stefano
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domenica 24 agosto 2008
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il buio di plainview
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Il nostro petroliere Daniel Plainview non è altro che un avido possessore di oro nero e verdoni e sfrutta il figlio, lo abbandona, si umilia e si piega ai voleri di un prete-falso profeta pur di ottenere queste due cose. Le uniche persone a cui si lega, il figlio e l'impostore-fratello, verranno da lui allontanate. Plainview è solo, come sola è la sua anima che vive nel buio, nell'oscurità della notte e anche della sua casa. Le riprese cupe di Anderson servono a rendere meglio il mondo che circonda Daniel, cm fosse una sorta di aura che segue la sua persona, la sua anima possessiva e competitiva. Metafora quella di Anderson che vuol far toccare con mano come il denaro e il successo possano accecare una persona a tal punto da non guardare in faccia nessuno, a tal punto da non avere un rapporto che vada oltre la collaborazione lavorativa.
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Il nostro petroliere Daniel Plainview non è altro che un avido possessore di oro nero e verdoni e sfrutta il figlio, lo abbandona, si umilia e si piega ai voleri di un prete-falso profeta pur di ottenere queste due cose. Le uniche persone a cui si lega, il figlio e l'impostore-fratello, verranno da lui allontanate. Plainview è solo, come sola è la sua anima che vive nel buio, nell'oscurità della notte e anche della sua casa. Le riprese cupe di Anderson servono a rendere meglio il mondo che circonda Daniel, cm fosse una sorta di aura che segue la sua persona, la sua anima possessiva e competitiva. Metafora quella di Anderson che vuol far toccare con mano come il denaro e il successo possano accecare una persona a tal punto da non guardare in faccia nessuno, a tal punto da non avere un rapporto che vada oltre la collaborazione lavorativa. La mente di Plainview viene completamente oscurata dal petrolio(anch' esso nero). Il denaro e il potere rende soli: questo ci dice Anderson in breve. Pellicola elettrizzante a tratti un po piu lenta in altri, interprete eccezionale...day-lewis che col baffo ormai regala solo personaggi assolutamente eccezionali. Interpretazione la sua incredibile, compare in tutte le scene del film apparte qualcuna e ne è il protagonista assoluto. Il dialogo finale con Eli riguardo al drenaggio e l' esempio del frullato credo valga il prezzo del biglietto. Teatrale il finale: solo, a terra, di spalle con quell' "Ho Finito" molto d'effetto. Il petroliere è un film che va apprezzato per la regia per l'interpretazione e soprattutto per ciò che sta a significare non un film da poco anzi...
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giulio brillarelli
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domenica 25 gennaio 2009
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l’american dream è finito in un pozzo senza fondo
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1898: un barbutissimo ometto sta scavando con un piccone in un pozzo. Fuori il sole è accecante sul paesaggio desertico; là sotto, invece, l’oscurità regna quasi incontrastata. Il rumore del piccone è acuminato, metallico. Tenacia, ostinazione, caparbietà: abbiamo di fronte un uomo d’acciaio, forgiato in quelle stesse viscere della terra che sta scavando. Ma Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis) ha molte altre qualità: sa parlare in pubblico, vestire bene, essere diplomatico… almeno quando è il lavoro a richiederglielo. Basta uno sguardo alla sua calligrafia: chiara, elegante, sicura di sé, per renderci conto di che tipo di uomo si tratti. Soprattutto, però, Daniel Plainview ha un dannatissimo fiuto per gli affari e per il petrolio, che lo condurranno nel giro di pochi anni ad arricchirsi spropositatamente.
