francesco2
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domenica 19 febbraio 2023
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interessante, ma sopravvalutato
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Il film propone sicuramente spunti di interesse. Ci spinge a riflettere sul senso delle nostre scelte, su cosa debba intendersi per morale quando compiamo una scelta. Risulta immorale, per il protagonista, rivedere improvvisamente elementi prioritari -famiglia, lavoro ecc-, o , piuttosto, non assumersi le proprie responsabilita in una certa situazione, per quanto determinata dal caso. Ed, a proposito di imprevisto, il citato protagonista deve decidere tutto in un brevissimo lasso di tempo, e comunicare ad altri MOLTI altri- che la sua esistenza -Come forse la loro- rischia di cambiare per sempre.
Mi chiedo, tuttavia, se certi critici che hanno scritto TROPPE TELEFONATE siano stati davvero frettolosi.
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Il film propone sicuramente spunti di interesse. Ci spinge a riflettere sul senso delle nostre scelte, su cosa debba intendersi per morale quando compiamo una scelta. Risulta immorale, per il protagonista, rivedere improvvisamente elementi prioritari -famiglia, lavoro ecc-, o , piuttosto, non assumersi le proprie responsabilita in una certa situazione, per quanto determinata dal caso. Ed, a proposito di imprevisto, il citato protagonista deve decidere tutto in un brevissimo lasso di tempo, e comunicare ad altri MOLTI altri- che la sua esistenza -Come forse la loro- rischia di cambiare per sempre.
Mi chiedo, tuttavia, se certi critici che hanno scritto TROPPE TELEFONATE siano stati davvero frettolosi. Mettere meno carne al fuoco, meno situazioni ed accentuare certi risvolti grotteschi. La famiglia del personaggio, per esempio, in cui pare esistano problemi- O anche, il ruolo -pare-piuttosto insolito che svolge in ambito professionale.
Perse queste occasioni per ironizzare sul mondo statunitense- e forse non solo- il regista ha inserito lo spunto del padre, che ho trovato piuttosto noioso, e che tradisce come non mai le caratteristiche teatraleggianti di un film interessante ma dispersivo.
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eugen
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mercoledì 31 agosto 2022
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una sfida un risultato
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LOcke(Stephen Knight, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2013), dove si intende Ivan Locke, non il filsofo del sensimo John Locke, del 1700. Opera notevolissima, realizzata in real time, dunque una sfida anche sul piano tecnico, pienamente riuscita. Un uomo chiuso in macchina, cercando di raggiungere Londra, per assistere al parto di una donna che ha conosciuto biblicamente di strafugo, un hapax, un'esperienza unica, che pero'lo invoca in quanto si sente sola e male. In una notte lascia la famiglia(la moglie non intende ragione del tradimento, non lo accetta in alcun modo, idem anche i figli, che si disinteressano della questione in apparenza, ma comunque non accettano quanto avviene), il lavoro(e'un presitigoso capo.
