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marino poduje
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martedì 10 aprile 2007
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finalmente.....
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Finalmente un film piacevole, una bella favola per famiglie, un film da godere nella sua semplice freschezza, un film che non nutre ambizioni di oscar o premi vari ( a parte quello alla carriera del grande Olmi...) ma che fa uscire gli spettatori sorridenti e soddisfatti, a volte anche commossi... Nel panorama del cinema contemporaneo, dopo tanti films presuntuosi, presentati e distribuiti in pompa magna con inutili pretesti di lanciare "messaggi" di ogni tipo, ecco un film fatto con poca spesa e tanto buon gusto...Un ritorno al cinema fatto con attori (quasi tutti) presi dalla strada e proprio per questo più reali e disegnati perfettamente per la loro parte! Un film dalla fotografia incantevole che fa apparire il pur meraviglioso delta del Po, come un paradiso di altri luoghi e tempi.
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Finalmente un film piacevole, una bella favola per famiglie, un film da godere nella sua semplice freschezza, un film che non nutre ambizioni di oscar o premi vari ( a parte quello alla carriera del grande Olmi...) ma che fa uscire gli spettatori sorridenti e soddisfatti, a volte anche commossi... Nel panorama del cinema contemporaneo, dopo tanti films presuntuosi, presentati e distribuiti in pompa magna con inutili pretesti di lanciare "messaggi" di ogni tipo, ecco un film fatto con poca spesa e tanto buon gusto...Un ritorno al cinema fatto con attori (quasi tutti) presi dalla strada e proprio per questo più reali e disegnati perfettamente per la loro parte! Un film dalla fotografia incantevole che fa apparire il pur meraviglioso delta del Po, come un paradiso di altri luoghi e tempi...Bravo Maestro Olmi...Ci ripensi alla sua decisione di non girare più fils...Ci ripensi per il bene del cinema e di noi spettatori!
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michela
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martedì 10 aprile 2007
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bellissimo
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L'ho visto ieri sera. Mi è piaciuto moltissimo. Ha fatto bene, Olmi, a vedere in Raz Degan qualcosa di più del ragazzotto da ginnastica da camera. Bella e delicata la storia, memoriabile la scena iniziale quando scoprono la biblioteca con i libri inchiodati....
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giacomopoi
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martedì 10 aprile 2007
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la lezione
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Ha settantasei anni il Maestro Olmi.
Settantasei anni e non certo la fama del rivoluzionario. Settantasei anni e la voce morbida di chi non mente; l'inflessione dialettale di un nonno bonario che ti conta le fòle, ma le balle mai. Quelle no.
E invece ce l'ha fatta sotto il naso a tutti, il Maestro: agli spettatori da sala d'essai, agli amici critici e a me, emiliano della Bassa, con l'orecchio ancora blandito dalla parlata calda e familiare dei bagnolesi. A noi, che abbiamo gridato al miracolo di un umanesimo fatto di Semplicità e Natura, ripulito dalle incrostazioni dell'Artificio e della Cultura.
Ce l'ha fatta sotto il naso a tutti. Perché quello di Olmi è sì un apologo contro l'ottusità del sapere; ma i veri accusati -e le vittime inconsapevoli- siamo noi, gli Esegeti Tromboni.
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Ha settantasei anni il Maestro Olmi.
Settantasei anni e non certo la fama del rivoluzionario. Settantasei anni e la voce morbida di chi non mente; l'inflessione dialettale di un nonno bonario che ti conta le fòle, ma le balle mai. Quelle no.
E invece ce l'ha fatta sotto il naso a tutti, il Maestro: agli spettatori da sala d'essai, agli amici critici e a me, emiliano della Bassa, con l'orecchio ancora blandito dalla parlata calda e familiare dei bagnolesi. A noi, che abbiamo gridato al miracolo di un umanesimo fatto di Semplicità e Natura, ripulito dalle incrostazioni dell'Artificio e della Cultura.