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1898: un barbutissimo ometto sta scavando con un piccone in un pozzo. Fuori il sole è accecante sul paesaggio desertico; là sotto, invece, l’oscurità regna quasi incontrastata. Il rumore del piccone è acuminato, metallico. Tenacia, ostinazione, caparbietà: abbiamo di fronte un uomo d’acciaio, forgiato in quelle stesse viscere della terra che sta scavando. Ma Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis) ha molte altre qualità: sa parlare in pubblico, vestire bene, essere diplomatico… almeno quando è il lavoro a richiederglielo. Basta uno sguardo alla sua calligrafia: chiara, elegante, sicura di sé, per renderci conto di che tipo di uomo si tratti. Soprattutto, però, Daniel Plainview ha un dannatissimo fiuto per gli affari e per il petrolio, che lo condurranno nel giro di pochi anni ad arricchirsi spropositatamente. - - - Eppure la favola dell’American Dream inizia a un certo punto a sgretolarsi, come la roccia di quel pozzo in cui Plainview scavava quando era ancora nessuno. La prima picconata alla sua vita arriva con l’esplosione della torre di estrazione, che condanna alla sordità permanente il piccolo H.W. (Dillon Freasier). Daniel Plainview non prende molto bene la cosa, il ruolo di padre putativo inizia ad andargli stretto. Soprattutto dopo che il bambino cerca di bruciare nel sonno il presunto zio, Henry (Kevin J. O’Connor); meglio mandare il discolo in collegio, sbarazzandosene per un po’. - - - “Il petroliere”, per l’appunto, parla innanzitutto del rapporto padre-figlio. Amaro, doloroso, traumatico: per capire il personaggio di Daniel Plainview non possiamo prescindere dalla sua adolescenza. Di che natura erano i contrasti con il padre? Di sicuro c’è solo l’infedeltà coniugale tra i genitori. È lo stesso Plainview a dire che del suo passato non ama parlare: se ne andò di casa perché non riusciva più a stare in famiglia. - - - Ma “Il petroliere” parla soprattutto di solitudine e disperazione. L’American Dream ha un senso finché si dà per scontato che soldi e successo portino con sé la felicità. Ma come lo stesso Plainview confida ad Henry, “Ci sono momenti in cui guardo le persone e non vedo niente che mi piaccia. Voglio guadagnare abbastanza da poter vivere lontano da tutti. […] Io vedo il peggio nelle persone. Mi basta un’occhiata per capire chi ho di fronte”. Quella risata finale, secca, improvvisa, risuona agghiacciante nel buio della notte. C’è il vuoto, in fondo a quel pozzo oscuro che è l’anima di Daniel Plainview. - - - La regia mostra chiaramente i suoi debiti con Robert Altman, con il quale Anderson ebbe la fortuna di lavorare sul set di “Radio America”: quella macchina da presa che si mette a girare lentamente intorno agli attori/personaggi, come se volesse arrivare a inquadrare l’anima nascosta dentro al loro corpo, è un lascito che non può passare inosservato. - - - Daniel Day-Lewis è arrivato all’Oscar con questo film. Giustamente: basterebbe lo showdown finale con Paul Dano per motivare la statuetta. Malfermo sulle gambe che sembrano troppo lunghe come fossero dei trampoli, con la bottiglia di whisky in mano, la barba ispida, gli occhi iniettati di sangue, l’attore incarna perfettamente l’esistenza bestiale cui ormai si è ridotto il suo personaggio. Che veste dimessamente e continua a dormire per terra pur vivendo in una mansione sfarzosa. Che urla in faccia a un H.W. ormai adulto: “Sei solo un bastardo trovato in una cesta!”. Il vuoto, nero come petrolio, trabocca ormai dal pozzo dell’anima di Daniel Plainview.
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carter
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mercoledì 27 maggio 2009
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perplesso
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Pur essendo un gran filmone, molto interessante nel dare un'idea di quel mondo (a noi sconosciuto) dei cercatori di petrolio, corredato -tra l'altro- di una bella fotografia e di una accurata ricostruzione storica, mi ha lasciato perplesso e un po' deluso. Forse per la (manifesta) volontà di eccedere nei toni, evidentemente ritenuta dal regista indispensabile per rappresentare il male intrinseco nel capitalismo e cioè l'avidità che tutto muove e si autoalimenta fino a divenire fine a se stessa, annientando progressivamente qualsiasi valore etico e di umanità. La tesi è buona e condivisibile, il mezzo usato (caratteri e toni sempre sopra le righe) mi hanno infastidito.
