filippo catani
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domenica 18 maggio 2014
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un viaggio esistenziale
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Ivan Locke è un capocantiere che nella notte si sta dirigendo in autostrada verso Londra. L'uomo, nell'ora e mezza che lo divide dalla destinazione, cercherà di risolvere al telefono alcuni problemi che gli cambieranno la vita.
Il riassunto migliore della pellicola è fatto dal protagonista stesso che al telefono racconta di come alla partenza del viaggio avesse tutto (lavoro, famiglia e affetti) e di come ora si ritrovi senza niente. Sì perche Ivan Locke, in un brevissimo lasso di tempo, deve occuparsi: di un'importantissima colata di cemento per un grandioso complesso residenziale, della donna con cui ha intrattenuto una fugace relazione e che sta per partorire e della moglie a cui deve spiegare l'intera situazione.
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Ivan Locke è un capocantiere che nella notte si sta dirigendo in autostrada verso Londra. L'uomo, nell'ora e mezza che lo divide dalla destinazione, cercherà di risolvere al telefono alcuni problemi che gli cambieranno la vita.
Il riassunto migliore della pellicola è fatto dal protagonista stesso che al telefono racconta di come alla partenza del viaggio avesse tutto (lavoro, famiglia e affetti) e di come ora si ritrovi senza niente. Sì perche Ivan Locke, in un brevissimo lasso di tempo, deve occuparsi: di un'importantissima colata di cemento per un grandioso complesso residenziale, della donna con cui ha intrattenuto una fugace relazione e che sta per partorire e della moglie a cui deve spiegare l'intera situazione. Ambientato tutto all'interno di una macchina e con il protagonista costantemente attaccato al telefono, il film ha dalla sua innanzitutto uno straordinario Tom Hardy che cerca di mantenere il controllo della macchina e di se stesso in quella che senza dubbio sarà la notte più difficile della sua vita. Quindi poi troviamo un buon ritmo ma soprattutto una saggia durata in quanto non si poteva tirare la corda troppo a lungo. Ottimo anche il fatto di non prendere le parti di nessuno ma di lascviare allo spettatore la valutazione delle azioni di Ivan senza tanti moralismi. Presentato a Venezia fuori concorso e per tutti il vincitore morale del Festival, Locke è la testimonianza di come si possa fare dell'ottimo cinema partendo da ingredienti semplici se ovviamente hai a disposizione un ottimo chef e in questo caso Knight si dimostra più che all'altezza.
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angelo bottiroli - giornalista
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domenica 18 maggio 2014
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un piccolo capolavoro
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E’ possibile realizzare un film di circa un’ora e mezza con un solo attore che guida sempre e solo la macchina e viene ripreso al massimo a mezzobusto e soprattutto quasi sempre e solo in viso? Che in un’ora e mezza di pellicola non fa altro che guidare o a massimo telefonare guidando senza mai togliere le mani da volante?
La risposta è sì.
Che film poptrà mai essere uno del genere con questi ingredienti? La risposta la trovate nel titolo: un piccolo capolavoro.
“Locke” è tutto questo.
Quando ho letto la trama e il genere (thriller) pensavo di vedere un film di azione, invece di azione non c’è assolutamente nulla.
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E’ possibile realizzare un film di circa un’ora e mezza con un solo attore che guida sempre e solo la macchina e viene ripreso al massimo a mezzobusto e soprattutto quasi sempre e solo in viso? Che in un’ora e mezza di pellicola non fa altro che guidare o a massimo telefonare guidando senza mai togliere le mani da volante?
La risposta è sì.
Che film poptrà mai essere uno del genere con questi ingredienti? La risposta la trovate nel titolo: un piccolo capolavoro.
“Locke” è tutto questo.
Quando ho letto la trama e il genere (thriller) pensavo di vedere un film di azione, invece di azione non c’è assolutamente nulla.
Eppure l’attore principale, anzi, l’unico attore del film (perché non se ne vedono altri, ma si sentono solo le voci al telefono) cioè Tom Hardy (Cl cavaliere oscuro dove fa la parte di Bane e Warrioris) è davvero bravo.
