venarte
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venerdì 28 dicembre 2012
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capolavoro fantasy di jackson e tolkien
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È difficile dire dove finisce Tolkien e comincia Peter Jackson, e viceversa. Lo scrittore britannico e il regista neozelandese, pur non essendo contemporanei, sono oramai fusi e indivisibili. Entrambi hanno contribuito alla creazione di un mondo fantastico pregno di magia, di orchi, di troll, di stregoni, di elfi e di tutto il campionario fantasy che abbiamo potuto ammirare ne Il signore degli anelli, sia come film che come romanzo.
Lo hobbit narra di un viaggio inaspettato che ha per protagonista il giovane Bilbo. Dopo un’iniziale titubanza, lo zio di Frodo non riesce a resistere al richiamo dell’avventura con tutte le incognite che questa comporta: pericoli ma anche storie da poter in seguito raccontare.
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È difficile dire dove finisce Tolkien e comincia Peter Jackson, e viceversa. Lo scrittore britannico e il regista neozelandese, pur non essendo contemporanei, sono oramai fusi e indivisibili. Entrambi hanno contribuito alla creazione di un mondo fantastico pregno di magia, di orchi, di troll, di stregoni, di elfi e di tutto il campionario fantasy che abbiamo potuto ammirare ne Il signore degli anelli, sia come film che come romanzo.
Lo hobbit narra di un viaggio inaspettato che ha per protagonista il giovane Bilbo. Dopo un’iniziale titubanza, lo zio di Frodo non riesce a resistere al richiamo dell’avventura con tutte le incognite che questa comporta: pericoli ma anche storie da poter in seguito raccontare. E anche noi partiamo insieme a lui, alla scoperta di paesaggi incantati e incantevoli con la consapevolezza che, alla fine del cammino, proprio come Bilbo, non saremo più gli stessi.
Il film di Peter Jackson è una pellicola avvincente, da contemplare estasiati. Le musiche epiche e solenni accompagnano le peripezie dei protagonisti, tra battaglie contro le forze del male e momenti più intensi in cui sono messi a nudo i sentimenti di sincera amicizia che si istaurano tra i personaggi.
Il regista, inoltre, sa dosare la carica di tensione: il drago Smaug, infatti, non viene mai mostrato ma, ugualmente, è possibile percepire la sua malvagia presenza che come un’ombra aleggia lungo tutto il prologo. La figura di Gandalf il Grigio, invece, con la voce dell’impareggiabile Gigi Proietti, dispensa come al solito perle di saggezza, usando i suoi poteri di stregone per tenere a bada l’oscurità e proteggere i suoi piccoli amici.
Ancora una volta troviamo il personaggio di Gollum, la strana creatura dalla doppia personalità nonchè vero movente di tutta la vecchia e la nuova trilogia: è lui infatti, che detiene l’anello bramato da Sauron ma che passerà prima dalle mani di Bilbo e poi da quelle di Frodo.
Immancabile lo humor che, come per Il signore degli anelli, alleggerisce e spezza la narrazione, facendoci familiarizzare con i protagonisti. Una novità rispetto alla precedente trilogia, è costituita dall’introduzione di alcune canzoni cantate dai nani: in queste sequenze si respira un’atmosfera quasi disneyniana. Una scena in particolare, infatti, in cui i nani sparecchiano e accumulano piatti su piatti, ricorda l’incantesimo analogo del mago Merlino ne La spada della roccia.
Il film, però, essendo l’inizio di una nuova trilogia, non è concluso, cioè non presenta un finale, lasciando tutti con il fiato sospeso in attesa del prossimo capitolo che approderà nei cinema nel dicembre 2013. Per i più curiosi, consiglio di procurarsi il romanzo di Tolkien e di divorarlo pagina dopo pagina. Non so voi, ma io non riuscirò a resistere a questa tentazione.
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il morg
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sabato 15 dicembre 2012
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lo hobbit < il signore degli anelli
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Premettendo che mai mi sarei aspettato un lavoro superiore (nemmeno paragonabile) a quello del SDA, questo film, nonostante numerosi elementi lascino un pò di perplessità, risulta comunque un film ben riuscito e convincente. Se la prima parte del film fatica a coinvolgere lo spettatore (di eccessiva durata il periodo all' interno della casa di Bilbo), la seconda presenta un carattere molto più avventuroso e incalzante, riuscendo di fatto a colmare il senso di vuoto e nostalgia dei primi minuti. Il film presenta una trama ben costruita, l' ambientazione e le riprese sono magiche come quelle del SDA, la colonna sonora di Howard Shore è sempre fantastica. Tuttavia il caro vecchio Peter si è un pò lasciato trascinare dal nuovo cinema americano.
