giuliog02
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mercoledì 15 marzo 2017
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dignità, umanità, identità conculcate dal sistema
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Un film indimenticabile. Una trama in cui due personaggi, in difficoltà nell' ottenere dall'organizzazione assistenziale britannica - vistosamente preda del più ottuso e cinico burocratismo neoliberistico - quanto di loro diritto, si incontrano, agiscono, si rispettano, si aiutano. Uno svolgersi degli eventi, narrato con semplicità, partecipazione umana, e, di fatto, con una traccia sottofondo di sottile umorismo sarcastico volto a costituire una rigorosa denuncia della mancanza di comprensione e di solidarietà umana da parte degli zelanti funzionari nell'applicazione di norme organizzative, in cui é andato volutamente perso ogni accenno di intelligenza e di umanità per i cittadini bisognosi di aiuto.
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Un film indimenticabile. Una trama in cui due personaggi, in difficoltà nell' ottenere dall'organizzazione assistenziale britannica - vistosamente preda del più ottuso e cinico burocratismo neoliberistico - quanto di loro diritto, si incontrano, agiscono, si rispettano, si aiutano. Uno svolgersi degli eventi, narrato con semplicità, partecipazione umana, e, di fatto, con una traccia sottofondo di sottile umorismo sarcastico volto a costituire una rigorosa denuncia della mancanza di comprensione e di solidarietà umana da parte degli zelanti funzionari nell'applicazione di norme organizzative, in cui é andato volutamente perso ogni accenno di intelligenza e di umanità per i cittadini bisognosi di aiuto.Vale a dire un comportamento pratico che tradisce lo scopo per cui esiste quell'organizzazione. C.a.d. chiaccjere e distintivo.
Un film in cui l'identità, l'umanità, la capacità di essere responsabili di sé stessi in un contesto difficile sono narrati in modo sublime. Non c'é un fotogramma in più dell'essenziale. Eccezionale il regista, bravissimi gli attori.
Film assolutamente da vedere.
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gpistoia39
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martedì 25 ottobre 2016
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ken loach, solo film di denuncia sociale
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Questo film per me è uno dei più belli fatti da questo regista. Nel seguire gli eventi e i fatti del film ci troviamo stupiti davanti a una Gran Bretagna completamente sorda alle esigenze dei suoi cittadini. La cosa mi ha stupita se penso a tutte le persone che conosco e che sono andate a lavorare a Londra e che hanno decantato la qualità della vita inglese. Da questo film denuncia non mi sembra proprio così: chissà perché siamo sempre tentati di dire che all'estero chissà come si sta bene. Da noi penso proprio che quando uno è a casa per malattia, avendo un lavoro, ci sia l'indennità di malattia che mi pare duri fino a 6 mesi. In questo film vediamo una burocrazia spaventosa, posti di lavoro per i burocrati e i controllori, ma nessun posto per una giovane donna con 2 figli che se vuole comprare delle scarpe per loro deve prostituirsi.
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Questo film per me è uno dei più belli fatti da questo regista. Nel seguire gli eventi e i fatti del film ci troviamo stupiti davanti a una Gran Bretagna completamente sorda alle esigenze dei suoi cittadini. La cosa mi ha stupita se penso a tutte le persone che conosco e che sono andate a lavorare a Londra e che hanno decantato la qualità della vita inglese. Da questo film denuncia non mi sembra proprio così: chissà perché siamo sempre tentati di dire che all'estero chissà come si sta bene. Da noi penso proprio che quando uno è a casa per malattia, avendo un lavoro, ci sia l'indennità di malattia che mi pare duri fino a 6 mesi. In questo film vediamo una burocrazia spaventosa, posti di lavoro per i burocrati e i controllori, ma nessun posto per una giovane donna con 2 figli che se vuole comprare delle scarpe per loro deve prostituirsi. Ken Loach denuncia qualcosa di spaventosamente reale. Una tristezza incredibile, se si pensa he solo 30 anni fa la Gran Bretagna vantava il miglior sistema sanitario d'Europa esteso non solo ai suoi cittadini ma a chiunque persona si trovasse a "passare" di lì. Nelle cure sanitarie erano compresi anche la cura dei denti, cosa che da noi in Italia......
