lbavassano
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domenica 23 ottobre 2016
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un film per tutti, che tutti dovrebbero vedere
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"Io, Daniel Blake" di Ken Loach è un film bellissimo. E' un film meraviglioso, perché non può non destare meraviglia la volontà di grandi registi di non mettere il proprio talento al servizio di una vacua spettacolarità. E' un film commovente, nel senso più nobile. E' un film facile, che tutti possono capire, che tutti dovrebbero vedere, per comprendere la realtà del nostro mondo, presente e futura.
E' fortemente politico il cinema di Ken Loach, a volte fastidioso per la sicurezza ideologica, aliena dal dubbio, con cui distingue il bene dal male, i "buoni" dai "cattivi", ma qui è al centro la questione della dignità umana, al di là di ogni ideologia, negata dal modernismo dei curricola informatici, delle domande di lavoro, di sussidio, di tutto, esclusivamente trasmissibili per via telematica.
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"Io, Daniel Blake" di Ken Loach è un film bellissimo. E' un film meraviglioso, perché non può non destare meraviglia la volontà di grandi registi di non mettere il proprio talento al servizio di una vacua spettacolarità. E' un film commovente, nel senso più nobile. E' un film facile, che tutti possono capire, che tutti dovrebbero vedere, per comprendere la realtà del nostro mondo, presente e futura.
E' fortemente politico il cinema di Ken Loach, a volte fastidioso per la sicurezza ideologica, aliena dal dubbio, con cui distingue il bene dal male, i "buoni" dai "cattivi", ma qui è al centro la questione della dignità umana, al di là di ogni ideologia, negata dal modernismo dei curricola informatici, delle domande di lavoro, di sussidio, di tutto, esclusivamente trasmissibili per via telematica.
Ci mette in guardia Daniel Blake, il suo Io terribilmente individuale, il suo Io autenticamente collettivo, nei confronti dell'ipocrisia di tutto ciò, della tragica presa in giro, dei falsi alibi di chi, in nome di una presunta efficienza tecnocratica, di fatto nega i nostri diritti, il diritto al lavoro, alla salute, all'istruzione, ad una vita dignitosa.
Mi ha ricordato quell'altro straordinario film che è stato "Rosetta" dei Dardenne, anch'esso, probabilmente non a caso, premiato a Cannes. Là era la negazione all'ingresso nel mondo del lavoro, qui l'estromissione dallo stesso. Lo stile è diverso, la forza la medesima.
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maumauroma
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sabato 29 ottobre 2016
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io,daniel blake
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Beh, certo, muovere una critica alla filmografia di Ken Loach, quasi tutta schierata a difesa delle fasce da lui ritenute piu' deboli della societa', e' un po' come sparare alla croce rossa. In questa sua ultima opera il regista inglese prende di mira il sistema assistenziale e previdenziale del suo paese,da lui considerato particolarmente cinico e vessativo, descrivendo la vera e propria odissea vissuta da un carpentiere sessantenne, il quale soffrendo di una cardiopatia e non potendo piu' lavorare, chiede ripetutamente e senza risultato agli uffici preposti la possibilita' di ottenere un assegno di invalidita' o un sussidio di disoccupazione. Ebbene, se si considera I, Daniel Blake un film di pura finzione cinematografica non si puo' che apprezzare l'opera, ben interpretata e diretta, dai giusti ritmi, emotivamente molto coinvolgente.
