fabrizio cirnigliaro
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lunedì 24 maggio 2010
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il furbetto del cantiere
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Claudio (Elio Germano) è sposato, padre di 2 figli e la moglie Elena (Isabella Ragonese) è incinta.
Lavora nell’edilizia, ha una sua squadra di operai (la maggior parte sono irregolari e lavorano in nero) e uno splendido rapporto con la moglie e i fratelli. Durante il parto Elena muore, dando comunque alla luce il terzogenito, Vasco.
Il dolore sconvolge Claudio, che inizia a tirar fuori il peggio da se stesso. Il suo unico pensiero è quello di guadagnare soldi, utilizzando dei sistemi a lui ben noti, ma che fino a quel momento non aveva voluto adottare.
Vuole diventare un palazzinaro senza scrupoli, un “furbetto del cantiere”
Ben presto però perderà il controllo della situazione, e per poter risalire a galla chiederà l’aiuto finanziario (e non solo) della propria famiglia.
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Claudio (Elio Germano) è sposato, padre di 2 figli e la moglie Elena (Isabella Ragonese) è incinta.
Lavora nell’edilizia, ha una sua squadra di operai (la maggior parte sono irregolari e lavorano in nero) e uno splendido rapporto con la moglie e i fratelli. Durante il parto Elena muore, dando comunque alla luce il terzogenito, Vasco.
Il dolore sconvolge Claudio, che inizia a tirar fuori il peggio da se stesso. Il suo unico pensiero è quello di guadagnare soldi, utilizzando dei sistemi a lui ben noti, ma che fino a quel momento non aveva voluto adottare.
Vuole diventare un palazzinaro senza scrupoli, un “furbetto del cantiere”
Ben presto però perderà il controllo della situazione, e per poter risalire a galla chiederà l’aiuto finanziario (e non solo) della propria famiglia.
Luchetti costruisce un film intorno al personaggio interpretato da Elio Germano, e viene ricambiato dall’attore, che sforna un’interpretazione da Oscar, che per il momento gli ha fatto vincere la palma d’oro come miglior attore al Festival di Cannes. Immenso nella scena del funerale. Impossibile non emozionarsi ascoltando l’urlo dell’attore romano sulle note della canzone di Vasco, Anima Fragile.
Il tema trattato nel film è inspiegabilmente assente nella cinematografia italiana degli ultimi anni. Produttori e registi sono troppi impegnati a raccontare o storie d’amore di teenager o gli anni caldi degli scontri sociali degli anni 60/70.
La vita di Claudio sembra perfetta, inizia a crollare quando decide di non denunciare la morte bianca che avviene nel cantiere dove lavora. Non è colpa sua se quella guardia rumena, irregolare, ubriaca, è caduta in un fosso del cantiere. Denunciare la morte di quell’uomo vorrebbe dire sospensione dei lavori, controlli della polizia e ritardi nella consegna della palazzina.
Nella pellicola nessuno è punito per le colpe commesse, lo stato è assente, le leggi in vigore non sono scritte. Il regista ci mostra tutto quello che c’è dietro “l’ufficio vendite” dei palazzi che spuntano come funghi nelle periferie delle grandi città italiane.
La periferia romana era lo scenario perfetto per portare sullo schermo l’Italia degli stranieri invisibili, delle morti bianche, dei centro commerciali che sostituiscono le piazze, degli immobiliaristi improvvisati, “gli spietati” del far west italiano.
Rinnegare l’anima per apparire, la ricerca della felicità si riduce all’ostentazione del benessere, correndo anche il rischio di andare oltre le proprie possibilità economiche
La sola ricetta per poter guarire questa società malata data da Luchetti è il calore e l’amore della famiglia.
