sergio dal maso
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martedì 30 giugno 2015
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departures
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“Assistiamo coloro che partono per dei viaggi” agenzia NK
L’ambiguità di questo annuncio che il giovane ex-violoncellista Daigo Kobayashi legge sul giornale cercando proposte di lavoro lo inganna e lo induce a recarsi all’agenzia per il colloquio. Oltre ad accettare l’imprevedibile lavoro, finirà con l’accettare anche il viaggio che il destino gli ha riservato. Perchè è proprio il viaggio il tema del film, con le sue partenze, le sue soste ed i ritorni a casa. Viaggio interiore, innanzitutto, alla ricerca di un senso, di una riconciliazione con il proprio passato e con il trauma infantile dell’abbandono (della partenza) del padre.
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“Assistiamo coloro che partono per dei viaggi” agenzia NK
L’ambiguità di questo annuncio che il giovane ex-violoncellista Daigo Kobayashi legge sul giornale cercando proposte di lavoro lo inganna e lo induce a recarsi all’agenzia per il colloquio. Oltre ad accettare l’imprevedibile lavoro, finirà con l’accettare anche il viaggio che il destino gli ha riservato. Perchè è proprio il viaggio il tema del film, con le sue partenze, le sue soste ed i ritorni a casa. Viaggio interiore, innanzitutto, alla ricerca di un senso, di una riconciliazione con il proprio passato e con il trauma infantile dell’abbandono (della partenza) del padre. Ma anche un percorso capace di fare i conti con la morte, nel profondo significato assunto nelle culture orientali: morte indissolubilmente legata alla vita e parte fondamentale del ciclo vitale, da vivere come un passaggio, come “un cancello da oltrepassare”, accompagnati dalle persone amate che assistono in un commovente silenzio all’affascinante rito estetico della deposizione del defunto nella bara. Il lavoro di cui parlava l’annuncio, infatti, non è quello di un’agenzia turistica, ma quello del tanato-esteta (in giapponese nokanshi, maestro di deposizione nella bara), cioè colui che deve pulire il cadavere, vestirlo e truccarlo affinchè l’ultimo ricordo dei parenti possa accumunare la bellezza interiore a quella esteriore . Per la nostra cultura occidentale, molto lontana da quella orientale, non possiamo che restare affascinati e commossi dalla cura e dal rispetto con cui il tanato-esteta sveste e trucca il defunto, dalle carezze e dall’amorevole eleganza con cui lo adagia nella bara. Oltre all’abilità nel trucco e nella sensibilità di capire cosa desiderano i parenti, la sua abilità consiste nel rivestire il cadavere con il chimono funereo senza mostrare a chi assiste neanche un centimetro del corpo nudo.
Figura centrale del film è proprio il maestro Sasaki. Con discrezione e silenziosa dignità accompagna Daigo nel suo viaggio interiore, aiutandolo nei momenti di difficoltà e dandoglifiducia quando lo sente pronto a sostituirlo. L’anziano attore Yamakazi Tsutomu offre una interpretazione di grande intensità, il suo sguardo rispettoso e la grazia laconica che lo accompagna nei diversi riti di deposizione che appaiono nel film non saranno facili da dimenticare. Anche la figura della moglie Mika è importante per il protagonista. L’amore incondizionato che ha per Daigo (a volte un pò stucchevole per la verità) la porta ad accettare facilmente le sue scelte, come quella di cambiare vita e tornare al paesenativo. Quando però scopre il nuovo lavoro del marito non riesce ad accettarlo ed ha bisogno di partire, di un viaggio che possa farle comprendere ciò che rapprensenta il lavoro di tanato-esteta per Daigo e il senso della loro unione.
Alla fine sarà lei ad accompagnarlo alla deposizione del padre, aiutandolo ad accettare le amare scelte da lui compiute quando era piccolo ed a riconciliarsi raccogliendo il sasso custodito gelosamente dal padre per tutta la vita. Il sasso appoggiato sulla pancia di Mika incinta simbolizza il proseguimento della vita e la riconciliazione con il padre di cui finalmente ricorda il volto. Quello che più sorprende di Departures è la leggerezza con cui affronta temi difficili e profondi, non mancano momenti comici e situazioni surreali, senza però mai essere sgradevoli o eccessivi. Anche nei limiti che può avere il film, per esempio può non piacere l’espressività caricaturale del volto di Daigo, o un eccessivo ricorso ad un simbolismo a volte banale, resta una sincerità di fondo e una raffinatezza poetica che fanno di questo film un piccolo capolavoro.