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ivan91
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giovedì 16 settembre 2010
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un capolavoro infernale
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un film spettacolare e intenso un daniel day_lewis che ci regala una delle sue più belle interpretazioni della sua carriera in ruolo non facile di un uomo avido di potere e di richezza che vuole vincere a tutti i costi, la storia di un eroe negativo quanto folle che disposto a tutto pur di arricchirsi sempre di più e questo lo porterà alla rovina e all' isolamento fino al tragico finale, un vero e proprio pugno nello stomaco allo spettatore. paul thomas anderson firma il suo più grande film della sua carrriera questa volta però il regista si è superato regalando un film di grande impatto emotivo e delle scene davvero spettacolari senza però perdere la sua morale che vuole mostrarci ovvero il capitalismo e la follia degli uomini.
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un film spettacolare e intenso un daniel day_lewis che ci regala una delle sue più belle interpretazioni della sua carriera in ruolo non facile di un uomo avido di potere e di richezza che vuole vincere a tutti i costi, la storia di un eroe negativo quanto folle che disposto a tutto pur di arricchirsi sempre di più e questo lo porterà alla rovina e all' isolamento fino al tragico finale, un vero e proprio pugno nello stomaco allo spettatore. paul thomas anderson firma il suo più grande film della sua carrriera questa volta però il regista si è superato regalando un film di grande impatto emotivo e delle scene davvero spettacolari senza però perdere la sua morale che vuole mostrarci ovvero il capitalismo e la follia degli uomini. un film crudo folle allucinato un' opera d'arte che non puo mancare nella vostra collezione
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andre1987
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mercoledì 12 marzo 2008
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una storia nera...
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Daniel Playnview (Daniel Day-Lewis), da piccolo “cercatore di petrolio” diventa uno dei più grandi magnati dell’oro nero degli Stati Uniti: disposto a tutto pur di estendere il proprio successo, finirà per divenire pazzo e privo di affetti.
Paul Anderson trae dal romanzo “Oil” la storia di un uomo che ha sempre più sfiducia nei valori positivi del mondo che lo circonda: rinuncia anche alle poche persone per le quali aveva sentito “qualcosa di diverso”, le abbandona quasi definitivamente, ed elimina ogni speranza oltre a quella di realizzare l’unico progetto che rimane nella sua vita: la sua azienda.
Il film trasporta lo spettatore al fianco del protagonista in un viaggio descritto con campi lunghi di paesaggi desolati ed un’apprezzabile colonna sonora che, con i suoi toni acuti, amplifica lo sferragliare dell’impianto di estrazione e la sua nera fisicità: del metallo, come dei corpi sporchi di operai uccisi da troppa sete di potere.
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Daniel Playnview (Daniel Day-Lewis), da piccolo “cercatore di petrolio” diventa uno dei più grandi magnati dell’oro nero degli Stati Uniti: disposto a tutto pur di estendere il proprio successo, finirà per divenire pazzo e privo di affetti.
Paul Anderson trae dal romanzo “Oil” la storia di un uomo che ha sempre più sfiducia nei valori positivi del mondo che lo circonda: rinuncia anche alle poche persone per le quali aveva sentito “qualcosa di diverso”, le abbandona quasi definitivamente, ed elimina ogni speranza oltre a quella di realizzare l’unico progetto che rimane nella sua vita: la sua azienda.
Il film trasporta lo spettatore al fianco del protagonista in un viaggio descritto con campi lunghi di paesaggi desolati ed un’apprezzabile colonna sonora che, con i suoi toni acuti, amplifica lo sferragliare dell’impianto di estrazione e la sua nera fisicità: del metallo, come dei corpi sporchi di operai uccisi da troppa sete di potere.
Il ritmo lento è funzionale per tracciare uno sguardo che ”vede solo il peggio delle persone” evolutosi nel tempo, in seguito a troppi colpi, ma sembra lasciare troppi vuoti in varie sequenze, che avrebbero potuto essere eliminate, per poi ”saltare” al momento finale con il protagonista ormai pazzo.
Daniel Day-Lewis presenta un’ottima interpretazione, e senz’altro meritatissimo rimane il premio Oscar, ma ciò non basta per valorizzare appieno un film che avrebbe potuto costruire in modo più intenso e incalzante la storia di un personaggio “nero”.
