flyanto
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martedì 26 aprile 2016
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un monaco che induce alla riflessione
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Con "Le Confessioni", dopo il precedente "Viva la Libertà", ritorna la collaborazione tra il regista Roberto Andò e l'attore Toni Servillo e nuovamente, sia pure in forma diversa, viene riproposto il tema della politica contemporanea.
In una località poco definita della Germania, in un grande e lussuoso albergo, si riuniscono gli otto importanti ministri delle maggiori potenze economiche mondiali. Presiede l'imponente congresso, nel corso del quale devono essere prese delle importanti e determinanti decisioni per il futuro dell'umanità, il direttore del fondo monetario internazionale (Daniel Auteuil) ed insieme alle suddette personalità sono state invitate anche una scrittrice di libri per bambini, una rock star ed un monaco (Toni Servillo).
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Con "Le Confessioni", dopo il precedente "Viva la Libertà", ritorna la collaborazione tra il regista Roberto Andò e l'attore Toni Servillo e nuovamente, sia pure in forma diversa, viene riproposto il tema della politica contemporanea.
In una località poco definita della Germania, in un grande e lussuoso albergo, si riuniscono gli otto importanti ministri delle maggiori potenze economiche mondiali. Presiede l'imponente congresso, nel corso del quale devono essere prese delle importanti e determinanti decisioni per il futuro dell'umanità, il direttore del fondo monetario internazionale (Daniel Auteuil) ed insieme alle suddette personalità sono state invitate anche una scrittrice di libri per bambini, una rock star ed un monaco (Toni Servillo). Nel corso della prima serata dell'incontro il direttore del fondo monetario ha un importante e molto privato colloquio col monaco in seguito al quale la mattina dopo egli viene però trovato morto. Da questo momento si scateneranno tutte le possibili indagini per sapere sulla morte del banchiere e dal monaco il contenuto della privata conversazione in modo tale da conoscere se è stato deciso o rivelato qualcosa di importante concernente le decisioni che avrebbero dovuto essere discusse e conseguentemente prese nel corso del congresso ormai mancato.
Servillo, in maniera completamente differente dal suo doppio ruolo in "Viva la Libertà", interpreta nuovamente dietro le spoglie di un religioso, molto simile a quelli francescani, un portatore della verità o, meglio, del buon senso e dei reali valori di giustizia ed equità ormai scomparsi o tenuti in poco conto ai giorni nostri. La sua presenza, carismatica, proprio grazie alla sua semplicità nel vestire e nell'atteggiarsi, scuote molti, se non tutti, i partecipanti al congresso risvegliando in loro la propria coscienza e facendoli ricredere sulle proprie posizioni prese o che avrebbero dovuto essere prese. Più di tutti, ovviamente, il direttore del fondo monetario, preso da una sorta di profondo rimorso e di disprezzo verso situazioni poco accettabili e difficili da prendere. In un mondo cinico e spietato come quello contemporaneo, e non soltanto nel campo della politica e dell'economia ad alti livelli, Andò ripropone in alcuni dei suoi personaggi (qui precisamente in quella del direttore del fondo monetario, in "Viva la Libertà" in quella del capo di un influente partito politico) una sorta di presa di coscienza "salvifica" per la propria anima e come unico spiraglio, forse, di un cambiamento reale verso una probabile positività. Servillo, nella sua, come sempre, magistrale interpretazione diventa dunque il portavoce di tutto ciò o, comunque, colui che provoca profondi cambiamenti interiori in alcuni individui e, se "Le Confessioni", per quanto ben girato e ben interpretato (peraltro da grossi nomi di attori italiani e non quali, Pierfrancesco Favino, Christopher Lambert, Connie Nielsen, ecc....) non risulta una novità per ciò che concerne la trama in generale, sicuramente il suo valore risiede tutto, appunto, nella performance quanto mai efficace di Toni Servillo.
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fabio57
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martedì 26 aprile 2016
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notevole
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Veramente notevole quest'ultimo film di Andò.Bella e intensa riflessione sulle contraddizioni che affligono l'animo umano. Dei notabili potenti,si tratta del ghota della politica internazionale,riuniti per prendere decisioni importanti,pur avendo in mano le sorti del destino economico dell'umanità, si rivelano incapaci di gestire la situazione,allorquando viene meno il loro capo.Di fronte alla loro arrogante impotenza,si pone la semplicità disarmante ed efficace di un prete certosino,che ha dalla sua soltanto una fede incrollabile e la forza di carattere, di chi non può essere corrotto o comprato da chichessia, perchè non ha niente e non vuole niente.
