frankieboy
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lunedì 11 febbraio 2013
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non vedo un perdente
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E chi non riesce a vedere che il film non è la storia di un perdente ma di un uomo che vince giorno dopo giorno,
restando, fino alla morte, integro e dalla parte di se stesso ? Tracciando giorno dopo giorno una sua linea, non
tra chi vince e chi perde, ma tra chi ha un cuore e chi non ha un cuore ? E chi non si accorge che questa linea non
è un ente geometrico ma una cicatrice che corre lungo la sua carne ? Sarà chi non può guardare alla propria morte
se non paragonandola a un tonfo sul ring, anzichè a un "volo d'angelo" sul ring ? Se dunque, durante le notti
d'inverno, un pezzo di carne maciullata può scongelarsi il sangue dentro un furgone non perchè sta bevendo una
birra, ma perchè lo ha tappezzato di foto che lo ritraggono in pose da combattimento, di cosa sarà mai fatto il suo
sangue ? E cosa risponderemo a chi parla di nostalgia del passato e dice : "occorre andare avanti" ? Ben poco
se poi quel qualcuno arriva al giorno del suo domani senza stupore, e anzi, ha la certezza di ritrovarsi dietro un
bancone,muovendosi non certo come un leone dentro una gabbia, ma come un Robin da etichetta che serve una
vecchietta.
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E chi non riesce a vedere che il film non è la storia di un perdente ma di un uomo che vince giorno dopo giorno,
restando, fino alla morte, integro e dalla parte di se stesso ? Tracciando giorno dopo giorno una sua linea, non
tra chi vince e chi perde, ma tra chi ha un cuore e chi non ha un cuore ? E chi non si accorge che questa linea non
è un ente geometrico ma una cicatrice che corre lungo la sua carne ? Sarà chi non può guardare alla propria morte
se non paragonandola a un tonfo sul ring, anzichè a un "volo d'angelo" sul ring ? Se dunque, durante le notti
d'inverno, un pezzo di carne maciullata può scongelarsi il sangue dentro un furgone non perchè sta bevendo una
birra, ma perchè lo ha tappezzato di foto che lo ritraggono in pose da combattimento, di cosa sarà mai fatto il suo
sangue ? E cosa risponderemo a chi parla di nostalgia del passato e dice : "occorre andare avanti" ? Ben poco
se poi quel qualcuno arriva al giorno del suo domani senza stupore, e anzi, ha la certezza di ritrovarsi dietro un
bancone,muovendosi non certo come un leone dentro una gabbia, ma come un Robin da etichetta che serve una
vecchietta..., una vecchietta che la tira lunga sul peso esatto della macedonia... Forse la verità è che nessun
intellettuale in grado di far battute sugli "uomini in calzamaglia" ha abbastanza amore da dare, e allora sì occorre
stare scrupolosamente attenti alle scatole di tonno e pomodoro da archiviare per non sentirsi vuoti , e non si deve
smettere di litigare con una partner lesbica per sentirsi vivi, e neanche smettere di strusciarsi attorno a una palo
(ma solo provvisoriamente) ricordando che si hanno grandi progetti in mente..., progetti che richiedono il calcolo
esatto della distanza a cui va tenuto l'amore.
Libertà è provarci e non riuscirci, avere nostalgia ma continuare a rincorrere l'amore fino a farsi male, fino a ritrovarlo
in quello che sei : Randy the Ram, "l'uomo in calzamaglia", l'uomo dai muscoli ipertrofici e con la chioma da Sansone.
Si badi, non una mistificazione, perchè non è aderendo nei fatti, ma nel cuore, che la forza dei simboli messi in gioco
assume valore. Solo gli intellettuali "non sanno" Randy the Ram non è un supereroe, i suoi fans sanno che cade
e continua a rialzarsi, che il suo cuore è spaccato in più parti, che era disposto a morire per credere in un sogno.
Vincenti o perdenti ? Spartizione sfigata. Cominciamo a porci la domanda : "Cosa, nella nostra vita, possiamo restituire
a Dio come sogno ?".
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wall-e
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lunedì 9 marzo 2009
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ancora un ring per insegnar vita...