Ce l'ha fatta sotto il naso a tutti. Perché quello di Olmi è sì un apologo contro l'ottusità del sapere; ma i veri accusati -e le vittime inconsapevoli- siamo noi, gli Esegeti Tromboni.
Funziona più o meno così.
Si prende il canovaccio di una storia vagamente cristologica e lo si affida al più inespressivo degli attori sulla piazza, ricordato dai più per l'interpretazione del figo neghittoso in una pubblicità di amari. Si aggiunge una tirata paurosamente didascalica sui guasti del consumismo e della modernità, infarcita da insopportabili motti moraleggianti da sussidiario. Attori non professionisti, macchiette e battute salaci quanto basta.
Poi si mette al tutto il cappello dell'Opera d'Autore -se 'definitiva' non guasta- e si sta lì sornioni, con la curiosità degli entomologi, a guardare l'effetto che fa.
Ed eccoci lì, noi, gli Esegeti Tromboni, subito pronti a confondere la banalità con la Poesia; pronti come formichine obbedienti a metterci in fila a difesa dell'indifendibile, con sulla schiena le nostre migliori letture, le argomentazioni più ardite, i riferimenti più colti.
Grazie della lezione davvero: ad un certo punto, tutti abbiamo pensato che nel film aleggiasse lo spirito di Fellini; ed invece era 'solo' quello della Monella di Tinto Brass.
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olindo
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martedì 10 aprile 2007
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olmi santo subito?
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Fossi nei panni del bravo Olmi più che essere contento delle buone critiche ricevute, mi incazzerei un pochino. E proprio con certa stampa che ha osannato e esaltato questo suo filmetto perlopiù sciatto e scolorito, attraversato peraltro da brevi e rari momenti di poesia, ma lontano anni luce dalle aspettative create ad arte sull’ultimo film di un grande maestro. Mi incazzerei e farei anche gli scongiuri perché i coccodrilli, già normalmente di cattivo gusto quando la salma è ancora calda, se il personaggio che li ispira è ancora in vita suonano addirittura menagramo. L’impressione che ho avuto, infatti, è proprio questa: di un coro di lodi tessute a priori per l’opera conclusiva … a patto però non ci riprovi più.
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Fossi nei panni del bravo Olmi più che essere contento delle buone critiche ricevute, mi incazzerei un pochino. E proprio con certa stampa che ha osannato e esaltato questo suo filmetto perlopiù sciatto e scolorito, attraversato peraltro da brevi e rari momenti di poesia, ma lontano anni luce dalle aspettative create ad arte sull’ultimo film di un grande maestro. Mi incazzerei e farei anche gli scongiuri perché i coccodrilli, già normalmente di cattivo gusto quando la salma è ancora calda, se il personaggio che li ispira è ancora in vita suonano addirittura menagramo. L’impressione che ho avuto, infatti, è proprio questa: di un coro di lodi tessute a priori per l’opera conclusiva … a patto però non ci riprovi più. Diciamo la verità: se Centochiodi fosse un’opera prima anziché un’opera ultima si chiederebbe all’esordiente come minimo di tornare a settembre, magari dopo un robusto ripasso di alcune lezioni, fra le quali scrittura dei dialoghi, approfondimento dei personaggi e verosimiglianza delle situazioni.
Ci sono passaggi che proprio non convincono, nemmeno a sforzarsi. Tutto il pistolotto sulle religioni e sulla responsabilità di Dio sulla sofferenza umana, ad esempio, che vorrebbe essere semplificato a beneficio delle masse e condensato in qualche memorabile frase ad effetto, si farà ricordare come forse il più banale contributo a uno dei temi più dibattuti e controversi della storia dell’umanità.
E poi, se proprio si voleva volare così alto, era davvero necessario scomodare Blu Panorama? E già che ci siamo, l’Olmi “maestro del cinema industriale” davvero non poteva escogitare di meglio, per ficcare dentro al suo film un po’ di buon “product placement”, che inventarsi dei personaggi inutili che spariscono senza lasciare traccia (vedi la ragazza indiana che limona con Raz e subito dopo è in business class per Calcutta)?. In conclusione, se vogliamo fare di Ermanno un santo, va bene, ma non anticipiamo troppo i tempi tecnici. Considerando anche che, per questo film, un paio di anni di purgatorio non glieli toglie nessuno.