Voto:3 stelle
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marco michielis
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martedì 22 febbraio 2011
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un incipit di grandissimo spessore
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Il Petroliere si apre mostrandoci uno schermo nero con in sottofondo la bellissima colonna sonora di Jonny Greenwood. Non può non ricordarci 2001. Sebbene la famossisima scena di Kubrick duri molto di più rispetto a quella di Anderson, la musica tende ad elevare progressivamente il suo tono, come del resto fa anche "Così parlò Zarathustra” di Strauss, con l'unica differenza che quest'ultima concluderà il proprio percorso innalzandosi gloriosa e trionfalistica sull'inquadratura dei diversi pianeti. Inoltre la ripresa delle colline nel Petroliere richiama in modo piuttosto evidente le lande desolate della terra preistorica di 2001.
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Il Petroliere si apre mostrandoci uno schermo nero con in sottofondo la bellissima colonna sonora di Jonny Greenwood. Non può non ricordarci 2001. Sebbene la famossisima scena di Kubrick duri molto di più rispetto a quella di Anderson, la musica tende ad elevare progressivamente il suo tono, come del resto fa anche "Così parlò Zarathustra” di Strauss, con l'unica differenza che quest'ultima concluderà il proprio percorso innalzandosi gloriosa e trionfalistica sull'inquadratura dei diversi pianeti. Inoltre la ripresa delle colline nel Petroliere richiama in modo piuttosto evidente le lande desolate della terra preistorica di 2001. E il silenzio che avvolge questi due incipit ha sempre qualcosa ha che fare con la scoperta, con il progresso, con l'alba per l'appunto. In 2001 l'evoluzione delle scimmie è dovuta all'intervento del misterioso monolito, il quale conferisce una nuova forza agli ominidi che lo toccano solamente, dopo essersi svegliati ed averlo trovato fuori dalla loro tana. Anche il Petroliere ha il suo monolito: è il petrolio. Anch'esso infatti appare all'improvviso, fuoriuscendo copioso dalla terra. Il colore nero che ritorna in entrambi i film è un altro particolare non di poco conto, che contribuisce ad aumentare in modo sensibile la cupezza della scena, aiutato anche dalle colonne sonore conturbanti e minacciose di Ligeti e Greenwood. Intorno al monolito aleggerà una sensazione di mistero per tutta la durata di 2001, mentre il petrolio assumerà connotati minacciosi, in quanto profondamente legato all'avidità e agli omicidi che Daniel commetterà in nome di essa. Si può ancora notare come il progressivo avvicinarsi delle scimmie al monolito, dopo che si sono rese conto che non può far loro del male, sia ripreso da Anderson nel suo film: i cercatori, una volta trovato il petrolio, cominciano ad estrarlo con grande foga e passione, immersi in esso dalla cintola in giù. Il bambino, in seguito protagonista, verrà addirittura idealmente marchiato con una goccia di oro nero.A proposito del bambino io avrei elaborato una teoria che spero vi possa interessare, anche se, ribadisco, è una riflessione personale.Tutti sanno che 2001 si chiude con la celeberrima apparizione dello Starchild, il feto astrale, che, secondo molti, rappresenterebbe un nuovo gradino nella scala dell'evoluzione umana. Ebbene io vedo nel bambino del Petroliere una riproposizione, o perlomeno un riferimento, a questa scena del film del grande Stanley. O meglio al suo cinema in generale. Infatti è opinione consolidata che il feroce sguardo con cui ci aggredisce Alex all'inizio di Arancia meccanica sia direttamente collegato con lo sguardo inespressivo e quasi eterno che ci rivolge lo Starchild. Sembra quasi che Kubrick ci dica: ecco, guardate cosa è diventato quel pargolo innocente ed incontaminato (non ci dimentichiamo infatti che Arancia meccanica è ambientato in un ipotetico futuro). E, come lo Starchild, il figlio adottato del Petroliere ha perso il proprio padre (Dave Bowman può essere considerato tale in 2001, nonostante sia lui stesso che si trasformi), ha attraversato un nuovo mondo, ne ha conosciuto gli orrori, i vizi e le disillusioni, ed è diventato sordo, subendo una trasformazione che, facendogli capire che tipo di persona sia in realtà suo padre, lo aiuterà a non diventare come lui, cioè un malvagio, che qui inoltre interpreta la parte del protagonista. Come Alex. Con una guida, monolite o petrolio che sia, che ci fissa, insensibile alle nostre sofferenze di uomini.