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In questi mesi prima della sua uscita in Italia si è sentito molto parlare del nuovo film diretto da Aronovsky; forse non propriamente del suo nome o di quello che realmente si spiega ed insegna nella pellicola, ma piuttosto è stata fatta luce sul protagonista Mickey Rourke.
Dopo il mondo della boxe e la straziante bellezza di Million Dollar Baby, il cinema, quello vero, quello che sveglia le + nascoste emozioni, si ributta in mezzo al ring e lo fa attraverso la rudezza ed il volto segnato dell'ex sex symbol anni '80. Riguardatevi Orchidea Selvaggia o lo strafamoso 9 settimane ½, ve lo sareste immaginati il belloccio di turno trasformato nel "mostro" in pantaloni attillati che salta dalle corde in The Wrestler? Sinceramente era dura immaginarlo ancora su grande schermo, figuriamoci a grandi livelli ed osannato da tutti!
Per la descrizione del film si può partire benissimo dalla fine, quando già senza fiato per il toccante e significativo gesto conclusivo, si viene avvolti dalla ruvida ed incisiva voce di Springsteen; il Boss raccoglie le sensazioni sballottate tra lacrime, applausi e gesti atletici + o meno realistici e le incanala verso quella che è la morale che le immagini ci portano al cuore.
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In questi mesi prima della sua uscita in Italia si è sentito molto parlare del nuovo film diretto da Aronovsky; forse non propriamente del suo nome o di quello che realmente si spiega ed insegna nella pellicola, ma piuttosto è stata fatta luce sul protagonista Mickey Rourke.
Dopo il mondo della boxe e la straziante bellezza di Million Dollar Baby, il cinema, quello vero, quello che sveglia le + nascoste emozioni, si ributta in mezzo al ring e lo fa attraverso la rudezza ed il volto segnato dell'ex sex symbol anni '80. Riguardatevi Orchidea Selvaggia o lo strafamoso 9 settimane ½, ve lo sareste immaginati il belloccio di turno trasformato nel "mostro" in pantaloni attillati che salta dalle corde in The Wrestler? Sinceramente era dura immaginarlo ancora su grande schermo, figuriamoci a grandi livelli ed osannato da tutti!
Per la descrizione del film si può partire benissimo dalla fine, quando già senza fiato per il toccante e significativo gesto conclusivo, si viene avvolti dalla ruvida ed incisiva voce di Springsteen; il Boss raccoglie le sensazioni sballottate tra lacrime, applausi e gesti atletici + o meno realistici e le incanala verso quella che è la morale che le immagini ci portano al cuore. Si può amare il wrestling, si può anche non sapere nulla di questo sport/spettacolo, ma la vita è una sola ed il suo cammino, seppur tormentato, presenta luci accecanti che non ci si può scordare…che ci segnano il cammino da percorrere! Per un wrestler il pubblico è tutto, ma fuori dal ring c'è tutto un mondo basato su regole diverse che bisogna saper affrontare...un avversario è tosto da superare, ma l'amore di una figlia, una carezza, una sveglia in ritardo possono colpire + duramente di una sedia spezzata sulla schiena!
Aronofsky dipinge il wrestler con pennellate di grandiosa umanità, ma lo fa usando anche un certo compassionevole rispetto; il wrestler è un atleta, è un attore, spesso viene disprezzato per una morale poco etica verso il pubblico giovane, ma si sta sempre parlando di una persona in carne ed ossa...
le ferite si rimarginano, le ossa si rimettono in sesto, ma quando le luci del ring non scaldano + le spalle sudate e la gente smette di ricordarti, cosa accade in quel momento? The Show Must Go On, cantava qualcuno, ma se questo non è + fattibile qual è il risultato?
Rourke è un gioiello grezzo e sembra che la sceneggiatura sia stata scritta proprio a sua immagine e somiglianza; molto belle le riprese da dietro, come ad indicare che ogni porta aperta dal protagonista è una battaglia da combattere simile a quella del ring...ancor meglio la visione dello spogliatoio e dei lottatori, ma sono le donne del wrestler ciò che lo caratterizzano maggiormente. Memorabile l'incontro con la figlia, toccante il rapporto con l'amica Cassidy...ad un certo punto sembra di rivivere la bellezza del primo Rocky, con qualche ruga in + ed un Apollo in meno da combattere.
