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valvestino
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mercoledì 23 gennaio 2008
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non lasciare il cinema, olmi!
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Gentile critico, ho visto ieri in versione home-video CENTOCHIODI e ho subito rimpianto che un autore come Olmi pensi a ritirarsi o a girare documentari. Il suo professore riveste un valore enorme per noi e la nostra generazione di cinquantenni, da vari anni sballottati perche' convinti assertori di un cinema italiano che rivaluti soprattutto climi e paesaggi come il quadro piu' importante in cui ambientare storie e vicende di vita. Riprendo la distinzione del prof. S. Ber- nardi tra paesaggio narrativo e paesaggio pittorico: con il primo, scrive Bernardi, intende il paesaggio integrato e funzionale alla narrazione e alla drammaturgia del film, ed e' appunto il caso delle bellissime inquadrature della campagna padana che solo Olmi sa rendere con senso di miste-ro e di sacro.
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Gentile critico, ho visto ieri in versione home-video CENTOCHIODI e ho subito rimpianto che un autore come Olmi pensi a ritirarsi o a girare documentari. Il suo professore riveste un valore enorme per noi e la nostra generazione di cinquantenni, da vari anni sballottati perche' convinti assertori di un cinema italiano che rivaluti soprattutto climi e paesaggi come il quadro piu' importante in cui ambientare storie e vicende di vita. Riprendo la distinzione del prof. S. Ber- nardi tra paesaggio narrativo e paesaggio pittorico: con il primo, scrive Bernardi, intende il paesaggio integrato e funzionale alla narrazione e alla drammaturgia del film, ed e' appunto il caso delle bellissime inquadrature della campagna padana che solo Olmi sa rendere con senso di miste-ro e di sacro. Ci vengono alla mente Zavattini, Rossellini, e, perche' no, l'Antonioni di GENTE DEL PO. Il protagonista, reso da un intenso Raz Degan, rivela derivazioni composite, perfino un cantautore come L. Dalla coi suoi Messia che ven- gono dal mare. Il suo itinerario tra un popolo padano che, come quello napoletano del Pasolini del DECAMERON, si esprime nel dialetto tipico della sua vita quotidiana, dimostra la degradazione di un misticismo ed ascetismo vissuto come "dannazione", da cui il vandalismo sulla biblio- teca. Le sagre e le feste sono girate con giusto senso della tradizione di quelle terre, come ad es. vediamo nel Brass di MIRANDA o MONELLA. Quindi "il diavolo" e "l'acqua- santa", scriverebbe A. Manzoni. Come ho detto all'inizio, si riprendano quindi temi e stili di un cinema italiano valoroso anche in base alla sua tradi- zione storicamente consolidata, e non si abbia timore di per cosi' dire ricalcare immaginari che non sono stati realizzati. Promuoviamo - siamo nella giornata dell' eliminazione di LA SCONOSCIUTA dall' Oscar, ma Tornatore con MALENA ricalca- va MIRANDA di Brass - gli autori che verranno realmente archiviati in Europa.
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(di gabry)
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mark
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venerdì 11 gennaio 2008
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mio dio perdonalo....
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Un film davvero brutto, senza senso, pieno di luoghi comuni. Poi il patetico utilizzo della gente di campagna...un insulto...nell'albero degli zoccoli c'era passione e verità almeno...qua naufraga tutto nell'jagermeister di Raz...unica e ripeto una scena decente è la biblioteca con i libri inchiodati...per il resto è nulla, nulla senza fine!
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cinephile 62
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sabato 5 gennaio 2008
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non convince
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Premetto di amare molto il maestro Ermanno Olmi.Mi sono accostato pertanto a questo film con molto interesse e tante aspettative.Se l'interesse è stato mantenuto(molti sono infatti gli spunti di riflessione)non sempre le aspettative sono state soddisfatte.C'è infatti qualcosa che non va.Per cominciare la recitazione di Raz Degan lascia perplessi,poi tanti passaggi appaiono non risolti(come mai il protagonista si disfa di tutto ma non della sua potente carta di credito?)il finale poi è alquanto deludente.Peccato:l'idea era ottima ma la realizzazione non è stata all'altezza dell'ispirazione.Un film comunque da vedere perchè fa molto pensare...e se crediamo che il cinema non sia solo intrattenimento,allora anche un film riuscito solo a metà va considerato.
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paolo
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venerdì 7 dicembre 2007
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cento chiodi - olmi "il libro scritto da gesù"
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Quando un uomo di settantasei anni ci parla, ha qualcosa da dirci, ( anche attraverso un film ) io so che prima di trovarne un difetto devo cercare i "cento" pregi che questa comunicazione necessariamente cela o evidenzia.
Nei vari piani di lettura, che comunque si intrecciano magistralmente nello scorrere delle sequenze, prende forma indiscutibilmente un messaggio forte, da ascoltare nella profondità del cuore. L'uomo, l'umanità è artefice del suo futuro in quanto ricerca di comunione continua con Dio, diretta, a pelle, che lo porta anche a ribellarsi a Lui (scena finale), ma poi a ricercarLo.