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Beh, certo, muovere una critica alla filmografia di Ken Loach, quasi tutta schierata a difesa delle fasce da lui ritenute piu' deboli della societa', e' un po' come sparare alla croce rossa. In questa sua ultima opera il regista inglese prende di mira il sistema assistenziale e previdenziale del suo paese,da lui considerato particolarmente cinico e vessativo, descrivendo la vera e propria odissea vissuta da un carpentiere sessantenne, il quale soffrendo di una cardiopatia e non potendo piu' lavorare, chiede ripetutamente e senza risultato agli uffici preposti la possibilita' di ottenere un assegno di invalidita' o un sussidio di disoccupazione. Ebbene, se si considera I, Daniel Blake un film di pura finzione cinematografica non si puo' che apprezzare l'opera, ben interpretata e diretta, dai giusti ritmi, emotivamente molto coinvolgente. Considerando pero' che si tratta di un classico film di denuncia con una struttura quasi documentaristica, non si possono non evidenziare alcune incongruenze se non incompatibilita' della sceneggiatura con i fatti della realta' quotidiana del nostro protagonista. Nella vita reale infatti , il nostro Daniel Blake avrebbe pensato prima di tutto a curare bene la sua malattia; negli ultimi anni infatti la cardiologia, sia medica che chirurgica, ha fatto eccezionali progressi, permettendo alla quasi totalita' dei cardiopatici di guarire e tornare a una regolare vita lavorativa, magari con una mansione meno pesante. Inoltre, sempre nella vita reale il cittadino Daniel Blake, considerate le discrete condizioni in cui appare nella vicenda e considerato con quale abilita' di artigiano ha sistemato la modesta casa della compagna di sventure Daisy, avrebbe potuto facilmente, magari con inserzioni sui giornali, svolgere lavori privati non particolarmente pesanti di idraulica, di falegnameria ecc ecc , riuscendo tranquillamente a sbarcare il lunario in attesa di risolvere il suo contenzioso medico legale, senza rischiare di morire di fame. Ma Loach tralascia del tutto questi aspetti, anzi ,considerato che gli interessa soltanto denunciare un Sistema che secondo lui cozza con le sue fanciullesche vedute filosocialiste, introduce nella sua opera alcuni momenti volti soltanto ad alimentare la carica emotiva nello spettatore, facendogli strizzare per bene le ghiandole lacrimali, ma di cui poteva sinceramente fare a meno, come la scena della "fame" di Daisy nel centro di distribuzione del cibo, il far prostituire in maniera banalmente prevedibile la ragazza, la stessa morte di Blake poteva essere evitata senza scalfire la forza della sua denuncia. Certamente casi come quelli evidenziati nel film possono accadere ovunque, come ovunque possono accadere episodi opposti, per esempio assegni a falsi invalidi, assenteismo cronico, finte malattie e chi piu' ne ha piu' ne metta, ma se il Welfare inglese fosse sempre quello descritto da Ken Loach non credo che il referendum sulla brexit avrebbe avuto il risultato che si e' visto
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uno sguardo sincero
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giovedì 10 novembre 2016
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vittime dello stato
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La disumanità di una cieca ed esasperata burocrazia miete vittime ogni giorno, sorda alle voci di chi implora aiuto, indifferente e spietatamente impassabile davanti a chi non ne comprende la sua stupida e ferrea complessità.
Daniel Black è solo uno dei tanti che, vedendosi sbattuta la porta in faccia, bussa allo sfinimento in richiesta d'aiuto. Inutile dire che nessuno cercare di aprirla. Non sicuramente le istituzioni, che esigono il rispetto delle regole ma spesso non quello per le persone. Applicandole incondizionatamente sono irriflessive, non vedono l'uomo e mai potrebbero vederlo . Riecheggia allora "la banalità del male" di cui ci ha parlato la Arendt e di come la mostruosità che sta dietro "la normalità" dell'apparato burocratico sia capace delle più terribili atrocità.
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La disumanità di una cieca ed esasperata burocrazia miete vittime ogni giorno, sorda alle voci di chi implora aiuto, indifferente e spietatamente impassabile davanti a chi non ne comprende la sua stupida e ferrea complessità.
Daniel Black è solo uno dei tanti che, vedendosi sbattuta la porta in faccia, bussa allo sfinimento in richiesta d'aiuto. Inutile dire che nessuno cercare di aprirla. Non sicuramente le istituzioni, che esigono il rispetto delle regole ma spesso non quello per le persone. Applicandole incondizionatamente sono irriflessive, non vedono l'uomo e mai potrebbero vederlo . Riecheggia allora "la banalità del male" di cui ci ha parlato la Arendt e di come la mostruosità che sta dietro "la normalità" dell'apparato burocratico sia capace delle più terribili atrocità.