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LOcke(Stephen Knight, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2013), dove si intende Ivan Locke, non il filsofo del sensimo John Locke, del 1700. Opera notevolissima, realizzata in real time, dunque una sfida anche sul piano tecnico, pienamente riuscita. Un uomo chiuso in macchina, cercando di raggiungere Londra, per assistere al parto di una donna che ha conosciuto biblicamente di strafugo, un hapax, un'esperienza unica, che pero'lo invoca in quanto si sente sola e male. In una notte lascia la famiglia(la moglie non intende ragione del tradimento, non lo accetta in alcun modo, idem anche i figli, che si disinteressano della questione in apparenza, ma comunque non accettano quanto avviene), il lavoro(e'un presitigoso capo.canitere, ma viene licenziato per questo"abbandono del posto di lavoro"in un momento cruciale.i tentativi di affidare provvisorisamente il controllo al suo vice non va in porto, la mutlinazionale a prevalenza di capitale USA non accetta scuse ne'giustificazioni, nella logica dle purto mercato, anche se il film non e'per nulla una rampogna anticapitalista...). Il tutto senza RETORICA, SENZA ALCUN GRIDO O STREPITO, SENZA DENUNCE CHE SUONEREBBERO "ZEPPE"O "PLEONASIMI"A, CHE PROPRIO NELLO"SPECIFICO FI,MICO", MA TUTTO QAUNTO E'LEGATO A QUELLE ORE IN MACCHINA CHE PASSANO.NON PASSNAO MAI E CHE, CON LA REGIA DI kNIGHT E LA STRAORDINARIA PROVA INTERPRETATIVA DI tOM hARDY(GLI/LE ALTRI/E SONO MERE VOCI, NON SI VEDONO MAI SULLO SCHERMO), MOSTRANO COME IL CINEMA, SE 'E VERAMENTE TALE, SIA CAPACE DI RENDERE IL CONCETTO BERGSONIANO DI"DURE'E"(DURATA), CHE SI DISTINUGE DAL "TEMPO MECCANICO"DELL'OROLOGIO, DEFINENDO INVECE CIO'CHE PERCEPIAMO DEL TEMPO, COME"LO SENTIAMO", INSOMMA... dECISAMENTE UN FILM DI SPESSORE TALE PER CUI FORSE UN CERTO PUBBLICO(QUELLO CHE SAREBBE MEGLIO CHE AFFOLLASSE GLI STADI PIUTTOSTO CHE I CINEMA O I TEATRI,,,) LO CONSIDERA"NOIOSO", "RIPETITIVO". dEICSAMENTE UNA SFIDA RIUSCITA, PREGNANTE ESEMPIO DI COME IL CINEMA POSSA ESSERE AL SERIVIZIO DI ALTRO...OLTRE CHE DI SE'. eL gATO
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eugen
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mercoledì 24 agosto 2022
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grande film, interpretazione straordinaria
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Stephen Knight, con questo"Locke", da lui scritto e diretto in toto(2013), realizza un'opera in real time particolarissima: personaggi, capocanitere di una grnade impresa di costruzioni, lascia il lavoro"cogente", affidandolo al suo vice, per raggiungere una donna sola che sta partorendo, pare con difficoltaa': lui e'il padre del bambino(o baambina), avendo avuto evidentemente vario tempo prima, un rapporto solo con la donna(un hapax, un unicum), mentte e'sempre rimasto fedele alla moglie. Nel suo viaggio notturno fino a Londra, incontra molte difficota'; con il lavoro(la mulatinazionale per cui lavora lo licenzia), con la donna che si appresta a partorire(e0sola, teme il peggio, si sente abbandonata), ma soprattutto a casa con la famiglia(la moglie, non capendo la situazione lo lascia, i figli, evidentemente gia'grandi, si accodano alla decisione materna).
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Stephen Knight, con questo"Locke", da lui scritto e diretto in toto(2013), realizza un'opera in real time particolarissima: personaggi, capocanitere di una grnade impresa di costruzioni, lascia il lavoro"cogente", affidandolo al suo vice, per raggiungere una donna sola che sta partorendo, pare con difficoltaa': lui e'il padre del bambino(o baambina), avendo avuto evidentemente vario tempo prima, un rapporto solo con la donna(un hapax, un unicum), mentte e'sempre rimasto fedele alla moglie. Nel suo viaggio notturno fino a Londra, incontra molte difficota'; con il lavoro(la mulatinazionale per cui lavora lo licenzia), con la donna che si appresta a partorire(e0sola, teme il peggio, si sente abbandonata), ma soprattutto a casa con la famiglia(la moglie, non capendo la situazione lo lascia, i figli, evidentemente gia'grandi, si accodano alla decisione materna). Tutto si svolge in macchina per cui ogni contatto e'solo telefonico(il teefono e'un medium caldo, diceva giustamente Marshall Mc Luhan....), il fim e'anche un"thriller esistenziale", la condizione umana viene esaminata filmicamete nel modo piu'serio e "profondo"possibile(uno dei film piu'intelligenti degli ann, del decennioi 2010), tanto che questo film britannico realizza quanto preconizz<ato piu0'di mezzo secovlo fa da Cluade Lelouch in"La vie, l'0amour, la mort", essenziando i termini forti dell'esistenza umana, Grande fiml, con Tom Hardy come Ivan Locke(nulla a che vedere, diremmo con John Locke, grnade pensaotre del 1700, fondatore del sensimo sosggetivista a livello filosofico), dove si vede ancora una volta la grandezza inconcussa del cinema britannico, per molti versi superiore ad ogni altra cinematografia europea o stanunitense, con le debite, ma scarse eccezioni. El Gato
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eugen
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martedì 23 agosto 2022
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straordinario
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UNo defi film cruciali, dal punto di vista dello"specifico filmico"ma non solo, e'certamente"Locke"(Stephen Knight, anche autore del soggetto e della sceneggiatura, 2o13, protaognista assoluto,degli altri personaggi si sentono le voci al telefono, non li si vedono mai, Tom Hardy) storia di un capocanriere(non del filosofo John Locke, del 1700!)Ivan Locke, che di sera si reca improvvisamente a Londra, per assistere una partoriente(di cui e'stato il"compagno amoroso"di una sera, hapax, unicum assoluto nella sua vita di marito e padre"esemplare", come recitano molti necrologi e molte commemorazioni, che ha"tralignato"una sola volta.