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(di marco michielis)
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alexander 1986
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domenica 4 maggio 2014
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la parabola tra l'inizio e la fine della vita
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USA, fine '800. Il solitario cercatore d'argento Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis) si sporca le mani in miniera alla ricerca di quella fortuna che lo farà uscire dalla miseria e guadagnare il rispetto sociale. Troverà il petrolio e diventerà ricco. Da questo momento in poi, andrà alla ricerca di quella fortuna che lo farà uscire anche dal minimo bisogno e dalla necessità di avere a che fare con la società - a suo modo di vedere, costituita solo da stolti, manigoldi e traditori. Pur di raggiungere questo obiettivo Daniel continuerà di fatto a sporcarsi le mani, stavolta passando sopra tutto e tutti, senza mancare di calpestare terre, persone e perfino la propria dignità.
'Il petroliere' rappresenta un paradosso nella cinematografia recente e non solo, essendo al tempo stesso un kolossal e un saggio di virtuosismo stilistico degno dei maestri più visionari.
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USA, fine '800. Il solitario cercatore d'argento Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis) si sporca le mani in miniera alla ricerca di quella fortuna che lo farà uscire dalla miseria e guadagnare il rispetto sociale. Troverà il petrolio e diventerà ricco. Da questo momento in poi, andrà alla ricerca di quella fortuna che lo farà uscire anche dal minimo bisogno e dalla necessità di avere a che fare con la società - a suo modo di vedere, costituita solo da stolti, manigoldi e traditori. Pur di raggiungere questo obiettivo Daniel continuerà di fatto a sporcarsi le mani, stavolta passando sopra tutto e tutti, senza mancare di calpestare terre, persone e perfino la propria dignità.
'Il petroliere' rappresenta un paradosso nella cinematografia recente e non solo, essendo al tempo stesso un kolossal e un saggio di virtuosismo stilistico degno dei maestri più visionari. Non c'è nulla in questo film che non meriti la qualifica di 'maestoso': la ricotruzione più dettagliata e fedele possibile dell'America del tempo; una fotografia vincitrice dell'Oscar; un cast formidabile (Day-Lewis Oscar vinto di prepotenza) non solo in bravura ma anche in fatto di credibilità estetica; la regia, mai piatta, spesso sorprendente nelle soluzioni tecniche adottate; una colonna sonora originale. La narrazione di Paul Thomas Anderson, tanto cruda e fisica quanto asciutta e antiretorica, accompagna la parabola autoditruttiva di Daniel lasciando parlare solo i volti e le immagini. Come succede in altri film dello stesso regista, lo spettatore non ha i mezzi per entrare di diritto nella psicologia dei personaggi e quindi non gli è concesso il diritto di formarsene un'opinione certa. Si tratta di una violenza sottile, uno schiaffo all'orgoglio del pubblico, che pochi autori si permettono di fare.
Una pietra miliare del cinema del nostro tempo.
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great steven
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mercoledì 5 agosto 2015
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film d'autore con un contradditorio capitalista.
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IL PETROLIERE (USA, 2007) diretto da PAUL THOMAS ANDERSON. Interpretato da DANIEL DAY-LEWIS, PAUL DANO, DILLON FREASIER, KEVIN J. O'CONNOR, CIARAN HINDS, DAVID WILLIS, MARY ELIZABETH BARRETT
Giunto al quinto calvario della sua carriera artistica, P. T. Anderson sa realizzare un film dal sapore epico che non contraddice la sua profonda natura di apologo sensazionalistico sul senso del potere e sul significato della fortuna in una vita dove sono i violenti a dominare, più coi mezzi economici che con l’efferatezza dichiarata e promessa. Daniel Plainview lavora come operaio e minatore nelle zone desertiche degli Stati Uniti centrali, finché un giorno del 1902 non scopre un pozzo petrolifero col quale può avviare una miracolata impresa lavorativa di petroliere, dapprima baciata dalla dea bendata ma col passare del tempo sempre più ingarbugliata e suscettibile di rischi non trascurabili.