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Premettendo che mai mi sarei aspettato un lavoro superiore (nemmeno paragonabile) a quello del SDA, questo film, nonostante numerosi elementi lascino un pò di perplessità, risulta comunque un film ben riuscito e convincente. Se la prima parte del film fatica a coinvolgere lo spettatore (di eccessiva durata il periodo all' interno della casa di Bilbo), la seconda presenta un carattere molto più avventuroso e incalzante, riuscendo di fatto a colmare il senso di vuoto e nostalgia dei primi minuti. Il film presenta una trama ben costruita, l' ambientazione e le riprese sono magiche come quelle del SDA, la colonna sonora di Howard Shore è sempre fantastica. Tuttavia il caro vecchio Peter si è un pò lasciato trascinare dal nuovo cinema americano. Il film assume un carattere troppo comico (che neppure troppo comico è): basti pensare alla morte del capo dei Goblin, che abbandona la scena con un inconcepile "sono sconfitto", oppure al discorso tra Gandalf e Saruman, dove quest'ultimo mette in ballo i funghi allucinogeni o ,ancora, alla scena dei tre Troll (che non sapevo sapessero parlare). Oltretutto il film risulta troppo computerizzato, perdendo in parte quel forte senso di umanità che ci aveva fatto riconoscere nel mondo di Frodo e Sam. Poi si sa, i 13 nani non sono Aragorn,Legolas,Gimli,Boromir,Frodo,Sam,Merry e Pipino, personaggi che ci hanno regalato emozioni fortissime.. probabilmente con il tempo ci faremo l' abitudine. Sperando che Jackson possa imparare dai suoi errori (mi aspetto un secondo capitolo più forte dal punto di vista emotivo), in conclusione posso dire che "lo Hobbit" si rivela ancora molto lontano da un capolavoro come il SDA ma è un film che comunque si eleva al di sopra di tantissimi altri dello stesso genere e, pertanto, merita di essere visto.
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matteo mantoani
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martedì 18 dicembre 2012
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il commento di un fan di tolkien
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Produrre un film su "Lo Hobbit", rendendolo coerente sia al libro che alla precedente trilogia cinematografica, deve essere stata per gli sceneggiatori (capeggiati dallo stesso Jackson) un'impresa a dir poco ardua. Il risultato è in alcuni punti scostante dalla trama originaria del libro, infatti Peter Jackson (assieme ai suoi predecessori) ha cercato di integrare la storia con episodi presi dalle Appendici de "Il Signore degli Anelli", prendendosi a volte anche qualche "licenza" ulteriore al fine di renderlo un film più accettabile da un pubblico di massa. Il risultato di questa riscrittura può far storcere il naso a un fan tolkieniano incallito, ma rende il film decisamente più divertente di quello ottenibile attraverso una più rigida adesione alla trama originaria.
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Produrre un film su "Lo Hobbit", rendendolo coerente sia al libro che alla precedente trilogia cinematografica, deve essere stata per gli sceneggiatori (capeggiati dallo stesso Jackson) un'impresa a dir poco ardua. Il risultato è in alcuni punti scostante dalla trama originaria del libro, infatti Peter Jackson (assieme ai suoi predecessori) ha cercato di integrare la storia con episodi presi dalle Appendici de "Il Signore degli Anelli", prendendosi a volte anche qualche "licenza" ulteriore al fine di renderlo un film più accettabile da un pubblico di massa. Il risultato di questa riscrittura può far storcere il naso a un fan tolkieniano incallito, ma rende il film decisamente più divertente di quello ottenibile attraverso una più rigida adesione alla trama originaria. Se quindi l'orco Azog il Profanatore non trova spazio nella visione tolkieniana, in quella di Jackson rappresenta un ottimo e carismatico antagonista da contrapporre alla figura di Thorin Scudodiquercia. Ad ogni modo, se l'inserimento di Azog rappresenta una delle più azzeccate modifiche alla trama originaria, allo stesso modo la scelta di ridurre il mago Radagast (non direttamente presente in nessun romanzo tolkieniano) ad una specie di barbone-druido, è meno giustificabile. Forse gli sceneggiatori hanno voluto rendere questo personaggio una specie di mediatore tra Tolkien e pubblico di massa, rendendolo di facile comprensione e immedesimazione, nonché incarnazione del classico messaggio "le apparenze non contano" che in soldoni altro non è che la chiave di lettura sia della precedente trilogia cinematografica che di "Lo Hobbit" stesso. Ad ogni modo, la trama del film, con tutte le modifiche a quella originaria e con tutte le prese di distanza dall'universo originale, crea una traduzione decisamente ben riuscita da linguaggio tolkieniano a quello holliwoodiano, forse non apprezzabile dai fan che conoscono i romanzi a menadito, ma vendibile ad un pubblico più vasto.