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Veramente notevole quest'ultimo film di Andò.Bella e intensa riflessione sulle contraddizioni che affligono l'animo umano. Dei notabili potenti,si tratta del ghota della politica internazionale,riuniti per prendere decisioni importanti,pur avendo in mano le sorti del destino economico dell'umanità, si rivelano incapaci di gestire la situazione,allorquando viene meno il loro capo.Di fronte alla loro arrogante impotenza,si pone la semplicità disarmante ed efficace di un prete certosino,che ha dalla sua soltanto una fede incrollabile e la forza di carattere, di chi non può essere corrotto o comprato da chichessia, perchè non ha niente e non vuole niente.Solo il silenzio è la sua unica "arma" ,ma è sufficiente per tenere a bada l'insulsa petulanza di chi lo assilla per "sapere".
Una regia asciutta e un'interpretazione maiuscola danno spessore e profondità ad un lavoro assolutamente straordinario.
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toni mais
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martedì 26 aprile 2016
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san francesco
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Il personaggio illuminante di tutta la storia è quello del banchiere malato d'Alzheimer che poi tanto malato non è : ha dimenticato ,meglio dire ha fatto finta di dimenticare, le password dei suoi conti cifrati per impedire ai figli di commettere gli stessi suoi errori . Alla fine sarà lui a consegnare il registratore contenete il cantico degli uccelli al monaco che già precedentemente aveva ammansito Rolf. Dunque un San Francesco del tutto indifferente ad essere rinchiuso in una cella di una prigione piuttosto che in quella di un convento ,che ammansisce il lupo e parla agli uccelli e si volatilizza dinnanzi agli uomini più potenti della terra , altra metafora per significare che gli uomini più potenti della terra non possono neppure vedere , neppure se li hanno sotto gli occhi, i poveri, gli emarginati, i sacrificabili.
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Il personaggio illuminante di tutta la storia è quello del banchiere malato d'Alzheimer che poi tanto malato non è : ha dimenticato ,meglio dire ha fatto finta di dimenticare, le password dei suoi conti cifrati per impedire ai figli di commettere gli stessi suoi errori . Alla fine sarà lui a consegnare il registratore contenete il cantico degli uccelli al monaco che già precedentemente aveva ammansito Rolf. Dunque un San Francesco del tutto indifferente ad essere rinchiuso in una cella di una prigione piuttosto che in quella di un convento ,che ammansisce il lupo e parla agli uccelli e si volatilizza dinnanzi agli uomini più potenti della terra , altra metafora per significare che gli uomini più potenti della terra non possono neppure vedere , neppure se li hanno sotto gli occhi, i poveri, gli emarginati, i sacrificabili... . Servillo l'ho trovato troppo uguale a se stesso e mi domando se mai potrà interpretare ruoli tanto diversi o se resterà intrappolato nel personaggio.
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toni mais
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martedì 26 aprile 2016
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san francesco
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Il personaggio illuminante di tutta la storia è quello del banchiere malato d'Alzheimer che poi tanto malato non è : ha dimenticato ,meglio dire ha fatto finta di dimenticare, le password dei suoi conti cifrati per impedire ai figli di commettere gli stessi suoi errori . Alla fine sarà lui a consegnare il registratore contenete il cantico degli uccelli al monaco che già precedentemente aveva ammansito Rolf. Dunque un San Francesco del tutto indifferente ad essere rinchiuso in una cella di una prigione piuttosto che in quella di un convento ,che ammansisce il lupo e parla agli uccelli e si volatilizza dinnanzi agli uomini più potenti della terra , altra metafora per significare che gli uomini più potenti della terra non possono neppure vedere , neppure se li hanno sotto gli occhi, i poveri, gli emarginati, i sacrificabili.