Il libro laddove diventa sterile schema che si frappone all'incontro con l'altro e con Dio o peggio, va contro l'altro e contro Dio, è da rifiutare come modello.
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Quando un uomo di settantasei anni ci parla, ha qualcosa da dirci, ( anche attraverso un film ) io so che prima di trovarne un difetto devo cercare i "cento" pregi che questa comunicazione necessariamente cela o evidenzia.
Nei vari piani di lettura, che comunque si intrecciano magistralmente nello scorrere delle sequenze, prende forma indiscutibilmente un messaggio forte, da ascoltare nella profondità del cuore. L'uomo, l'umanità è artefice del suo futuro in quanto ricerca di comunione continua con Dio, diretta, a pelle, che lo porta anche a ribellarsi a Lui (scena finale), ma poi a ricercarLo.
Il libro laddove diventa sterile schema che si frappone all'incontro con l'altro e con Dio o peggio, va contro l'altro e contro Dio, è da rifiutare come modello. Quando si parla di libro, si deve avere una visione ampia, larga, ricordaci che nel film il protagonista parla spesso raccontando brani del Vangelo e uniformandosi a quel messaggio, anche se nella scena finale ha un moto di ribellione, che a mio avviso è comunque da interpretarsi come ulteriore ricerca verso ciò che Dio vuole veramente da noi.
Cristo ha scritto un magnifico "libro" nel cuore dei suoi discepoli, che ancora oggi noi possiamo leggere nei nostri cuori, il libro dunque, guida a questa lettura e mai ostacolo.
Spero di aver in sintesi su questi aspetti immodestamente da me trattati, aver interpretato correttamente il, per me, forte messaggio del Maestro Olmi.
Grazie per l'attenzione.
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(di elena)
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luca
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martedì 27 novembre 2007
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centochiodi
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Conosco molto bene i lavori del maestro Olmi e lo stimo molto, ma questa volta sono rimasto decisamente deluso e senza parole alla fine del film.
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domenico
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lunedì 19 novembre 2007
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pasticcio
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E' a dir poco incredibile come questo pasticcio abbia ricevuto critiche più che lusinghiere dalla maggior parte di coloro che lo hanno visto (critici, pubblico, opinionisti vari). E' altrettanto incredibile che un grande cineasta come Olmi sia così pesantemente "caduto" proprio su quello che il regista medesimo sostiene essere il suo testamento ideologico! In sostanza, il film vorrebbe essere una critica al dogmatismo, ai libri che seminano odio invece che aprire le menti, ma fa di tutta l'erba un fascio, mescolando senza alcuna logica il sapere scientifico e quello religioso... dopodichè, come se non bastasse, si produce in un raccapricciante elogio della rozzezza, giocando (in modo astuto?) con la facile presa emotiva che dovrebbe produrre nello spettatore (e a quanto pare ci è riuscito) la comunità di "marginali" salvata da un novello quanto ridicolo Messia (Raz Degan nella parte del Cristo post-moderno è una bestemmia cinematografica anche per un non-credente!).
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E' a dir poco incredibile come questo pasticcio abbia ricevuto critiche più che lusinghiere dalla maggior parte di coloro che lo hanno visto (critici, pubblico, opinionisti vari). E' altrettanto incredibile che un grande cineasta come Olmi sia così pesantemente "caduto" proprio su quello che il regista medesimo sostiene essere il suo testamento ideologico! In sostanza, il film vorrebbe essere una critica al dogmatismo, ai libri che seminano odio invece che aprire le menti, ma fa di tutta l'erba un fascio, mescolando senza alcuna logica il sapere scientifico e quello religioso... dopodichè, come se non bastasse, si produce in un raccapricciante elogio della rozzezza, giocando (in modo astuto?) con la facile presa emotiva che dovrebbe produrre nello spettatore (e a quanto pare ci è riuscito) la comunità di "marginali" salvata da un novello quanto ridicolo Messia (Raz Degan nella parte del Cristo post-moderno è una bestemmia cinematografica anche per un non-credente!).
Il film, quindi, si risolve in un'accozzaglia di luoghi comuni sulla purezza del "buon selvaggio" e sul potere nefasto di chi manipola le vite altrui servendosi di libri più o meno sacri: è girato male (fatta eccezione rari momenti in cui la mano di Olmi, per fortuna, si riconosce ancora!) e recitato peggio da un cast di attori dilettanti di pasoliniana memoria (solo che, spesso, con Pasolini la musica era tutt'altra).
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nigel mansell
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domenica 18 novembre 2007
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dio che non e' sui libri
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Dio non è sui libri, la fede non si trova sui libri ma tra la gente.
Poetico, lento e sognante... (peccato abbia dovuto pagare il dazio delle sponsorizzazioni, BMW, DELL, LAND ROVER, ARMA DEI CARABINIERI ecc.)