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UNo defi film cruciali, dal punto di vista dello"specifico filmico"ma non solo, e'certamente"Locke"(Stephen Knight, anche autore del soggetto e della sceneggiatura, 2o13, protaognista assoluto,degli altri personaggi si sentono le voci al telefono, non li si vedono mai, Tom Hardy) storia di un capocanriere(non del filosofo John Locke, del 1700!)Ivan Locke, che di sera si reca improvvisamente a Londra, per assistere una partoriente(di cui e'stato il"compagno amoroso"di una sera, hapax, unicum assoluto nella sua vita di marito e padre"esemplare", come recitano molti necrologi e molte commemorazioni, che ha"tralignato"una sola volta. Solo che lascia un lavoro di grande responsabiilita'affidandolo al suo vice(e verra'licenziato dalla multinazionale anglo.statunitense che detiene la proprieta' dell0impresa), in famiglia non riuscira'a chiarire telefonicamente la cosa, venendo de factio"buttato da casa"e se la prendera'con la memoria di un padre che inizialmente non lo aveva neppure riconosciuto come figlio, pentendosene poi iprcitamente. Realizzato "in real time", dove la macchina che il personaggioe'il ricettacolo di ogni azione.-reazione, con continue telefonate "interrottte"solo breewmente dalla necessita'della guida al buio, questo film sembra realizzare oora quanto ventilato piu'di mezzo secolo fa fa Claude Lelouch con il titolo"La vie, l'amour, la mort", ossia la storia(potenziale, almeno)di una vita e dei grandi temi della stessa, sempre per quanto puo'esprimere il cinema. Strepitosa la regia come l'interpretazione di Hardy, a dimostrazione della solidita'di un cinema e di una TV, quello/a birtannico/a, decisamente superiore a molta produzione eruopea, dove quella italiana sembra porsi agli ultimi posti o quasi. In un poanorma cinematografico sconfortante(nel complaesso, intendo)"Locke"e' un'eccezione gradita, a suo tempo scarsamente per non dire ma distribuita in Italia. El Gato
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carloalberto
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sabato 16 gennaio 2021
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un eroe mancato
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E’ un film non film. L’azione è tutta fuori dalla scena, nel traffico scorrevole di una anonima superstrada a più corsie, illuminata dai lampioni e dai fari delle macchine, ripresa in notturna dall’interno dell’auto. L’inquadratura focalizza l’attenzione, con un piano medio continuo, sul busto del protagonista, chiuso dall’inizio alla fine nell’abitacolo della propria auto-confessionale, ovvero l’unica location della pellicola. Il film, la cui proiezione in sala deve aver destato qualche insofferenza, risultandone, invece, ideale la visione sul piccolo schermo, è scritto e diretto da Steven Knight, con un solo attore, Tom Hardy, provvidenzialmente doppiato da Fabrizio Pucci.
