francesco2
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venerdì 26 agosto 2016
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in fondo, poca guerra
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Nello stesso anno -credo- di un altro film francese piuttosto discutibile, "Tutti i nostri
desideri", la francese Donzelli ha trasposto sullo schermo i travagli -in tutti i sensi- legati
alla sua gravidanza, ed a quello che ha comportato insieme all'allora compagno.
Il cinema transalpino, forse per una presenza del "postmoderno" più radicata rispetto
a quello nostrano, ci ha abituato all'uso del videoclip e tecniche simili: basti pensare al
-troppo- elogiato "Odio" di Kassovitz, come anche al -troppo, anche da chi scrive?-
bistrattato "Les chansons en Francais", praticamente inedito in Italia. Ma tutto deve,
sempre, essere funzionale ad una storia, che qui latita. All'inizio i due
personaggi appaiono una coppia -relativamente- giovane, trasgressiva ma non troppo.
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Nello stesso anno -credo- di un altro film francese piuttosto discutibile, "Tutti i nostri
desideri", la francese Donzelli ha trasposto sullo schermo i travagli -in tutti i sensi- legati
alla sua gravidanza, ed a quello che ha comportato insieme all'allora compagno.
Il cinema transalpino, forse per una presenza del "postmoderno" più radicata rispetto
a quello nostrano, ci ha abituato all'uso del videoclip e tecniche simili: basti pensare al
-troppo- elogiato "Odio" di Kassovitz, come anche al -troppo, anche da chi scrive?-
bistrattato "Les chansons en Francais", praticamente inedito in Italia. Ma tutto deve,
sempre, essere funzionale ad una storia, che qui latita. All'inizio i due
personaggi appaiono una coppia -relativamente- giovane, trasgressiva ma non troppo.
La Donzelli è come loro, (neanche tanto) paradossalmente: non apporta veri elementi di
novità, li imprigiona in una sceneggiatura piatta e prevedibile, con genitori "paludati".
In seguito, le cose non cambiano: manca la profondità nell'analizzare il parto, come anche
- e soprattutto- la consapevolezza di avere generato un figlio "diverso " dagli altri, a parte
quel momento - anche un poco didascalico - in cui la madre gli parla prima dell'operazione.
E' sgradevole scriverlo, anche conoscendo quanto il film rifletta il vissuto dei protagonisti,
ma in questo caso -troppo spesso- la musica ed i video mi sono apparsi un modo per coprire
una sostanza che manca. Non ha molto senso parlare di "filosofia da cercare". In una
"filosofia" sono impliciti dei valori, che non possono "limitarsi" ad una pur apprezzabile
mancanza di autocommiserazione.
Verrebbe da pensare che oggi, dove si mescolano le classi -o ceti che dir si voglia-, le
credenze -quelle rimaste -ed i ruoli, la famiglia della "guerra è dichiarata", fatta di
trentenni genericamente progressisti(?) e di anziani a metà tra la commedia francese
e quella statunitense, abbia sostituito i nuclei di rohmeriana -per fare un esempio- memoria.
Se è cosi, sotto questo aspetto, non c'è da stare allegri.
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(di chuckylocco)
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donni romani
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venerdì 8 giugno 2012
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una guerra aperta contro il dolore
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Film coraggioso ed estremo, ma non del tutto riuscito, che mette in campo la guerra più crudele, quella contro la malattia. In questo caso contro il tumore al cervello del piccolo Adam, figlio di una giovanissima coppia , dai nomi profetici di Romeo e Juliet, che all'inizio del film conosciamo innamorata, spensierata e scanzonata. Il calvario che i due ragazzi saranno costretti ad affrontare per sostenere, incoraggiare e salvare il piccolo è fatto di paure, dubbi, incertezze e frustrazioni, ma anche di energia, passione, coraggio e voglia di vivere.