“I tacchi so come i parenti, sono scomodi però aiutano”
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[+] sacro e profano
(di francesco giuliano)
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laulilla
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domenica 6 giugno 2010
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cupa rappresentazione dell'italia di oggi
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Il film racconta la storia di Claudio, lavoratore edile alle dipendenze di un appaltatore palazzinaro mediamente ricco, grazie allo sfruttamento spregiudicato di manodopera in nero, per lo più straniera. La vita di Claudio si divide fra lavoro e famiglia: ama Elena, la moglie che gli ha dato due bambini e che ora ne attende un terzo. Direi che le cose migliori del film sono qui, nel racconto di un amore vero, in cui i piccoli, amati e voluti, sembrano quasi talvolta disturbare, con la loro presenza ingombrante, la complicità fisica profonda tra i due. Al terzo parto, purtroppo, Elena muore, mentre le sopravvive l'ultimo nato, Vasco. Nel giro di pochi giorni, Claudio dovrà assumere quelle decisioni che gli dovrebbero permettere, almeno a suo avviso, di rimpiazzare Elena nel cuore dei bambini.
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Il film racconta la storia di Claudio, lavoratore edile alle dipendenze di un appaltatore palazzinaro mediamente ricco, grazie allo sfruttamento spregiudicato di manodopera in nero, per lo più straniera. La vita di Claudio si divide fra lavoro e famiglia: ama Elena, la moglie che gli ha dato due bambini e che ora ne attende un terzo. Direi che le cose migliori del film sono qui, nel racconto di un amore vero, in cui i piccoli, amati e voluti, sembrano quasi talvolta disturbare, con la loro presenza ingombrante, la complicità fisica profonda tra i due. Al terzo parto, purtroppo, Elena muore, mentre le sopravvive l'ultimo nato, Vasco. Nel giro di pochi giorni, Claudio dovrà assumere quelle decisioni che gli dovrebbero permettere, almeno a suo avviso, di rimpiazzare Elena nel cuore dei bambini. Gli oggetti, i piccoli gadget spesso inutili che nella società di oggi fanno status, e che Elena aveva evitato con cura di dare ai propri figli, diventano l'elemento compensativo dell'affetto perduto, e i soldi per avere oggetti e status diventano l'obiettivo del giovane da questo momento. La tenerezza, di cui Claudio aveva dato prova in passato, sembra lasciare il posto a una progressiva desertificazione affettiva, come se la difesa dal dolore dovesse necessariamente passare attraverso al gelo del cuore e a comportamenti alquanto discutibili sul piano umano e morale. Presto Claudio si troverà, da solo, di fronte a problemi imprevisti e gravi: grazie all'aiuto dei fratelli, però, riuscirà ad affrontarli e risolverli. Nella figura di Claudio, tuttavia, sono ravvisabili, fin dall'inizio del film, le condizioni di debolezza e fragilità che lo spingeranno a certe scelte: l'incapacità di denunciare la morte di un lavoratore rumeno che lavorava con lui rivela un'inclinazione al compromesso non molto onorevole; la mancanza di strumenti culturali per affrontare il dolore (testimoniata dall'enfasi rabbiosa con cui al funerale di Elena intonerà la canzone di Vasco Rossi) rivela l'incapacità di elaborare parole sue per dire la lacerazione prodotta in lui da questa perdita. La rappresentazione di questa "microstoria" sembra essere emblematica della vicenda di tutti noi, italiani che, da "brava gente" (ma sarà stato proprio vero?), stiamo diventando sempre più individualisti ed egoisti, poco rispettosi della legalità, e che riconosciamo come legittima solo la solidarietà familiare, avendo da tempo abbandonato l'interesse per le sorti collettive del nostro paese e perciò per la dimensione "politica" del nostro agire.
Sotto quest'aspetto il film è interessante e ci offre un ritratto abbastanza impietoso dell'oggi in cui si muove, affiancando i principali personaggi, l'umanità dolente degli immigrati disperati, disposti a farsi sfruttare, ma non a rinunciare alla propria dignità, come ricorderà a Claudio il giovane rumeno che ha perso il padre e che vorrebbe ritrovarlo per onorarlo almeno da morto.
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matteomainardi
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giovedì 27 maggio 2010
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la nostra vita – daniele lucchetti
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Daniele Lucchetti voleva descrivere l’Italia al Festival di Cannes. E c’è riuscito attraverso “La nostra vita“, un film difficilmente categorizzabile come difficilmente digestibile.