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maurizio meres
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giovedì 27 ottobre 2016
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un grande regista "loach"
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Un film di una intensità emotivamente parlando, è una rabbia che attanaglia lo spettatore che solo il neorealismo Italiano sapeva dare,purtroppo non siamo nel primo dopoguerra ma siamo ai giorni nostri,con tutto il malessere sociale che piano piano sta diventando il nulla, in una indifferenza totale così come Loach rimarca,in tutte le istituzione sia laiche che religiose,portando le persone alla distruzione della propria identità senza più sapere che cosa significhi ora la parola dignità,entrando nello spirito dei vari personaggi Loach tocca ogni sentimento nascosto,il pensiero interiore è amplificato dalla sofferenza,attraverso la sopportazione dell'indifferenza e l'ignoranza altrui,o meglio dire menefreghismo.
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Un film di una intensità emotivamente parlando, è una rabbia che attanaglia lo spettatore che solo il neorealismo Italiano sapeva dare,purtroppo non siamo nel primo dopoguerra ma siamo ai giorni nostri,con tutto il malessere sociale che piano piano sta diventando il nulla, in una indifferenza totale così come Loach rimarca,in tutte le istituzione sia laiche che religiose,portando le persone alla distruzione della propria identità senza più sapere che cosa significhi ora la parola dignità,entrando nello spirito dei vari personaggi Loach tocca ogni sentimento nascosto,il pensiero interiore è amplificato dalla sofferenza,attraverso la sopportazione dell'indifferenza e l'ignoranza altrui,o meglio dire menefreghismo.
Sembra che l'essere umano abbia creato un meccanismo come se la vita di tutti i giorni sia una rappresentazione teatrale,fatta di persone disagiate che riescono attraverso i loro problemi nel dare uno scopo di vita a tutti gli altri,perché la difficoltà altrui può essere,nel profondo dell'anima una specie di appagamento.
La grande bravura del regista è quella di far aprire la mente dello spettatore a qualsiasi pensiero sia giusto che sbagliato deve sempre esserci il rispetto della persona,attraverso questo film egli vuole denunciare quello che chi dovrebbe,non fa,le istituzioni sono sempre impegnate nella finanza,nel dividersi le cariche,e questo accade ovunque,non si gestisce uno stato con dei burattinai e culturalmente ignoranti,e qui entriamo in una girandola di clientelismo che non a fine.
Gli attori tutti bravissimi,entrati nella parte così come il regista desiderava,molto realistici,senza mai entrare nel patetico,in una ambientazione grigia,cupa come una vita senza colore,ma questa è l'Inghilterra.
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eugenio
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lunedì 13 marzo 2017
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denuncia sociale contro un'identità violata
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Quante volte in Italia abbiamo assistito a scene di ordinaria povertà dove a preclusi dalla vita, con malattie e problemi viene negato il necessario sussidio?
Quante volte passando da centri assistenziali come Pane Quotidiano di Milano abbiamo visto, nell’indifferenza generale, file di persone in attesa del proprio turno per accedere in mensa?
Tante, troppe.
Ken Loach, acclamato regista inglese, dallo stile più rivolto al documentario e alla denuncia sociale che alla commedia di finzione, pare leggere con spirito attento nel suo nuovo film Io, Daniel Blake il malessere che alberga dietro la compiacente connivenza col potere dei semplici impiegati, volutamente irrigiditi sul rispetto delle regole disumane (studiate a tavolino per annientare i cittadini).
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Quante volte in Italia abbiamo assistito a scene di ordinaria povertà dove a preclusi dalla vita, con malattie e problemi viene negato il necessario sussidio?
Quante volte passando da centri assistenziali come Pane Quotidiano di Milano abbiamo visto, nell’indifferenza generale, file di persone in attesa del proprio turno per accedere in mensa?
Tante, troppe.