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IL PETROLIERE (USA, 2007) diretto da PAUL THOMAS ANDERSON. Interpretato da DANIEL DAY-LEWIS, PAUL DANO, DILLON FREASIER, KEVIN J. O'CONNOR, CIARAN HINDS, DAVID WILLIS, MARY ELIZABETH BARRETT
Giunto al quinto calvario della sua carriera artistica, P. T. Anderson sa realizzare un film dal sapore epico che non contraddice la sua profonda natura di apologo sensazionalistico sul senso del potere e sul significato della fortuna in una vita dove sono i violenti a dominare, più coi mezzi economici che con l’efferatezza dichiarata e promessa. Daniel Plainview lavora come operaio e minatore nelle zone desertiche degli Stati Uniti centrali, finché un giorno del 1902 non scopre un pozzo petrolifero col quale può avviare una miracolata impresa lavorativa di petroliere, dapprima baciata dalla dea bendata ma col passare del tempo sempre più ingarbugliata e suscettibile di rischi non trascurabili. Gli è socio il figlioletto H. W., inizialmente entusiasta di affiancare l’arricchito genitore ma in seguito sempre più distante da lui fino a precipitare in un mutismo che segnerà il decisivo distacco fra le due figure centrali di una pellicola che pone come proprio fulcro l’epicità di una storia di formazione che assurge anche a simbolo del capitalismo negativo e funge da monito contro le crescite economiche troppo fulminee e imprevedibili. Nel corso di venticinque anni dalla scoperta miracolosa del greggio, Plainview sr. apre tanti cantieri quanti sono gli innumerevoli pozzi nei quali agisce da supervisore delle trivellazioni e della raccolta dell’oro nero, un bene prezioso che dovrà contendere a concorrenti spietati. Ma il suo avversario più agguerrito e instancabile sarà un giovane aspirante predicatore, di nome Ily, che tenterà di ingannarlo indicandogli un inesistente e inconsistente luogo da trivellare per far affiorare dal sottosuolo il combustibile fossile sul quale l’imperterrito e ardente capitalista ha costruito la propria inestimabile ricchezza. Il punto debole si riscontra probabilmente in una pericolosa scivolata nel grottesco che si verifica nel finale, ma per il resto abbiamo da analizzare un’opera tecnicamente equilibratissima nell’angolazione eloquente fra pathos e autoironia, sarcasmo e satira, malinconia e ricerca spasmodica della perfezione. Lo stile, come ribadisco, è quello di una vicenda formativa che finisce per danneggiarne i protagonisti, piccoli uomini (compreso Daniel Plainview) che si introducono in faccende troppo grandi per loro con la conseguenza fatale di invischiarsi in trame dalle quali è possibile uscire soltanto con evidenti lesioni. L’attento e prudente regista affida il carico maggiore di espressività alle spalle e alla faccia di un irripetibile D. Day-Lewis (premiato con un sudato Oscar, accolto col merito più gustoso), che sa reggere scena dopo scena un ruolo fra i più sfaccettati e complessi che un attore statunitense abbia affrontato nella Hollywood degli ultimi venticinque anni. C’è anche un P. Dano pomposo, millantatore e magniloquente che tiene testa al protagonista in un continuo botta e risposta incentrato sui temi spadroneggianti della meritocrazia e della plutocrazia, entrambi elementi capaci esclusivamente di arrecare sofferenze a chi se ne appropria ignorandone la malcelata cattiveria. Un altro Academy Award è andato alla fotografia (Robert Elswit), la quale è effettivamente di una suggestione meravigliosa, in grado di ritrarre con verosimiglianza gli USA del primo Novecento, terra di contraddizioni già immersa sulla strada di un progresso traditore, ambivalente e difficile da incatenare. Un eccellente Francesco Pannofino dà la propria voce a Day-Lewis, impreziosendo una parte valorosa proprio per la sua insospettabile originalità. Distribuito dalla Paramount Vantage e dedicato alla memoria di Robert Altman (1925-2006), che non fece in tempo a vederlo.
