Departures |
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Un film di Yojiro Takita.
Con Masahiro Motoki, Ryoko Hirosue, Tsutomu Yamazaki, Kazuko Yoshiyuki, Takashi Sasano.
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Titolo originale Okuribito.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 130 min.
- Giappone 2008.
- Tucker Film
uscita venerdì 9 aprile 2010.
MYMONETRO
Departures
valutazione media:
3,64
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Prendere rifugiodi matteobaldanFeedback: 9094 | altri commenti e recensioni di matteobaldan |
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sabato 10 aprile 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L’orchestra sinfonica è improvvisamente sciolta e Daigo, un giovane violoncellista, preso dallo sconforto abbandona il suo strumento e Tokyo per fare ritorno a Yamagata, il suo paesino. Qui trova lavoro come nakanshi, l’antico mestiere di chi che prepara i corpi lavandoli, vestendoli e truccandoli prima dell’ultimo viaggio. Lentamente la tanathoestetica gli si rivela come un’arte se possibile più sublime della musica, una professione capace di portare la pace nei cuori più irrequieti, come il suo, lacerato da antichi conflitti interiori. Departures è una placida riflessione sul prendere rifugio, tema centrale del buddismo, ma svincolato da qualsiasi credo religioso, perché dinnanzi alla morte tutti gli uomini sono uguali – stesso trattamento. Prendere rifugio significa semplicemente fare pace con se stessi, col proprio passato e con le proprie paure. In definitiva vuol dire superare la paura più grande, la paura della morte. Morte a cui la vita è indissolubilmente legata. La riflessione sulla morte procede parallelamente sul piano narrativo e su quello filmico. Departures è infatti un film che sopravvive alla morte del cinema poiché le sue immagini rimandano alla realtà più vera, quella dello spirito e dalla carne, e non ad altre immagini come immancabilmente accade da quando il cinema ha preso narcisisticamente a specchiarsi in se stesso. Il cinema guarda che alla realtà è una sorta di processo di mummificazione, per dirla con Bazin, in cui i corpi in disfacimento lasciano un'impronta relativamente stabile sulla pellicola. Il cinema è la morte al lavoro, per dirla con Cocteau.
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