Si entra nel ring, si sale sulle corde, pronti al balzo...Ram Jam!!!
Poetry in motion...
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robmamba
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domenica 22 marzo 2009
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un punto di rottura con il cinema contemporaneo!
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The wrestler testimonia di come Aronofsky sia uno dei registi più innovatori della scena mondiale. Un lavoro sul corpo umano che parte dal suo primo film fino a questo.Corpi agonizzanti quelli del passato regista sino ad arrivare oggi a corpi sacrificali, come quello di ''Randy the Ram''sino a quello della Tomei, anche lei carne da macello per il malato pubblico americano.Punto di rottura inoltre con la passata regia ''Videoclippata''del regista per passare ad una macchina a mano che3 segue il Rinato e favoloso attore,facendoci respirarel asua malinconia e la sua tristezza.Troppe cose ci racconta Randy,troppe cose ci racconta Aronofsky,troppe cose ci racconta questo film.
[+] ma quali troppe cose!!
(di asia)
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sassolino
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lunedì 30 marzo 2009
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una ballata triste
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La lunga e movimentata soggettiva inizale ci permette di trasformarci in sadici voyeurs, indugiando a lungo sul corpo disfatto di Randy Ran, vecchia gloria del Wrestling, un tempo scattante ed agile come una molletta, adesso ridicolo ammasso di plastiche e cerotti, dilaniato dagli steroidi e dalla vita, costretto a fermarsi e a fare i conti con la sua esistenza di looser senza scampo.
Presto dalla sua roulotte ambulante verranno fuori i cocci, perché non tutto è un ring dove il pubblico ti acclama; una figlia che non lo accetta e che convive con le sue assenze, ormai passato remoto di una maschera che non riesce a togliersi di dosso.
L'unica speranza, l'unica forma d riscatto possibile sembra proprio essere quella splendida Marisa Tomei che, spogliarellista suo malgrado, sogna la vita di condominio e il college per il filglio.
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La lunga e movimentata soggettiva inizale ci permette di trasformarci in sadici voyeurs, indugiando a lungo sul corpo disfatto di Randy Ran, vecchia gloria del Wrestling, un tempo scattante ed agile come una molletta, adesso ridicolo ammasso di plastiche e cerotti, dilaniato dagli steroidi e dalla vita, costretto a fermarsi e a fare i conti con la sua esistenza di looser senza scampo.
Presto dalla sua roulotte ambulante verranno fuori i cocci, perché non tutto è un ring dove il pubblico ti acclama; una figlia che non lo accetta e che convive con le sue assenze, ormai passato remoto di una maschera che non riesce a togliersi di dosso.
L'unica speranza, l'unica forma d riscatto possibile sembra proprio essere quella splendida Marisa Tomei che, spogliarellista suo malgrado, sogna la vita di condominio e il college per il filglio.
L'incontro di questi due perdenti e nostalgici anni 80 crea una poesia particolare, infondendo al film un'atmosfera di rarefazione dove i sogni sono destinati a naufragare e la solitudine giungerà irreparabile.
Intelligente, serrato e ben diretto, sembra rappresentare il testamento di Mickey Rourke, attore spesso sottovalutato, che stavolta segna la sua rivincita, addossando sulle proprie larghe spalle l'intera prestazione a tratti persino commovente. Il volo dell'angelo che Randy Ran disperatamente sferra nel finale verrà mandato in onda quando i giornali titoleranno "michey rourke is dead" e l'entreneuse Tomei non sarà dimenticata facilmente, cosi' come la strepitosa colonna sonora; Guns n roses, Scorpions e infine Sprignsteen che come un predicatore da pulpito sembra celebrare l'omelia definitiva!
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/bizzarrevisioni.iobloggo.com
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martedì 14 aprile 2009
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una vita meravigliosamente sprecata
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Passati i fasti degli anni 80, l’ex re del wrestling Randy the Ram, continua a sbarcare il lunario tra incontri di quart’ordine, steroidi per mantenersi tonico e centri solari.
