great steven
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martedì 20 gennaio 2015
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un thriller fuori dagli schemi di zelo innegabile.
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THE AMERICAN (USA, 2010) diretto da ANTON CORBIJN. Interpretato da GEORGE CLOONEY, THELKA REUTEN, VIOLANTE PLACIDO, PAOLO BONACELLI, BRUCE ALTMAN, IRINA BJORKLUND, FILIPPO TIMI
Clooney produce e interpreta nel ruolo predominante questo thriller anomalo che trae le sue origini da un racconto di Martin Booth, intitolato A Very Private Gentleman e che vede alla regia l’ex fotografo olandese Corbijn, autore a Londra di premiati video musicali. Rowan Joffe ha scritto la sceneggiatura per un action movie la cui logica narrativa non sta effettivamente in piedi, per colpa di un ritmo cupamente monotono e di un andamento lasco che consente uno spazio forse esagerato alla contemplazione e alla distensione.
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THE AMERICAN (USA, 2010) diretto da ANTON CORBIJN. Interpretato da GEORGE CLOONEY, THELKA REUTEN, VIOLANTE PLACIDO, PAOLO BONACELLI, BRUCE ALTMAN, IRINA BJORKLUND, FILIPPO TIMI
Clooney produce e interpreta nel ruolo predominante questo thriller anomalo che trae le sue origini da un racconto di Martin Booth, intitolato A Very Private Gentleman e che vede alla regia l’ex fotografo olandese Corbijn, autore a Londra di premiati video musicali. Rowan Joffe ha scritto la sceneggiatura per un action movie la cui logica narrativa non sta effettivamente in piedi, per colpa di un ritmo cupamente monotono e di un andamento lasco che consente uno spazio forse esagerato alla contemplazione e alla distensione. C’è un killer professionista al centro della vicenda, ma l’identità di chi lo paga e il motivo per cui lo paga è sconosciuta. Si ignora anche l’organizzazione di cui fa parte e dei suoi nemici (svedesi). Ciò che invece appare lampante e tangibile è il suo rifugiarsi in Italia, precisamente in Abruzzo (a Castel Del Monte, vicino a Sulmona), dopo una missione fallita nella penisola scandinava, in cui è stato costretto a un duplice omicidio. Durante la permanenza sul suolo italico, costruisce in gran segreto un enorme e articolato fucile a precisione con elevata gittata, si allena regolarmente con flessioni e sollevamenti e fa amicizia con un anziano e saggio prete e una prostituta che si innamora di lui. Il primo ha un figlio illegittimo in un meccanico che ripara automobili d’epoca (un F. Timi che fa solo una fugace apparizione), mentre la seconda fa parte di una casa di tolleranza dove operano altre meretrici e, dopo essersi invaghita del sicario, progetta una vita insieme a lui. Clooney, che rivela una prodigiosa manualità meccanica, sa certamente ritrarre con intensità un protagonista che è anche antagonista, soprattutto di sé stesso, una sorta di spiccato e spavaldo antieroe roso da dubbi interiori e combattuto fra il desiderio di ricominciare una vita retta e onesta e il dovere di attenersi alle sue responsabilità di esperto in uccisioni. Corbijn vale più come regista che come sceneggiatore, e la sua idea di riprendere spesso Clooney di spalle, di nuca, e di farlo recitare con gli occhi in allarme risulta brillante ed efficace allo scopo di dipingere l’ansietà di una pellicola che mescola con un’abilità bizzarra ma a suo modo originale i dogmi del cinema avventuroso con le sacrosante oscurità del dramma psicologico più ermetico e intimista. Il film appare un po’ discontinuo, ma almeno due sequenze sono azzeccate: l’inizio tra i ghiacci della Svezia e il finale, con la processione che attraversa i saliscendi del paesello abruzzese (i paesaggi dell’Appennino sono descritti con fascino e animosità) e la morte sia di Mathilde, la committente che ha incaricato il protagonista della costruzione dell’arma da tiro sia di Pavel, il suo misterioso e sanguinario mandante. Appaiono assai lodevoli e carismatici i contributi italiani della Placido, prostituta nuda anche nel giorno libero, e di Bonacelli, pacato parroco che ama il cognac. Quanto al montaggio e alla scenografia (su cui si è molto risparmiato, grazie alle bellezze naturali), entrambi concorrono a consacrare la violenza di una spy-story che per il resto non sembra in regola, almeno per quanto riguarda la tensione narrativa (tesa come la corda di un funambolo) e la distribuzione del movimento (concentrata nella scena mozzafiato dell’inseguimento in motorino dell’assassino biondo).