Senza aver visto il trailer (cosa che consiglio per qualsiasi film e libro) già i primi dieci minuti risultano scioccanti. L’amore, il lutto, i sentimenti ed i soldi. Il rapporto tra italiani ed immigrati, spacciatori e puttane. Abusi edilizi nell’Italia patria di ognuno di noi.
Un film che lascia l’amaro in bocca per la sua freddezza, per la sua capacità di interpretare l’oggi, di vederlo sotto la lente dell’imparzialità più becera.
Leggevo su “Internazionale” che la stampa straniera non ha apprezzato il film e soprattutto ha visto del marcio in tutte quelle parti dove io ho visto del positivo, dell’innovativo, dell’originale.
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Daniele Lucchetti voleva descrivere l’Italia al Festival di Cannes. E c’è riuscito attraverso “La nostra vita“, un film difficilmente categorizzabile come difficilmente digestibile.
Senza aver visto il trailer (cosa che consiglio per qualsiasi film e libro) già i primi dieci minuti risultano scioccanti. L’amore, il lutto, i sentimenti ed i soldi. Il rapporto tra italiani ed immigrati, spacciatori e puttane. Abusi edilizi nell’Italia patria di ognuno di noi.
Un film che lascia l’amaro in bocca per la sua freddezza, per la sua capacità di interpretare l’oggi, di vederlo sotto la lente dell’imparzialità più becera.
Leggevo su “Internazionale” che la stampa straniera non ha apprezzato il film e soprattutto ha visto del marcio in tutte quelle parti dove io ho visto del positivo, dell’innovativo, dell’originale. Certo, io non sono un critico cinematografico ma sono un italiano e riesco a capire Lucchetti ed i suoi attori.
A maggior ragione riesco a capire che per uno straniero la recitazione degli attori di “La nostra vita” possa sembrare troppo spinta. Ma questa è la realtà italiana: tutto uno spettacolo continuo, dove i soldi contano più dei sentimenti ed i veri obiettivi vengono sempre persi di vista.
Se volete un consiglio, non lasciatevi sfuggire questo film. Almeno per il Premio al Festival di Cannes ad Elio Germano come miglior attore. Tutto meritato.
Ah, dimenticavo… portatevi un pacchettino di fazzoletti: ieri c’era troppa gente che piangeva al cinema!
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[+] tristezza speranzosa!
(di francesca50)
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[+] a matteo
(di vipera gentile)
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vince mas
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venerdì 18 giugno 2010
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tanta vita ancora
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C’è un’Italia che non conosciamo. “La nostra vita” è quasi un trattato sociologico su una fetta di nazione senza stato, quello che l’Italia è diventata, dove ognuno mette a fuoco il pezzo di realtà nel modo che più gli conviene.
Elio Germano, attore dal clamoroso e inavvicinabile (in Italia) talento, mette in scena un personaggio perfetto: operaio in gamba non specializzato, padre-bambino che gioca con i due figli e marito-adolescente che amoreggia con la moglie. L’idillio da nido familiare arredato all’Ikea si svolge in uno dei palazzoni di periferia dove c’è l’uccellaccio-uccellino Zingaretti, diversamente abile a spacciare con moglie di colore che finisce per diventare razzista con gli italiani.
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C’è un’Italia che non conosciamo. “La nostra vita” è quasi un trattato sociologico su una fetta di nazione senza stato, quello che l’Italia è diventata, dove ognuno mette a fuoco il pezzo di realtà nel modo che più gli conviene.
Elio Germano, attore dal clamoroso e inavvicinabile (in Italia) talento, mette in scena un personaggio perfetto: operaio in gamba non specializzato, padre-bambino che gioca con i due figli e marito-adolescente che amoreggia con la moglie. L’idillio da nido familiare arredato all’Ikea si svolge in uno dei palazzoni di periferia dove c’è l’uccellaccio-uccellino Zingaretti, diversamente abile a spacciare con moglie di colore che finisce per diventare razzista con gli italiani.