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Il personaggio illuminante di tutta la storia è quello del banchiere malato d'Alzheimer che poi tanto malato non è : ha dimenticato ,meglio dire ha fatto finta di dimenticare, le password dei suoi conti cifrati per impedire ai figli di commettere gli stessi suoi errori . Alla fine sarà lui a consegnare il registratore contenete il cantico degli uccelli al monaco che già precedentemente aveva ammansito Rolf. Dunque un San Francesco del tutto indifferente ad essere rinchiuso in una cella di una prigione piuttosto che in quella di un convento ,che ammansisce il lupo e parla agli uccelli e si volatilizza dinnanzi agli uomini più potenti della terra , altra metafora per significare che gli uomini più potenti della terra non possono neppure vedere , neppure se li hanno sotto gli occhi, i poveri, gli emarginati, i sacrificabili... . Servillo l'ho trovato troppo uguale a se stesso e mi domando se mai potrà interpretare ruoli tanto diversi o se resterà intrappolato nel personaggio.
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maramaldo
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lunedì 25 aprile 2016
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economia, un volto del male...
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...economisti ( i vari tipi di direttorio sovranazionale, alta e bassa finanza, banchieri di ogni pezzatura...) tutti creature malefiche: per loro altro che confessore, l'esorcista ci vuole. Su questa solida pregiudiziale e con tempismo perfetto, Andò ha montato una storia, non tanto di fantasia, con riferimenti e caratterizzazioni di immediata riconoscibilità. Non occorre dirlo, poteva venirne fuori un sermone tetro e angoscioso se non ci fosse stato il talento espressivo di Toni Servillo. Il regista gli ha cucito l'abito addosso e lui ha fatto il monaco, in grande, dando da solo spessore e significato all'intera vicenda in un film che scorre svelto e intrigante, a tratti persino divertente.
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...economisti ( i vari tipi di direttorio sovranazionale, alta e bassa finanza, banchieri di ogni pezzatura...) tutti creature malefiche: per loro altro che confessore, l'esorcista ci vuole. Su questa solida pregiudiziale e con tempismo perfetto, Andò ha montato una storia, non tanto di fantasia, con riferimenti e caratterizzazioni di immediata riconoscibilità. Non occorre dirlo, poteva venirne fuori un sermone tetro e angoscioso se non ci fosse stato il talento espressivo di Toni Servillo. Il regista gli ha cucito l'abito addosso e lui ha fatto il monaco, in grande, dando da solo spessore e significato all'intera vicenda in un film che scorre svelto e intrigante, a tratti persino divertente. Con misura e semplicità: poche parole (la sua specialità), pause pregnanti, un virtuoso del silenzio. Gli si è fatto fare anche opera di cultura: riscopriamo, infatti, una figura poco nota, un cimelio del medio evo, il cistercense. Religioso che qui disorienta gli antagonisti col non fare capo ad una organizzazione; operatore del sacro che affronta i servi del maligno ( i perfidi banksters di alto bordo) munito della sola fede.
Padre Salus potrebbe sembrarre il protagonista. Non lo è. Soggetto della parabola è il grand commis del governo del mondo, Daniel Roché. E' lui che ha l'idea, sente l'urgenza, di parlare con un confessore: un professionista che non trema nel guardare gli abissi dell'anima e ad un tempo è autorizzato a dare un colpo di spugna alla colpa.
L'Autore ha tante cose da dire e tenta di dirle tutte. Contagiato dall'umiltà, mi limito invece ad una escursione nella psicologia del personaggio centrale. Nessuna simpatia ammanta questa figura, sgradevole anche visivamente. In bara, un feticcio ingombrante. Nessuno lo rimpiange, figurarsi quanto lo amassero in vita. Un infelice, insomma, che , nonostante il grande potere e la superiore intelligenza, teme di sbagliare qualcosa che potrebbe rivelarsi un crimine del quale emendarsi se non giustificarsi: il non avere pietà dei suoi simili.. Deve sacrificarne a causa di un astruso calcolo, parto del suo genio, che contiene la funzione relativa alla sofferenza dell'umanità mancando la quale non si arriva ad un risultato ottimale. Non intende rinnegare, però, la creazione della sua mente. Tipico peccato di superbia dell'intelletto, luciferino, del quale - chissà perchè - nessuno si pente. Lo sa lo scaltro scrutatore di coscienze, che gli somiglia ma che ha saputo svincolarsi in tempo dalle spire della logica. E così lo manda tranquillamente al diavolo, senza pensarci due volte. Non che non gli faccia pena, la misercordia fa parte del suo kit spirituale. Ne condivide alcune intuizioni. Roché si lamenta, lui, dell'impotenza e del fallimento, sentimenti che, cozzando con la superbia, creano il dramma e portano alla disperazione. Non influiamo su nulla. Ci preoccupiamo del futuro pur non avendo chiaro cos'è il tempo; pretendiamo di intervenire nella vita dei popoli senza essere padroni della nostra.