Per quanto riguarda il design e la caratterizzazione dei personaggi, anche questa volta il film rappresenta un capolavoro, in quanto tutti i dettagli presenti (dai tatuaggi sul cranio di Dwalin ai rilievi sulla tazza da té di Bilbo), fanno sì che il pubblico venga proiettato efficacemente nella fittizia Terra di Mezzo, specie se memore dei film precedenti. Una menzione d'obbligo al design dei nani, il cui aspetto curato nei minimi dettagli, sia per quanto riguarda il carattere che l'aspetto fisico, rappresenta uno dei maggiori punti di forza del film. Una menzione d'onore al simpaticissimo Martin Freeman, pienamente in parte e particolarmente abile nel dare vita al protagonista Bilbo Baggins.
In conclusione, "Lo Hobbit" è un film imperdibile per gli amanti del genere, godibile e divertente per chi intenda accostarsi al fantasy per la prima volta e infine raccomandabile a chi desideri guardare un film (anche se della durata di più di due ore) senza annoiarsi.
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andrea2702
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lunedì 17 dicembre 2012
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un inizio inaspettato
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Lo Hobbit si, Lo Hobbit no. Grande capolavoro, delusione totale.
Ci sarebbe tanto da dire perché questo film, che sia piaciuto o meno, è comunque un' opera monumentale… ma con delle piccole falle.
Inizialmente i film tratti da Lo Hobbit dovevano essere solo due perché il libro era piuttosto piccolo rispetto al Signore degli Anelli. Ora, nell’estate del 2012 Jackson aveva espresso la volontà di voler sviluppare altri aspetti del libro, dando più importanza ai collegamenti con la passata trilogia; la Warner Bros. gli aveva dato il via libera e i film erano passati da due a tre. La domanda in questione è: dove si vanno a prendere le vicende da narrare, se Lo Hobbit è un libro infinitamente più piccolo rispetto ai tre film precedenti?
Le appendici del Signore degli Anelli (le prime pagine del libro, prima della storia vera e propria) sembrano aver dato la risposta a questa questione così articolata.
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Lo Hobbit si, Lo Hobbit no. Grande capolavoro, delusione totale.
Ci sarebbe tanto da dire perché questo film, che sia piaciuto o meno, è comunque un' opera monumentale… ma con delle piccole falle.
Inizialmente i film tratti da Lo Hobbit dovevano essere solo due perché il libro era piuttosto piccolo rispetto al Signore degli Anelli. Ora, nell’estate del 2012 Jackson aveva espresso la volontà di voler sviluppare altri aspetti del libro, dando più importanza ai collegamenti con la passata trilogia; la Warner Bros. gli aveva dato il via libera e i film erano passati da due a tre. La domanda in questione è: dove si vanno a prendere le vicende da narrare, se Lo Hobbit è un libro infinitamente più piccolo rispetto ai tre film precedenti?
Le appendici del Signore degli Anelli (le prime pagine del libro, prima della storia vera e propria) sembrano aver dato la risposta a questa questione così articolata.
Il problema però è un altro: questa decisione c'è stata solo a Luglio e la gran parte del montaggio finale per il primo film era già stata fatta, ma siccome la storia era comunque da dividere in 3 film non si potevano raccontare troppi avvenimenti solo nel primo. Per questo la storia si è dovuta fermare prima del previsto. Ma le scene eliminate erano consistenti e hanno portato il film a durare troppo poco, quindi, ecco l’idea di aggiungere delle parti che nel libro non c'erano (quelle delle appendici) per riconferire la durata effettiva al film. Ma di tempo per svilupparle bene all'interno della narrazione non ce n'era abbastanza (siamo in estate) ed è proprio guardando il film che si notano precisamente i punti deboli dove ci sono queste digressioni narrative che non si sono cucite bene con il resto della storia (Radagast che cerca di depistare gli orchi, il Negromante, etc.).