Preparazione al lutto che avviene proprio nel momento di massimo splendore familiare. Padre con tre bambini in groppa, che non ne vuol sapere di elaborarlo, piuttosto punta a ficcare nei mobili i ricordi e sempre più giù il dolore. Che affiora violento e rabbioso nella scena del funerale, scartavetrando i sentimenti dello spettatore senza indulgere al melò. Ozpetek attraverso il lutto dà intensità emotiva a “Saturno contro” e a “Le fate ignoranti”, Luchetti crea il lutto perché il muratore Germano lo sotterri nello scantinato della sua anima.
La realtà reclama la sua parte senza troppe cadute drammatiche. Claudio è un ragazzo pratico e sa che la perdita più che dargli diritto alla compassione degli altri deve essere vinta attraverso la sfrontatezza di chi non manifesta mai la sua debolezza. Allora, attraverso la sua visione del mondo, elabora l’unico piano per far vedere agli altri che ce la può fare. La perdita si vince attraverso la contabilizzazione del successo, attraverso una realtà esterna misurabile e concreta: i soldi. Se ce li hai, ce l’hai fatta comunque e ce la possono fare anche i bambini senza mamma. I soldi che semplificano la complessità della situazione dolorosa e delle relative domande esistenziali. La situazione si ingarbuglia, il film sovverte lo stereotipo “sei-straniero-hai-sempre-ragione”. La cosa è più complessa e si finisce per apprezzare l’affidabilità della manodopera frusinate. Claudio se la cava con un pareggio, ma vince lo scudetto degli affetti familiari, con riscoperta del dolore nel ricordo che cura e fa guardare avanti.
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angelo umana
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mercoledì 30 giugno 2010
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italia sexy ed austera o solo grama?
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“La nostra vita” è un altro film politico di Daniele Luchetti, nel senso che mostra quali effetti perversi una brutta politica, una guida mal fatta, può avere sulla vita delle persone. Ci fa soffermare sulla nostra Italia, come fu il caso di “Mio fratello è figlio unico” e “Il portaborse”; il commento più appropriato è quello di Elio Germano al ritiro del premio per la migliore interpretazione maschile a Cannes: dedicato agli italiani nonostante la classe dirigente che si ritrovano. L’atmosfera del film è spesso angosciante, ma commovente e gioiosa in vari momenti; ha l’angoscia del lavoro irregolare, delle case costruite male (e per combinazione a Cannes fu mostrato anche Draquila della Guzzanti), delle sicurezze che mancano a tutti i livelli, proprio a causa di una colpevole o incapace classe dirigente.
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“La nostra vita” è un altro film politico di Daniele Luchetti, nel senso che mostra quali effetti perversi una brutta politica, una guida mal fatta, può avere sulla vita delle persone. Ci fa soffermare sulla nostra Italia, come fu il caso di “Mio fratello è figlio unico” e “Il portaborse”; il commento più appropriato è quello di Elio Germano al ritiro del premio per la migliore interpretazione maschile a Cannes: dedicato agli italiani nonostante la classe dirigente che si ritrovano. L’atmosfera del film è spesso angosciante, ma commovente e gioiosa in vari momenti; ha l’angoscia del lavoro irregolare, delle case costruite male (e per combinazione a Cannes fu mostrato anche Draquila della Guzzanti), delle sicurezze che mancano a tutti i livelli, proprio a causa di una colpevole o incapace classe dirigente. Le “regole saltate, il rispetto di esse che è l’eccezione” (parole di Luchetti) sembrano abbastanza normali nel nostro paese dove da qualunque parte ti giri – nei piani alti soprattutto – niente pare più funzionare, tutto è disordine e prevaricazione. Dovremmo pensarci quando ci cadono le braccia, quando pensiamo che “tanto non cambia nulla” e non andiamo nemmeno a votare, quando non vogliamo interessarci delle nuove leggi sulla Giustizia sul Lavoro o sul Fisco che vengono emanate. Alla fine non è una gran colpa, parrebbe dire il film, se tanti pesci piccoli vivono d’irregolarità: chi è senza peccato, insomma, scagli la prima pietra! Un accostamento con una canzone di 20 anni fa, di Edoardo Bennato, “Ti muovi bene su quei tacchi a spillo ok Italia … … ti muovi lenta e ti lasci guardare, ok Italia … le calze con la riga nera, al tempo stesso sexy ed austera, la tua bandiera ondeggia e ti ricopre appena”: quella donna danzante, elegante coi tacchi a spillo e le calze con la riga nera ora è vecchia, pesante e malandata, nulla più di sexy e tantomeno austero.