Non è facile infatti rimanere inquadrato in volto per oltre un’ora abbondante ed esprimere tutte le sensazioni che prova il protagonista nella serata che, a causa delle continue telefonate, cambierà per sempre la sua vita.
Non è facile trasmettere allo spettatore, non solo con le parole ma con una continua mimica, tutte le sensazioni e gli stati d’animo che l’uomo prova.
Praticamente siamo di fronte ad un viaggio in machina di un’ora e mezza: piatto, normale, a velocità di crociera, senza incidenti stradali e senza sussulti. Un’ora e mezza in cui vede uno guidare che telefona. Stop. Questo è il film. Noioso?
Tutt’altro: grazie alle telefonate il film è pieno di suspence ed è per questo che va considerato un piccolo capolavoro.
Onore al regista Steven Knight (Identità nascoste) che in questa monotona e noiosa situazione riesce invece a tenere lo spettatore sulla corda per quella che apparentemente è una storia normale come tante altre e con un finale prevedibile ma che non mi è piaciuto.
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veritasxxx
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venerdì 16 maggio 2014
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"purtroppo siete due delle tre persone in sala"
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Quando sono andato al cinema ho chiesto al cassiere se potevo avere due posti nelle prime file e la risposta è stata "purtroppo siete due delle tre persone in sala". Alla fine sono arrivati altri spettatori ma non eravamo più di dieci in tutto. Gli altri stavano tutti allo stadio a trattare con Genny 'a Carogna per assistere al solito rito mediatico tra bambocci in mutande strapagati. Io invece ho fatto un viaggio in auto come quando ero piccolo e tornavo a casa la sera mentre le luci della strada filtravano attraverso le scritte fatte sul vetro appannato del finestrino di dietro e mi sentivo al sicuro restando dentro al calduccio, al riparo dal vento e dalla cattiveria del mondo.
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Quando sono andato al cinema ho chiesto al cassiere se potevo avere due posti nelle prime file e la risposta è stata "purtroppo siete due delle tre persone in sala". Alla fine sono arrivati altri spettatori ma non eravamo più di dieci in tutto. Gli altri stavano tutti allo stadio a trattare con Genny 'a Carogna per assistere al solito rito mediatico tra bambocci in mutande strapagati. Io invece ho fatto un viaggio in auto come quando ero piccolo e tornavo a casa la sera mentre le luci della strada filtravano attraverso le scritte fatte sul vetro appannato del finestrino di dietro e mi sentivo al sicuro restando dentro al calduccio, al riparo dal vento e dalla cattiveria del mondo. È quanto succede al protagonista del film, che in un viaggio in autostrada in tempo reale prende delle decisioni importanti sulla sua vita, protetto dal suo airbag di serie. Sbrigatevi a vederlo al cinema perchè tra una settimana lo toglieranno per fare posto al nuovo film dei Vanzina.
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mikymann
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venerdì 16 maggio 2014
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ivan contro ivan
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C'é una sorta di "nemesi storica" in questo film che sembra fatto apposta più per costruirvi sopra delle recensioni che per essere visto al cinema.
E l'inconscio di Ivan Locke sembra, infatti, quasi voler perdere tutto quello che ha costruito nella vita per farla pagare al padre, colpevole di averlo abbandonato da piccolo.
Per tutta la vita per Ivan quest'assenza del padre è stata la colpa, la massima colpa, ed ora che anche lui, che pure ha improntato tutta la sua vita al rispetto quasi maniacale delle regole forse proprio per reazione, si ritrova a dover diventare padre per accidente, non può accettare di smentire se stesso, di veder riproiettato su di sè tutto il male che aveva visto in suol padre.
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C'é una sorta di "nemesi storica" in questo film che sembra fatto apposta più per costruirvi sopra delle recensioni che per essere visto al cinema.
E l'inconscio di Ivan Locke sembra, infatti, quasi voler perdere tutto quello che ha costruito nella vita per farla pagare al padre, colpevole di averlo abbandonato da piccolo.