Il problema sostanziale de Lo Hobbit è questo.
La colpa, però, non si può dare a nessuno. Il solo fattore colpevole è il poco tempo a disposizione, per come la vedo io. Perciò non c'era modo di fare un film migliore: l’opera non si può giudicare completamente.
Sono sicuro che per il secondo e il terzo capitolo Jackson riuscirà ad articolare meglio questi pezzi di storia in più (manca solo il lavoro di post-produzione). Naturalmente alcuni errori sciocchi ci sono (come ad esempio il re degli orchi che, prima di morire, dice: “Sto per essere sconfitto!”). Tuttavia la critica non dovrebbe fossilizzarsi su altri elementi insignificanti a livello scenico e narrativo, perché un minimo di libertà per la regia deve sempre esserci. Per come la vedo io, tutti (sia fan che critici) non possono non vedere questo film come un piccolo inizio indipendente. Come primo film di una nuova trilogia è tutt’altro che accettabile e la maestria di Jackson torna a sorprenderci ancora. I dettagli del libro ci sono tutti, anche i più piccoli, e gli effetti speciali sono senza ombra di dubbio i migliori di quest’anno. Non ci si poteva aspettare qualcosa di meglio rispetto al Signore degli Anelli. La storia non è certamente come la precedente, ma non si tratta comunque di un impianto banale.
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matteo mantoani
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mercoledì 19 dicembre 2012
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il commento di un fan tolkieniano
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Dopo quasi 10 anni dall'encomiata trilogia de "Il Signore degli Anelli", dopo innumerevoli peripezie legali e non, esce il nuovo film di Peter Jackson basato sull'omonimo romanzo di Tolkien.
Produrre un film su "Lo Hobbit", rendendolo coerente sia al libro che alla precedente trilogia cinematografica, deve essere stata per gli sceneggiatori (capeggiati dallo stesso Jackson) un'impresa a dir poco ardua. Il risultato è in alcuni punti scostante dalla trama originaria del libro, infatti Peter Jackson (assieme ai suoi predecessori) ha cercato di integrare la storia con episodi presi dalle Appendici de "Il Signore degli Anelli", prendendosi a volte anche qualche "licenza" ulteriore al fine di renderlo un film più accettabile da un pubblico di massa.
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Dopo quasi 10 anni dall'encomiata trilogia de "Il Signore degli Anelli", dopo innumerevoli peripezie legali e non, esce il nuovo film di Peter Jackson basato sull'omonimo romanzo di Tolkien.
Produrre un film su "Lo Hobbit", rendendolo coerente sia al libro che alla precedente trilogia cinematografica, deve essere stata per gli sceneggiatori (capeggiati dallo stesso Jackson) un'impresa a dir poco ardua. Il risultato è in alcuni punti scostante dalla trama originaria del libro, infatti Peter Jackson (assieme ai suoi predecessori) ha cercato di integrare la storia con episodi presi dalle Appendici de "Il Signore degli Anelli", prendendosi a volte anche qualche "licenza" ulteriore al fine di renderlo un film più accettabile da un pubblico di massa. Il risultato di questa riscrittura può far storcere il naso a un fan tolkieniano incallito, ma rende il film decisamente più divertente di quello ottenibile attraverso una più rigida adesione alla trama originaria. Se quindi l'orco Azog il Profanatore non trova spazio nella visione tolkieniana, in quella di Jackson rappresenta un ottimo e carismatico antagonista da contrapporre alla figura di Thorin Scudodiquercia. Ad ogni modo, se l'inserimento di Azog rappresenta una delle più azzeccate modifiche alla trama originaria, allo stesso modo la scelta di ridurre il mago Radagast (non direttamente presente in nessun romanzo tolkieniano) ad una specie di barbone-druido, è meno giustificabile. Forse gli sceneggiatori hanno voluto rendere questo personaggio una specie di mediatore tra Tolkien e pubblico di massa, rendendolo di facile comprensione e immedesimazione, nonché incarnazione del classico messaggio "le apparenze non contano" che in soldoni altro non è che la chiave di lettura sia della precedente trilogia cinematografica che di "Lo Hobbit" stesso. Ad ogni modo, la trama del film, con tutte le modifiche a quella originaria e con tutte le prese di distanza dall'universo originale, crea una traduzione decisamente ben riuscita da linguaggio tolkieniano a quello holliwoodiano, forse non apprezzabile dai fan che conoscono i romanzi a menadito, ma vendibile ad un pubblico più vasto.