La vita grama del protagonista, pur delicato e sensibile come Elio Germano, è un concentrato delle traversie che tanti italiani vivono, l’arte di arrangiarsi, macché arte!, è quasi necessità (“Ti pare facile trovare un lavoro?”). Magnifico il personaggio di Luca Zingaretti, lo spacciatore in carrozzella; toccante l’immagine del protagonista che sfiora il copriletto del letto matrimoniale dopo che la moglie è morta, sembra dire “a che serve il letto ben fatto quando se ne è venuto giù il mondo?”; molto belli i momenti insieme che il protagonista cerca di passare coi suoi bambini, nonostante tutto. Voci di bambini e rumori di traffico si sentono durante i titoli di coda, segno che la nostra vita continua, “e la vita continua anche senza di noi che siamo lontani ormai, cambiamo anche noi” (da “Anima fragile” di Vasco Rossi che accompagna il film).
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linodigianni
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venerdì 24 settembre 2010
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i soldi veri, li fanno solo i...
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La nostra vita film di D.Lucchetti recensione
Non è facile raccontare certe storie, dice un’amica. Ha ragione.
Raccontare, come fa il regista, un pezzo della vita di un muratore che diventa piccolo padroncino,
ricattando e sfruttando i muratori stranieri, non è facile.
Soprattutto se quel padroncino lo presenti anche con la lente della vita familiare e delle tragedie che possono colpirti.
Muore la moglie durante il parto, a lui non bastano i soldi e i tempi di consegna per stare dentro il vortice di soldi in nero
che generano lavori e soldi nel sommerso.
Un film che per tenere insieme i diversi pezzi del prisma si basa su una prova d’attore splendida da parte di Elio Germano,
che regge da solo l’intera struttura portante della narrazione.
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La nostra vita film di D.Lucchetti recensione
Non è facile raccontare certe storie, dice un’amica. Ha ragione.
Raccontare, come fa il regista, un pezzo della vita di un muratore che diventa piccolo padroncino,
ricattando e sfruttando i muratori stranieri, non è facile.
Soprattutto se quel padroncino lo presenti anche con la lente della vita familiare e delle tragedie che possono colpirti.
Muore la moglie durante il parto, a lui non bastano i soldi e i tempi di consegna per stare dentro il vortice di soldi in nero
che generano lavori e soldi nel sommerso.
Un film che per tenere insieme i diversi pezzi del prisma si basa su una prova d’attore splendida da parte di Elio Germano,
che regge da solo l’intera struttura portante della narrazione.
Il dialetto romano rende credibile e realistiche le location scelte:
palazzine, edilizia da condoni e morti sul lavoro, nascoste perché i soldi comprano tutto. Forse.
Perchè, come dice il protagonista, I soldi veri li fanno solo i figli de 'na mignotta
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davidestanzione
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lunedì 5 luglio 2010
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iperrealisti palpiti dell'amara, nostra(na) vita
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Una nuova folgore (ri)scuote il cinema italiano,a conferma che il Divo e Gomorra,per quanto opere teoricamente pseudoinarrivabili,non sono state gli unici,sparuti sussulti ultraqualitivi del nostro cinema recente:in una stagione di per sé ottima(le),il ritorno alla regia di Luchetti,uno dei nostri migliori direttori d'orchestra in termini attoriali,si sobbarca l'onere/onore della sparuta,monografica rappresentanza italiana in quel di Cannes,cavandosela,in fin dei conti,a dir poco egregiamente.Siamo ovviamente lontani dalla risonanza internazionale che ebbe l'ormai proverbiale dittico sovraccitato, ma "La nostra vita" risuona di un eco tanto implosivamente riecheggiante (assimilabile simbolicamente all'urlo sordo di Germano)da rifuggire di gran carriera qualsivoglia paragone(oltetutto stantio).