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E’ un film non film. L’azione è tutta fuori dalla scena, nel traffico scorrevole di una anonima superstrada a più corsie, illuminata dai lampioni e dai fari delle macchine, ripresa in notturna dall’interno dell’auto. L’inquadratura focalizza l’attenzione, con un piano medio continuo, sul busto del protagonista, chiuso dall’inizio alla fine nell’abitacolo della propria auto-confessionale, ovvero l’unica location della pellicola. Il film, la cui proiezione in sala deve aver destato qualche insofferenza, risultandone, invece, ideale la visione sul piccolo schermo, è scritto e diretto da Steven Knight, con un solo attore, Tom Hardy, provvidenzialmente doppiato da Fabrizio Pucci.
La recitazione, è concentrata nella mimica facciale di Hardy, che non cade nella tentazione istrionica del gigionismo nonostante il ruolo, giocoforza, egocentrico, e nei dialoghi telefonici con moglie, figli adolescenti, amante di una notte da cui aspetta un figlio, e colleghi di lavoro, intervallati da soliloqui, sfoghi dell’anima in autoanalisi, in cui inveisce contro il padre defunto per averlo abbandonato.
Il lavoro potrebbe essere trasmesso alla radio ed il risultato sarebbe lo stesso, la drammaticità, infatti, è nel testo, a cui danno vita esclusivamente le voci del protagonista e degli attori fuori campo, nella versione italiana, prestate da ottimi doppiatori.
Il protagonista è un tipo esemplare, un capo carpentiere tutto casa e famiglia, quasi un seguace dello scintoismo, che pone al vertice della propria scala di valori la dedizione al lavoro e l’etica della responsabilità e del non fare del male agli altri.
Peccato che lo sceneggiatore abbia voluto motivare le scelte del protagonista, ancorandole al suo vissuto, in una sorta di spiegazione psicoanalitica, che sottrae al suo personaggio quella forza drammatica, da eroe fuori dal tempo, che avrebbe meritato. Messo sul lettino dello psichiatra, ovvero inchiodato sul sedile dell’auto per un’ora e mezza, alla fine, l’eroe si rivela un uomo qualunque, di poco interesse, uno dei tanti alla guida in quella notte su quella superstrada. Forse è proprio questo l’intento di Knight, considerata l’ultima inquadratura dall’alto, a riprendere il traffico di auto anonime che viaggiano ognuna verso una meta diversa, ognuna con il proprio carico di umanità dolente e di storie altrettanto esemplari ed allo stesso tempo comuni. L’effetto è la banalizzazione di una scelta drammatica, tra il senso del dovere e la convenienza personale, di cui sarebbe stato meglio non conoscere le motivazioni psicologiche.
In quest’epoca in cui dominano i mediocri opportunisti e familisti, gli adoratori del dio danaro e della carriera ad ogni costo, avrebbe avuto tutt’altro risalto la figura di un uomo che rinuncia a tutto per compiere semplicemente il proprio dovere. Ma, purtroppo, il pensiero sotteso all’opera di Knight è vittima dello psicologismo del nostro tempo, in cui il male è sempre causato da qualche patologia mentale o da condizionamenti sociali ed il bene è il frutto di una variazione chimica del cervello dovuta al tormento interiore dell’anima o come in questo caso ad un trauma infantile.
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mercoledì 13 gennaio 2021
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un uomo
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Bersaglio perfettamente centrato. Scrittura perfetta, tempi perfetti, attore superbo. Sono rimasta incollata alla sedia senza mai annoiarmi. Regia grandiosa ma magistrale Hardy. Una trasposizione visiva del concetto di uomo che accoglie la difficilissima strada della responsabilità e che lo mette al di sopra di tutta la mediocre umanità. Film bellissimo
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spei00
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sabato 5 maggio 2018
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la verità rende liberi
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La storia è la lotta interiore del protagonista con il peccato di famiglia. Geniale è la configurazione, Locke guida la macchina mentre suo padre, reo di averlo abbandonato alla nascita, siede dietro. Tutti gli altri personaggi sono voci fuori campo che interagiscono con lui tramite il telefono, bombardandolo di responsabilità materiali. Ma Locke resiste alla tentazione del conformismo e va incontro alla verità che rende liberi.
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iaoquinti
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lunedì 6 novembre 2017
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originale e monotono
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Scelta indubbiamente coraggiosa da parte del regista, ma il film delude le aspettative che si creano durante l'interminabile viaggio in macchina.