A parte questo merito, il film presenta alcuni punti deboli, infatti il ritmo del film crolla subito dopo l'inizio, ma decolla nuovamente accompagnato dalle rocambolesche scene di battaglia "alla Spielberg", la cui spettacolarità è stata contestata da molti, ma che a parere del sottoscritto è invece ben sviluppata e ha il pregio di non "ubriacare" lo spettatore.
Per quanto riguarda il design e la caratterizzazione dei personaggi, anche questa volta il film rappresenta un capolavoro, in quanto tutti i dettagli presenti (dai tatuaggi sul cranio di Dwalin ai rilievi sulla tazza da té di Bilbo), fanno sì che il pubblico venga proiettato efficacemente nella fittizia Terra di Mezzo, specie se memore dei film precedenti. Una menzione d'obbligo al design dei nani, il cui aspetto curato nei minimi dettagli, sia per quanto riguarda il carattere che l'aspetto fisico, rappresenta uno dei maggiori punti di forza del film. Una menzione d'onore al simpaticissimo Martin Freeman, pienamente in parte e particolarmente abile nel dare vita al protagonista Bilbo Baggins.
In conclusione, "Lo Hobbit" è un film imperdibile per gli amanti del genere, godibile e divertente per chi intenda accostarsi al fantasy per la prima volta e infine raccomandabile a chi desideri guardare un film (anche se della durata di più di due ore) senza annoiarsi.
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matteo mantoani
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giovedì 3 gennaio 2013
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il commento di un fan di tolkien
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Produrre un film su "Lo Hobbit", rendendolo coerente sia al libro che alla precedente trilogia cinematografica, deve essere stata per gli sceneggiatori (capeggiati dallo stesso Jackson) un'impresa a dir poco ardua. Il risultato è in alcuni punti scostante dalla trama originaria del libro, infatti Peter Jackson (assieme ai suoi predecessori) ha cercato di integrare la storia con episodi presi dalle Appendici de "Il Signore degli Anelli", prendendosi a volte anche qualche "licenza" ulteriore al fine di renderlo un film più accettabile da un pubblico di massa. Il risultato di questa riscrittura può far storcere il naso a un fan tolkieniano incallito, ma rende il film decisamente più divertente di quello ottenibile attraverso una più rigida adesione alla trama originaria.
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Produrre un film su "Lo Hobbit", rendendolo coerente sia al libro che alla precedente trilogia cinematografica, deve essere stata per gli sceneggiatori (capeggiati dallo stesso Jackson) un'impresa a dir poco ardua. Il risultato è in alcuni punti scostante dalla trama originaria del libro, infatti Peter Jackson (assieme ai suoi predecessori) ha cercato di integrare la storia con episodi presi dalle Appendici de "Il Signore degli Anelli", prendendosi a volte anche qualche "licenza" ulteriore al fine di renderlo un film più accettabile da un pubblico di massa. Il risultato di questa riscrittura può far storcere il naso a un fan tolkieniano incallito, ma rende il film decisamente più divertente di quello ottenibile attraverso una più rigida adesione alla trama originaria. Se quindi l'orco Azog il Profanatore non trova spazio nella visione tolkieniana, in quella di Jackson rappresenta un ottimo e carismatico antagonista da contrapporre alla figura di Thorin Scudodiquercia. Ad ogni modo, se l'inserimento di Azog rappresenta una delle più azzeccate modifiche alla trama originaria, allo stesso modo la scelta di ridurre il mago Radagast (non direttamente presente in nessun romanzo tolkieniano) ad una specie di barbone-druido, è meno giustificabile. Forse gli sceneggiatori hanno voluto rendere questo personaggio una specie di mediatore tra Tolkien e pubblico di massa, rendendolo di facile comprensione e immedesimazione, nonché incarnazione del classico messaggio "le apparenze non contano" che in soldoni altro non è che la chiave di lettura sia della precedente trilogia cinematografica che di "Lo Hobbit" stesso. Ad ogni modo, la trama del film, con tutte le modifiche a quella originaria e con tutte le prese di distanza dall'universo originale, crea una traduzione decisamente ben riuscita da linguaggio tolkieniano a quello holliwoodiano, forse non apprezzabile dai fan che conoscono i romanzi a menadito, ma vendibile ad un pubblico più vasto.