Ken Loach, acclamato regista inglese, dallo stile più rivolto al documentario e alla denuncia sociale che alla commedia di finzione, pare leggere con spirito attento nel suo nuovo film Io, Daniel Blake il malessere che alberga dietro la compiacente connivenza col potere dei semplici impiegati, volutamente irrigiditi sul rispetto delle regole disumane (studiate a tavolino per annientare i cittadini).
Siamo a Newcastle in Inghilterra nei giorni nostri. Daniel Blake, vicino ai sessant’anni, a seguito di un attacco cardiaco, è impossibilitato a svolgere la sua mansione di carpentiere e viene pertanto messo in mobilità obbligata. Tuttavia, la richiesta di riconoscimento dell’invalidità, non va a buon fine e Daniel si vede negata la possibilità di ricevere i sussidi assistenziali dello Stato, lo stesso a cui ha versato per quasi quarant’anni contributi assistenziali.
Parallelamente, il suo destino si incrocia con la storia di una giovane ragazza madre di due figli –Daisy- che sfrattata dal suo appartamento londinese perché incapace di riuscire a pagare l’affitto per indigeenza, accetta l’offerta di un piccolo quanto lurido bilocale a Newcastle, a basse spese, che gli permetta quantomeno di avere un tetto sopra la testa per iniziare a pensare al suo futuro e soprattutto a quello dei suoi figli.
Stranieri entrambi in una città che li avvinghia sempre più in una morsa di privazione e sofferenze, l’anziano Daniel e la giovane Daisy inizieranno a solidarizzare, entrando in contatto con un mondo a cui entrambi, pur non appartenendo, cercano di rivendicare con forza il loro diritto alla vita e soprattutto alla loro dignità di esseri umani.
Ken Loach, dopo Jimmy’s hole, realizza un altro capolavoro, giustamente consacrato con la palma d’oro al Festival del Cinema di Cannes l’anno scorso. Un film in cui lo stesso titolo appare testimonianza di una personalità violata e non riconosciuta, in cui il protagonista lotta per mantenere la propria identità di cittadino contro uno stato sociale in disintegrazione.
E per farlo, il regista non nasconde una vena di grande documentazione, frutto del sostegno dello sceneggiatore-amico Paul Laverty, che, vecchio stile, con steady cam sulle spalle si muove in un universo tristemente noto del confronto tra chi ha uno straccio di misero potere e lo esercita per aiutare e chi, diversamente, lo usa per esprimere l'aridità d'animo e la cattiveria. Scopo di Loach è mettere in risalto non tanto la disumanità dei grandi poteri, quanto la sudditanza a tale regime attraverso gente comune, impiegati d’ufficio il cui unico vantaggio è lo sfoggio di una targhetta che alimenta il divario tra il cittadino denudato,svilito proprio da questi “poteri piccoli” e la disumanità di una legge che tanto ricorda il “processo kafkiano”.
Parimenti, tra un corso di aggiornamento professionale sulla scrittura di un efficace curriculum, il processo di comprensione di una digitalizzazione sofferta che coinvolge forzatamente Daniel, lui sempre abituato a “operare manualmente” non sapendo nemmeno come si utilizza un computer, il film segue parallelo il lento “declino” di Daisy che vorrebbe studiare all’università ma che per converso non ha nemmeno i soldi necessari al pranzo. Daniel le darà una mano a sistemare le faccende manuali di casa, lei dal canto suo gli restituirà quell’armonia perduta dopo la morte della moglie donandogli parte di quella serenità mai avuta con l’affetto dei suoi figli.
Tragico e amaro, questo film di Loach. Pur mantenendosi un film di finzione colpisce per la credibilità dirompente degli attori e per una sceneggiatura coinvolgente che senza remore, Io Daniel Blake torna alle condizioni descritte da Dickens nell’800, in un contesto sociale ahimè scottante di diseredati (forte e intimista la scena del centro alimentare) abbandonati da tutti e tutto. E’ un film amaro per l’annullamento di una società in cui dominano i tagli alla spesa sociale e i funzionari appaiono rigidi tutori sadicamente compiacenti ma al tempo stesso commovente per un riscatto sociale tradotto in un nulla di fatto che ribadirà la natura dell’identità, malgrado l’umiliazione e la perdita del lavoro, guadagnata e degna di questo nome.