Uscito in punta di piedi (in Italia non doveva neanche essere distribuito) Departures ha raccolto pian piano molto premi internazionali, culminati con l’inaspettata vittoria del Premio Oscar come miglior film straniero 2009, tra l’altro è stato il primo film giapponese a vincerlo.
Pur avendo come tema la morte, uscendo dalla proiezione non si ha un senso di tristezza ma di serenità. E’ un film che ci emoziona con delicatezza e ci riconcilia con la vita e con il ricordo dei propri defunti. E’ a loro che va l’ultimo pensiero, con le parole del regista Yojiro Takita, “è destino di tutti accompagnare qualcuno, è destino di tutti essere accompagnati”.
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utamara
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martedì 26 maggio 2009
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"partenze" all'orientale...
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Inizio con il dire che questo film è pura poesia, è un inno alla vita, a quella vera, quella con cui ogni persona prima o poi si deve scontrare, fatta di momenti semplici ma puri e reali. Il significato intrinseco che ho voluto vedere io (perchè a mio avviso spesso registi e sceneggiatori non cercano per forza il significato nascosto...) è quello di fermarsi e riflettere. Semplicemente riflettere. Perchè la morte è qualcosa che sta dietro l'angolo, ma non per questo bisogna averne paura.
La storia è quella di Kobayashi, un violoncellista che perde il lavoro e decide insieme alla moglie Mika di trasferirsi in un paesino rurale, nella casa della madre ormai defunta. Comincia la ricerca per un lavoro e sul giornale legge un'inserzione un po' fuorviante che parla di "departures" (partenze), pensando si tratti di un'agenzia di viaggi, si presenta al colloquio, qui scopre in realtà che l'azienda si occupa di "nokanshi" (letteralmente, maestro di deposizione nella bara).
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Inizio con il dire che questo film è pura poesia, è un inno alla vita, a quella vera, quella con cui ogni persona prima o poi si deve scontrare, fatta di momenti semplici ma puri e reali. Il significato intrinseco che ho voluto vedere io (perchè a mio avviso spesso registi e sceneggiatori non cercano per forza il significato nascosto...) è quello di fermarsi e riflettere. Semplicemente riflettere. Perchè la morte è qualcosa che sta dietro l'angolo, ma non per questo bisogna averne paura.
La storia è quella di Kobayashi, un violoncellista che perde il lavoro e decide insieme alla moglie Mika di trasferirsi in un paesino rurale, nella casa della madre ormai defunta. Comincia la ricerca per un lavoro e sul giornale legge un'inserzione un po' fuorviante che parla di "departures" (partenze), pensando si tratti di un'agenzia di viaggi, si presenta al colloquio, qui scopre in realtà che l'azienda si occupa di "nokanshi" (letteralmente, maestro di deposizione nella bara).
Bisognoso di lavoro, anche se intimorito, accetta l'impiego.
Il film viene esposto bene, le scene sono spesso lente, ma significative, tutto il rituale nokanshi è affascinante, il volere restituire le sembianze della vita al defunto per "alleggerire" il dolore dei cari, è un qualcosa che qui in occidente nella camera ardente non si è mai visto. La perizia e il rispetto con la quale questi maestri vestono la salma è commovente, che è poi il rapporto simile che Kobayashi dedica al suo violoncello.
La colonna sonora è minimalista, i pezzi per violoncello sono azzeccati, conoscendoli, durante la visione mi sono scese un paio di lacrime.
Insomma, meritato l'oscar come Miglior Film Straniero 2009, forse un po' meno l'Audience Award del Far East Film Festival, essendo un festival di cinema dichiaratamente "popolare" avrei preferito vincesse qualcosa di più terra-terra (tipo Love Exposure) ma pazienza.