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panzy
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lunedì 2 novembre 2015
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inutile spreco di stupendi paesaggi e belle forme
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Film decisamente sciapo come un filone di pane abruzzese. Pieno di stucchevoli ed urtanti stereotipi tipici di un'italietta rurale pre boom.
Unoscript scontato pieno di soluzioni di continuità, incongruenze ed anacronismi, fiacco e senza nessun attimo di vera tensione. Anche lo scavo psicologico dei personaggi, se questa voleva essere la cifra interpretativa,risulta un coacervo di banalità da B movie o, peggio,da romanzo di Dan Brown.
Non si capisce che senso abbia far telefonare da un'obsoleta cabina a gettoni ( ormai scomparse da lustri) uno spietato killer che, come MOntalbano viaggia su una fatiscente Fiat anni90 che tutto fa tranne che non dare nell'occhio per la sua plateale obsolescenza;mettere come sottofondo musicale canzonette anni 50 e 60 (mambo Iatliano, la bambola) come se l'italia fosse ancora quella di Pane, Amore e Fantasia; far ordinare reiteratamente con l'aria seccata alla Placido in un ristorante "trendy" di Sulmona "Montepulciano d'Abruzzo" ( e di dove, sennò? Sarebbe come raccomandarsi a Pienza che il Chianti sia Toscano oppure a Treviso che il prosecco sia veneto) per poi dire al bel George "eh, bisogna susare è gente di paese" (paese Sulmona, splendida città d'arte, patria di Publio Ovidio Nasone?) come se un ristorante rinomato fosse una trattoriola per camionisti; il parroco che sa tutto di tutti come se fosse un parrino siciliano all'epoca del gattopardo.
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Film decisamente sciapo come un filone di pane abruzzese. Pieno di stucchevoli ed urtanti stereotipi tipici di un'italietta rurale pre boom.
Unoscript scontato pieno di soluzioni di continuità, incongruenze ed anacronismi, fiacco e senza nessun attimo di vera tensione. Anche lo scavo psicologico dei personaggi, se questa voleva essere la cifra interpretativa,risulta un coacervo di banalità da B movie o, peggio,da romanzo di Dan Brown.
Non si capisce che senso abbia far telefonare da un'obsoleta cabina a gettoni ( ormai scomparse da lustri) uno spietato killer che, come MOntalbano viaggia su una fatiscente Fiat anni90 che tutto fa tranne che non dare nell'occhio per la sua plateale obsolescenza;mettere come sottofondo musicale canzonette anni 50 e 60 (mambo Iatliano, la bambola) come se l'italia fosse ancora quella di Pane, Amore e Fantasia; far ordinare reiteratamente con l'aria seccata alla Placido in un ristorante "trendy" di Sulmona "Montepulciano d'Abruzzo" ( e di dove, sennò? Sarebbe come raccomandarsi a Pienza che il Chianti sia Toscano oppure a Treviso che il prosecco sia veneto) per poi dire al bel George "eh, bisogna susare è gente di paese" (paese Sulmona, splendida città d'arte, patria di Publio Ovidio Nasone?) come se un ristorante rinomato fosse una trattoriola per camionisti; il parroco che sa tutto di tutti come se fosse un parrino siciliano all'epoca del gattopardo..beh, se doveva essere un film fatto in Abruzzo per sensibilizzare l'audience sulla recente tragedia del terremoto direi che l'effetto esattamente l'opposto. Anzi, lo definirei beceramente offensivo.
Non riscatta la pellicola la notevole valenza icastica dei paesaggi abruzzesi, che sembrano quasi soffocati dalla caligine della vicenda, e del fondo schiena della Placido ostentato con generosa gratuità: la vicenda pesca a piene mani da un Dejà vu collettivo fatto di film analoghi che parlano dell'impossibile riscatto in vita di chi ha rinunciato per una vita all'amore, lo scopre tardivamente e può emendarsi solo morendo.
Clooney appare decisamente fuori parte indeciso tra la splendida inespressività dell' Alain Delon di Tony Arzenta e l'ironia sottesa di un Jean Reno di Leon. Decisamente la sua interpretazione peggiore degli ultimi anni distante anni luce, ahimé, anche da quella dagli spot Nespresso.
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"joss"
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domenica 26 agosto 2018
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george, violante e una...tempra
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Non è un capolavoro, su questo purtroppo con ci sono dubbi, anzi... Come dire, un'occasione sprecata. C'erano gli attori, belli e interessanti, anche una storia forse già vista ma in fin dei conti non banale, eppure la trama si sviluppa su binari sbagliati, come se il regista ad un certo punto, o forse a essere cattivi già dall'inizio, prendesse il treno che va dalla parte opposta. D'accordo che il protagonista Jack, killer dalle ottime referenze, voglia "eclissarsi" per un periodo dopo la perdita tragica della donna amata, ma il piccolo paese scelto per la storia è davvero troppo... poco per chiunque. La locanda dove Jack si ferma a volte a pranzare è di uno squallore devastante, gli arredamenti interni sono fermi agli anni '60.