Anche a sacrificio della vita.
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scratty
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lunedì 27 marzo 2017
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progresso o regresso ?
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Ottimo Daniel Blake, film asciutto, solido,importante. Ha centrato in pieno il tema, piu' "il mondo progredisce" in tecnologie, piu' gli uomini perdono la loro identita', e vengono dep
redati della liberta' e del "sentimento" della solidarieta'.Quanto e' importante il Lavoro per la dignita' di ciascuno di noi! Loach ricorda che oltre i giovani che non trovano lavoro c'e' pure la " morte civile" di tanti meno giovani che lo perdono.
Perfino nella Nobile Gran Bretagna.
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enzo70
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domenica 13 novembre 2016
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un film che va dritto al cuore (del problema)
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Ed eccolo, qua, il solito Ken Loach che va dritto al cuore del problema, quello della gente ai tempi dell’austerità, con un film ambientato a Newcastle, ma che pone un tema attuale senza confini nell’Europa delle paure, da Amburgo a Salonicco, da Lione a Enna; la funzione sociale dello Stato si degrada dietro i tagli dell’efficientamento e persa nei gangli di una burocrazia fine a sé stessa. Daniel Blake è un cittadino europeo, il suo significato morale va certamente oltre la Brexit, pur essendone sicuramente causa. Un infarto lo rende inabile al lavoro, ma non può percepire l’indennità di disoccupazione, in quanto non sufficiente inabile. E quando la storia di Daniel si incrocia con quella di Daisy, una giovane donna con due figli, si entra nel cuore del problema della povertà del vicino di casa.
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Ed eccolo, qua, il solito Ken Loach che va dritto al cuore del problema, quello della gente ai tempi dell’austerità, con un film ambientato a Newcastle, ma che pone un tema attuale senza confini nell’Europa delle paure, da Amburgo a Salonicco, da Lione a Enna; la funzione sociale dello Stato si degrada dietro i tagli dell’efficientamento e persa nei gangli di una burocrazia fine a sé stessa. Daniel Blake è un cittadino europeo, il suo significato morale va certamente oltre la Brexit, pur essendone sicuramente causa. Un infarto lo rende inabile al lavoro, ma non può percepire l’indennità di disoccupazione, in quanto non sufficiente inabile. E quando la storia di Daniel si incrocia con quella di Daisy, una giovane donna con due figli, si entra nel cuore del problema della povertà del vicino di casa. Come al solito il racconto di Loach è asciutto, come asciutte sono le storie che racconta; ma il film è denso non solo per il taglio del regista, ma anche, e soprattutto, per le storie che si intersecano, a volte quasi accennate; e la solidarietà, obbligo dello Stato sociale, diventa una sorta di nenia cantata da alcune persone che non ne parlano, la praticano. Un film necessario in questo momento per riflettere sul problema della povertà che si sta allargando a macchia d’olio tra i cittadini europei; un tema che Loach racconta a modo suo, senza fronzoli e falsi buonismi.
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guazza da semifonte
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lunedì 14 novembre 2016
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i nuovi schiavi: se la prevenzione sociale evapora
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Ken Loach, l'ottantenne regista britannico, stante l'età, non si tira mai indietro, memore delle sue origini di figlio del popolo, se c'è da denunciare le ingiustizie, le storture, le prepotenze che questa nostra società dal neoliberismo imperante perpetra, giorno dopo giorno, nei confronti degli ultimi, dei più indifesi fra i cittadini. In "Io, Daniel Blake" affronta il tema del crescente, silenzioso venir meno delle coperture dell' assistenza sociale nei riguardi delle classi più umili, quelle, per intenderci, figlie d' un secolo e mezzo di dure e sovente sanguinose lotte operaie. E lo fa ambientando la vicenda in un'Inghilterra relegata in un secondo piano, quasi sfocata, nella provincia più provincia, su al nord, a Newcastle quasi ai confini con la Scozia.