Questo film mi è stato molto utile, ho conosciuto una realtà Kafkiana che mai avrei immaginato esserci in Inghilterra. Sono sicura che se non stiamo attenti toccherà la stessa cosa qui da noi. Il potere della burocrazia nelle società "avanzate"
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maurizio d
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domenica 6 novembre 2016
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si è perso di vista l'uomo
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Daniel Blake non fa per nulla piangere Anzi l'obiettvo dichiarato è quello di far riflettere . Tutte le scene drammatiche , quella del Banco alimentare , quella del bordello, quella stessa della morte del protagonista , vengono volutamente smorzate il regista evita di fare appello a tutti quegli strumenti tecnci :le carrellate , i primi piani, la musica enfatica
che avrebbero sottolineato la scena. L'obiettivo non è di commuovere ma di far riflettere
Che cosa ci vuol dire insomma l'autore ? Lo smantellamento dello stato sociale ha gettato milioni di persone sul lastrico . Anche chi ha lavorato per 40 anni onestamente
si trova adesso a fare i conti con una amministrazione cieca.
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Daniel Blake non fa per nulla piangere Anzi l'obiettvo dichiarato è quello di far riflettere . Tutte le scene drammatiche , quella del Banco alimentare , quella del bordello, quella stessa della morte del protagonista , vengono volutamente smorzate il regista evita di fare appello a tutti quegli strumenti tecnci :le carrellate , i primi piani, la musica enfatica
che avrebbero sottolineato la scena. L'obiettivo non è di commuovere ma di far riflettere
Che cosa ci vuol dire insomma l'autore ? Lo smantellamento dello stato sociale ha gettato milioni di persone sul lastrico . Anche chi ha lavorato per 40 anni onestamente
si trova adesso a fare i conti con una amministrazione cieca. Il lungo ventennio del liberalismo tatcheriano ha prodotto una società disumana
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[+] liberalismo tatcheriano?
(di kleber)
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giorgio47
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giovedì 27 ottobre 2016
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non tutti i diseredati sono immigrati
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Avevo letto alcune recensioni di questo film che ponevano una serie di problemi e che in ogni caso non erano entusiastiche ma molto critiche e la cosa mi sembrava alquanto strana perché quest’ultime non erano indirizzate al film, alla regia, ma al contenuto dello stesso. Insomma ero perplesso, poi oggi sono andato a vederlo e ho assistito alla proiezioni di un film non solo girato bene, ma coraggioso e lineare, come tutta la filmografia di Loach e del suo sceneggiatore preferito Laverty è sempre stata. Nel film c’è amore, solidarietà, rispetto ma anche indifferenza, disinteresse, freddezza da parte della burocrazia e dei suoi robot. Ed allora mi sono domandato da cosa potevano scaturire le “riserve” sul film e sul suo regista, ed ho capito! Loach viene criticato perché parla degli ultimi, dei diseredati, ma questi non sono gli immigrati, sono i fantasmi della società, sono i reietti che nessuno vuol vedere perché ci dicono che non sono persone che scappano da una guerra o attraversano il mare sui barconi, sono i prodotti di una società sempre più meccanizzata ed indifferente, sono persone che non vogliono l’elemosina (bellissima la lettera finale) non pretendono la carità, tutte cose che fanno sentire bene i piccolo borghesi del nostro mondo, vogliono i propri diritti come cittadini e mettono in evidenza le ingiustizie, le iniquità, le prepotenze e le prevaricazioni che i nostri sistemi, grazie alla nostra complicità, attuano sui più deboli.