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Film coraggioso ed estremo, ma non del tutto riuscito, che mette in campo la guerra più crudele, quella contro la malattia. In questo caso contro il tumore al cervello del piccolo Adam, figlio di una giovanissima coppia , dai nomi profetici di Romeo e Juliet, che all'inizio del film conosciamo innamorata, spensierata e scanzonata. Il calvario che i due ragazzi saranno costretti ad affrontare per sostenere, incoraggiare e salvare il piccolo è fatto di paure, dubbi, incertezze e frustrazioni, ma anche di energia, passione, coraggio e voglia di vivere. E questo è senz'altro il messaggio primario di una pellicola ben girata e montata, la necessità, e il bisogno, di trovare spazio per la vita, per la quotidianità, nel pur desolato e terrificante mondo del dolore. Ma le modalità con cui ce lo presenta la Donzelli sono a volte sconcertanti, alcune scene decisamente dissonanti - nella fase di estrema preoccupazione e concitazione per le prime indagini del bambino Juliet parte con il piccolo destinazione Ospedale di Marsiglia mentre Romeo resta a Parigi a dipingere le pareti del loro nuovo appartamento scherzando e ridendo con un amico, inconcepibile anche nella più libera interpretazione cinematografica, e come questa sono molte altre le scene in cui si rimane lontani da un'emozione sincera, quasi che gli sforzi per divertirsi, per vivere nonostante, siano un'imposizione razionale, un percorso programmatico più che un afflato emozionale. Peccato perchè le tematiche sono profonde, perchè i due attori hanno vissuto sulla loro pelle questa vicenda e per dichiarare guerra al cancro non è sufficiente, e non è necessario, sballarsi di musica e alcool, nè esasperare i toni dell'ottimismo a tutti i costi, perchè si rischia di non essere credibili. La forza di questi due fragili genitori, spaventati dalla vita e dalle responsabilità è sicuramente sincera e spontanea, ma chiunque abbia attraversato il territorio cancro sa che non si brinda a champagne quando dalla sala operatoria arriva la parola "tumore maligno". Ripeto peccato, perchè la Donzelli sa come evitare le trappole sentimentali e fa un'ottima scelta nel non mostrare mai il bambino nelle fasi acute di terapia, e perchè lo spaesamento di fronte all'abisso di alcune scene è reso con toni vibranti e crudi, ma un certo disagio di fondo - di fronte all'opera filmica in quanto tale - rimane mentre c'è un senso di grande gioia nell'apprendere che la guerra, dopo essere stata dichiarata, combattuta e sofferta, è stata anche vinta. Auguri a Gabriel, il vero protagonista della storia.
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renato volpone
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lunedì 4 giugno 2012
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l'amore non è per sempre, ma segna profondamente
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Non sempre il cinema francese riesce a fare film di tematica sociale senza cadere nel melodramma, com'è stato il caso recente di "polisse". Le intenzioni sono buone, la tematica importante, ma è facile scivolare nei buoni sentimenti ed essere troppo mielosi per indorare la pillola ad un pubblico non preparato. Chi hai dei figli sa quali sono le dinamiche dell'apprensione e dell'angoscia nell'affrontare la malattia di un bambino che è "il tuo". Non c'è dolore più grande dell'impossibilità di difenderlo dall'inevitabile. Il film tocca tutti i risvolti delle complesse interazioni famigliari e delle emozioni, peccato che spesso si perda nel racconto di chi non "ha vissuto" e guarda le cose da lontano quasi con leggerezza.
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Non sempre il cinema francese riesce a fare film di tematica sociale senza cadere nel melodramma, com'è stato il caso recente di "polisse". Le intenzioni sono buone, la tematica importante, ma è facile scivolare nei buoni sentimenti ed essere troppo mielosi per indorare la pillola ad un pubblico non preparato. Chi hai dei figli sa quali sono le dinamiche dell'apprensione e dell'angoscia nell'affrontare la malattia di un bambino che è "il tuo". Non c'è dolore più grande dell'impossibilità di difenderlo dall'inevitabile. Il film tocca tutti i risvolti delle complesse interazioni famigliari e delle emozioni, peccato che spesso si perda nel racconto di chi non "ha vissuto" e guarda le cose da lontano quasi con leggerezza. Invito comunque ad andarlo a vedere perché è importante sapere, conoscere, vivere delle emozioni. Belle le musiche, ottimamente descritto il mondo degli ospedali francesi: spicca il contrasto tra la modernità di Marsiglia e il meno felice, ma non meno efficiente Parigi.
