceva un mio amico milanese, se si vuole un temporaneo e volontario rincretinimento(ripeto, come scelta,in un qualche modo), film come questi non producono disastri o turbe mentali devastanti. La cosa che mi irrita è che vedo una sorta di pianificazione di fondo, e di fondo squallida: A una parte "nordica" iniziale dove si mostra ordine,pulizia,efficienza,civiltà,spirito animalista ed ecologista, misto a situazioni sentimentali correttamente caotiche e incasinate, corrisponde una parte finale "sudicia" nel senso Sud del Mondo, dove domina calore,colore,accoglienza,spontaneità, divertimento,nonostante povertà,disorganizzazione e miseria. Alias, la saga, il monumento, la piramide del Luogo Comune, più ovvio e trito. Il finale potrebbe apparire positivo e spiazzante, ma di fondo sembra calcolatamente imprevedibile. Qualche risata mi è scappata, e continuo a preferire lui all'imperante pornocomicità di certuni, o alla pornoscena nullità di altri. Certo, riflettendo sugli incassi alla prima settimana del Ponte delle Spie e a questa bomba,non trovo altra spiegazione che quella di una inconscia/subconscia disperata insoddisfazione di masse di pubblico inneggianti al grande grandissimo comico, che gli risbatte in faccia quella infantile e adolescenziale rabbia trasgressiva,che si sta succhiando le menti di tanta gente. L'altro giorno(non è vero che alla Rai c'è solo schifo e mondezza:si salvano diversi pezzi di Rai 3 Rai 5 e Rai Storia, a mio avviso) A Rai tre riproponevano in originale inglese con sottotitoli, il monologo finale di Chaplin del "Grande Dittatore":l'omino,il vagabondo, che si lancia in un inno alla vita e alla libertà che ti viene il groppo alla gola,ad ascoltarlo(1940/41!).E stiamo parlando, in fondo, solo di un attore comico. A ogni epoca i suoi idoli(o falsi idoli). Per fortuna si può scegliere. Altrimenti, con un parametro onesto, pure se di fondo assoluto ed estremo la sola stella a Zalone parrebbe naturale.Possiamo ignorare il mondo in cui viviamo, e rifugiarci nella altissima torre d'avorio a contemplare e sentenziare sulle miserie umane? A ciascuno la propria libera e onesta risposta.
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mara65
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mercoledì 3 febbraio 2016
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attacco agli statali
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Cosa resta di tutto il film? Cosa ricorderemo? Che gli statali sono tutti fannulloni, alla faccia degli infermieri che medicano ogni giorno i nostri anziani, alla faccia delle forze dell'ordine che ci difendono dai delinquenti impuniti dalle leggi di questo governo; lo stesso che usa due pesi e due misure...con i delinquenti e con gli statali. Comunque il film è gradevole nel primo tempo. Ha un buon ritmo e lascia spesso spiazzati. Come nel cinema di una volta, c'è il protagonista (Checco) e l'antagonista ( la Sironi che vuole licenziarlo). Tutto il film si basa su questa diatriba: sulla Sironi che cerca in tutti i modi di farlo dimettere, accettando circa 40 mila euro di buonuscita.
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Cosa resta di tutto il film? Cosa ricorderemo? Che gli statali sono tutti fannulloni, alla faccia degli infermieri che medicano ogni giorno i nostri anziani, alla faccia delle forze dell'ordine che ci difendono dai delinquenti impuniti dalle leggi di questo governo; lo stesso che usa due pesi e due misure...con i delinquenti e con gli statali. Comunque il film è gradevole nel primo tempo. Ha un buon ritmo e lascia spesso spiazzati. Come nel cinema di una volta, c'è il protagonista (Checco) e l'antagonista ( la Sironi che vuole licenziarlo). Tutto il film si basa su questa diatriba: sulla Sironi che cerca in tutti i modi di farlo dimettere, accettando circa 40 mila euro di buonuscita. Ma il senatore protettore di tutti i dipendenti pubblici della Puglia (Lino Banfi), in improvvise sortite, gli dice che mai e poi mai deve dimettersi, perchè un posto fisso è un lusso.
La prima parte è gradevole, ma nella seconda parte prende il sopravvento la storia e come in molti film comici (costretti a seguire una trama) perde di brillantezza. La trama diventa via via più improbabile e gli stessi protagonisti non riescono ad imprimere spessore ai loro personaggi. Mi sarei aspettata anche un finale più cinico. Ad esempio che il figlio di Checco, nato in Africa, non fosse suo. Che fosse il quarto figlio (della moglie) nato col quarto padre diverso e quindi (in questo caso) di colore. Mi sarei aspettata anche un cinismo maggiore, almeno nel condannare la Sironi, spietata fin dall'inizio a prendersela con Checco. Ma così non è stato ed addirittura la Sironi non volendo, diventa anche una paladina a difesa dei poveri bambini africani. Troppo buonismo e soprattutto nella parte sbagliata, un pò come a dire che malvagi alla fine vincono sempre. Davvero una morale sbagliatissima che a prescindere da tutto, non può farmi amare questo filmetto spinto dalla stampa consensiente, in maniera veramente eccessiva.