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Avevo letto alcune recensioni di questo film che ponevano una serie di problemi e che in ogni caso non erano entusiastiche ma molto critiche e la cosa mi sembrava alquanto strana perché quest’ultime non erano indirizzate al film, alla regia, ma al contenuto dello stesso. Insomma ero perplesso, poi oggi sono andato a vederlo e ho assistito alla proiezioni di un film non solo girato bene, ma coraggioso e lineare, come tutta la filmografia di Loach e del suo sceneggiatore preferito Laverty è sempre stata. Nel film c’è amore, solidarietà, rispetto ma anche indifferenza, disinteresse, freddezza da parte della burocrazia e dei suoi robot. Ed allora mi sono domandato da cosa potevano scaturire le “riserve” sul film e sul suo regista, ed ho capito! Loach viene criticato perché parla degli ultimi, dei diseredati, ma questi non sono gli immigrati, sono i fantasmi della società, sono i reietti che nessuno vuol vedere perché ci dicono che non sono persone che scappano da una guerra o attraversano il mare sui barconi, sono i prodotti di una società sempre più meccanizzata ed indifferente, sono persone che non vogliono l’elemosina (bellissima la lettera finale) non pretendono la carità, tutte cose che fanno sentire bene i piccolo borghesi del nostro mondo, vogliono i propri diritti come cittadini e mettono in evidenza le ingiustizie, le iniquità, le prepotenze e le prevaricazioni che i nostri sistemi, grazie alla nostra complicità, attuano sui più deboli. Questo non ci fa sentire bene, non ci da quell’appagamento che si ha nel “fare del bene”, nel fare l’elemosina e nell’essere a favore degli immigrati. Loach ci spiattella in faccia la nostra ipocrisia e il nostro squallido perbenismo infarcito di falsità! Un film bello e duro se si guarda con la dovuta attenzione!
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gabriella
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giovedì 3 novembre 2016
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cogito ergo sum
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Ken Loach è una specie di Don Chisciotte e lo sa bene, continua a combattere contro i mulini a vento, solo che i suoi non sono fantasmi, ma qualcosa di assolutamente concreto che però se ne frega della miseria e della difficoltà cui è costretta a scontrarsi giornalmente certa gente. Danie Blake è un carpentiere inabile al lavoro in quanto è stato colpito da infarto, ma l'ingranaggio istituzionale non gli riconosce l'indennità di malattia pur essendoci un certificato redatto dal medico. Daniel è un uomo onesto, vive secondo le regole e , nonostante sia completamente digiuno all'uso del computer, cerca di far fronte alle richieste di compilare i vari moduli on line . Conosce Katye, una giovane mamma di due figli che da Londra è appena arrivata a Newcastle, in cerca di un lavoro, si offre di aiutarla, cominciando a far dei lavoretti nel fatiscente appartamento della donna, si occupa dei bambini per permetterle di cercarsi un lavoro e intanto si reca continuamente al centro per l'impiego per cercare di risolvere la sua situazione.
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Ken Loach è una specie di Don Chisciotte e lo sa bene, continua a combattere contro i mulini a vento, solo che i suoi non sono fantasmi, ma qualcosa di assolutamente concreto che però se ne frega della miseria e della difficoltà cui è costretta a scontrarsi giornalmente certa gente. Danie Blake è un carpentiere inabile al lavoro in quanto è stato colpito da infarto, ma l'ingranaggio istituzionale non gli riconosce l'indennità di malattia pur essendoci un certificato redatto dal medico. Daniel è un uomo onesto, vive secondo le regole e , nonostante sia completamente digiuno all'uso del computer, cerca di far fronte alle richieste di compilare i vari moduli on line . Conosce Katye, una giovane mamma di due figli che da Londra è appena arrivata a Newcastle, in cerca di un lavoro, si offre di aiutarla, cominciando a far dei lavoretti nel fatiscente appartamento della donna, si occupa dei bambini per permetterle di cercarsi un lavoro e intanto si reca continuamente al centro per l'impiego per cercare di risolvere la sua situazione. Deve dimostrare che sta cercando un lavoro, pena una sanzione, se vuole ottenere il sussidio, ma, benchè