A parte questo merito, il film presenta alcuni punti deboli, infatti il ritmo del film crolla subito dopo l'inizio, ma decolla nuovamente accompagnato dalle rocambolesche scene di battaglia "alla Spielberg", la cui spettacolarità è stata contestata da molti, ma che a parere del sottoscritto è invece ben sviluppata e ha il pregio di non "ubriacare" lo spettatore.
Per quanto riguarda il design e la caratterizzazione dei personaggi, anche questa volta il film rappresenta un capolavoro, in quanto tutti i dettagli presenti (dai tatuaggi sul cranio di Dwalin ai rilievi sulla tazza da té di Bilbo), fanno sì che il pubblico venga proiettato efficacemente nella fittizia Terra di Mezzo, specie se memore dei film precedenti. Una menzione d'obbligo al design dei nani, il cui aspetto curato nei minimi dettagli, sia per quanto riguarda il carattere che l'aspetto fisico, rappresenta uno dei maggiori punti di forza del film. Una menzione d'onore al simpaticissimo Martin Freeman, pienamente in parte e particolarmente abile nel dare vita al protagonista Bilbo Baggins.
In conclusione, "Lo Hobbit" è un film imperdibile per gli amanti del genere, godibile e divertente per chi intenda accostarsi al fantasy per la prima volta e infine raccomandabile a chi desideri guardare un film (anche se della durata di più di due ore) senza annoiarsi.
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nik deco
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venerdì 13 settembre 2013
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il (non) ritorno del re
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Il grande maestro del cinema degli anni 2000 è tornato.Per consonanza con il suo più grande capolavoro, il "Re" é tornato.O almeno così sembrerebbe.Il nuovo film di Peter Jackson non riesce infatti a emulare il passato fasto epico che avvolgeva la precedente trilogia, nè riesce a presentarsi carico della stessa migniloquente maestria nei diversi settori della produzione.Lo Hobbit è un film che, pur tentando strenuamente di compararsi per tutta la sua durata al Signore degli Anelli non si dimostra in grado di coglierne i caratteri quantomeno essenziali della narrazione letteraria, simbolica e morale dell'opera precedente.
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Il grande maestro del cinema degli anni 2000 è tornato.Per consonanza con il suo più grande capolavoro, il "Re" é tornato.O almeno così sembrerebbe.Il nuovo film di Peter Jackson non riesce infatti a emulare il passato fasto epico che avvolgeva la precedente trilogia, nè riesce a presentarsi carico della stessa migniloquente maestria nei diversi settori della produzione.Lo Hobbit è un film che, pur tentando strenuamente di compararsi per tutta la sua durata al Signore degli Anelli non si dimostra in grado di coglierne i caratteri quantomeno essenziali della narrazione letteraria, simbolica e morale dell'opera precedente.Un Jackson piuttosto carente, spossato dalla sola idea di realizzazione di una pellicola che riesca a riesumare gli sfarzi e le solennità dei primi tre grandi film.Un capolavoro cinematografico non è qualcosa di ordinario, ne quantomeno quotidiano per uno stesso regista.Jackson ha avuto la sua occasione: Il Signore degli Anelli è caduto dall'albero come una mela matura, e il regista e la sua magnifica troupe sono stati in grado di coglierla e riuscire a far assaporare l’agrodolce magia della terra di Mezzo ad appassionati e non, riuscendo nell'intento di dilettare ma al contempo far riflettere.Lo Hobbit non è carico della stessa carismaticità, scema nella forzata ampollosità in alcune sequenze senza riuscire a mantenere un profilo solido e lineare.Tuttavia si rivela un buon film, almeno per quanto concerne la sezione tecnica.Scenografie, fotografia, colonna sonora, effetti speciali e trucco che riescono nell'intento di tendere al risultato dei primi film, e che riescono a dimostrarsi la struttura portante del film, anche in assenza di una direzione che non coordina e non assimila i caratteri se non altro basilari delle opere tolkeniane.Il distacco dall'universo del poeta è definitivo, e se nel Signore degli Anelli si poteva perdonare ed accettare di buon grado determinate licenze narrative delle pellicole, nel viaggio inaspettato