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[+] esattamente: gli statali sono dei fannulloni
(di megliosenza)
[ - ] esattamente: gli statali sono dei fannulloni
[+] attacco a chi ha la coscienza sporca
(di sgorgy r)
[ - ] attacco a chi ha la coscienza sporca
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no_data
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venerdì 22 luglio 2016
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quo vado?: la mediocrità fatta a film!
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Io, davvero, non riesco veramente a concepire come possa essere possibile che un film del genere incassi 65 MILIONI DI EURO!! Probabilmente farò gli stessi discorsi di Victorlaszlo88 ma VOGLIO FARLA questa recensione;
I film di Zalone sono sempre state delle commediole carine, divertenti ma nulla più, davvero, non riesco proprio a capire come facciano sti film a incassare così tanto! Ormai Zalone con 4 film sta diventando miliardario e questa cosa mi fa incazzáre! Certo, preferisco vedere Zalone che incassa i BIG miliardi piuttosto che un Neri Parenti o un Vanzina... Però la cosa resta inconcepibile! È vero che il livello culturale dell'Italia si sta innalzando anche grazie a lui: 10 anni fa Natale a Miami (che era un'oscenitá) incassava 25 milioni, oggi Quo Vado (che è un film mediocre) incassa 65 milioni.
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Io, davvero, non riesco veramente a concepire come possa essere possibile che un film del genere incassi 65 MILIONI DI EURO!! Probabilmente farò gli stessi discorsi di Victorlaszlo88 ma VOGLIO FARLA questa recensione;
I film di Zalone sono sempre state delle commediole carine, divertenti ma nulla più, davvero, non riesco proprio a capire come facciano sti film a incassare così tanto! Ormai Zalone con 4 film sta diventando miliardario e questa cosa mi fa incazzáre! Certo, preferisco vedere Zalone che incassa i BIG miliardi piuttosto che un Neri Parenti o un Vanzina... Però la cosa resta inconcepibile! È vero che il livello culturale dell'Italia si sta innalzando anche grazie a lui: 10 anni fa Natale a Miami (che era un'oscenitá) incassava 25 milioni, oggi Quo Vado (che è un film mediocre) incassa 65 milioni... Un miglioramento c'è.
Quello che mi dà più fastidio di questi film è che... Ok, sono meno ignoranti e beceri dei cinepanettoni... Però non è che siano la CULTURA impressa su pellicola eh, ANZI! Sono abbastanza ignoranti: per di più in Che bella giornata, in una scena ci mostrano la BELLISSIMA, MERAVIGLIOSA morale di Zalone, ovvero "un po' di ignoranza FORSE renderebbe più felici", non sto scherzando, l'hanno detta in un film questa frase! Che, tra l'altro, è quello che pensano TUTTI gli italiani beceri! Una popolazione che se ne frega della cultura, una popolazione che pensa solo a ridere per non pensare al lavoro... La situazione è abbastanza grave e finché tutti la penseranno in questo modo, il cinema italiano vedrà sempre delle porcate cinepanettoniane!
Ma torniamo al film: credo che questo sia il film di Zalone più dimenticabile, l'unica cosa che mi ricordo è la scena in cui Zalone fa una "pugnetta" a un orso mi sembra (per farvi capire il livello culturale del film!): davvero, non ricordo UNA battuta del film, non ricordo niente... Diciamo che Zalone sta raggiungendo il livello delle commediole dimenticabili, tipo quelle di Ficarra e Picone per intenderci, o Immaturi (film che io reputo i PEGGIORI IN ASSOLUTO! Un film può essere brutto ma memorabilissimo!).
Sinceramente, se Zalone continuerà così, difficilmente incasserà così tanto, gli toccherà reinventarsi o alzare la qualità dei suoi film: certo, il suo prossimo film sicuramente i suoi 50 milioni li incasserà... Ma quasi sicuramente NON arriverà a 65 milioni!