lui esegua tutto con dovizia, sembra che sia insufficente, come gli fa notare con aria di sufficenza l'assessore del centro impiego. I cavilli burocratici sembrano dilatarsi all'assurdo, ciò nonostante non viene meno il senso della solidarietà verso Kathy e i suoi bambini, tra i due nasce una sincera amicizia , per entrambi sarà come un'ancora di salvezza , l'urgenza di sentirsi parte di un'umanità attraverso le semplice cose della quotidianità, emerge la persona, quella che sa rendersi utile, che divide le difficoltà, figura ormai sempre più lontana in un mondo lanciato nella sua folle corsa. Ken Loach ancora una volta ci mostra l'aspetto di grande difficoltà delle fasce di reddito più deboli, si affianca dalla loro parte e ci trascina a considerare questa realtà che si vorrebbe invece tenere sotto silenzio sperando passi inosservata, perchè scomoda. Il cinema di Loack è sempre stato scomodo, da dire che la sua partecipazione , quando si tratta di parlare di dignità, ha un vigore e una tenacia difficili da trovare in un uomo di ottant'anni, per questo è un bene che registi come lui siano ancora in giro e fa bene a sottolinearlo, perchè non è mai abbastanza, ciò che fa dire al suo protagonista " MI chiamo Daniel Blake, sono un uomo, non sono un cane, sono un cittadino, niente di più, niente di meno". Qui non si vogliono privilegi o scorciatoie per riconoscere un diritto fondamentale, forse queste frasi per molti sono desuete, fanno sorridere, però, come ha detto il regitsa stesso a proposito della recente uscita del Regno Unito dall'Europa, molti appartenenti alla working class hanno votato per il leave, chiediamoci se il fatto di essere dimenticati, di nessuno che si interessi a loro abbia contribuito a tutto questo. Speriamo che Loach continui a fare cinema, è uno dei pochissimi registi ad avere uno sguardo così partecipe alle sue storie e ai suoi protagonisti, riesce a mantenere la sua ironia , anche se amara, ma a rendere visibile un mondo sommerso che si vorrebbe sprofondasse ancora più giù.
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teresa scarale
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giovedì 20 ottobre 2016
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un manifesto che grida dentro ai nostri occhi
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Di Teresa Scarale
Lunga vita al cinema civile. Quello pulito, senza nessuna retorica, talmente vero che a un certo punto qualche bugia forse la si vorrebbe pure. Siamo a Newcastle. Daniel Blake (Dave Johns), da sempre falegname in fabbrica e non ancora arrivato alla pensione, ha per la prima volta in vita sua bisogno dell’aiuto dello Stato: è stato colpito da un infarto e secondo il parere dei medici non può continuare a lavorare. Per potere ottenere l’indennità di malattia però deve essere dichiarato ufficialmente “inabile al lavoro” dal Dipartimento del lavoro e delle pensioni. Questo riconoscimento tarda ad arrivare, e nel frattempo Daniel comunque non può lavorare senza rischiare di perdere la vita.
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Di Teresa Scarale
Lunga vita al cinema civile. Quello pulito, senza nessuna retorica, talmente vero che a un certo punto qualche bugia forse la si vorrebbe pure. Siamo a Newcastle. Daniel Blake (Dave Johns), da sempre falegname in fabbrica e non ancora arrivato alla pensione, ha per la prima volta in vita sua bisogno dell’aiuto dello Stato: è stato colpito da un infarto e secondo il parere dei medici non può continuare a lavorare. Per potere ottenere l’indennità di malattia però deve essere dichiarato ufficialmente “inabile al lavoro” dal Dipartimento del lavoro e delle pensioni. Questo riconoscimento tarda ad arrivare, e nel frattempo Daniel comunque non può lavorare senza rischiare di perdere la vita. Allora, ha l’idea di far domanda per il sussidio di disoccupazione. Mentre è a far la fila in un ufficio che pare il gemello di un punto Equitalia, si imbatte nella giovane Katie (Hayley Squires), madre sola di due bambini, Dylan (Dylan McKiernan) e Daisy (Briana Shann). La ragazza suo malgrado si è appena trasferita da Londra a Newcastle perché è qui che le è stato finalmente assegnato un alloggio sociale dignitoso. Il vedovo Daniel si prenderà cura in tutti i modi di questa famigliola, e loro contraccambieranno come possibile.