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Non è un capolavoro, su questo purtroppo con ci sono dubbi, anzi... Come dire, un'occasione sprecata. C'erano gli attori, belli e interessanti, anche una storia forse già vista ma in fin dei conti non banale, eppure la trama si sviluppa su binari sbagliati, come se il regista ad un certo punto, o forse a essere cattivi già dall'inizio, prendesse il treno che va dalla parte opposta. D'accordo che il protagonista Jack, killer dalle ottime referenze, voglia "eclissarsi" per un periodo dopo la perdita tragica della donna amata, ma il piccolo paese scelto per la storia è davvero troppo... poco per chiunque. La locanda dove Jack si ferma a volte a pranzare è di uno squallore devastante, gli arredamenti interni sono fermi agli anni '60... Per fortuna il gestore apprezza i film western di Sergio Leone, almeno quello... George Clooney centra il suo personaggio, così come la splendida Violante Placido e anche la brava Thekla Reuten (che ha recitato nel film "In Bruges", con Colin Farrell) è piuttosto convincente nel ruolo di donna-killer. Ma è proprio lo sviluppo della storia ad essere di una pesantezza imbarazzante e poi, la colonna sonora, esiste? Un altro particolare sbagliato in pieno è la vettura personale di Jack: una vecchia Fiat Tempra scura, talmente anonima e dimenticata che risulta, al contrario, troppo appariscente! Persino una Lamborghini gialla si noterebbe di meno... Le uniche scene appetibili sono quelle che vedono Jack, il killer in incognito, intento alla costruzione dell'arma che gli viene commissionata: si rivela un professionista davvero capace e meticoloso. Riesce a realizzare pezzi particolari persino prendendo alcuni rottami da vetture demolite dal meccanico del paese. Dice anche alla splendida acquirente che l'arma verrà riposta in una valigetta Samsonite adattata per l'occasione, tanto che chiede se c'è una combinazione preferita da inserire. Ma, al momento della consegna, pare che al posto della Samsonite ci sia una valigetta piuttosto dozzinale che chiunque può acquisatare con 20 euro... Un'altra svista? Da non dimenticare comunque che Jack, dall'alto della sua esperienza, "sente" che c'è qualcosa di strano in quell'arma che gli è stata commissionata. Allora la modifica, manomettendola, in modo che resterà ucciso colui, o meglio colei, che la userà, e non il bersaglio prescelto. Probabilmente nella mente di Jack si è insinuato un dubbio, magari lo stesso che in "Ronin" di John Frankenheimer, il mercenario Sam (De Niro) dice a Vincent (Jean Reno): "Quando hai il minimo dubbio, non c'è alcun dubbio!". Il finale poi è una conseguenza di tutto il film, e lo si accetta perchè non fa male più di tanto. Nel senso che, anche se Clara e Jack fossero fuggiti insieme felici per mete lontane, ciò non sarebbe bastato a "raddrizzare" una pellicola pesante, noiosa, dove i particolari sbagliati creano un alone di tristezza soprattutto se si pensa alla buona occasione buttata al vento. Il film però si può vedere e valutare, magari con un litro di caffè a disposizione vicino al divano. - di "Joss" -
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the reservoir dude
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mercoledì 22 giugno 2011
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arrivano george e anton...è la fine!
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Sottovalutato. Da quei critici insensibili alle citazione e alla poesia. E' un western moderno, come hanno già affermato. E lo ribadisco. Ci sono tutti i caratteti tradizionali di un buon western, non alla John Ford, ma alla Clint Eastwood. Una main road nel paesino, cambia l'ambientazione okay, siamo in Italia e non in America, ma ci sono anche delle specie di cowboy, assassini pentiti sulla road to redemption. E che assassini! Professionisti, senza scrupoi che sparano addirittura alle spalle, ad una donna, per di più la sua amata. Sono finiti i bei tempi del Killer romantico di John Woo? Beh posso solo dire che qui si cerca redenzione. La via del perdono. Un assassino, esperto di armi e come costruirle.