Voto: 5,5 (so che non è mia abitudine sconsigliare la visione di un film ma... In questo caso sì: Quo Vado è stato di recente RICACCIATO al cinema, ecco, NON GUARDATELO! Non spendete soldi per questa roba, VI PREGO! Ha già incassato abbastanza! So che in questo periodo non c'è granché al cinema però... Fate una bella cosa, quando uscirà il prossimo film di Zalone [perché USCIRÀ!] voi NON ANDATE A VEDERLO! Se ci tenete alla cultura, se ci tenete al VERO cinema italiano, non date i vostri soldi a Zalone! Io quest'estate ho supportato La Pazza Gioia, il nuovo film di Virzì, ecco, QUELLO è un film! QUELLO è un film da supportare)
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uomoqualsiasi
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lunedì 4 gennaio 2016
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un canovaccio consolidato
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L'ultimo film del comico pugliese prosegue sulla falsa riga dei precedenti; Zalone si affida ad un canovaccio ormai consolidato,impersonifica piuttosto bene (la fisionomia lo aiuta molto in tal senso) il cittadino italiano comune mettendone in mostra difetti e contraddizioni in chiave satirica ma sempre all'interno del "politicamente corretto". Fino a qualche anno fa i comici prediligevano soprattutto la satira politica, ora ci si è accorti che alle persone piace ridere di se stessi fino a quando non gli si dice che il loro atteggiamento è sbagliato. In tal senso l'impressione che Zalone sia la nuova gallina dalle uova d'oro del cinema mainstream italiano è forte, anche perchè non esistono alternative all'esuberanza del comico in grado di produrre quel volume di incassi.
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L'ultimo film del comico pugliese prosegue sulla falsa riga dei precedenti; Zalone si affida ad un canovaccio ormai consolidato,impersonifica piuttosto bene (la fisionomia lo aiuta molto in tal senso) il cittadino italiano comune mettendone in mostra difetti e contraddizioni in chiave satirica ma sempre all'interno del "politicamente corretto". Fino a qualche anno fa i comici prediligevano soprattutto la satira politica, ora ci si è accorti che alle persone piace ridere di se stessi fino a quando non gli si dice che il loro atteggiamento è sbagliato. In tal senso l'impressione che Zalone sia la nuova gallina dalle uova d'oro del cinema mainstream italiano è forte, anche perchè non esistono alternative all'esuberanza del comico in grado di produrre quel volume di incassi. Al quarto film prodotto era lecito attendersi un salto di qualità sul piano dei contenuti, ma nonostante ciò rimane una pellicola godibile.
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antonello villani
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venerdì 12 febbraio 2016
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zalone, l’apoteosi della banalità
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Quo vadis, Zalone? Dritto in banca, verrebbe da dire. D’altra parte Croisette e red carpet all’Academy Awards sono off limits anche per chi ha sbaragliato la concorrenza con incassi milionari. Davvero imbarazzante la commediola sul travet che lotta con le unghie e con i denti per salvare il posticino statale che gli garantisce quaglie, salumi, formaggi ed ogni prodotto della nostra buona terra. Checco, questo il nome del protagonista, si ritrova nel bel mezzo di una riforma che mira a scardinare il principio dell’inamovibilità nella pubblica amministrazione, costretto ad emigrare in Norvegia pur di conservare l’ufficietto di una città di provincia. Personaggi sopra le righe, madri succubi di figli che pretendono la colazione a letto e la camicia stirata alla perfezione.
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Quo vadis, Zalone? Dritto in banca, verrebbe da dire. D’altra parte Croisette e red carpet all’Academy Awards sono off limits anche per chi ha sbaragliato la concorrenza con incassi milionari. Davvero imbarazzante la commediola sul travet che lotta con le unghie e con i denti per salvare il posticino statale che gli garantisce quaglie, salumi, formaggi ed ogni prodotto della nostra buona terra. Checco, questo il nome del protagonista, si ritrova nel bel mezzo di una riforma che mira a scardinare il principio dell’inamovibilità nella pubblica amministrazione, costretto ad emigrare in Norvegia pur di conservare l’ufficietto di una città di provincia. Personaggi sopra le righe, madri succubi di figli che pretendono la colazione a letto e la camicia stirata alla perfezione. Vabbè, la mamma è sempre la mamma specie se italica. In tanta confusione arriva come una nota stonata lo pseudo pretesto cinematografico (letterario sembra francamente troppo) del capo tribù a cui viene narrata la storia dell’impiegatuccio mandato per mezzo mondo in nome della spending review. E questo non solo per le faccette nere truccate con il lucido da scarpe, ma soprattutto per il finale buonista pronto a ricordare che con la beneficenza non ci guadagna solo la nostra coscienza ma anche l’economia nazionale. Italiani brava gente, l’epilogo giunge dopo il pistolotto su quanto sia difficile comportarsi onestamente e rispettare le leggi nel nostro Paese. Autoindulgenza