Per tutta la vita per Ivan quest'assenza del padre è stata la colpa, la massima colpa, ed ora che anche lui, che pure ha improntato tutta la sua vita al rispetto quasi maniacale delle regole forse proprio per reazione, si ritrova a dover diventare padre per accidente, non può accettare di smentire se stesso, di veder riproiettato su di sè tutto il male che aveva visto in suol padre.
Così tutto viene stravolto da questa lotta contro il padre che è istinto e non ragione, tentativo di espiazione più che senso di responsabilità.
E se Ivan Locke perde tutto e forse capisce, dai colloqui con la moglie e soprattutto con quei due figli che dovrà abbandonare per non abbandonarne un altro, che la vita non è tutta bianca o tutta nera, il suo inconscio invece gioisce per aver finalmente trovato pace nell’aver chiuso vittoriosamente la sua personale partita con il padre.
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beppe baiocchi
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giovedì 15 maggio 2014
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una claustrofobica analisi psicologica
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Un claustrofobico viaggio in auto nella notte Inglese. Il percoso di un uomo, Ivan Locke, capocantiere edile scrupoloso e preciso. Un cammino di redenzione di un ora e mezzo sviluppato nelle cinque porte di una BMV con un solo attore (il sempre bravo Tom Hardy) e il telefono in vivavoce dell'auto.
Steven Kinght ,regista e sceneggiatore, (famoso per aver curato la sceneggiatura di Piccoli Affari Sporchi di Frears e La promessa dell'assassino di Cronenberg) qui al secondo lungometraggio firma un dramma atipico, quasi teatrale, assurdo per la concezione moderna di cinema. Tutta la pellicola infatti è sviluppato esclusivamente in macchina, con un solo personaggio in scena. La totale mancanza del movimento in scena (nonostante il luogo in cui la scena è sviluppata sia in un veicolo in costante movimento) è necessaria per soffermarsi in maniera migliore sulla assurda situazione che Ivan Locke vive.
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Un claustrofobico viaggio in auto nella notte Inglese. Il percoso di un uomo, Ivan Locke, capocantiere edile scrupoloso e preciso. Un cammino di redenzione di un ora e mezzo sviluppato nelle cinque porte di una BMV con un solo attore (il sempre bravo Tom Hardy) e il telefono in vivavoce dell'auto.
Steven Kinght ,regista e sceneggiatore, (famoso per aver curato la sceneggiatura di Piccoli Affari Sporchi di Frears e La promessa dell'assassino di Cronenberg) qui al secondo lungometraggio firma un dramma atipico, quasi teatrale, assurdo per la concezione moderna di cinema. Tutta la pellicola infatti è sviluppato esclusivamente in macchina, con un solo personaggio in scena. La totale mancanza del movimento in scena (nonostante il luogo in cui la scena è sviluppata sia in un veicolo in costante movimento) è necessaria per soffermarsi in maniera migliore sulla assurda situazione che Ivan Locke vive.
Un film la cui trama semplicissima non deve essere sviscerata ma analizzata dallo spettatore (o forse è meglio definire il passeggero) che sicuramente cadrà in empatia con il protagonista, ne percepirà il pensiero, i problemi, il disagio, il fastidio delle numerose telefonate cariche di problemi che Locke dovrà sistemare per essere in pace con se stesso. Una scrittura molto curata dei dialoghi ben concatenati e ben sviluppati (e non troppo filosofeggianti) aiuta il film ad uscire dalla noia che la troppa monotonia di inquadrature, scena e azioni porta.
Certo non è un film per tutti, un ora e mezzo esclusivamente in auto in un percorso dritto come un autostrada annoia anche un automobilista incallito, e magari vederlo al cinema potrebbe non essere il massimo.
Bisogna dunque vedere il film consapevoli di ciò che ci aspetta. Lo spettatore però ,consapevole, saprà guardare oltre e soffermarsi sull'analisi psicologica di questo dramma che è Locke e sicuramente ne uscirà piacevolmente sorpreso poichè il linguaggio è facilmente comprensibile (al contrario di film similari almeno ,per le intenzioni, come Cosmopolis e Holy Motors, secondo me migliori di questo ma decisamente disturbanti e di difficile analisi).