Le Confessioni terminano con Salus che si allontana dall'albergo maledetto, leggero, seguito dalla "belva", ora rabbonita ed ubbidiente (il nostro istinto assassino che non si domina ma che si può addomesticare). Frate bianco e cane nero vengono man mano rimpiccioliti dall'obiettivo quasi a significare l'occhio della coscienza che sminuisce sempre di più il segno fino ad otturarsi del tutto.
Abbiamo un apologo. Metafisico? Non del tutto. Manca un finale edificante. Non c'è neppure un intento moralistico. Andò non se li permette, con onestà (quella che non sempre gli procura buona stampa). E, poi, sul vero mistery, il Male, non indaga. In compenso, ci chiarisce le idee su alcuni suoi rappresentanti più in vista. Se può servire, grazie.
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lbavassano
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lunedì 25 aprile 2016
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gli eccessi dell'ambizione
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Titolo altisonante per un film estremamente ambizioso quanto a temi trattati, ambientazione e stile narrativo. Probabilmente troppo ambizioso rispetto ad una storia francamente deludente, a personaggi in gran parte incapaci di oltrepassare il livello caricaturale (da barzelletta il russo ed il tedesco), ad un finale in realtà abbastanza miserello. Nuocciono per di più i richiami a "Youth": Andò, che pure aveva saputo trovare il tono giusto in "Viva la libertà", non è Sorrentino. (Come sempre un discorso a parte merita il grandissimo Toni Servillo, in grado di riscattare da solo qualunque film, sceneggiatura e personaggio).
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gpistoia39
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lunedì 25 aprile 2016
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l'etica e la morale contro la spregiudicatezza
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Tutto il film mi ricorda la Montagna Incantata di Thomas Mann. Dobbiamo abituarci ai dialoghi, tutto il film è pieno di pensieri morali e antimorali. Etica con indifferenza. Questo film è molto importante e dovrebbe arrivare al cuore, speriamo, di tutti quelli che non pensano più a dove stiamo andando a finire. Per ogni cittadino italiano in possesso di tutto più lo smartphone, in africa ci sono migliaia di persone che non hanno l'acqua e muoiono di fame. Con i soldi di ogni nostro smarphone, si potrebbe fare un pozzo d'acqua per gli africani. Noi siamo solo capaci di lamentarci di tutto: delle tasse, del servizio sanitario che non funziona, delle innumerevoli disfunzioni delle stato.
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Tutto il film mi ricorda la Montagna Incantata di Thomas Mann. Dobbiamo abituarci ai dialoghi, tutto il film è pieno di pensieri morali e antimorali. Etica con indifferenza. Questo film è molto importante e dovrebbe arrivare al cuore, speriamo, di tutti quelli che non pensano più a dove stiamo andando a finire. Per ogni cittadino italiano in possesso di tutto più lo smartphone, in africa ci sono migliaia di persone che non hanno l'acqua e muoiono di fame. Con i soldi di ogni nostro smarphone, si potrebbe fare un pozzo d'acqua per gli africani. Noi siamo solo capaci di lamentarci di tutto: delle tasse, del servizio sanitario che non funziona, delle innumerevoli disfunzioni delle stato. Ma non sappiamo capire che noi rispetto agli africani abbiamo tutto, anche il superfluo. Il monaco confessore dovrebbe essere la nostra coscienza, Il presidente del fondo monetario Daniel Rochè, si suicida, anche lui diventa cosceinza, da spietato maneggiatore di denaro. I bancari non hanno cuore o se ce l'hanno non lo usano. Il monaco è la faccia della nostra coscienza che non vogliamo ascoltare, non abbiamo pietà, non vogliamo perdere tempo, non vogliamo essere pensatori, vogliamo solo il denaro, tutti. siamo veramente messi mali e continuiamo a fregarcene, speriamo almeno che alla fine ci sia davvero il Buon Dio a salvarci o almeno chi per lui.
Belli gli esterni quasi in bianco e nero, bello il mare quasi bianco, bello tutto, bellissimo non riesco neppure ad esprimermi come vorrei, su questo film molto complicato che rischierei di banalizzarlo.