Unica nota vagamente (ma proprio vagamente ;) ) negativa, è che probabilmente un pubblico occidentale vedendo questo film, come in generale la cinematografia orientale disponibile in Italia (Wong Kar Way, Ang Lee e compagnia bella) pensi che l'oriente si fermi a questo, cioè storie drammatiche molto "eleganti" (scusate la semplificazione...), insomma quello che voglio far capire è che Departures pur essendo un bellissimo film, rimane in uno schema orientale congeniale all'occidente....
Non so se mi sono fatta capire, nel caso chiedete e cercherò di esprimermi meglio.
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luca scialò
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giovedì 18 marzo 2010
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la dignità dell'ultimo viaggio della vita
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Daigo è un ottimo suonatore di violoncello, ma l'orchestra per cui suona viene sciolta; è così costretto a cercarsi un nuovo lavoro e rinunciare alla sua passione di sempre. Dedice di rispondere all'annuncio di un'agenzia che si occupa di viaggi, ma giunto sul posto per il colloquio, scopre che essa non si occupa di viaggi per vacanze verso mete lontane, bensì di prepare i defunti per l'ultimo viaggio della vita verso l'aldilà, attraverso la pratica tipica giapponese della "nokanshi": pulizia del cadavere, trucco, carezze da parte dei cari. Il tutto, per donare ad essi pace e dignità. Sorpreso della inusuale mansione, Daigo la nasconde inizialmente alla moglie Mika, e trova ovviamente molte difficoltà pratiche all'inizio, ma il bravissimo capo, Sasaki, gli insegna molto presto il mestiere.
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Daigo è un ottimo suonatore di violoncello, ma l'orchestra per cui suona viene sciolta; è così costretto a cercarsi un nuovo lavoro e rinunciare alla sua passione di sempre. Dedice di rispondere all'annuncio di un'agenzia che si occupa di viaggi, ma giunto sul posto per il colloquio, scopre che essa non si occupa di viaggi per vacanze verso mete lontane, bensì di prepare i defunti per l'ultimo viaggio della vita verso l'aldilà, attraverso la pratica tipica giapponese della "nokanshi": pulizia del cadavere, trucco, carezze da parte dei cari. Il tutto, per donare ad essi pace e dignità. Sorpreso della inusuale mansione, Daigo la nasconde inizialmente alla moglie Mika, e trova ovviamente molte difficoltà pratiche all'inizio, ma il bravissimo capo, Sasaki, gli insegna molto presto il mestiere.
Quando Daigo sembra ormai essersi abituato al lavoro, viene lasciato dalla moglie, che scoperto il lavoro che fa, lo giudica irrispettoso e ripugnante. E scopre suo malgrado che altre persone lo ritengono tale, al punto che pensa seriamente di lasciarlo. Ma non se la sente davvero, e continua con decisione, tanto che, alla morte dell'anziana proprietaria di una sauna pubblica da lui frequentata fin da piccolo, dimostrerà alla moglie (ritornata a casa perchè incinta) e al figlio della defunta, anch'egli scettico sul suo lavoro, la sua bravura nel svolgerlo, essendogli toccata la "nokanshi" all'anziana signora.
Ma a Daigo toccherà ben presto un' altra "nokanshi", dal significato profondo, che lo ricongiungerà ad una persona persa in tenera età.
Il film è delicato, e soprattutto nella prima parte, riesce con rara maestria ad alternare momenti struggenti con scene divertenti. Il regista Takita, tratta un argomento drammatico come la morte senza cercare ostinatamente di commuovere lo spettatore, lasciando che sia la "nokanshi", accompagnata dal silenzio e dalle espressioni tristi dei cari del defunto che ad essa assistono, a commuoverlo ed emozionarlo.
In fondo, ciò che colpisce davvero lo spettatore, è come la "nokanshi" sia in grado di far mettere da parte i rancori, e dia la possibilità ai cari di un defunto, di salutarlo serenamente.
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[+] rara maestria
(di angelo umana)
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gina barretta
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venerdì 19 marzo 2010
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la vita e la morte.... entrambe belle!!!
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La morte, quale evento nella vita di ciascuno, e` un soggetto difficile da trattare in un film e Departure lo affronta con grazia, dignita` e bellezza.