Complimenti dunque a Steven Knight e al suo atipico modo di vedere il cinema.
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stefanosessa
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lunedì 12 maggio 2014
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calcestruzzo disarmato
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Un film dalla struttura particolare: novanta minuti, praticamente in tempo reale, dentro la macchina (e la vita) di un uomo. Sono minuti cruciali per molte vite, ma soprattutto per la sua. Un capocantiere integerrimo, di riconosciuta correttezza e moralità; un padre e un marito esemplare e benvoluto. Per un episodio occasionale, una ''condanna a vita'' (vero errore? miserabile sfortuna? necessaria casualità, cioè fato?) si ritrova con la vita in frantumi. C'è poco tempo per piangere.
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Un film dalla struttura particolare: novanta minuti, praticamente in tempo reale, dentro la macchina (e la vita) di un uomo. Sono minuti cruciali per molte vite, ma soprattutto per la sua. Un capocantiere integerrimo, di riconosciuta correttezza e moralità; un padre e un marito esemplare e benvoluto. Per un episodio occasionale, una ''condanna a vita'' (vero errore? miserabile sfortuna? necessaria casualità, cioè fato?) si ritrova con la vita in frantumi. C'è poco tempo per piangere. Bisogna riattaccare i cocci, per quanto possibile. Bisogna fare i conti con il proprio passato, con quella che è l'eredità che un padre totalmente assente ha lasciato. Con risolutezza e dolorosa responsabilità. Un solo volto sullo schermo: il tutto si dipana attraverso le telefonate del protagonista e le sue riflessioni. Una bomba che implode in un auto, si alza il fumo e resta un solo uomo: distrutto ma con una forza commovente. Minimalismo estremo con tematiche etiche forti e alcuni elementi metaforici stimolanti. Chi è un uomo giusto? Quello che non sbaglia mai? O quello che riesce ad assumerasi la responsabilità dei suoi errori? Una tensione morale degna dei migliori episodi del Decalogo di Kieslowski. Thomas Hardy ha le spalle quadrate, il peso del film è tutto su di lui. La sua è una performance è encomiabile.Assolutamente consigliato.
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fabiofeli
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lunedì 12 maggio 2014
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umana one-man-story
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Locke di Steven Knight
Ivan Locke (Tom Hardy) è un capocantiere scrupoloso, addirittura pignolo, che vive e lavora in Inghilterra. Sa perfettamente che se il cemento non ha la giusta consistenza nelle fondamenta il palazzo di 55 piani che deve costruire all’inizio mostrerà piccole crepe che si allargheranno fino al collasso dell’intera struttura. Ivan ha una storia dolorosa: un padre che lo ha abbandonato. E lui stesso ha commesso il madornale errore di un fatale rapporto occasionale con una donna che non ama e quasi non conosce: può disinteressarsi di quel figlio che è suo? La porta di casa, con i figli a guardare in Tv la partita della squadra del cuore con tanto di magliette ufficiali in attesa della cena, gli viene sbarrata dalla moglie.
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Locke di Steven Knight
Ivan Locke (Tom Hardy) è un capocantiere scrupoloso, addirittura pignolo, che vive e lavora in Inghilterra. Sa perfettamente che se il cemento non ha la giusta consistenza nelle fondamenta il palazzo di 55 piani che deve costruire all’inizio mostrerà piccole crepe che si allargheranno fino al collasso dell’intera struttura. Ivan ha una storia dolorosa: un padre che lo ha abbandonato. E lui stesso ha commesso il madornale errore di un fatale rapporto occasionale con una donna che non ama e quasi non conosce: può disinteressarsi di quel figlio che è suo? La porta di casa, con i figli a guardare in Tv la partita della squadra del cuore con tanto di magliette ufficiali in attesa della cena, gli viene sbarrata dalla moglie. La moglie non crede che sia stato il suo unico tradimento. E, al solito, i guai vengono come le ciliegie: sta andando in clinica e non potrà essere al cantiere durante la consegna del calcestruzzo; il licenziamento dei proprietari americani della compagnia per la quale lavora è scontato. Ma Ivan è un uomo che non si sottrae alle proprie responsabilità. E con determinazione si assicura che tutto fili liscio al cantiere, mentre è in viaggio verso la clinica dove nascerà il figlio non voluto. Non è importante quello che gli riserva il futuro.