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Una nuova folgore (ri)scuote il cinema italiano,a conferma che il Divo e Gomorra,per quanto opere teoricamente pseudoinarrivabili,non sono state gli unici,sparuti sussulti ultraqualitivi del nostro cinema recente:in una stagione di per sé ottima(le),il ritorno alla regia di Luchetti,uno dei nostri migliori direttori d'orchestra in termini attoriali,si sobbarca l'onere/onore della sparuta,monografica rappresentanza italiana in quel di Cannes,cavandosela,in fin dei conti,a dir poco egregiamente.Siamo ovviamente lontani dalla risonanza internazionale che ebbe l'ormai proverbiale dittico sovraccitato, ma "La nostra vita" risuona di un eco tanto implosivamente riecheggiante (assimilabile simbolicamente all'urlo sordo di Germano)da rifuggire di gran carriera qualsivoglia paragone(oltetutto stantio).
Tenuto per un lungo tempo in incubazione dal cosceneggiatore Sandro Petraglia e da Luchetti,i quali aspettavano forse solo il momento più propizio per scoperchiare ed estrarre dal cassetto questa sceneggiatura dal sapore neoverista,il film è in grado di denudare con selvaggio realismo la realtà contemporanea(politica,economica,"socioemozionale")dell'(ormai ex)Belpaese.La regia di Luchetti,circolare,insinuante,rifiuta a priori l'ortodossia concernente la pedissequa costruzione seriale delle inquadrature a mo' di "cornici precostituite" e si affida altresì a molteplici e onnicomprensive camere a spalla in grado di ruotare instacabilmente intorno agli interpreti,loro stessi parzialmente ignari(sicuramente più del resto della troupe)dei tempi e delle modalità con le quali potranno essere di lì a poco "coinvolti visivamente" all'interno di un qualunque piano sequenza.
Da questi"simulacri svuotati da riempirsi esclusivamente con emozioni assortite"(come li ha definiti lo stesso Germano)Luchetti cava fuori delle interpretazioni intimistiche e dal sapore naturalista,spingendo la veridicità di alcune scene ai limiti del taglio semidocumentaristico(in tutti i sensi,perchè di arma a doppio taglio si tratta).Ed é in tale schematizzazione(?)recitativa inebriante che gli interpreti,manco a dirlo,si esaltano:Elio Germano è un padre messo alle corde dalla perdita della moglie(una fugacemente magnetica Isabella Ragonese),morta di parto nel dare alla luce Vasco,con tre figli a carico e(auto)costretto(si)a gettarsi nel campo della speculazione edilizia,un ambiente infimo,degradato,con operai recalcitranti,salari malpagati e palazzinari dalla dubbia moralità(un frigido Giorgio Colangeli,splendido caratterista);senza dimenticare gli altri "figuri" che ruotano intorno all'universo del protagonista:immigrati alla tacita ricerca delle proprie,occultate origini,fratelli verosimilmente "sfigatizzati"(Raoul Bova)e improbabili spacciatori ultracapelluti,cocainomani e sulla sedia a rotelle(Zingaretti, in una delle sue più riuscite e originali caratterizzazioni).Nel bel mezzo di cotanta maestria attoriale,è però Germano a farla da padrone,in una prova bucaschermo dalla straziante pneumaticità:davvero impagabili gli occhi vitrei del "suo" Claudio quando gli viene(ellitticamente)annunciata la morte della moglie,supportati da una formicolante chitarra elettrica in sottofondo,così come la(di poco successiva),mastodonticamente roboante scena in cui Germano canta(anzi, urla,a squarciagola)"Anima fragile" di Vasco Rossi in una sorta di commemorazione funebre per la moglie, in un crescendo emozionale coinvolgente,dirompente,palpitante,che colpisce al cuore,lo scioglie,lo pugnala.