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fedora
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lunedì 9 aprile 2007
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un film per bibliofili
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Da tempo non si vedeva al cinema un film di tale profondità e girato con tale sapienza.Bravo Raz Degan al quale questa volta, per l'indiscutibile intensità della recitazione, si può perdonare il fatto di essere infinitamente bello.Film ricco di citazioni notevoli, prima tra tutte quella del Grande Inquisitore dostoevskjano.Bel film davvero!!
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tara jo
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lunedì 9 aprile 2007
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e' soltanto un film e dietro c' è soltanto un uomo
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Lanacaprina non ha del tutto torto, come non hanno torto nemmeno coloro che lo hanno ritenuto valido, specie quando hanno voluto dare l' interpretazione ad alcune scene. E' un film. Non può dire tutto, né dare tutto. E' soltanto un film e dietro c' è soltanto un uomo, con le sue confusioni; le sue idee, anche profonde; i suoi limiti, anche legati al tempo imposto da una pellicola. In fondo un film dovrebbe solamente farci passare un po' più di un' ora piacevolmnete, esprimendo un certo pensiero del suo autore, nè più nè meno che se gli avessimo parlato insieme. Questo, a me, centochiodi lo ha dato.
Ora amerei incontrare il regista, anche per condividere con lui il mio pensiero, che fondamentalemnte accetta il suo, ma avrebbe anche tante considerazioni da esternare.
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Lanacaprina non ha del tutto torto, come non hanno torto nemmeno coloro che lo hanno ritenuto valido, specie quando hanno voluto dare l' interpretazione ad alcune scene. E' un film. Non può dire tutto, né dare tutto. E' soltanto un film e dietro c' è soltanto un uomo, con le sue confusioni; le sue idee, anche profonde; i suoi limiti, anche legati al tempo imposto da una pellicola. In fondo un film dovrebbe solamente farci passare un po' più di un' ora piacevolmnete, esprimendo un certo pensiero del suo autore, nè più nè meno che se gli avessimo parlato insieme. Questo, a me, centochiodi lo ha dato.
Ora amerei incontrare il regista, anche per condividere con lui il mio pensiero, che fondamentalemnte accetta il suo, ma avrebbe anche tante considerazioni da esternare. Soprattutto per il dopo film, quello cioè che non è stato espresso, forse occultato nella sparizione del professore.
Va bene accusare questo mondo, questo sistema che ormai, lo abbiamo capito, piace solo ai prepotentemente ricchi. Va bene accusare la cultura di occupare un posto, di valore ormai eccessivo, ma la cultura l' hanno fatta gli uomini e sono loro a doverla gestire con equilibrio. E' un po' come quando accusano Internet di malvagità: ma lo vogliamo capire che questo mondo è nelle mani dell' uomo e dipende solamente da ciò che ne farà lui, ciò che gli acadrà?
Di accuse, ormai, ne abbiamo piene librerie e cineteche. Quando si comincerà a vedere una letteratura su carta o su pelicola che proponga un' alternativa? Una ricostruzione?
Un mondo che ci piaccia di più, senza dover buttare a mare nè cultura, nè tecnologia ma usandole invece per ricostruire la parte non materiale dell' uomo? E non mi si chieda qual' è la parte non materiale dell' uomo: per favore, cerchiamola insieme.
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pepp
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lunedì 9 aprile 2007
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gesummariaaaaa
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reduce da un film che oserei dire....che ne so neanche saprei descrivere
a parte il messaggio che la vera vita non è nei libri ma nella vita vissuta, messaggio discutibile ma insomma come si dice ognuno esprime cio che vuole...vogliamo parlare del messia belloccio in bmw col portatile dell??? ma sopratutto vogliamo parlare del messia che grazie alla sua carta di credito paga 26000 euro per salvare in un atto di infinita bontà (del tutto terrena direi) i poveri abusivi sulle rive del po???
a parte le ironie...il film parte bene con il messaggio che è abbastanza chiaro fin dall'inizio ma per favopre non venitemi a raccontare che poi lo stesso messaggio è sviluppato bene... qualcuno ha detto che il personaggio di raz degan sceglie la vera vita.