Il simbolismo, elemento chiave nella cultura giapponese, si rivela attraverso la fusione del circolo della vita con il susseguirsi delle stagioni. L’attaccamento alla vita e` espresso attraverso il cibo, la musica, le relazioni umane e l’istinto di evitare il contatto con la morte finche` non diventa inevitabile.
La trasformazione che avviene nel protagonista, dalla riluttanza iniziale al fascino della serenita` con cui esegue il processo della preparazione dei corpi, ci porta a sperimentare i nostri sentimenti profondi riguardo alla vita e
l’ impatto psicologico con la morte, le modalita` complesse (e talvolta contrapposte) dell’ affrontare la perdita delle persone care e il ruolo del destino nelle nostre vite.
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La morte, quale evento nella vita di ciascuno, e` un soggetto difficile da trattare in un film e Departure lo affronta con grazia, dignita` e bellezza.
Il simbolismo, elemento chiave nella cultura giapponese, si rivela attraverso la fusione del circolo della vita con il susseguirsi delle stagioni. L’attaccamento alla vita e` espresso attraverso il cibo, la musica, le relazioni umane e l’istinto di evitare il contatto con la morte finche` non diventa inevitabile.
La trasformazione che avviene nel protagonista, dalla riluttanza iniziale al fascino della serenita` con cui esegue il processo della preparazione dei corpi, ci porta a sperimentare i nostri sentimenti profondi riguardo alla vita e
l’ impatto psicologico con la morte, le modalita` complesse (e talvolta contrapposte) dell’ affrontare la perdita delle persone care e il ruolo del destino nelle nostre vite.
Un film che non da risposte, ma pone domande: La vita e` il primo passo del nostro viaggio o e`IL VIAGGIO?
Brillante per la fotografia, le musiche e alcune frasi di forte impatto degli attori nei momenti piu` significativi . La performance del protagonista e` eccellente e gli attori tutti molto bravi. Molto suggestivo il ruolo del vecchio anziano che durante il film non parla mai, ma alla fine lo troviamo a fare asserzioni filosofiche nel paragonare la morte ad un cancello da attraversare per accedere all’altra parte dell’esistenza. Un nuovo modo di concepire la morte, assente nella nostra cultura occidentale, che porta ad accettarla con serenita` : si, essa e` una parte amara della nostra vita, ma c’e` la speranza di credere in qualcosa di piu`, di piu` bello, di migliore!!!!
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matteobaldan
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sabato 10 aprile 2010
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prendere rifugio
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L’orchestra sinfonica è improvvisamente sciolta e Daigo, un giovane violoncellista, preso dallo sconforto abbandona il suo strumento e Tokyo per fare ritorno a Yamagata, il suo paesino. Qui trova lavoro come nakanshi, l’antico mestiere di chi che prepara i corpi lavandoli, vestendoli e truccandoli prima dell’ultimo viaggio. Lentamente la tanathoestetica gli si rivela come un’arte se possibile più sublime della musica, una professione capace di portare la pace nei cuori più irrequieti, come il suo, lacerato da antichi conflitti interiori.
Departures è una placida riflessione sul prendere rifugio, tema centrale del buddismo, ma svincolato da qualsiasi credo religioso, perché dinnanzi alla morte tutti gli uomini sono uguali – stesso trattamento.
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L’orchestra sinfonica è improvvisamente sciolta e Daigo, un giovane violoncellista, preso dallo sconforto abbandona il suo strumento e Tokyo per fare ritorno a Yamagata, il suo paesino. Qui trova lavoro come nakanshi, l’antico mestiere di chi che prepara i corpi lavandoli, vestendoli e truccandoli prima dell’ultimo viaggio. Lentamente la tanathoestetica gli si rivela come un’arte se possibile più sublime della musica, una professione capace di portare la pace nei cuori più irrequieti, come il suo, lacerato da antichi conflitti interiori.
Departures è una placida riflessione sul prendere rifugio, tema centrale del buddismo, ma svincolato da qualsiasi credo religioso, perché dinnanzi alla morte tutti gli uomini sono uguali – stesso trattamento. Prendere rifugio significa semplicemente fare pace con se stessi, col proprio passato e con le proprie paure. In definitiva vuol dire superare la paura più grande, la paura della morte. Morte a cui la vita è indissolubilmente legata.