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[+] la nostra vita - director's cut ;-)
(di davidestanzione)
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mezzanotte
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lunedì 31 maggio 2010
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un solo attimo
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Claudio è un giovane uomo che vive un'esistenza tranquilla e felice, ama la moglie e i suoi figli, è legato al fratello e alla sorella con i quali si ritrova per trascorrere in allegria le domeniche.Ma basta un attimo per cancellare tutto questo,quest'attimo è devastante, è l'attimo in cui Elena mette alla luce Vasco, il "terzo incomodo", e muore senza che lui abbia avuto il tempo e il modo di fare niente(ma fare cosa poi?).E subito un senso di smarrimento, istantaneamente il cuore che brucia e la mente,ancora attonita,che non trova pace né la notte né con il sonno, si chiede:e ora che faccio?Reagisce Claudio come chi si sente deturpato, come chi è derubato di qualcosa che appartiene solo ed esclusivamente a lui,piange e urla "anima fragile".
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Claudio è un giovane uomo che vive un'esistenza tranquilla e felice, ama la moglie e i suoi figli, è legato al fratello e alla sorella con i quali si ritrova per trascorrere in allegria le domeniche.Ma basta un attimo per cancellare tutto questo,quest'attimo è devastante, è l'attimo in cui Elena mette alla luce Vasco, il "terzo incomodo", e muore senza che lui abbia avuto il tempo e il modo di fare niente(ma fare cosa poi?).E subito un senso di smarrimento, istantaneamente il cuore che brucia e la mente,ancora attonita,che non trova pace né la notte né con il sonno, si chiede:e ora che faccio?Reagisce Claudio come chi si sente deturpato, come chi è derubato di qualcosa che appartiene solo ed esclusivamente a lui,piange e urla "anima fragile".Rabbiosamente decide prima di tutto di dedicarsi ai suoi figli:avranno tutto quello che sempre hanno desiderato perchè con il denaro si può comprare ogni cosa.Ma poi capisce che non c'è gioco che tenga, quando i suoi due piccoli mano nella mano lo invitano a concentrarsi insieme a loro per far ritornare una persona cara di cui sentono la mancanza. E poi c'è lui che cerca di riscattarsi, di fare quel salto di qualità che però lo porta lontano dai suoi valori e da quella che è stata fino ad allora la sua sana e corretta esistenza.Fa degli sbagli Claudio, arranca, cade bruscamente e nella sua mente ritorna quella scomoda domanda:e ora che faccio? Ma Claudio non è solo, ci sono i suoi familiari con lui (a volte scomodi si ma aiutano, come i tacchi!);lo sostengono,lo incoraggiano,lo amano,e grazie a loro riuscirà a sollevarsi e a ripartire veramante da capo.Vi aspettate scene teatralmente drammatiche? Aspettative deluse perchè questo film è no finzione ma realtà, no dramma ma dolore profondo, no favola ma vita!!!
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p.a.n.i.c.o.
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mercoledì 10 novembre 2010
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elio germano colonna portante del cinema italiano
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Daniele Lucchetti ci propietta una storia triste ma colma di essenzialità..in un dramma improvviso che porta ad un cambiamento radicale nella vita di Claudio, (Elio Germano) che dopo la morte improvvisa della moglie Elena (Isabella Ragonese) si trova ad affrontare la vita con due figli e l'ultimo neonato vasco nato con la sparizione della madre. Claudio data la tragica situazione non si abbatte,il legame ed il forte sentimento verso i figli lo portano spesso a fare decisioni azzardate,portandolo in situazioni che mettono a rischio la propria incolumità. Manifesta la sua "devozione" di padre riempendo di regali i propri figli,cercando di colmare il vuoto con una sorte di affetto "materialista" ma nel evolversi della storia Claudio capisce che ci cono valori che vanno al di là dei regali in tante piccole cose.