Tutto sembra procedere come sempre fino al giorno in cui un arresto cardiaco, a seguito di un incontro particolarmente violento, lo costringe a uno stop.
Stretto alle corde da una “carriera” che sembra essere finita, Randy si guarda alle spalle e tira le somme di un’esistenza non proprio lusinghiera: un furgone come casa, una figlia che non vede da anni e una spogliarellista come unica amica-amante, sempre in bilico tra rapporto affettivo e clientelare.
Inizia una nuova lotta, un incontro assai più arduo, quello con se stesso e con i propri fallimenti.
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Passati i fasti degli anni 80, l’ex re del wrestling Randy the Ram, continua a sbarcare il lunario tra incontri di quart’ordine, steroidi per mantenersi tonico e centri solari.
Tutto sembra procedere come sempre fino al giorno in cui un arresto cardiaco, a seguito di un incontro particolarmente violento, lo costringe a uno stop.
Stretto alle corde da una “carriera” che sembra essere finita, Randy si guarda alle spalle e tira le somme di un’esistenza non proprio lusinghiera: un furgone come casa, una figlia che non vede da anni e una spogliarellista come unica amica-amante, sempre in bilico tra rapporto affettivo e clientelare.
Inizia una nuova lotta, un incontro assai più arduo, quello con se stesso e con i propri fallimenti.
Non è certo la trama a colpire in questo film, bensì la sua fisicità, interamente cucito com’è sul corpo tumefatto e ormai irriconoscibile di Rourke. Senza di lui questo film non avrebbe avuto senso e probabilmente non sarebbe stato realizzato.
Aronofsky, quasi fosse il suo angelo custode, non lo lascia solo un attimo e inquadratura dopo inquadratura, con una macchina da presa che traballa come la camminata zoppicante di Randy, segue la via crucis di lacrime e sangue di un Cristo ammaccato, che sembra trovare la redenzione solo attraverso il martirio del corpo, offerto al pubblico urlante di palestre polverose. Il dolore messo in scena e quello reale di Rourke si mescolano indissolubilmente e dietro la finzione del circo del Wrestling si cela un film autentico come non mai.
La storia di un uomo che ha guardato in faccia i propri demoni, di una vita meravigliosamente sprecata, di un teorema: “combatto, dunque esisto”.
Leone d’oro a Venezia, anche se la coppa volpi, che per regolamento non può essere assegnata al film vincitore della Mostra, sarebbe stata più idonea a suggellare il riscatto dell’uomo-attore. Le stesse scuse di Sean Penn, al momento del ritiro dell’oscar come migliore attore protagonista, ne sono la testimonianza.
Il testamento, piuttosto che l’inizio di una seconda vita artistica, di una delle figure più controverse del firmamento hollywoodiano.
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gabrjack
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sabato 10 ottobre 2009
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american dream...all'incontrario
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Hollywood ha sempre celebrato i suoi miti nazionali i self-made i campioni del sogno americano, questa volta non celebra nessuno anzi il regista ne mostra il loro declino,impietosamente e senza sconti ci rivela l'altra faccia della medaglia. "Ram" ex campione del wrestling vive ormai della luce riflessa di stella ormai scomparsa dal firmamento di questo "sport" a metà strada tra il circo e la baracconata. E' che tutti ci credono o fanno finta di crederci a cominciare dal pubblico che non vede l'ora di sfogare sui cattivi del ring tutta la rabbia repressa. E di rabbia ce n'è a non finire in una provincia che non offre nulla se non questi pseudo spettacoli che danno la misura del vuoto culturale (non che da noi sia tanto diverso detto per inciso) in cui è precipitata.