La riflessione sulla morte procede parallelamente sul piano narrativo e su quello filmico. Departures è infatti un film che sopravvive alla morte del cinema poiché le sue immagini rimandano alla realtà più vera, quella dello spirito e dalla carne, e non ad altre immagini come immancabilmente accade da quando il cinema ha preso narcisisticamente a specchiarsi in se stesso. Il cinema guarda che alla realtà è una sorta di processo di mummificazione, per dirla con Bazin, in cui i corpi in disfacimento lasciano un'impronta relativamente stabile sulla pellicola. Il cinema è la morte al lavoro, per dirla con Cocteau.
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sabato 15 maggio 2010
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contrasto fra modernità e tradizione
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Il giovane violencellista Daigo è alle prese con una crisi di identità: lo scioglimento dell'orchestra in cui suona segna la fine di un sogno coltivato sin da bambino, forse perchè iniziatovi dal padre (che se ne è andato molti anni prima, lasciandolo solo con la madre), ma per il quale non si era mai sentito veramente dotato. Alla ricerca di sè e della propria strada, lascia Tokyo per far ritorno al paesino che gli ha dato i natali. Vi troverà un lavoro singolare: il tanato-esteta, colui che esegue la necro-cosmesi, ossia il rito di ricomposizione e abbellimento della salma, prima della deposizione nella bara. Schernito dalla gente (per gli shintoisti lavorare con i morti è vergognoso e degradante), incompreso dalla moglie, Daigo resta fedele alla nuova missione di cui si sente investito, trovando finalmente un senso nella propria vita, la maturità e con essa la riconciliazione con il doloroso passato di figlio abbandonato.
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Il giovane violencellista Daigo è alle prese con una crisi di identità: lo scioglimento dell'orchestra in cui suona segna la fine di un sogno coltivato sin da bambino, forse perchè iniziatovi dal padre (che se ne è andato molti anni prima, lasciandolo solo con la madre), ma per il quale non si era mai sentito veramente dotato. Alla ricerca di sè e della propria strada, lascia Tokyo per far ritorno al paesino che gli ha dato i natali. Vi troverà un lavoro singolare: il tanato-esteta, colui che esegue la necro-cosmesi, ossia il rito di ricomposizione e abbellimento della salma, prima della deposizione nella bara. Schernito dalla gente (per gli shintoisti lavorare con i morti è vergognoso e degradante), incompreso dalla moglie, Daigo resta fedele alla nuova missione di cui si sente investito, trovando finalmente un senso nella propria vita, la maturità e con essa la riconciliazione con il doloroso passato di figlio abbandonato.
Yojiro Takita fa una scelta coraggiosa: portare sugli schermi cinematografici un tema, quello funebre, che, se non oggetto di superstiziosa diffidenza, è al centro di un processo socioculturale di rimozione collettiva nelle società contemporanee. Ne emerge una concezione della morte comune nel mondo orientale: momento di passaggio, viaggio verso un diverso grado di esistenza, fase naturale del ciclo della vita. Non è però un film "necrofilo": le gustose mangiate di prelibatezze della cucina nipponica, cucinate dal laconico capo di Daigo (la figura paterna che gli era mancata), sono un inno alla vita ed ai suoi piaceri.
Con Departures (premio Oscar come Miglior Film Straniero) Takita affronta con sensibilità le contraddizioni più profondamente giapponesi, il contrasto fra modernità e tradizione, la scissione tra il frenetico materialismo del presente metropolitano e la spirituale, pacata ritualità che sopravvive nei piccoli centri di provincia, in cui il tempo sembra essersi fermato.
Le circolarità narrative (l'incontro con la morte segna la rinascita di Daigo, la morte di suo padre avviene quando si accinge a sbocciare la nuova vita del bambino che la moglie aspetta), la poesia visiva dei paesaggi, le musiche struggenti, la solenne sacralità del rito funerario, la dignitosa rappresentazione del dolore, il suggestivo simbolismo (i sassi, scambiati per siglare l'indissolubilità dei legami interpersonali), l'armonica commistione di partecipazione emotiva e humor nero sono altrettanti elementi di un film più che degno di nota. Quello però in cui Takita eccede, va detto, è l'insistenza su scelte spudoratamente volte a commuovere: specialmente nel finale si perde infatti parte di quella sobrietà che, se conservata fino in fondo, avrebbe fatto di Departures un capolavoro.