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Ken Loach, l'ottantenne regista britannico, stante l'età, non si tira mai indietro, memore delle sue origini di figlio del popolo, se c'è da denunciare le ingiustizie, le storture, le prepotenze che questa nostra società dal neoliberismo imperante perpetra, giorno dopo giorno, nei confronti degli ultimi, dei più indifesi fra i cittadini. In "Io, Daniel Blake" affronta il tema del crescente, silenzioso venir meno delle coperture dell' assistenza sociale nei riguardi delle classi più umili, quelle, per intenderci, figlie d' un secolo e mezzo di dure e sovente sanguinose lotte operaie. E lo fa ambientando la vicenda in un'Inghilterra relegata in un secondo piano, quasi sfocata, nella provincia più provincia, su al nord, a Newcastle quasi ai confini con la Scozia. Ci sono nazioni, infatti, che vivono due realtà diverse, quella della megalopoli, sia essa Londra, o Parigi o New York, e quella del resto, della campagna, dei paesi , delle comunità montane e sono realtà incredibilmente lontane anche se vivono fianco a fianco, due mondi di due universi distinti e non dello stesso. La prima, però, ha pressoché l'esclusiva dei mezzi di comunicazione e dunque si fa conoscere, fa bella mostra di sé e si promuove e si autocelebra, finendo col sovrapporsi all'altra, con lo schiacciarla, col relegarla sempre più sullo sfondo sino a farla scomparire del tutto, perché ai giorni nostri essere vuol dire apparire, farsi riconoscere con qualche segnale, non importa quale. Daniel Blake,vedovo sessantenne, ammalatosi di cuore, ha perso il lavoro e non ritenendolo i medici ancora idoneo a cercarsene un altro, si avvia a far domanda degli aiuti previsti per il suo caso. Viene, in tale miniera, a imbattersi con la terribile, immodificabile ed invincibile burocrazia telematica che avviluppatolo nei suoi formidabili tentacoli lo trascina nei gorghi d'un labirinto di procedure senza via d'uscita, dove ogni volta si torna al punto di partenza mentre il tempo passa e la situazione si degrada senza speranza, fra l'indifferenza inscalfibile degli addetti, irremovibilmente trincerati nella cittadella dell'infallibilità ed imparzialità delle macchine. Unico conforto è la solidarietà che può esercitare nei confronti d'una giovane madre, sola e disoccupata, esiliata con i suoi bambini da Londra col pretesto di assegnarle un alloggio: i poveri possono scalfire lo scintillio della città, meglio toglierli di torno, allontanarli dalla vista, ci sta che non ritornino, che magari spariscano del tutto. L'unica ed ultima speranza per gli ultimi è l'aiuto reciproco, la reciproca comprensione delle proprie miserie, delle proprie umiliazioni e sofferenze. Lo Stato si è oramai dileguato, si è fatto ombra inafferrabile per sempre maggiori strati di cittadini: il benessere di pochi bisogna pure che qualcuno lo finanzi. Di questi gran bel film chi sa quanti ce ne vorrebbero: dare voce a chi si vorrebbe far muto è pur sempre un nobile compito. Grazie Ken.
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luanaa
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domenica 5 marzo 2017
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molto costruito
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MI RIFACCIO ALL'OTTIMA RECENSIONE DI MAUMAUROMA, CHE SPIEGA MOLTO BENE LE SUE PERPLESSITA'. NON VOGLIO ESSERE TROPPO POLEMICA MA MI E' PARSO UN PHAMPLET CONTRO LA POVERTA' E LE INGIUSTIZIE BUROCRATICHE MA NON SOLO AD ESSA COLLEGATE, IN UNA SOCIETA' CHE NON CONSIDERA PIU' L'INDIVIDUO, LA PERSONA. DICIAMO CHE GLI INGREDIENTI CI SONO TUTTI MA FRANCAMENTE LA SCENA DELLA MENSA DOVE LA RAGAZZA APRE UNA SCATOLA DI SUGO E SE LA BUTTA GIU' E' FRANCAMENTE ESAGERATA COME LA SCENA DELLA BOMBOLETTA SPRAY. ARRIVIAMO ALE NOTE POSITIVE CHE HO VISTO. 1) LA COOPERAZIONE TRA GIOVANI E MENO GIOVANI, PROBABILMENTE TIPICA DELLA CULTURA INGLESE 2) LA NEVROSI DEL FIGLIOLETTO A CUI MANCA UNA FIGURA PATERNA DI RIFERIMENTO E CHE TROVA IN DANIEL.