di Jackson verso i poco amabili resti del cosmo tolkeniano le licenze costituiscono la maggior parte del film.Un regista e una produzione mossi da volontà di mero profitto sulla scia del successo della storia dell'anello realizzano un'opera che mal si adatta ai solchi tracciati dal Lo Hobbit romanzo, ampliando personaggi e situazioni che per la maggior parte dei casi risultano superflui, incoerenti e superficiali.La pellicola si rivela una totale e non riuscita emulazione in particolar modo de La Compagnia dell'Anello: si veda la scelta di determinate scelte registiche di strutturazione del film (come dimostra la prevedibile e ridondante scelta del prologo), la scelta di inquadrature omonime a quelle del primo film della originaria trilogia (la ripartenza da Granburrone dei nani, solo per citarne una), l'ipocrita ampollosità di certi passi della sceneggiatura che, anche qui provando strenuamente ad emulare il Signore degli Anelli, ricorre a precostituite frasi a effetto disseminate in più punti della pellicola, ma ben distanti dalle lineari riflessioni di Gandalf ne La Compagnia o ne Il Ritorno del Re.Altra grande pecca regista è l'audace scelta della ripresa a 48 fotogrammi al secondo; un'audacità che risulta sconfitta dalla visione stessa della pellicola, che ostenta la palese falsità dei set e degli effetti speciali, privando il lavoro di quella magica atmosfera che avvolgeva con incommensurabile esito positivo la Terra di Mezzo del viaggio di Frodo.
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animasapien
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lunedì 7 gennaio 2013
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un film che può essere davvere detto come film
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Film puramente fantastico .Questo film è eccezionale di nome e di fatto Jackson a provato l'ipresa e gli è riuscita a meraviglia.Molto ben descritto,anche per chi non conoscesse Il Signore degli anelli questo film può essere visto anche da solo.Però allo stesso tempo si sente un pò di mancanza nell'aria che ci dava il signore degli anelli,quell'aria cult , ma questo film è più leggero e più facile da capire.La cosa migliore da fare sarebbe stata di fare prima lo hobbit e poi il signore deli anelli ma lo stesso il film rimane epico.Il racconto è stoto adattato per lo schermo in modo fantascico,storia più avvincente e più caratterizzale.
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Film puramente fantastico .Questo film è eccezionale di nome e di fatto Jackson a provato l'ipresa e gli è riuscita a meraviglia.Molto ben descritto,anche per chi non conoscesse Il Signore degli anelli questo film può essere visto anche da solo.Però allo stesso tempo si sente un pò di mancanza nell'aria che ci dava il signore degli anelli,quell'aria cult , ma questo film è più leggero e più facile da capire.La cosa migliore da fare sarebbe stata di fare prima lo hobbit e poi il signore deli anelli ma lo stesso il film rimane epico.Il racconto è stoto adattato per lo schermo in modo fantascico,storia più avvincente e più caratterizzale.Poi il modo in cui è stato fatto,effetti speciali fantastici scenografie imparagonabili e i 48frm un'immagine così nitida non l'avevo mai vista. Bè in fin dei conti film da aasolutamente non perdere.
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dargath90
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lunedì 14 gennaio 2013
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aspettative non deluse
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Il film è un prequel, cioè narra fatti verificatisi prima di quelli raccontati nella precedente trilogia de "Il signore degli anelli". La narrazione si avvale della tecnica del flashback: nelle scene iniziali lo Hobbit ultracentenne Bilbo Baggins è intento a scrivere il racconto di un' avventura da lui vissuta 60 anni prima. E' un'avventura cominciata ex abrupto, allorché degli strani personaggi si presentarono alla porta della sua abitazione...
Il giovane Bilbo è interpretato molto bene da Martin Freeman, attore già noto a molti spettatori per aver recitato di recente nella serie televisiva "Sherlock", nei panni del dottor Watson, compagno di indagini del celebre investigatore.
