Jackie Chan è come il buon vino: invecchiando migliora. Potrebbe sembrare strano per un attore che fa del fisico atletico il suo principale approccio con la settima arte, ma in realtà la sua dote migliore è la simpatia, che affiancata alla saggezza, che i personaggi dall'età avanzata che è costretto ormai ad interpretare incarnano, aggiungono spessore alla sua prova. Nel film in questione tutto questo è al servizio di una sceneggiatura ben calibrata fra momenti seri e momenti comici, con sottotraccia una tutt'altro che banale riflessione filosofica sulla guerra. Il risultato fa pensare al filone degli spaghetti western di cui un tempo eravamo maestri: un patrimonio che abbiamo ormai perso.
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Jackie Chan è come il buon vino: invecchiando migliora. Potrebbe sembrare strano per un attore che fa del fisico atletico il suo principale approccio con la settima arte, ma in realtà la sua dote migliore è la simpatia, che affiancata alla saggezza, che i personaggi dall'età avanzata che è costretto ormai ad interpretare incarnano, aggiungono spessore alla sua prova. Nel film in questione tutto questo è al servizio di una sceneggiatura ben calibrata fra momenti seri e momenti comici, con sottotraccia una tutt'altro che banale riflessione filosofica sulla guerra. Il risultato fa pensare al filone degli spaghetti western di cui un tempo eravamo maestri: un patrimonio che abbiamo ormai perso. E poi non lamentiamoci che i cinesi ci rubano il lavoro ...
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