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Sottovalutato. Da quei critici insensibili alle citazione e alla poesia. E' un western moderno, come hanno già affermato. E lo ribadisco. Ci sono tutti i caratteti tradizionali di un buon western, non alla John Ford, ma alla Clint Eastwood. Una main road nel paesino, cambia l'ambientazione okay, siamo in Italia e non in America, ma ci sono anche delle specie di cowboy, assassini pentiti sulla road to redemption. E che assassini! Professionisti, senza scrupoi che sparano addirittura alle spalle, ad una donna, per di più la sua amata. Sono finiti i bei tempi del Killer romantico di John Woo? Beh posso solo dire che qui si cerca redenzione. La via del perdono. Un assassino, esperto di armi e come costruirle. Vuole cambiare vita. Il suo vecchio capo lo vuole morto. Si innamora. Di una prostituta. Alla fine non ci sono né vincitori né vinti. Solo morti e vivi. Solo innamorati e non innamorati. Il duello finale fa invidia ad alcuni classici western e strizza l'occhio ancora a dei classici. Ma è bene definire i classici western per non cadere in errate interpretazioni: John Ford, Howard Hawks, Henry Hathaway, Clint Eastwood, Don Siegel, Sergio Leone, Sergio Corbucci. Okay forse ne dimentico qualcuno. Ahahah correggetemi voi se non rimembro. Si potrebbe comparare con "The Killer" di John Woo. Somiglianze e contrasti. Beh a voi il confronto. Alla prossima.
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dario j. a.
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lunedì 17 gennaio 2011
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one shot
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Per niente banale. Segue uno sviluppo pacato ma deciso, facendo leva sui dettagli espressivi e la bellezza dei paesaggidi fondo. Le musiche, come i dialoghi, sono ridotti al minimo e nel complesso trasportano verosimilmente nella sensazioni del protagoniosta più volte ripreso come in un quadro di Hopper. Attesa, riflessione, ansia di libertà e di condivisione emergono da un peronaggio inusuale per la faccia di Clooney, talvolta si potrebbe dire "goffo" e per questo più umano. Un profesionista abile e scrupoloso ma umano e vulnerabile nell'amicizia e nell'amore.
Certamente non un film di intrattenimento, ma decisamente buono.
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nick castle
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mercoledì 22 settembre 2010
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bruttissimo...
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George torna a cantarsela e a suonarsela da solo la canzone. George Clooney da produttore è come Tom Cruise, riserva le parti migliori per se, infatti se in "Mission: Impossible, Cruise obbligò de Palma a fargli un minimo (piuttosto alto) di primi e primissimi piani, quà il vecchio George fa lo stesso, riserva tutte le inquadrature migliori per se, lasciando le più sbilenche per gli altri, in primis Paolo Bonacelli, sempre inquadrato a faccia tagliata o in campo lungo. Dare la regia ad Anton Corbjin è solo un pretesto per non dire che il film è di George, che quà sfodera se mi permettete la peggiore di tutte le sue intepretazioni, granitica al massimo.
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George torna a cantarsela e a suonarsela da solo la canzone. George Clooney da produttore è come Tom Cruise, riserva le parti migliori per se, infatti se in "Mission: Impossible, Cruise obbligò de Palma a fargli un minimo (piuttosto alto) di primi e primissimi piani, quà il vecchio George fa lo stesso, riserva tutte le inquadrature migliori per se, lasciando le più sbilenche per gli altri, in primis Paolo Bonacelli, sempre inquadrato a faccia tagliata o in campo lungo. Dare la regia ad Anton Corbjin è solo un pretesto per non dire che il film è di George, che quà sfodera se mi permettete la peggiore di tutte le sue intepretazioni, granitica al massimo. L'ambientazione come la storia sono scadenti, e per certi versi come qualcun altro ha già scritto sono anche ridicole. Imperniato di uno staff sconosciuto e senza le minime capacità a partire dalla mediocre fotografia, il film trova posto solo nel dimenticatoio.
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roberto simeoni
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giovedì 16 settembre 2010
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ottimo film ma poco commerciale
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Noir dell'anima ancor prima che noir d'atmosfera (quasi nulle le scene d'azione), film lentissimo ma ricco di quella lentezza densa di senso che solo il cinema di Sergio Leone (esplicitamente citato nella trama) ci ha mai donato, questo piccolo ed incompreso capolavoro è destinato nel tempo lungo (che spesso è galantuomo) a diventare un cult movie come pochi. Forse il pur bravissimo Clooney è stato proprio la causa dell'insuccesso: ha attirato troppo pubblico culturalmente inadatto ad un cinema di questa particolare fattura. Magico!
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elena m.
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mercoledì 15 settembre 2010
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è un film che cattura !
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cattura per l'inizio , ambientato nel candore della neve svedese,
cattura per la storia misteriosa ,
e sopratutto per la splendida fotografia di corbijn, il regista,nato come fotografo!
che ha catturato panorami mai visti d'abruzzo!
la colonna sonora è interessante!
[+] questo film è una cattura! si dice dalle mie parti
(di lina menazzi)
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