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(di chiara fi)
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zoom e controzoom
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martedì 5 giugno 2012
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perchè scomodare giulietta e romeo ?
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La pellicola appartiene a quella serie di lavori che trattano una tematica umana tra le più sconvolgenti e dolorose che andrebbero trattate con molto equilibrio e creatività professionali per ottenere un prodotto che non abbia solo il pregio di essere “strappalacrime”. La filmografia spesso “ragiona” per filoni e spesso ancora questi filoni sono modaioli, di annata, ma quello del dolore per lutto è una tematica senza tempo come lo è quella del problemi legati agli ospedali psichiatrici per citarne solamente uno. Pochissimi però sono i prodotti di alta qualità.
E’ difficile dire quanto di esibizionismo e quanto di esorcizzazione del dolore ci sia nell’offrire la propria storia dolorosa, in pasto al pubblico, di certo, questo film è talmente privo di quelle caratteristiche costruttive di un film, che viene da pensare se non alle due sopraddette motivazioni, ad una notevole autostima della regista, ma non è sufficiente soffrire per essere poetici.
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La pellicola appartiene a quella serie di lavori che trattano una tematica umana tra le più sconvolgenti e dolorose che andrebbero trattate con molto equilibrio e creatività professionali per ottenere un prodotto che non abbia solo il pregio di essere “strappalacrime”. La filmografia spesso “ragiona” per filoni e spesso ancora questi filoni sono modaioli, di annata, ma quello del dolore per lutto è una tematica senza tempo come lo è quella del problemi legati agli ospedali psichiatrici per citarne solamente uno. Pochissimi però sono i prodotti di alta qualità.
E’ difficile dire quanto di esibizionismo e quanto di esorcizzazione del dolore ci sia nell’offrire la propria storia dolorosa, in pasto al pubblico, di certo, questo film è talmente privo di quelle caratteristiche costruttive di un film, che viene da pensare se non alle due sopraddette motivazioni, ad una notevole autostima della regista, ma non è sufficiente soffrire per essere poetici.
Nel film non si apprezza nessuna costruzione psicologica dei personaggi che vivono la vicenda sostenuti inizialmente da un ritmo frenetico che brucia i tempi dall’incontro dei due protagonisti e alla nascita del figlio, mentre nella seconda parte, il ritmo dilatato che dovrebbe supportare i sentimenti più laceranti, accompagna una sceneggiatura piatta che non approfondisce nessuna delle numerose e pressanti tematiche possibili.
La scelta di vivere il periodo della malattia del bambino, in stretta coppia, poteva essere un'altro degli argomenti portanti, rimane invece nella scala d’importanza, al medesimo livello degli altri; le formazioni di coppie affettive, diverse tra i parenti che circondano amorevolmente la coppia e il bimbo, era un altro ancora anche se marginale; il vivere senza lavoro per stare vicino al bimbo, ma nessuno di questi è argomento presentato in modo esaustivo cosa che poteva arricchire comunque il contesto sociale dell'ambientazione.
La scelta di scene con immagini graficamente significative, dovrebbe evidentemente acuire la drammaticità, altresì contribuiscono alla confusione di scelte di stile mescolandosi nel calderone con quel paio di scene trattate alla stregua del recital canoro.
Tra le cose che emergono negativamente: la musica. Strabordante, melliflua eccessiva non accompagna, non racconta, non suscita, ma inneggia con una forza autoreferenziale.
Ultimo, ma non ultimo : la voce over. Assolutamente inopportuna oltre che inadatta crea un’atmosfera da ricostruzione di un serial-killer in un qualche cosa che invece vorrebbe essere una fiction tratta da una storia purtroppo vera.
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[+] siamo sicuri che sia lo stesso film?
(di phileas fogg)
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[+] psicologia spicciola
(di chiara fi)
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