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Hollywood ha sempre celebrato i suoi miti nazionali i self-made i campioni del sogno americano, questa volta non celebra nessuno anzi il regista ne mostra il loro declino,impietosamente e senza sconti ci rivela l'altra faccia della medaglia. "Ram" ex campione del wrestling vive ormai della luce riflessa di stella ormai scomparsa dal firmamento di questo "sport" a metà strada tra il circo e la baracconata. E' che tutti ci credono o fanno finta di crederci a cominciare dal pubblico che non vede l'ora di sfogare sui cattivi del ring tutta la rabbia repressa. E di rabbia ce n'è a non finire in una provincia che non offre nulla se non questi pseudo spettacoli che danno la misura del vuoto culturale (non che da noi sia tanto diverso detto per inciso) in cui è precipitata. Ma la parabola discendente dell'ex stella del ring oramai non conosce freni. Del resto il corpo gonfiato di botte e di droghe più o meno pesanti alla fine presenta il conto. L'infarto arriva quasi inevitabile a sancire la fine definitiva dell'attività. La seconda parte del film ci presenta un interessante e realistico tentativo del nostro a un ritorno a una vita normale o quasi. Cerca di riallacciare innanzitutto un rapporto mai iniziato con una figlia abbandonata a se stessa fin da giovane, ma dopo una generosa occasione datagli dalla stessa per recuperare il tempo perduto, il nostro ci ricasca e allegramente,invece di mantenere la promessa fatta, ricade nello sballo dell'eccesso e se ne dimentica, salvo poi andare inopinatamente a chiedere scusa e a ricevere il giusto "vaffa" inglorioso e definitivo. Complicato si rivela inoltre il rapporto con una spogliarellista che per fortuna lei almeno la testa sul collo ce l'ha per davvero, resasi conto dell'inevitabile declino della sua carriera medita un ritiro dignitoso per dedicarsi al figlio e al suo futuro e capisce che un declino come il suo accanto ad uno ancora peggio del nostro ex campione non le riserva nulla di buono. Eppure ce la mette tutta il nostro per trovare un lavoro dignitoso e alla fine con paio di guanti di lattice e una cuffia in testa si presenta dietro il banco di un supermercato per vendere prosciutto e bacon a una clientela esigente e schizzinosa, finchè riconosciuto da un cliente manda tutto e tutti a quel paese e si rifugia nell'unico mondo dove ha ancora degli amici, dove è ancora considerato seppur ex, campione del werstling ma anche nei rapporti umani con gente che vive e gode del medesimo passato. E' un finale tragico quello che si prospetta, ma sarebbe ancora più tragico se ci portasse a un sequel come invece purtroppo capiterà quasi di certo, rocky e rambo del resto han fatto scuola e la polpetta buona si sa, và riproposta nelle più diverse salse. Comunque godiamoci per ora questo ottimo film.
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catilina
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lunedì 15 febbraio 2010
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i vinti e i perdenti
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La voce finta del cronista, il mosaico di giornali, e quel verde acido con cui s'imprimono i titoli d'apertura: un incipit che nel modo più semplice prefigura uno squallore da roulotte, da Lap Dance da quattro soldi, da neve fradicia ai bordi delle strade. Sono queste le immagini di The Wrestler, un ambiente che spira perdizione da ogni angolo. La prima inquadratura mostra già la fine, un corpo piegato dagli anni più che dalla fatica: è quello di Randy "The Ram" Robinson, un eroe del wrestling, che della finzione ha fatto la sua vita. E' in questo che la pellicola di Darren Aronofsky parla del cinema stesso, il rapporto così difficile per i personaggi tra quel che è recitato e la vita che ti senti addosso nelle ferite aperte, nei baci appassionati, negli affetti perduti e in quelli che vuoi creare.
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La voce finta del cronista, il mosaico di giornali, e quel verde acido con cui s'imprimono i titoli d'apertura: un incipit che nel modo più semplice prefigura uno squallore da roulotte, da Lap Dance da quattro soldi, da neve fradicia ai bordi delle strade. Sono queste le immagini di The Wrestler, un ambiente che spira perdizione da ogni angolo. La prima inquadratura mostra già la fine, un corpo piegato dagli anni più che dalla fatica: è quello di Randy "The Ram" Robinson, un eroe del wrestling, che della finzione ha fatto la sua vita. E' in questo che la pellicola di Darren Aronofsky parla del cinema stesso, il rapporto così difficile per i personaggi tra quel che è recitato e la vita che ti senti addosso nelle ferite aperte, nei baci appassionati, negli affetti perduti e in quelli che vuoi creare.