Alla fine tutti i problemi del protagonista rimangono irrisolti; ogni telefonata racconta delle storie che non verranno mai concluse.
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fabal
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sabato 29 ottobre 2016
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un film di astuta semplicità
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Un uomo, alla guida di un SUV nero, viaggia in autostrada a tarda sera. Direzione: Londra. Ben presto il cellulare del guidatore, sincronizzato in vivavoce con l'interfaccia della vettura, incomincia a inoltrare e ricevere chiamate. Scopriamo allora che l'uomo si chiama Ivan Locke, che è un consulente edilizio di fama internazionale e che proprio l'indomani non potrà sovrintendere all'inizio dei lavori per una dei più importanti opere edili del secolo. Il motivo, irrevocabile, è proprio nel suo viaggio.
Dialogo e monologo, presenza e assenza si alternano fino a fondersi nell’astuta semplicità di Locke. Più che un dramma serrato, intimo, bravo nel ricostruire una vicenda con la sola forza della parola, il film di Steven Knight (sceneggiatore de La promessa dell'assassino) sembra una riflessione su come il cellulare abbia radicalmente modificato il concetto di "esserci".
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Un uomo, alla guida di un SUV nero, viaggia in autostrada a tarda sera. Direzione: Londra. Ben presto il cellulare del guidatore, sincronizzato in vivavoce con l'interfaccia della vettura, incomincia a inoltrare e ricevere chiamate. Scopriamo allora che l'uomo si chiama Ivan Locke, che è un consulente edilizio di fama internazionale e che proprio l'indomani non potrà sovrintendere all'inizio dei lavori per una dei più importanti opere edili del secolo. Il motivo, irrevocabile, è proprio nel suo viaggio.
Dialogo e monologo, presenza e assenza si alternano fino a fondersi nell’astuta semplicità di Locke. Più che un dramma serrato, intimo, bravo nel ricostruire una vicenda con la sola forza della parola, il film di Steven Knight (sceneggiatore de La promessa dell'assassino) sembra una riflessione su come il cellulare abbia radicalmente modificato il concetto di "esserci". Nulla di prettamente filosofico, ma la presenza concreta e iterabile dell'individuo nel mondo, che tramite il telefono personale e digitalizzato può comunicare con tutti e dappertutto, ad ogni ora, senza tuttavia (far) sapere dove i comunicanti effettivamente si trovino.
A Locke non chiedono "Chi sei?", come quando si rispondeva dal telefono fisso ma l'unica domanda, ossessiva e trascinante di tutto il film è, per l'appunto, "Dove sei?".
Tramite queste comunicazioni noi siamo in grado di ricostruire tutta la storia, senza tuttavia vedere mai, fisicamente, gli interlocutori di Locke. Esattamente come non vediamo il padre defunto che Ivan immagina seduto di dietro, a cui si rivolge in modo incredibilmente realistico guardando nel retrovisore. In questo modo dialogo e monologo raggiungono l'equipollenza, si fondono, fino a fare di Locke un film sostanzialmente intimista, con lunghe parentesi psicanalitiche e una ragion d'essere solida, che salva l'opera di Knight dalla facile accusa di stilismo. Il senso di vuoto che lascia il finale, il "perché?" inevitabile che sorgerà è intrinseco nella natura del film, il cui interesse non è certo la mèta ma il suo raggiungimento.
Giochi di luce a gogò, riflessi sul parabrezza e il volto quasi mai intero del bravo Tom Hardy rendono Locke un film visivamente efficace, in cui la sceneggiatura volutamente estrinseca funziona un po' come lo specchietto retrovisore dell'auto. La visione che ne risulta è dunque stimolante, solleticando l'immaginazione dello spettatore nel ricostruire le facce dei personaggi, oltre a partorire, se non tensione, almeno una sincera empatia per le conseguenze, umane e pratiche, di quelle frenetiche telefonate. Per non rischiare di cadere nella trappola del gioco fine a se stesso la durata di Locke, tuttavia, non può davvero essere superiore ai suoi 84 minuti.
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aabbaa
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martedì 19 aprile 2016
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voto 7
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