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reduce da un film che oserei dire....che ne so neanche saprei descrivere
a parte il messaggio che la vera vita non è nei libri ma nella vita vissuta, messaggio discutibile ma insomma come si dice ognuno esprime cio che vuole...vogliamo parlare del messia belloccio in bmw col portatile dell??? ma sopratutto vogliamo parlare del messia che grazie alla sua carta di credito paga 26000 euro per salvare in un atto di infinita bontà (del tutto terrena direi) i poveri abusivi sulle rive del po???
a parte le ironie...il film parte bene con il messaggio che è abbastanza chiaro fin dall'inizio ma per favopre non venitemi a raccontare che poi lo stesso messaggio è sviluppato bene... qualcuno ha detto che il personaggio di raz degan sceglie la vera vita...beh è la vera vita quella di una comunità di abusivi che nel 2005 vive sulle rive del po parlando un dialetto a tratti incomprensibile? o è forse una forzatura che olmi usa per lanciare il suo messaggio?
film buono nelle premesse e nel tema che per quanto discutibile fa pur sempre riflettere ma poi veramente una trashata degna degli attori stessi presi chissà dove....
okok ho ammorbato anche troppo
ciao ciao
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olga
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sabato 7 aprile 2007
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la magia del semplice
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CENTO CHIODI
Ermanno Olmi ha dichiarato che questo sarà il suo ultimo film narrativo. D’ora in poi si dedicherà ai documentari dai quali era partito. Dispiace sentirlo, anche se sono sicura che il saper cambiare (genere o via) è proprio di un grande maestro che sa quando deve di nuovo sperimentare per non ripetersi, così come un grande pittore sa quando deve dare l’ultima pennellata. Per questo motivo Cento chiodi, da ultima creatura, è un concentrato di tutto il modo di pensare tipico di questo regista-poeta, risolto in una sintesi più che matura, quasi sapienziale, senza l’ombra della pesantezza o della pedanteria. E’ un’opera stupenda, di quella bellezza malinconica che hanno i testamenti spirituali, intessuta di immagini pittoriche e suggestive, di atmosfere rarefatte costruite con niente, di una quotidianità non banale, spesso un po’ magica.
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CENTO CHIODI
Ermanno Olmi ha dichiarato che questo sarà il suo ultimo film narrativo. D’ora in poi si dedicherà ai documentari dai quali era partito. Dispiace sentirlo, anche se sono sicura che il saper cambiare (genere o via) è proprio di un grande maestro che sa quando deve di nuovo sperimentare per non ripetersi, così come un grande pittore sa quando deve dare l’ultima pennellata. Per questo motivo Cento chiodi, da ultima creatura, è un concentrato di tutto il modo di pensare tipico di questo regista-poeta, risolto in una sintesi più che matura, quasi sapienziale, senza l’ombra della pesantezza o della pedanteria. E’ un’opera stupenda, di quella bellezza malinconica che hanno i testamenti spirituali, intessuta di immagini pittoriche e suggestive, di atmosfere rarefatte costruite con niente, di una quotidianità non banale, spesso un po’ magica. Ma quello di Olmi è anche un discorso di rigore e purezza, sotteso da una vena polemica raddolcita e schietta, legata ai valori tradizionali, come l’autore, e diretta contro tutte le manipolazioni di tipo dottrinario. Ciò vale soprattutto per ogni fede, che può essere colta nella sua essenza solo se la si pratica ogni giorno della vita, in ogni atteggiamento, in ogni gesto d’attenzione e comprensione del prossimo. In questo caso è possibile davvero imbattersi in un angelo o in un Cristo sotto mentite spoglie, che ci dà e chiede amicizia, che comunica serenità, che ama la natura, che sceglie l’amore e non la violenza. Questo rappresenta il giovane professore che inchioda i libri rari di un’antica biblioteca e poi fugge lungo gli argini del Po, scegliendo, dopo essersi privato di quasi tutto, come