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Daniele Lucchetti ci propietta una storia triste ma colma di essenzialità..in un dramma improvviso che porta ad un cambiamento radicale nella vita di Claudio, (Elio Germano) che dopo la morte improvvisa della moglie Elena (Isabella Ragonese) si trova ad affrontare la vita con due figli e l'ultimo neonato vasco nato con la sparizione della madre. Claudio data la tragica situazione non si abbatte,il legame ed il forte sentimento verso i figli lo portano spesso a fare decisioni azzardate,portandolo in situazioni che mettono a rischio la propria incolumità. Manifesta la sua "devozione" di padre riempendo di regali i propri figli,cercando di colmare il vuoto con una sorte di affetto "materialista" ma nel evolversi della storia Claudio capisce che ci cono valori che vanno al di là dei regali in tante piccole cose. Un film forte,con una buona sceneggiatura ed un validissimo Cast. Una pellicola piacevole da vedere che non annoia ,ma che gira in primo piano sul protagonista, Elio Germano con una interpretazione degna del premio come miglior attore,un susseguirsi di scene che ci fanno intuire quanto talento abbia questo ragazzo e quanto sia essenziale per il futuro del nostro amato cinema italiano.
Gianluca Pratillo
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annelise
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domenica 30 maggio 2010
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anima fragile
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Nel film di Lucchetti si muove la grigia vita di persone semplici. Sono persone e mai personaggi di una Roma dura, arida,confusa e variegata. Claudio,operaio con moglie e due figli, rimane vedovo e pieno di problemi quando la moglie muore di parto. Ha un figlio in più ,pochi soldi ed una famiglia che ruotava intorno alla moglie.Decide di vivere in modo diverso, provando piccole speculazioni sul lavoro, provando a fare il padrone di un manipolo di operai immigrati e irregolari. Cerca di spostare il suo ruolo di padre dimostrando di portare maggiori guadagni, esprime un contatto con i figli solo comprando oggetti costosi nei centri commerciali.Salta l'equilibrio di una famiglia popolare nella quale la moglie cercava, nella sua semplicità ,di tenere lontano le richieste consumistiche dei figli e risparmiava prenotando le vacanze con anticipo.
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Nel film di Lucchetti si muove la grigia vita di persone semplici. Sono persone e mai personaggi di una Roma dura, arida,confusa e variegata. Claudio,operaio con moglie e due figli, rimane vedovo e pieno di problemi quando la moglie muore di parto. Ha un figlio in più ,pochi soldi ed una famiglia che ruotava intorno alla moglie.Decide di vivere in modo diverso, provando piccole speculazioni sul lavoro, provando a fare il padrone di un manipolo di operai immigrati e irregolari. Cerca di spostare il suo ruolo di padre dimostrando di portare maggiori guadagni, esprime un contatto con i figli solo comprando oggetti costosi nei centri commerciali.Salta l'equilibrio di una famiglia popolare nella quale la moglie cercava, nella sua semplicità ,di tenere lontano le richieste consumistiche dei figli e risparmiava prenotando le vacanze con anticipo.
Le giornate scorrono senza dolore manifesto, senza tenerezza.Senza ricordi . L'amico spacciatore, la ex prostituta, compagna del suo amico, lo aiutano a gestire i bambini e lui si affanna nel portare avanti il suo lavoro irregolare tra gli irregolari.Grande solidarietà ed aiuto riceverà dalla famiglia.
Il film è la rappresentazione di una realtà fin troppo precisa della società attuale. Non si piange , non si prende respiro, ci si rammarica, forse.
Non vi sono denunce sociali manifeste ma vi si rappresentano scene alle quali siamo avvezzi, si ascoltano parole e giudizi razzisti pronunciate dai "poveracci"(che siamo soliti sentire) per le quali non possiamo neanche arrabbiarci. Non vi sono limiti evidenti tra onestà e disonestà,tra sfruttati e sfruttatori, tra buoni e cattivi, tra furbi ed ingenui.
Gli ingenui,poi, sono quelli che sono arrivati da lontano, da altri mondi, che parlano d'amore, del valore della famiglia.
I sentimenti sono congelati, soprattutto nel personaggio principale,e si muovono lentamente nei confronti dei figli e dei fratelli nella parte finale del film.
Gli attori sono bravi ma Elio Germano, da solo, merita tutto il plauso possibile. E' vero, spontaneo,ispido,ironico. Si muove con l'ansia,l' agitazione e la fretta che erano di Claudio, di un ragazzo della periferia di una città difficile. Riesce a nascondere l'anima fragile che urla a gran voce e suscita nello spettatore un sentimento di malinconia profonda.
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(di angelo umana)
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