La regia di Ken Loach è eccezionale, perché lo spettatore non la percepisce. Si è dentro alle vite dei protagonisti di Io, Daniel Blake in punta di piedi; si ha l’impressione di essere con loro in ogni momento, in bilico fra il volerne prendere la mano e la paura di disturbare Katie nel lettone che rassicura la figlia Daisy o Daniel, che in silenzio guarda che cosa poter mai vendere dei suoi ricordi di una vita, in attesa che il sussidio arrivi. La delicatezza della macchina da presa del regista britannico si fa spazio nelle anime di questi ultimi d’Occidente senza morbosità, senza rumore. Nessun piagnisteo, nessuna lagna, solo la forza e la dignità di gente perbene che continua a lottare a viso alto per un posto nel mondo, per i propri sacrosanti diritti. Loach non cerca mai lo squallore, non c’è traccia dell’usuale compiacimento nel contemplare “i poveri” che hanno alcuni registi. L’immersione rarefatta e costante che lo spettatore vive grazie a questo film non è mai un pugno nello stomaco, piuttosto è un attivatore di coscienza. La sceneggiatura è affidata ad uno dei collaboratori più importanti del regista, Paul Laverty (Jimmy’s Hall, Sweet Sixteen, Il vento che accarezza l’erba, altra Palma d’oro a Cannes), ed è quasi mumblecore per freschezza e realismo, resa viva da attori bravissimi, bambini inclusi.
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miguel angel tarditti
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domenica 30 ottobre 2016
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el maltrato del estado moderno
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“Io, Daniel Blake”,
el nuevo film de Ken Loach
Ser espectador de este film de Ken Loach, es una especie de evocación de aventuras ya vivida por cada uno de nosotros en los paquidérmicos departamentos burocráticos de nuestros “Estados modernos”.
Es, evocar la impotencia que conocemos por haberlas vivido mil veces en extenuante repeticiones, en estados que, paradojalmente gozan de “evolucionados” sistemas mecanizados. Tecnificados.
Pero con personal no siempre con buena disposición para atender al público, o víctimas hastiadas de la parafernalia creada para complicar al ciudadano.
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“Io, Daniel Blake”,
el nuevo film de Ken Loach
Ser espectador de este film de Ken Loach, es una especie de evocación de aventuras ya vivida por cada uno de nosotros en los paquidérmicos departamentos burocráticos de nuestros “Estados modernos”.
Es, evocar la impotencia que conocemos por haberlas vivido mil veces en extenuante repeticiones, en estados que, paradojalmente gozan de “evolucionados” sistemas mecanizados. Tecnificados.
Pero con personal no siempre con buena disposición para atender al público, o víctimas hastiadas de la parafernalia creada para complicar al ciudadano.
Donde hoy, todo pasa a ser operado a partir del online, y donde ese mecanismo hace que los ciudadanos, (hombres sacrificados que con sus impuestos mantiene el deficiente sistema), sean desoído, humillados, maltratados, descuidados, angustiados, en vez de ser protegidos y ayudados.
Con esta usual modalidad de insensibilidad, como podríamos esperar sensibilidad, solidaridad, y ayuda para los pobres prófugos que llegan de tierras incendiadas por las guerras, por las persecuciones, y por el hambre, pidiéndonos socorro!
Como ayudar al “extranjero prófugo” si no ayudamos al “nativo necesitado!”
Para colmo, aquellos (los invasores) significan el peligro!
Aunque el peligro en realidad es el mal funcionamiento del estado cuando no cumple con su función; cuando humilla al ciudadano con complicaciones burocráticas, y cuando busca de sacarse la responsabilidad de “ayudar a resolver”, derivando al ciudadano, con indignante facilidad, a la rápida y milagrosa nube informática: internet!
Pobre los ancianos, los enfermos, los carentes de un nieto cibernético que los ayuden a desentrañar el labirinto del web desconocido!