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no_data
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lunedì 25 aprile 2016
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l'unico che può disturbare i loro piani
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“Todo Modo”, il film tratto da un romanzo di Leonardo Sciascia, che Elio Petri diresse nel 1976, raccontava l'Italia dei partiti politici. Più ancora: l'Italia delle correnti del partito di maggioranza relativa, in lotta per il potere. E lo faceva riunendone i maggiorenti in un ritiro spirituale in un eremo, che diventava luogo di resa dei conti, di atmosfere oscure e di misteriosi delitti. Oggi che le sovranità nazionali non hanno più alcun valore e che il potere è unicamente in mano ai grandi potentati economici mondiali, in grado di decidere la sorte degli stessi Stati, con un occhio a Petri, Andò riunisce in un resort in Germania un summit di ministri economici, presieduto da Daniel Roché (Auteil), direttore del Fondo monetario internazionale.
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“Todo Modo”, il film tratto da un romanzo di Leonardo Sciascia, che Elio Petri diresse nel 1976, raccontava l'Italia dei partiti politici. Più ancora: l'Italia delle correnti del partito di maggioranza relativa, in lotta per il potere. E lo faceva riunendone i maggiorenti in un ritiro spirituale in un eremo, che diventava luogo di resa dei conti, di atmosfere oscure e di misteriosi delitti. Oggi che le sovranità nazionali non hanno più alcun valore e che il potere è unicamente in mano ai grandi potentati economici mondiali, in grado di decidere la sorte degli stessi Stati, con un occhio a Petri, Andò riunisce in un resort in Germania un summit di ministri economici, presieduto da Daniel Roché (Auteil), direttore del Fondo monetario internazionale. Devono assumere decisioni di una gravità inaudita, tanto che almeno tre dei ministri stanno vivendo una moderata crisi di coscienza. Al summit sono invitati anche tre ospiti estranei all'economia, tra cui il monaco certosino Roberto Salus (Servillo), da cui Roché chiede di essere confessato. Sapremo gradualmente nel prosieguo com'è andato il colloquio fra i due. Ma Roché muore quella notte stessa. Omicidio o suicidio ? Si tratta ora di decidere se la terribile manovra economica vada portata comunque a compimento oppure no. Sarà ovviamente Salus, con la sua presenza ieratica ma anche piena di concreto buon senso, a determinare l'andamento del summit. Alla fine non sapremo neppure se egli esista davvero; se in fondo non rappresenti Papa Francesco (non la Chiesa, si badi bene. Quella era ben rappresentata da don Gaetano nel film di Petri), l'unica autorità morale che davvero in questo momento si opponga allo strapotere del denaro. Andò mantiene le atmosfere misteriose e solenni di Todo Modo, ma qui il colore dominante è il bianco, come la tonaca del monaco. Sospende i tempi, fa pronunciare quasi soltanto frasi che sembrano epigrammi, muove i suoi attori come se fossero le loro anime quelle che vediamo: ormai dannate o desiderose di confessare le proprie colpe. Difficile valutare quanto autocompiacimento ci sia nei dialoghi e nella messa in scena, e di sicuro il sermone finale di Servillo richiama lo schema già collaudato in “Viva la libertà”, ma il risultato finale rasenta la perfezione stilistica ed è sicuramente di grande valore.
Infine un accenno alle musiche: a parte quelle originali composte da Nicola Piovani, sulla scelta del ventiquattresimo lieder della winterreise di Schubert, Andò parla di "una sorta di reperto che allude alla deriva di un’anima e, al contempo, al naufragio di una certa idea d’Europa, Un’idea che nel suo capolavoro Schubert aveva ampiamente profetizzato".
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uppercut
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lunedì 25 aprile 2016
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come un libro stampato
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Non sappiamo più raccontare una storia. Il cinema italiano è affollato di sceneggiatori con un'eccellente cultura saggistica e una pessima famigliarità con la narrativa. Il risultato è il servillismo: personaggi che sono puri portatori di cartelli con su scritte frasi ad effetto; dialoghi costruiti col copia e incolla da manuali, bigini, siti con gli aforismi sulla vita; drammaturgie inesistenti, anzi, molto peggio, buttate là con l'aria di chi mica si abbassa a raccontare una storia. Il risultato, insomma, è una palla micidiale dove anche le migliori intenzioni (come in questo caso) ti fanno incazzare ancora di più perché ingigantiscono l'impressione di uno spreco assoluto. Ottima fotografia, musica di Piovani, soggetto attuale e impegnato.
