Tormented 3D

Una famiglia apparentemente normale nasconde traumi e problemi mentali che l'arrivo di un misterioso coniglio di pezza smuoverà. Dal bambino, alla sorella muta, fino al padre apparentemente indifferente, tutti cominciano ad essere perseguitati da conigli di pezza grandi e piccoli, nei sogni come poi nella realtà, fino al confronto finale con se stessi.
La parte migliore di Tormented 3D è quella che lo lega strettamente a The shock labyrinth 3D, presentato nell'edizione precedente della Mostra del cinema di Venezia. E' infatti dalla visione di quel film al cinema (e in tre dimensioni) che i protagonisti di Tormented cominciano il loro viaggio allucinato nel passato, in maniera simile ma diversa rispetto ai personaggi di The shock labyrinth.
Shimizu, che del j-horror è stato evangelizzatore con i suoi due remake americani di altrettante opere realizzate in patria (Grudge e Ju-On), torna sulle tematiche tipiche del sottogenere: le presenze che infestano, il passato che ritorna a vendicarsi, dilemmi mentali da sciogliere e infine la tecnologia come punto di contatto tra naturale e sovrannaturale.
Dimostrando un senso dell'ironia insospettabile stavolta è il cinema 3D una delle molte porte verso un regno di incubi contemporaneamente interno ed esterno ai personaggi. Nel cinema tridimensionale da incubo di Shimizu infatti quando gli oggetti sembrano uscire dallo schermo, escono sul serio e alle volte ti tirano dentro la "terza dimensione". L'espediente tecnologico dell'illusione di profondità materializza quell'illusione (come il VHS di Ringu/The Ring materializzava le sue immagini) e trasferisce l'oggetto magico dell'orrore da un film all'altro in un delirio di metacinema. Come sempre nell'horror ciò che ci stupisce e di cui non conosciamo il funzionamento tecnico (che dunque è misterioso) crea il luogo d'ombra perfetto per la paura.
Peccato che poi Tormented non riesca a mantenere il medesimo tono di interesse lungo tutto il film, andando spesso a parare su situazioni abusate e metafore un scontate (specchi che si rompono e riflettono la scissione mentale dei protagonisti, scale a chiocciola che sembrano avvitarsi all'infinito...).
Prima volta in 3D per Christopher Doyle, uno dei più leggendari direttori della fotografia ancora in attività, stranamente sobrio nei virtuosismi cromatici rispetto al suo solito. 