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luc66
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mercoledì 29 settembre 2010
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l'ultimo saluto
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film intenso, commovente su un argomento tabù che è quello dell'ultimo saluto alla persona cara deceduta. Grazie al lavoro prezioso del "tanato-esteta" che come un sacerdote prepara il defunto al trapasso lavandolo e vestendolo con abiti preziosi, il momento del distacco del morto da coloro che restano viene sublimato e il corpo viene preparato ad affrontare una nuova vita, piena di aspettativa (sembrerebbe). Il dolore della separazione dai vivi si accentua e contemporaneamente si allevia perché sembra di assistere alla preparazione liturgica ad un viaggio in un mondo "altrove". Formidabili gli attori e la delicata eleganza del regista.
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boffese
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mercoledì 26 gennaio 2011
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partenze orientali
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Departures del regista giapponese Yojiro Takita e' un film sublime , senza dubbio la miglior pellicola dell'ultimo anno e il suo oscar per il miglior film straniero e' strameritato.
E' la storia di Daigo , giovane violencillista, che perso il lavoro nell'orchestra della sua citta', decide di tornare nel paese natio con la propria ragazza.
Trova lavoro presso il signor Nokanshi, un maestro dei preparativi per l'ultimo viaggio.Il tanatoesteta e' colui che trucca, lava e veste il defunto tramite una rituale e silenziosa cerimonia.
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Departures del regista giapponese Yojiro Takita e' un film sublime , senza dubbio la miglior pellicola dell'ultimo anno e il suo oscar per il miglior film straniero e' strameritato.
E' la storia di Daigo , giovane violencillista, che perso il lavoro nell'orchestra della sua citta', decide di tornare nel paese natio con la propria ragazza.
Trova lavoro presso il signor Nokanshi, un maestro dei preparativi per l'ultimo viaggio.Il tanatoesteta e' colui che trucca, lava e veste il defunto tramite una rituale e silenziosa cerimonia.
Dei bravissimi attori , una regia delicatissima , una poetica colonna sonora e il saper trattare un argomento cosi' difficile con tale bravura , rendono la pellicola di Takita un vero capolavoro.
molto spesso e' proprio grazie ad alcuni registi asiatici che possiamo intrattenerci con film che sono pura poesia. i vari kim ki duk , wong kar wai , il primo kitano ci hanno regalato le migliori pellicole degll'ultimo decennio cinematografico.
nonostante questo, negli ultimi anni , la distribuzione del cineoriente e' declinata o mal distribuita. la conferma avviene con questo incredibile film del 2008 , arrivato in italia con 2 anni di ritardo grazie ad una piccola distribuzione .
grazie Tucker film , per non averci privato di un capolavoro.
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angelo umana
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venerdì 18 giugno 2010
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sol chi non lascia eredità d'affetti ...
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“Departures” è un film delicato ma fortemente suggestivo. Parla di “viaggi”, più precisamente dell’ultimo viaggio che facciamo tutti in vita nostra, ma è anche un viaggio nel Giappone, ci fa conoscere appunto le sue suggestioni. Soprattutto ci rappresenta i suoi riti, è il film dei riti giapponesi: dall’arte di preparare i cadaveri prima della cremazione al rito del bagno pubblico, a quello del pasto e del thé o a quello più internazionale della musica. Sembra un rito, una celebrazione, e quanto suggestiva!, perfino il volo delle anatre sullo sfondo delle montagne, oppure della neve che cade o dei fiori di mandorlo che il vento solleva. Il protagonista, osservando la risalita dei salmoni nel fiume, si chiede perché essi fanno tanta fatica per poi andare a morire, che è forse la metafora della vita, ci si sforza di impiegarla bene anche se poi finiamo in polvere.