La cinepresa segue una storia lineare, quella segnata dai passi del Ram, con le sue poche conoscenze e i miserabili impegni che sembrano capitare per caso dentro l'obiettivo. Cassidy è una spogliarellista ormai matura; Stephanie è la figlia del Ram, bella e di un pallore bianco di morte. E' tutta qui la vita del Ram, una spogliarellista l'unica amica, una figlia che nemmeno sa se sia lesbica. Nella cancrenosa desolazione dei quartieri popolari non c'è via per redimersi, e il più che ti riesce di ricevere è l'impotente compassione di qualche relitto come te. Alla fine ti tocca arrangiarti, agire da uomo vero.
La sincerità della macchina, nell'accorto montaggio dai tagli duri, se riprende il sangue e le lacrime del Ram, interiorizza ogni immagine. La lotta sul ring è il momento della chiarezza, i primi piani mostrano tutti i trucchi di cui si nutre lo spettacolo. E a un certo punto il Ram collassa, deve prendere coscienza, un divo che ha ormai perso il vigore giovanile del personaggio. Di qui in poi sarà la rinascita. Quella che sembrava essere una parabola, diviene un circolo che giungerà oltre la morte.
Quanto di inquietante c'è negli sforzi del Ram per rifarsi una vita, è la coscienza della sua eterna durata. Il Ram è un eroe tragico, la fissità del suo temperamento lo porta con una precisione quasi razionale a ripercorrere la sua stessa esistenza. La passione per Cassidy sorge dall'amicizia, hanno in comune la desolazione di un'esistenza già terminata. E' ovvio il rifiuto della ballerina, che riflette la vanità del Ram stesso. Quando sarà lei a voler l'amore, allora Randy avrà capito che non c'è verso, tutto deve restare uguale. Né saranno mai sincronizzabili i due diversi ritmi dell'esistenza di Stephanie e del padre, e ogni sforzo varrà solo a sentirsi ripetere folli dichiarazioni d'odio.
Cassidy si spoglia e si contorce senza pudore. Il Ram è buono e sincero, con gli altri lottatori e nel lavoro da commesso. A nessuno dei due basta la sincerità per sfuggire la propria sorte. Anzi forse è il loro animo puro che li guida nel circolo della desolazione.
La cinepresa svelerà un'ultima volta il reale dell'esistenza del Ram. Se spiccherà quell'ultimo salto sarà di nuovo la fine, la desolazione che fin dal principio si era impressa su la pellicola, in quel corpo maciullato senza volto. Randy Robinson si tuffa un'ultima volta, ripete al pubblico lo spettacolo della sua vita. E in ciò è tutta la sua forza, la volontà di giuocarsi fino in fondo. Solo, non c'è fine. Quel che resta dietro le orme di Randy è il nulla di uno scenario vuoto, una via che per diventar realtà vuole esser percorsa, un'altra volta e in eterno.
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nick castle
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sabato 4 dicembre 2010
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grande opera drammatica contemporanea...
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Un film bellissimo tanto quanto poco è stato apprezzato dal grande pubblico purtroppo. Un altro volto, un altra voce degli stati uniti d'america, una voce che racconta la storia di un uomo Randy Robinson detto The Ram, che basò tutto il suo essere e la sua vita sulla finzione, la finzione di uno pseudo-sport, il wrestling. Randy oramai è troppo vecchio, e il suo cuore nè da i segni, un infarto lo porterà a cercare di riavvicinarsi alla figlia, che lo odia per non averle dato le cure e l'amore che avrebbe voluto. Randy Robinson, sotto tutto, sotto il fallimento, sotto gli sbagli della sua vita, aldilà del pentimento, è un gigante buono, un Primo Carnera del wrestling, che nella sua solitudine fa compassione, per non aver avuto una seconda possibilità, perchè la società non ha niente per lui e sotto sotto non vuole dargli niente.