L’intera storia è retta da un bravo attore: una one-man-story umana e credibile, che sembra scritta dalla penna del Ballard di Condominium e girata con la angosciosa e allucinata claustrofobia delle tinte notturne di Cronenberg. Una prova d’autore con una fotografia bellissima, un montaggio serrato tra dettagli di immagini di traffico, un navigatore e un cellulare che snocciola una litania di telefonate che si accavallano, quelle importanti e necessarie, quelle meno necessarie ma umanamente importanti.
Ovvero: come fare il piccolo miracolo di una bella storia con quasi nulla se non una ottima interpretazione.
Una parabola sulla responsabilità e sulla coscienza di cosa è giusto fare della e nella propria vita.
Da non mancare.
Valutazione *** ½
FabioFeli
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flyanto
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lunedì 12 maggio 2014
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una serata piena di accadimenti negativi
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Film interamente ambientato all'interno di un'auto e svolto nell'arco di alcune ore di una notte in cui il protagonista, un costruttore edile di nome appunto Locke, vede piano piano cambiare tutta la sua vita. In seguito ad un episodio capitatogli nei mesi precedenti egli vede precipitare la propria esistenza in seguito ai susseguenti episodi, sia professionali che personali, che gli capitano ed a cui egli cerca di porre invano rimedio.
Questa pellicola dello sceneggiatore Steven Knight, già ampiamente famoso per avere collaborato precedentemente con registi del calibro di Stephen Frears e David Cronenberg, risulta molto ben diretta e molto ben congegnata.
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Film interamente ambientato all'interno di un'auto e svolto nell'arco di alcune ore di una notte in cui il protagonista, un costruttore edile di nome appunto Locke, vede piano piano cambiare tutta la sua vita. In seguito ad un episodio capitatogli nei mesi precedenti egli vede precipitare la propria esistenza in seguito ai susseguenti episodi, sia professionali che personali, che gli capitano ed a cui egli cerca di porre invano rimedio.
Questa pellicola dello sceneggiatore Steven Knight, già ampiamente famoso per avere collaborato precedentemente con registi del calibro di Stephen Frears e David Cronenberg, risulta molto ben diretta e molto ben congegnata. La trama infatti risulta molto originale e sostenuta da un ritmo sempre più incalzante ed adrenalinico che acuisce maggiormente l'interesse dello spettatore lasciandolo più volte quasi col fiato sospeso. Ed infatti il pregio di quest'opera risiede tutto nell' andamento incalzante dello svolgersi della trama, che per quanto portata all'estreme conseguenze risulta però comprensibile e possibile a verificarsi nella realtà.
I dialoghi, e qui si evince la padronanza della materia del regista/sceneggiatore Knight, sono serrati ed immediati, propri di una certa situazione critica o, meglio, di un susseguirsi ininterrotto di vicissitudini particolari e sempre di più complicate ed ingarbugliate, condotti tutti dal protagonista tramite cellulare nel corso della guida della propria macchina. Perchè infatti l'unico protagonista del film risulta essere soltanto lui e gli altroi personaggi ridotti a mere voci con cui egli si mette in contatto.
Da consigliare vivamente per l'originalità.
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darkvirgin
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venerdì 9 maggio 2014
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quando le recensioni ingannano
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lento, noioso, insulso, sopravvalutato
[+] mah
(di stefanosessa)
[ - ] mah
[+] assolutamente sopravvalutato!
(di pino84)
[ - ] assolutamente sopravvalutato!