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MI RIFACCIO ALL'OTTIMA RECENSIONE DI MAUMAUROMA, CHE SPIEGA MOLTO BENE LE SUE PERPLESSITA'. NON VOGLIO ESSERE TROPPO POLEMICA MA MI E' PARSO UN PHAMPLET CONTRO LA POVERTA' E LE INGIUSTIZIE BUROCRATICHE MA NON SOLO AD ESSA COLLEGATE, IN UNA SOCIETA' CHE NON CONSIDERA PIU' L'INDIVIDUO, LA PERSONA. DICIAMO CHE GLI INGREDIENTI CI SONO TUTTI MA FRANCAMENTE LA SCENA DELLA MENSA DOVE LA RAGAZZA APRE UNA SCATOLA DI SUGO E SE LA BUTTA GIU' E' FRANCAMENTE ESAGERATA COME LA SCENA DELLA BOMBOLETTA SPRAY. ARRIVIAMO ALE NOTE POSITIVE CHE HO VISTO. 1) LA COOPERAZIONE TRA GIOVANI E MENO GIOVANI, PROBABILMENTE TIPICA DELLA CULTURA INGLESE 2) LA NEVROSI DEL FIGLIOLETTO A CUI MANCA UNA FIGURA PATERNA DI RIFERIMENTO E CHE TROVA IN DANIEL.MA E' UN FILM DOVE I PROTAGONISTI NON FANNO CHE SUBIRE. IL MARXISTA LOACH COSTRUISCE UN CANOVACCIO DISPERATO PER DIMOSTRARE LE SUE TESI.. IL FUNERALE FINALE CON TUTTI I BUONI, IMPIEGATA COMPRENSIVA COMPRESA. FORSE LA PALMA D'ORO GLI E' STATA ASSEGNATA, PER FAR SENTIRE A TUTTI LA COSCIENZA A POSTO.
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stefanocapasso
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lunedì 24 aprile 2017
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l'importanza del farsi aiutare
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Daniel Blake è prossimo alla pensione, è un carpentiere che in seguito ad un infarto ha dovuto lasciare il lavoro su ordine del medico. La richiesta di sussidio statale non viene però accettata e per Daniel comincia un lungo calvario per vedere riconosciuti i propri diritti. Nel frattempo conosce Daisy, una giovane ragazza madre con grandi difficoltà economiche. Tra i due nasce una amicizia fatta di solidarietà e condivisione. Che li porterà ad aiutarsi reciprocamente nella battaglia contro i malfunzionamenti dello stato inglese.
Film bello e commovente di Ken Loach che affronta una storia di temi sociali, di ingiustizie e solidarietà. La battaglia dei più deboli contro uno stato che opprime è impari, ma quando si
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Daniel Blake è prossimo alla pensione, è un carpentiere che in seguito ad un infarto ha dovuto lasciare il lavoro su ordine del medico. La richiesta di sussidio statale non viene però accettata e per Daniel comincia un lungo calvario per vedere riconosciuti i propri diritti. Nel frattempo conosce Daisy, una giovane ragazza madre con grandi difficoltà economiche. Tra i due nasce una amicizia fatta di solidarietà e condivisione. Che li porterà ad aiutarsi reciprocamente nella battaglia contro i malfunzionamenti dello stato inglese.
Film bello e commovente di Ken Loach che affronta una storia di temi sociali, di ingiustizie e solidarietà. La battaglia dei più deboli contro uno stato che opprime è impari, ma quando si comprende l’importanza del potersi fare aiutare le prospettive possono cambiare
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