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Il film è un prequel, cioè narra fatti verificatisi prima di quelli raccontati nella precedente trilogia de "Il signore degli anelli". La narrazione si avvale della tecnica del flashback: nelle scene iniziali lo Hobbit ultracentenne Bilbo Baggins è intento a scrivere il racconto di un' avventura da lui vissuta 60 anni prima. E' un'avventura cominciata ex abrupto, allorché degli strani personaggi si presentarono alla porta della sua abitazione...
Il giovane Bilbo è interpretato molto bene da Martin Freeman, attore già noto a molti spettatori per aver recitato di recente nella serie televisiva "Sherlock", nei panni del dottor Watson, compagno di indagini del celebre investigatore. Non poteva mancare Ian McKellen nel ruolo di Gandalf, questa volta con una voce diversa, a causa della scomparsa del precedente doppiatore Gianni Musy. La scelta del suo rimpiazzo, azzeccata a mio parere, è ricaduta su Gigi Proietti. Regia, fotografia e scenografia sono impeccabili e gli effetti speciali, come era prevedibile, sono di alto livello. Non mancano momenti di ilarità, a cominciare dalle primissime scene. Non ho apprezzato, invece, l'abuso della colonna sonora della precedente trilogia. Né ho gradito che in alcune scene sembra di assistere ad una "reunion" di attori, avente lo scopo di suscitare la nostalgia degli spettatori più affezionati ai precedenti film della saga. Ma non saprei dire se tali scene siano state ideate ex novo o riprese dal libro, da me letto molti anni fa.
In conclusione, non si può negare che l'ultimo lavoro di Peter Jackson sia un film valido e godibile, sebbene sia indubbio che esso non raggiunga l'epicità dei film che compongono la precedente trilogia.
VOTO: 3,5 su 5
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gosnurle
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domenica 6 gennaio 2013
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ben tornato, vecchio bilbo
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Tolkien scrive Lo Hobbit vent’anni prima della trilogia. E’ un libro con un taglio molto piu’ spensierato da libro per ragazzi, pone le basi storiche e cronologiche per la ricerca dell’anello, ma e’ soprattutto una specie di prova generale delle tematiche ( la compagnia, il viaggio, la missione, il sacrificio, il ritorno) che il sommo approfondira’ anni dopo e in maniera ben piu’ seria e seriosa.
In pratica quel senso di deja vu che permea lo Hobbit letto o visto dopo la trilogia, e’ purtroppo figlio di questo contesto.
Se c’e’ un pregio nell’opera di Jackson e’ la fedelta’ al testo e allo spirito dell’originale, se c’e’ un difetto e’ la voglia (commerciale probabilmente) di ipertrofizzare tutto, che nell’Hobbit e’ palese e abbastanza eccessiva.
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Tolkien scrive Lo Hobbit vent’anni prima della trilogia. E’ un libro con un taglio molto piu’ spensierato da libro per ragazzi, pone le basi storiche e cronologiche per la ricerca dell’anello, ma e’ soprattutto una specie di prova generale delle tematiche ( la compagnia, il viaggio, la missione, il sacrificio, il ritorno) che il sommo approfondira’ anni dopo e in maniera ben piu’ seria e seriosa.
In pratica quel senso di deja vu che permea lo Hobbit letto o visto dopo la trilogia, e’ purtroppo figlio di questo contesto.
Se c’e’ un pregio nell’opera di Jackson e’ la fedelta’ al testo e allo spirito dell’originale, se c’e’ un difetto e’ la voglia (commerciale probabilmente) di ipertrofizzare tutto, che nell’Hobbit e’ palese e abbastanza eccessiva.
Ma dipende. Se alcune scene sono davvero dei tappabuchi, quella della lotta dei giganti di roccia, se le esagerazioni funamboliche delle salvifiche fughe sanno troppo di Indy (anche se l’ambientazione della citta’ dei Goblins e’ notevole), se l’arrivo deus ex machina delle aquile un po’ ha stancato, se invece Radagast colpisce per simpatia e caratterizzazione (in fondo e’ Tom Bombadil), rimangono inalterati fascino ed epica, qui molto piu’ burlesca, che in fondo e’ cio’ che il fan tolkiano vuole, pretende e merita.
E’ in fondo anche solo un bell’altro giro di giostra con Gandalf e amici. Tutto sta in quanto si voglia perdonare, negli eccessi succitati, e quanto invece no.
Io perdono volentieri.
E aspetto Smaug.
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