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“Departures” è un film delicato ma fortemente suggestivo. Parla di “viaggi”, più precisamente dell’ultimo viaggio che facciamo tutti in vita nostra, ma è anche un viaggio nel Giappone, ci fa conoscere appunto le sue suggestioni. Soprattutto ci rappresenta i suoi riti, è il film dei riti giapponesi: dall’arte di preparare i cadaveri prima della cremazione al rito del bagno pubblico, a quello del pasto e del thé o a quello più internazionale della musica. Sembra un rito, una celebrazione, e quanto suggestiva!, perfino il volo delle anatre sullo sfondo delle montagne, oppure della neve che cade o dei fiori di mandorlo che il vento solleva. Il protagonista, osservando la risalita dei salmoni nel fiume, si chiede perché essi fanno tanta fatica per poi andare a morire, che è forse la metafora della vita, ci si sforza di impiegarla bene anche se poi finiamo in polvere. Il film non diventerà un “cult” del cinema, ma è molto coinvolgente e con non poca ironia, ha solo qualche sbavatura di commozione, che poteva essere evitata e che avrebbe scontato di una o due decine di minuti la proiezione, compreso il reincontro del protagonista col padre morto, perché le cose importanti ce le possiamo dire e fare solo da vivi. Bellissima e romantica la tradizione di scambiarsi un sasso che abbia le fattezze di ciò che si vuole augurare. E la nostra cultura, che forse vede la morte in modo più tragico, che cosa può opporre al rito della morte giapponese, cancello che si varca per proseguire il viaggio? Magari solo i versi del Foscolo: “All’ombra dei cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro? Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna…”
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giovannagio
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lunedì 3 maggio 2010
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film che provoca silenzio profindo
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Sulle note di un violoncello solitario dentro il panorama di piccola città del Giappone sullo sfondo di grandi montagne si svolge l’originale apprendistato di un giovane musicista disoccupato a tanathos esteta: sgomento, avvilimento del nostro già depresso protagonista con deliziosa moglie al seguito.
Ed ecco che nel silenzio attonito rispetto, cura, sapienza dei gesti , in una parola ritualità e sereno coraggio ci mettono a contatto con la MORTE - che tutti sappiamo e che con scaramanzia presto allontaniamo dalla mente, perchè sì ineluttabile, ma troppo angosciante per essere “toccata”- ed è proprio quello che il film propone: l’ agghiacciante morte del corpo : gesti rispettosi amorevoli precisi ricompongono ripuliscono lavano, “tolgono la stanchezza della vita” e ridanno …BELLEZZA, lo squarcio che apre alla luce che solleva dall’orrore, che allontana la paura, che scioglie il gelo dello spettro .
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Sulle note di un violoncello solitario dentro il panorama di piccola città del Giappone sullo sfondo di grandi montagne si svolge l’originale apprendistato di un giovane musicista disoccupato a tanathos esteta: sgomento, avvilimento del nostro già depresso protagonista con deliziosa moglie al seguito.
Ed ecco che nel silenzio attonito rispetto, cura, sapienza dei gesti , in una parola ritualità e sereno coraggio ci mettono a contatto con la MORTE - che tutti sappiamo e che con scaramanzia presto allontaniamo dalla mente, perchè sì ineluttabile, ma troppo angosciante per essere “toccata”- ed è proprio quello che il film propone: l’ agghiacciante morte del corpo : gesti rispettosi amorevoli precisi ricompongono ripuliscono lavano, “tolgono la stanchezza della vita” e ridanno …BELLEZZA, lo squarcio che apre alla luce che solleva dall’orrore, che allontana la paura, che scioglie il gelo dello spettro . Si avverte il sollievo di un grande senso di riparazione e il calore torna a scorrere nei viventi, calde lagrime e commozione scaldano il cuore in un dolore che si fa conforto.
La bellezza vince la morte o meglio dire le ridà dignità senso e Il nostro si fa sacerdote di questa arte, suona solitario in cima ad un altopiano e prosegue anche se la moglie scapperà ma tutto si ricompone in tanta delicatezza, anche il rancore di un figlio abbandonato quale lui era stato da piccolo.. così il destino lo porta davanti a suo padre morto e lì avviene il PERDONO, la pietra nella sua mano, unico dono scambiato tra i due che potrà ridonare al figlio in arrivo…..Anche un piccolo segno d’amore può salvare e proiettarsi nel futuro.
Delicatezza e incanto di un film che ci fa”toccare”la morte, ci sprofonda nel silenzio e ci ridà il respiro avvolgendoci di seta , di grazia, di umana consolazione ”DEPARTURES”
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