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stefano capasso
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domenica 11 ottobre 2015
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alle origini della società moderna
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Agli inizi del ‘900 nell’ovest degli Stati Uniti Daniel Plaiview è un cercatore d’argento che casualmente trova il petrolio. Di lì a breve diverrà un esperto di trivellazioni e da uomo spietato qual’ è non avrà difficoltà ad arricchirsi. Fino a che si scontrerà con un giovane predicatore al quale vorrebbe compare la terra per dare il via al più grande affare della sua vita. Tra i due ha inizio un conflitto che durerà nel tempo e che avrà conseguenze tragiche.
Un film molto duro questo di Paul Thomas Anderson con i primi 20 minuti privi di dialogo che indicano il tipo di racconta che farà. Molto fisico, basato sulla lotta continua, sotto e sopra la terra, nel fango e nel petrolio, che i protagonisti fanno per trovare soddisfazione alle proprie aspirazioni di gloria e ricchezza e in definitiva al bisogno di placare quella grande inquietudine che li spinge nelle loro azioni.
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Agli inizi del ‘900 nell’ovest degli Stati Uniti Daniel Plaiview è un cercatore d’argento che casualmente trova il petrolio. Di lì a breve diverrà un esperto di trivellazioni e da uomo spietato qual’ è non avrà difficoltà ad arricchirsi. Fino a che si scontrerà con un giovane predicatore al quale vorrebbe compare la terra per dare il via al più grande affare della sua vita. Tra i due ha inizio un conflitto che durerà nel tempo e che avrà conseguenze tragiche.
Un film molto duro questo di Paul Thomas Anderson con i primi 20 minuti privi di dialogo che indicano il tipo di racconta che farà. Molto fisico, basato sulla lotta continua, sotto e sopra la terra, nel fango e nel petrolio, che i protagonisti fanno per trovare soddisfazione alle proprie aspirazioni di gloria e ricchezza e in definitiva al bisogno di placare quella grande inquietudine che li spinge nelle loro azioni. Un film che mantiene un’alta tensione narrativa per tutte le 2 ore e mezza della sua durata e che in qualche modo ci riporta alle origini della società moderna, al momento in cui qualcuno comincia a sfruttare le risorse del pianeta, e gli esseri umani cambiando per sempre gli le tradizioni e i costumi in uso fino a quel momento
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khaleb83
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mercoledì 18 maggio 2016
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un magnifico affresco
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Daniel Day Lewis lavora molto poco, ma quando lo fa raramente manca il colpo, e questo film ne è l'ennesima conferma.
Non è una pellicola per tutti i palati: è lento, apparentemente inconcludente fin quando tutta la storia non trova finalmente senso nel finale, esplodendo e lasciando con la sensazione di aver avuto un occhio superficiale per tutto il tempo, quasi con un senso di colpa davanti alla maestosa prestazione del protagonista, supportato da un comprimario assolutamente capace di instillare reazioni e da una sceneggiatura semplicemente perfetta. Spesso un film deve scegliere se basarsi sull'intreccio o sui personaggi. Il Petroliere sceglie invece di puntare tutto quanto direttamente sulle emozioni, seminandole, lasciando che si rafforzino sotto terra poco per volta, quasi lontane dall'occhio per poi lasciarle esplodere.
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Daniel Day Lewis lavora molto poco, ma quando lo fa raramente manca il colpo, e questo film ne è l'ennesima conferma.
Non è una pellicola per tutti i palati: è lento, apparentemente inconcludente fin quando tutta la storia non trova finalmente senso nel finale, esplodendo e lasciando con la sensazione di aver avuto un occhio superficiale per tutto il tempo, quasi con un senso di colpa davanti alla maestosa prestazione del protagonista, supportato da un comprimario assolutamente capace di instillare reazioni e da una sceneggiatura semplicemente perfetta. Spesso un film deve scegliere se basarsi sull'intreccio o sui personaggi. Il Petroliere sceglie invece di puntare tutto quanto direttamente sulle emozioni, seminandole, lasciando che si rafforzino sotto terra poco per volta, quasi lontane dall'occhio per poi lasciarle esplodere.
Non c'è molto da dire: è qualcosa che si può soltanto provare. Ed è una cosa che va assolutamente fatta, perché ne vale la pena.
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