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giovedì 8 novembre 2007
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uno spunto interessante, sprecato.
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Lo spunto iniziale del film è di quelli veramente interessanti, che possono far discutere per ore e ore. Ma il film è di una tale banalità che subito te lo dimentichi. A parte la fotografia, molto ben curata, tutto il resto è un festival di stereotipi e luoghi comuni che lasciano disarmati. Il professorino "povero cristo", che butta via tutto il suo avere per sistemarsi in una baracca sul fiume con l'aiuto di "poveri" abusivisti, fatti subito amici. La figura di questi poveretti è pietosa - sono talmente stereotipati e ridicoli da renderli delle vere macchiette. Si prova pena non per la loro condizione, ma per il modo penoso e da saccenti in cui vengono dipinti dall'alto. Frasi banalissime, dettate come perle di saggezza.
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Lo spunto iniziale del film è di quelli veramente interessanti, che possono far discutere per ore e ore. Ma il film è di una tale banalità che subito te lo dimentichi. A parte la fotografia, molto ben curata, tutto il resto è un festival di stereotipi e luoghi comuni che lasciano disarmati. Il professorino "povero cristo", che butta via tutto il suo avere per sistemarsi in una baracca sul fiume con l'aiuto di "poveri" abusivisti, fatti subito amici. La figura di questi poveretti è pietosa - sono talmente stereotipati e ridicoli da renderli delle vere macchiette. Si prova pena non per la loro condizione, ma per il modo penoso e da saccenti in cui vengono dipinti dall'alto. Frasi banalissime, dettate come perle di saggezza. Questo cristo moderno che gira sempre perfetto nonostante viva in una baracca mai reclamata da nessuno. L'uomo cattivo con le ruspe. Il maresciallo buono. La panettiera oca giuliva. Il ragazzo postino intelligente e sapiente. Il portinaio un po' ingenuo e il monsignore con l'occhio di vetro. L'unico discorso tra uomini di cultura (nella parte finale del film tra il professorino e il monsignore) si riduce a poche frasi la cui banalità è davvero sconcertante. Insomma: una vera stronzata. Un film inutile al quale abbiamo pure dato dei soldi! Perchè mai il nostro Ministero debba contribuire alla realizzazione di un film tanto mediocre, che va contro la cultura, e che è comunque realizzato da un regista affermato che di soldi ne avrà abbastanza (e che usa i parenti come direttori di fotografia, direttori di produzione...), resterà per me sempre un mistero. Olmi torni pure a fare i documentari, che per i film non ha più niente da dire.
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kirov
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domenica 4 novembre 2007
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e il verbo si è fatto carne...
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Più che un film una parabola fatta di parabole (del Vangelo, calate sul Po). La parabola di un sapiente che si ribella all'idea di Dio fatta prigioniera nei libri per ritrovarre il Signore nella polvere della vita reale. Crocefiggere i libri è il modo che il novello Cristo sceglie per scendere dalla croce, simbolo di una Fede stilizzata e anestetizzata, e incamminarsi verso l'incontro col cuore della Fede, l'amore per l'Altro. L'altro rappresentato dagli umili dimoranti in un Po che si nega alla volgarità del moderno e al suo rumore (il motocross) e che resiste alla sua mercificazione morale (la speculazione edilizia): "ti ringrazio Padre per aver celato la verità ai sapienti ed averla data agli umili".
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Più che un film una parabola fatta di parabole (del Vangelo, calate sul Po). La parabola di un sapiente che si ribella all'idea di Dio fatta prigioniera nei libri per ritrovarre il Signore nella polvere della vita reale. Crocefiggere i libri è il modo che il novello Cristo sceglie per scendere dalla croce, simbolo di una Fede stilizzata e anestetizzata, e incamminarsi verso l'incontro col cuore della Fede, l'amore per l'Altro. L'altro rappresentato dagli umili dimoranti in un Po che si nega alla volgarità del moderno e al suo rumore (il motocross) e che resiste alla sua mercificazione morale (la speculazione edilizia): "ti ringrazio Padre per aver celato la verità ai sapienti ed averla data agli umili". La religione ancella del potere però non può rinunciare all'idolatria della Parola su cui fonda la sua fortuna terrena, e insegue il Cristo per punirlo della sua "bestiemma" come già Caifa duemila anni fa, e crocefiggerlo alla Legge. Risorto (arresti domiciliari), il Verbo che si è fatto Carne, non torna neppure dalla sua Maddelena prima di scomparire per sempre. Un finale di difficile interpetazione, che impedisce alla parabola d'esser consolatoria. La perdita e la sofferenza restano la cifra dell'esistenza.
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paola
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giovedì 1 novembre 2007
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visto considerando fosse un film introspettivo.
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fim deludente banale oltre nei dialoghi anche nella fotografia.attore totalmente inespressivo banale anche il finale.
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