irritante per una morale appiccicata con lo sputo, il messaggio che gli italiani siano sempre i migliori ed il nostro bel paese resti tale anche quando i rifiuti invadono le strade e la maleducazione regna sovrana è l’ultimo colpo assestato allo spettatore a cui sono stati spillati i soldi dal portafoglio. Un’ora e mezza che sembra interminabile anche per i più giovani cresciuti con la De Filippi ed il Grande Fratello. Poche risate, solo qualche sorriso smorzato da una sceneggiatura che ricorre a masturbazioni di plantigradi e a battute da scuola primaria per “alzare” il livello della comicità. Dopotutto Zalone è affetto da coprolalia, una patologia che lo assimila financo a quel genio musicale di Mozart. Tant’è. Espedienti narrativi di scarso valore che rischiano di relegare il film di Gennaro Nunziante nel completo anonimato, seppellito da una valanga di scemenze che mortificano l’intelligenza altrui. Ma il comico pugliese sa come sfruttare la sua notorietà ed una macchina pubblicitaria da far impallidire i kolossal americani per convincere gli spettatori che il suo successo non è un fuoco di paglia, sorretto com’è dalle innumerevoli improvvisate in tv per sponsorizzare un prodotto a basso costo e di infima qualità. Il Checco nazionale cavalca l’onda del momento, fotografa in maniera sfocata la realtà nostrana che, in fin dei conti, non è poi così complessa come sembra. Vizi e tic degli italiani raccontati in maniera semplicistica, “Quo Vado?” potrebbe conquistare l’Oscar per il peggior film dell’anno eppure il botteghino, come ricorda qualcuno, ha sempre ragione. Sarà vero? Qui lo snobismo dell’intellighenzia non c’entra nulla, a gridare vendetta sono gli stessi attori comici che hanno fatto la storia della commedia all’italiana. Come dire: non basta una faccia alla Mr Bean ed una recitazione sincopata accompagnata da qualche battuta grossolana per fare un buon prodotto. Il cinema, cari Nunziante e Zalone, è altra cosa. Gioioso e spensierato talvolta, ma pur sempre una cosa seria.
Carmine Antonello Villani
(Salerno)
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(di vito spericolato)
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marce84
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giovedì 18 febbraio 2016
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checco zalone e la favola del posto fisso
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Il quarto film del duo Checco Zalone-Gennaro Nunziante è un’altra commedia di successo: è un successo non solo in termine di incasso, ma anche di qualità del film. Perché quest’ultimo film è più maturo rispetto ai precedenti. Probabilmente si ride di meno ed è meno irriverente e provocante, ma è più consapevole nel suo intento ed è costruito meglio, anche se non mancano le risate e le battute pungenti.
Il bersaglio del film sono i soliti vizi dell’italiano, in cui noi tutti ci riconosciamo: in questo caso sono presi di mira luoghi comuni dei lavoratori pubblici, la pigrizia e la mentalità ottusa di un certo tipo di italiano, la cultura italica dei furbetti contrapposta a uno sguardo moderno sul mondo, sull’apertura mentale e di valori incarnata in questo caso dai popoli nordici, visti come punto di riferimento.
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Il quarto film del duo Checco Zalone-Gennaro Nunziante è un’altra commedia di successo: è un successo non solo in termine di incasso, ma anche di qualità del film. Perché quest’ultimo film è più maturo rispetto ai precedenti. Probabilmente si ride di meno ed è meno irriverente e provocante, ma è più consapevole nel suo intento ed è costruito meglio, anche se non mancano le risate e le battute pungenti.
Il bersaglio del film sono i soliti vizi dell’italiano, in cui noi tutti ci riconosciamo: in questo caso sono presi di mira luoghi comuni dei lavoratori pubblici, la pigrizia e la mentalità ottusa di un certo tipo di italiano, la cultura italica dei furbetti contrapposta a uno sguardo moderno sul mondo, sull’apertura mentale e di valori incarnata in questo caso dai popoli nordici, visti come punto di riferimento. Ma Checco Zalone sottolinea tutto questo in maniera lieve, senza toni arroganti, senza forzature, non vuole giudicare e non vuole schierarsi. E’ chiaro che i vizi dell’italiano medio sono presi di mira, ma allo stesso tempo, controbilancia il tutto, ad un certo punto, sottolineando l’eccessiva rigidità della cultura norvegese e una certa malinconia per le abitudini italiane. In questo Checco è geniale e il tono rimane sempre in sospeso fra l’ironia, un pizzico di rabbia per come va il nostro paese in bilico tra farsa e tragedia e un tono da favola. Non è un caso che il racconto venga narrato, come fosse un cantastorie e, quindi, come una favola, dallo stesso Checco a una tribù indigena africana. Una favola “moderna” per ridere insieme dell’italiano, per criticare le sue brutte abitudini e per auspicare un mondo migliore, più giusto, più aperto, più civile. Ma senza paternali e senza “giusto o sbagliato”. Ecco perché piace così tanto agli italiani. Perché il messaggio arriva con una battuta, con un sorriso. Ed è la maniera preferita dallo spettatore.
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