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Non sappiamo più raccontare una storia. Il cinema italiano è affollato di sceneggiatori con un'eccellente cultura saggistica e una pessima famigliarità con la narrativa. Il risultato è il servillismo: personaggi che sono puri portatori di cartelli con su scritte frasi ad effetto; dialoghi costruiti col copia e incolla da manuali, bigini, siti con gli aforismi sulla vita; drammaturgie inesistenti, anzi, molto peggio, buttate là con l'aria di chi mica si abbassa a raccontare una storia. Il risultato, insomma, è una palla micidiale dove anche le migliori intenzioni (come in questo caso) ti fanno incazzare ancora di più perché ingigantiscono l'impressione di uno spreco assoluto. Ottima fotografia, musica di Piovani, soggetto attuale e impegnato... e il tutto al servizio di che cosa? di un film che non ti emoziona, non ti commuove, non ti fa ridere, non ti dà niente. Provi solo l'imbarazzo di vedere l'Italia che siede al tavolo dei grandi con due rappresentanti due, autoeleggendosi a consueta paladina della santità; di vedere la Russia rappresentata dalla caricatura di Breznev e la Germania con lo sguardo vitreo; di sentire gli economisti che dicono "noi economisti"; di seguire Jep Gambardella vestito da frate... Ma perché? perché non sappiamo più scrivere uno straccio di storia? e il bello è che riempiamo i nostri film di scrittori, tuti personaggi improponibili s'intende, ma che dicono di una stima diffusa per chi sa tenere in mano una penna. Chissà, forse la spiegazione è proprio questa: ci innamora la figura dello scrittore che campa di quello e magari di un libro soltanto (ma quando mai?) e, sedotti da questa mitologia, non sappiamo che cosa sia la fatica operaia di fabbricare una macchina che sappia muoversi da sola e portare i passeggeri lontano. Chissà... Dedicato a Toni Servillo: Ha da pass° 'a nuttata.
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des esseintes
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domenica 24 aprile 2016
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finta critica al sistema
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Il capitalismo accetta e incoraggia la critica a sé stesso a patto che questa si fondi sul rigido presupposto di negare qualsiasi fattibilità o giustizia di una rivoluzione che sovverta realmente il sistema, i suoi rapporti sociali, produttivi e di lavoro.
Puoi criticare anche in maniera feroce ma esclusivamente al fine di dimostrare o che tutto sommato, come diceva la Thatcher "TINA" - "There Is No Alternative" - o non dicendo nulla di concreto riguardo alla prassi politica da mettere in atto, come fa Noam Chomsky (mi raccomando andate a cercare il video completo del suo dialogo con Michel Foucault. Seguitelo tutto fino alla fine con attenzione e vedrete dal vivo cosa intendo).
Le critiche quindi finiscono per uniformarsi progressivamente tutte sul piano del sommesso piagnucolio, limitandosi a rappresentare il potere e il sistema come la banale somma di psicologie individuali, di fondo simili nella loro fragilità e nelle loro debolezze a quelle delle persone comuni.
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Il capitalismo accetta e incoraggia la critica a sé stesso a patto che questa si fondi sul rigido presupposto di negare qualsiasi fattibilità o giustizia di una rivoluzione che sovverta realmente il sistema, i suoi rapporti sociali, produttivi e di lavoro.
Puoi criticare anche in maniera feroce ma esclusivamente al fine di dimostrare o che tutto sommato, come diceva la Thatcher "TINA" - "There Is No Alternative" - o non dicendo nulla di concreto riguardo alla prassi politica da mettere in atto, come fa Noam Chomsky (mi raccomando andate a cercare il video completo del suo dialogo con Michel Foucault. Seguitelo tutto fino alla fine con attenzione e vedrete dal vivo cosa intendo).
Le critiche quindi finiscono per uniformarsi progressivamente tutte sul piano del sommesso piagnucolio, limitandosi a rappresentare il potere e il sistema come la banale somma di psicologie individuali, di fondo simili nella loro fragilità e nelle loro debolezze a quelle delle persone comuni.
Si tratta di operazioni semplicemente consolatorie con le quali si spingono gli spettatori a non prendere coscienza della loro situazione di subalternità e a rinunciare ad approfondire i meccanismi sociali, politici ed economici di quel sistema del dominio e dello sfruttamento che li opprime.
Questo pessimo film realizza proprio questo tipo di operazione.
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