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Un film bellissimo tanto quanto poco è stato apprezzato dal grande pubblico purtroppo. Un altro volto, un altra voce degli stati uniti d'america, una voce che racconta la storia di un uomo Randy Robinson detto The Ram, che basò tutto il suo essere e la sua vita sulla finzione, la finzione di uno pseudo-sport, il wrestling. Randy oramai è troppo vecchio, e il suo cuore nè da i segni, un infarto lo porterà a cercare di riavvicinarsi alla figlia, che lo odia per non averle dato le cure e l'amore che avrebbe voluto. Randy Robinson, sotto tutto, sotto il fallimento, sotto gli sbagli della sua vita, aldilà del pentimento, è un gigante buono, un Primo Carnera del wrestling, che nella sua solitudine fa compassione, per non aver avuto una seconda possibilità, perchè la società non ha niente per lui e sotto sotto non vuole dargli niente. Nonostante l'impegno, tutto va in fumo, Randy non ci riesce, non riesce in niente se non nel combattere, è sarà l'ultima cosa che farà. Darren Aronofsky, con quest'opera si dimostra capace di qualunque cosa, mostrando un talento fuori dagli schemi, fuori da ogni regola. Darren ci mostra un altro mondo, un mondo fatto di solitudine, di solidarietà tra colleghi, di profondità emotiva. La cosa perfettamente riuscita della pellicola è mostrare il profondo attaccamento di Randy per il suo sport, un unione simbiotica, indissolubile, un motivo di vita. E quando Randy deciderà di farla finita perchè a nessuno importa di lui e non gli è stato dato nessun riscatto, lo farà nell'unico modo che conosce, combattendo. Il miglior film di Aronofsky, il miglior film di Rourke, uno dei migliori film drammatici di sempre...
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pg
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sabato 7 marzo 2009
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l'epilogo di una vita.
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Dopo Johnny Handsome del 1989, Rourke si trasforma nuovamente nel fisico per interpretare questo personaggio, un wrestler devastato dagli steroidi e dai colpi incassati sul ring e nella vita. Un'esistenza borderline in un mondo artificiale che lo acclama più come una fiera da circo che come un gladiatore. Film sintetico e dai toni asciutti che lascia poco all'immaginazione, quasi fosse un reportage. Una riflessione amara sullo strano mondo della lotta che paradossalmente potrebbe anche essere l'America stessa. Grande l'interpretazione di Rourke, non ai livelli assoluti del suo S.Francesco, ma persiste la zampata del carattere leonino ed il carisma che suscita il suo sguardo. Brava anche la Tomei in un'inedita e coraggiosa versione stripper, nonostante i suoi 45 anni.
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asterix
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lunedì 9 marzo 2009
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confusa da rourke/ram
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Bello....... il dubbio è: c'era troppo rourke? Mi è piaciuto ed era perfetto per la parte. forse troppo. forse la sua vita è troppo vicina a quella del suo personaggio. questa similitudine a mio parere toglie credibilità a the Ram. O meglio non permette a rourke di interpretare appieno the ram senza che lo spettatore faccia delle similitudini con la vita stessa dell'attore. Forse c'è un po troppo rourke nel film. D'altronde non so chi altro avrebbe potuto interpretare una parte del genere con tale intensità. Grande regia, bei passaggi con telec a mano e perfetta scelta della colonna sonora. Ottimi i pezzi perchè famosi e giusti per i tempi ma a parte i guns non così nazional popolari. LA figlia poteva essere un po' più caratterizzata.
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Bello....... il dubbio è: c'era troppo rourke? Mi è piaciuto ed era perfetto per la parte. forse troppo. forse la sua vita è troppo vicina a quella del suo personaggio. questa similitudine a mio parere toglie credibilità a the Ram. O meglio non permette a rourke di interpretare appieno the ram senza che lo spettatore faccia delle similitudini con la vita stessa dell'attore. Forse c'è un po troppo rourke nel film. D'altronde non so chi altro avrebbe potuto interpretare una parte del genere con tale intensità. Grande regia, bei passaggi con telec a mano e perfetta scelta della colonna sonora. Ottimi i pezzi perchè famosi e giusti per i tempi ma a parte i guns non così nazional popolari. LA figlia poteva essere un po' più caratterizzata. Non so, mentre scrivo mi chiedo anche se la lettura doppia, vita di Ram e vita di Rourke non sia stata già una scelta di partenza del regista.... boh comunque sempre grazie a film attori e registi che ti danno sensazioni ed emozioni così intense.
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(di napos)
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