[+] esatto
(di iscarioth)
[ - ] esatto
[+] 4 parole
(di gabriella)
[ - ] 4 parole
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pepito1948
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martedì 6 maggio 2014
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la scelta di ivan
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Il viaggio di Ivan, capocantiere di una società che costruisce palazzi, inizia dopo una ponderata scelta “etica” che stravolgerà il suo immediato futuro. Ivan corre da solo sulla sua macchina incanalata nel fluido traffico serale diretto verso Londra, dove qualcuno l’aspetta con ansia. Anzi non proprio da solo; sul sedile posteriore la virtuale presenza del padre scomparso fa da passivo ricettore delle critiche, degli sfoghi, degli aspri rimproveri di chi vuole rimarcare la sua lontananza da quell’altra vita fatta di fughe, di viltà, di indifferenza; la sua scelta etica, che presuppone coraggio, senso di responsabilità e accettazione di sfavorevoli conseguenze, ne è la più lampante riprova.
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Il viaggio di Ivan, capocantiere di una società che costruisce palazzi, inizia dopo una ponderata scelta “etica” che stravolgerà il suo immediato futuro. Ivan corre da solo sulla sua macchina incanalata nel fluido traffico serale diretto verso Londra, dove qualcuno l’aspetta con ansia. Anzi non proprio da solo; sul sedile posteriore la virtuale presenza del padre scomparso fa da passivo ricettore delle critiche, degli sfoghi, degli aspri rimproveri di chi vuole rimarcare la sua lontananza da quell’altra vita fatta di fughe, di viltà, di indifferenza; la sua scelta etica, che presuppone coraggio, senso di responsabilità e accettazione di sfavorevoli conseguenze, ne è la più lampante riprova.
Ivan sa che, durante quell’ora e mezza di viaggio (più o meno quanto la durata del racconto), perderà probabilmente importanti pezzi della sua vita: la pace familiare e il posto di lavoro innanzitutto. Già, perché deve rivelare un periglioso segreto alla moglie e di lì a poche ore deve affrontare da lontano i complessi preparativi per un’operazione tecnica colossale da svariati milioni di dollari, contando esclusivamente sulla propria capacità professionale e sulla disponibilità di un suo collaboratore, amante del sidro e poco incline ad assumersi una così alta responsabilità, ma che si rivelerà determinante ai fini del risultato. Ivan, prima che le cose prendano una brutta piega, vuole comunque erigere il suo palazzo, costi quel che costi, perché è il palazzo della sua vita e nel contempo non può rinunciare alla sua missione rigeneratrice, che lo spinge lontano dalle fonti dei suoi problemi.
Unico strumento di collegamento per districare la matassa è il suo impianto telefonico satellitare. Le telefonate si accavallano, in un senso e nell’altro; Ivan impartisce istruzioni, fa rivelazioni destabilizzanti, para i colpi di rimando, modula i toni nella ricerca di quelli più efficaci, gestisce contemporaneamente una dinamica di rapporti diversi, affronta gli imprevisti suggerendo soluzioni improvvisate, con la consapevolezza che non può sbagliare un colpo e che deve fare affidamento anche sulla fortuna, che infatti gli arriderà. Arriverà in ritardo alla meta, ma non tanto da compromettere la sua missione etica, e, fermandosi, si guarderà intorno tra crepe e crolli parziali: ma il palazzo è salvo.
Il regista Knight ha impostato il viaggio on the road, come di consueto, sul doppio binario dell’avventura, qui tutta racchiusa nei contatti telefonici che rivelano una grado crescente di peripezie come i moderni giochi elettronici, e della ricerca di un’identità umana difficile e foriera di rinunce, attraverso un percorso di autorealizzazione che implica la determinazione di non sottrarsi ad un’opzione che non dà felicità ma pace interiore. Il racconto si snoda come un thriller che procede sotto l’incalzare delle difficoltà e delle tensioni interpersonali, senza concedere pause nonostante la invariabilità della location e la presenza di un solo personaggio, che tiene le fila di un insieme complesso di relazioni umane confidando quasi del tutto sulle proprie capacità di azione e reazione. Knight è bravo a tenere insieme il frammentato quadro narrativo senza smagliature o cadute di ritmo, grazie anche all’ottima performance di Tom Hardy e delle voci degli assenti. La metafora del palazzo come capacità dell’uomo di erigersi verso la perfezione superando ogni sorta di ostacoli ed impedimenti è forse un po’ scontata, ma il film è ben costruito e scorre agevolmente verso un finale agro-dolce.
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