Que el estado sea sistematizado y moderno es sin duda útil y necesario, pero igualmente útil y necesario, es ayudar al ciudadano con un personal guía, especializado y con debida disponibilidad. Una sonrisa por favor!
No es función del Estado lavarse las manos derivando su trabajo al Sr. Web.
El film nos muestra,(mejor dicho nos pone el dedo en la llaga), esta desprotección que sentimos los usuarios, cuando por necesidad, debemos recurrir a lo que debería ser su protección y asistencia.
Engorrosos trámites que parecen destinados a un agotamiento mortal, a infinitas derivaciones de contestadores automáticos telefónicos (siempre que respondan!) son procedimientos contrarios a lo que el ciudadano debiera recibir, o sea: protección y ayuda resolutiva.
Noesdádiva, no es favor. Es su deber Sr. Estado!
En vez, no!
Angustian, maltratan, desprecian, humillan, por no decir, matan.
Como es en el caso de este film, que nos habla de la fatal odisea del Sr. Daniel Blake.
Es recurrente en Ken Loach proponer una aguda, un profundo análisis sobre el tema social. Y no nos defrauda jamás!
Io, Daniel Blake, es un film de enorme sensibilidad, de enorme agudeza, que, lamentablemente, nos pone delante de nuestra impotencia y limitación, por la ineficiencia de la burocracia y de los deficientes sistemas de asistencia al público. Equivocados, injustos e insensibles.
Los trabajos actorales, espléndidos, y a la altura de este gran trabajo de Loach.
Dave Johns y Hayley Squires, dos protagonistas excelentes que nos sacuden y emocionan con situaciones de bello y difícil rigor emocional.
Podemos confiar en un futuro donde el público sea respetado como legítimamente corresponde?
Un film para aplaudir!
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flaw54
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lunedì 24 ottobre 2016
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realismo positivista
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Non è un film, ma una vera e propria tranche de vie, una sorta di Zola dei nostri giirni. Purtroppo è cinema verità che apre la strada a profonde riflessioni che vanno al di là delle ideee politiche e mettono in primo piano lo scontro tra una burocrazia fredda, impietosa e insensibile e il valore della dignità umana. Bella nella sua semplicità la lettera letta dall' amica di Danny al suo funerale, chiara eredità spirituale del protagonista capace di esprimere concetti che appaiono naturali, ma che spesso vengono tristemente dimenticati.
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kate64
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martedì 1 novembre 2016
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da vedere e ricordare.
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Perchè il mondo non ascolta (non ascoltiamo) le persone come Ken Loach che ci dicono che stiamo sbagliando tutto e ci implorano di provare a cambiare. Quando si riuscirà a capire che dobbiamo sottrarci a una logica basata solo sui valori economici che ci vuole consumatori, fruitori, clienti? Quando riusciremo a dire basta a tutto questo, allora forse riusciremo a capire che siamo persone, esseri umani e che i sentimenti di amicizia, di solidarietà e soprattutto il rispetto per noi stessi è quello che rende la nostra vita degna di essere vissuta. Per fortuna, film come questo provano a ricordarcelo ma purtroppo sono sommersi da valanghe di messaggi contrari che ci spingono a comprare, a sperperare, a convincerci che siamo importanti solo se usiamo gli oggetti giusti e rendono la vita di tanti, troppi, un'inutile corsa verso il nulla.
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Perchè il mondo non ascolta (non ascoltiamo) le persone come Ken Loach che ci dicono che stiamo sbagliando tutto e ci implorano di provare a cambiare. Quando si riuscirà a capire che dobbiamo sottrarci a una logica basata solo sui valori economici che ci vuole consumatori, fruitori, clienti? Quando riusciremo a dire basta a tutto questo, allora forse riusciremo a capire che siamo persone, esseri umani e che i sentimenti di amicizia, di solidarietà e soprattutto il rispetto per noi stessi è quello che rende la nostra vita degna di essere vissuta. Per fortuna, film come questo provano a ricordarcelo ma purtroppo sono sommersi da valanghe di messaggi contrari che ci spingono a comprare, a sperperare, a convincerci che siamo importanti solo se usiamo gli oggetti giusti e rendono la vita di tanti, troppi, un'inutile corsa verso il nulla. Da oggi in poi impariamo a dire I, Daniel Blake sono un essere umano e come tale voglio vivere la mia vita. Niente di più ma neanche niente di meno.
