Sherlock Holmes |
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Un film di Guy Ritchie.
Con Robert Downey Jr., Rachel McAdams, Jude Law, Mark Strong, Eddie Marsan.
continua»
Azione,
Ratings: Kids+13,
durata 128 min.
- USA, Gran Bretagna, Australia 2009.
- Warner Bros Italia
uscita venerdì 25 dicembre 2009.
MYMONETRO
Sherlock Holmes
valutazione media:
2,87
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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holmes oggidi olgadikFeedback: 9778 | altri commenti e recensioni di olgadik |
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martedì 12 gennaio 2010 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Holmes è di quei personaggi-icona che possono essere adattati ai tempi senza perder quasi niente del loro fascino e forse risiede proprio in questo il senso dell’operazione di Guy Ritcher che ce lo ripresenta oscillando tra il noto e l’irriconoscibile. Persa la flemma britannica, americanizzato in parte con una sottolineatura di arti marziali, non esile e aristocratico ma un po’ mister muscolo con l’occhio moro e lampeggiante di Robert Downey J., l’investigatore più noto alla massa conserva l’intuito, l’erudizione, l’inclinazione alla deduzione filosofica che gli conosciamo da sempre. L’alter-ego Watson è presentato anche lui per un certo verso lontano dall’archetipo, soprattutto perché è un bello (Jude Lawe) e non un inglese bolso e un po’ tarchiato. Ma d’altra parte, come è nel personaggio tradizionale, sfodera una calma concretezza nelle situazioni, alternandosi ad Holmes nel gusto dell’autoironia, pur con ritmi e lampi minori. E poi c’è l’Inghilterra vittoriana con una Londra (e un po’ anche Liverpool) riveduta al digitale, cupa il giusto, puzzolente come s’indovina, socialmente ingiusta, un misto di dinamismo economico e conclamata miseria. Qua e là la città appare costellata di cantieri e nascenti paesaggi industriali, colma di violenza ma anche di scambi, di solidi luoghi istituzionali e percorsa da traffici sulle acque livide del fiume. Ma soprattutto nel film c’è un ritmo, una cura della gestualità, una disinvoltura dei personaggi sotto cui si sente la mano del regista esperto pubblicitario, più americano che anglosassone, il quale smonta con fantasia alla Parnassus e l’uso inesauribile di effetti speciali, la legnosità britannica delle vecchie rappresentazioni, a cominciare da Sherlock. Certo, molto in quest’opera è legato all’interprete principale, passato dalla figura dell’eroe maledetto (non solo nella fiction ma anche nella realtà) a questo impasto di simpatia, intelligenza, mollezza, amichevole arroganza, abilità pugilistica che l’avvicinano subito al grosso pubblico e in particolare a quello giovane. Nel piano dell’impostore è compresa l’eliminazione del parlamento e la restaurazione di un impero che comprende anche il Nuovo Mondo. Qui l’intreccio fa boom. Sfugge. Si attorciglia, diventa noioso e scontato, mentre si passa da una situazione ad un’altra quasi senza perché. Ma il ritmo avventuroso, la prestazione degli attori, la ricostruzione stravolta ma rispettosa degli elementi base attira e suggestiona, mettendo in secondo piano incongruenze e banalità.
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