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fabriziog
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venerdì 28 ottobre 2016
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un grandissimo loach
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Ken Loach, uno dei più grandi registi al Mondo del cinema impegnato, sociale e di denuncia, giganteggia in un film la cui tensione emotiva tiene in apnea lo spettatore per tutta la durata della proiezione. “Io, Daniel Blake” è bellissimo, perché è denso, perché è implacabile, perché è pura spremuta di autentica umanità.
“Io, Daniel Blake” è la storia di donne e uomini vandalizzati nella propria dignità da un sistema sociale feroce, fatto di implacabili regole tutte tese ad umiliare chi è caduto nella ragnatela della difficoltà economica, finché non ci si arrende, finché non si muore, finché non ci si prostituisce.
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Ken Loach, uno dei più grandi registi al Mondo del cinema impegnato, sociale e di denuncia, giganteggia in un film la cui tensione emotiva tiene in apnea lo spettatore per tutta la durata della proiezione. “Io, Daniel Blake” è bellissimo, perché è denso, perché è implacabile, perché è pura spremuta di autentica umanità.
“Io, Daniel Blake” è la storia di donne e uomini vandalizzati nella propria dignità da un sistema sociale feroce, fatto di implacabili regole tutte tese ad umiliare chi è caduto nella ragnatela della difficoltà economica, finché non ci si arrende, finché non si muore, finché non ci si prostituisce. La prostituzione non è solo un comportamento corporale ma è soprattutto asservimento ad un meccanismo, ad un ingranaggio infernale costituito da moduli da compilare, ricorsi da presentare, call center con cui interloquire, internet che non si sa adoperare, assistenti sociali che si crogiolano nella carognaggine, interminabili tempi di attesa telefonici cadenzati da musichette ripetitive che ossessionano persone disperate.
Daniel Blake è un cittadino di Sua Maestà, né più né meno, e tale vuole rimanere, fino in fondo, finché non ottiene i suoi diritti minimali oramai calpestati, ridimensionati, eliminati.
Daniel Blake non si arrende, perché il suo mondo è fatto di umanità, di aiuto, di gentilezza, e anche se lui si trova nelle peste continua a dare una mano ad una ragazza con i suoi due figli, come farebbe un padre, come farebbe un nonno. Daniel Blake non si arrende perché lui non è un numero di previdenza, lui è una persona.
Quello di Loach è un mondo impietoso, senza riguardi per i grandi problemi degli esseri umani. In questo mondo spietato ogni tanto Loach consente ad alcune figure di baluginare nel crepuscolo della coscienza con uno scintillio di comprensione negli occhi: una operatrice del welfare, una sola fra le tante pulviscolari addette al settore, perla rara dotata di nobiltà d’animo nella frastagliata fanghiglia inumana dedita alla quotidiana assenza di ascolto dell’altro; oppure il direttore di un supermercato che lumeggia con uno scatto di bontà dinanzi ad un furto per fame, bontà sfortunatamente oscurata dalla malvagità della guardia giurata che ammanta di attenzione umana ciò che è solo feroce cupidigia immorale.
Ma nonostante l’incessante, martellante, insistente, sistematico accanimento di un sistema – che nell’opera è quello britannico ma, in realtà, appartiene oramai all’intero mondo occidentale – avverso a chiunque abbia la sventura di cadere nell’ingranaggio luciferino del bisogno e della disoccupazione, la schiena di Daniel Blake rimane dritta, lo sguardo indomito, l’animo mai sconfitto, perché Daniel Blake è un cittadino e chiede soltanto il rispetto dei propri diritti, né più né meno: “I, Daniel Blake”
Fabrizio Giulimondi
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