domicilio, una casupola diroccata. In mezzo a una natura che sembra intatta, ma non lo è più, presso la grande via d’acqua che scorre, vive una ristretta comunità di gente semplice, che non ha saputo e voluto abbandonare quelle rive. Queste umanità così diverse si incontrano, si intendono, si raccontano ognuna a suo modo, mentre il professore sempre più allude con i propri discorsi e spiegazioni alla figura di Cristo. Finché una ruspa, che vuole sfrattare gli abitanti superstiti accampati in capanne e roulotte, e un maresciallo dei carabinieri che identifica il professore ricercato, non rompono l’incantesimo dell’utopia quasi compiuta. L’insegnante, confessato il suo crimine culturale, andrà in carcere, pur restando convinto che “le religioni non hanno mai salvato il mondo” e che “nel giorno del giudizio sarà Dio a dover rendere conto della sofferenza degli uomini”. Dopo la scarcerazione, gli amici del fiume ne attenderanno invano il ritorno. Cosa voglia dire il regista con questa attesa delusa può essere di duplice interpretazione. Il Cristo stesso rifiuta di tornare in un mondo divenuto così brutto e lontano da lui oppure è l’inesorabile scomparsa dell’utopia che cede alla realtà? Ognuno sceglierà la sua soluzione o ne immaginerà altre. Ermanno Olmi ha fatto la sua parte, invitandoci a guardarsi dentro, regalandoci immagini di un nitore alla Bresson, con un occhio ai Cenacoli o alle Predicazioni nel tempio della nostra pittura, ha fatto di un divo belloccio della tv un personaggio commovente, si è rimesso in gioco come credente. Cosa possiamo chiedergli d’altro?
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elisa
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venerdì 6 aprile 2007
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scusate se ho esagerato
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L'avevo riscritta ma purtroppo il sito ha conservato la prima versione comunque basta non attaccarsi alle parole perchè non è tanto più offensiva di alcune che ho letto.
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riccardo
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venerdì 6 aprile 2007
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congedo di classe...e saggezza.
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Solo i maestri sono in grado di abdicare da uno dei pochi troni ancora eretti sul panorama cinematografico italiano in modo così schivo, senza mediazioni e dichiarazioni di grande clamore. Così Ermanno Olmi fa calare il sipario sulla sua carriera di regista di fiction (intesa come finzione cinematografica) per dedicarsi ad altri scenari meno impegnativi (documentari)che rispetterebbero quell'anagrafe da salvaguardare.
Lui, Olmi, è un cattolico riconosciuto. Quel magnifico affresco "padano" de "L'albero degli zoccoli" ne sottolineava l'ideologia e la matrice. Ora ci consegna un'opera che rimetterebbe tutto in discussione; un apologo amaro ma sincero e consapevolmente critico su quelle certezze che da secoli gli uomini con la tunica e quelli con la papalina più prestigiosa hanno ostentato e sulle quali numerosissimi adepti si sono erroneamente adagiati.
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Solo i maestri sono in grado di abdicare da uno dei pochi troni ancora eretti sul panorama cinematografico italiano in modo così schivo, senza mediazioni e dichiarazioni di grande clamore. Così Ermanno Olmi fa calare il sipario sulla sua carriera di regista di fiction (intesa come finzione cinematografica) per dedicarsi ad altri scenari meno impegnativi (documentari)che rispetterebbero quell'anagrafe da salvaguardare.
Lui, Olmi, è un cattolico riconosciuto. Quel magnifico affresco "padano" de "L'albero degli zoccoli" ne sottolineava l'ideologia e la matrice. Ora ci consegna un'opera che rimetterebbe tutto in discussione; un apologo amaro ma sincero e consapevolmente critico su quelle certezze che da secoli gli uomini con la tunica e quelli con la papalina più prestigiosa hanno ostentato e sulle quali numerosissimi adepti si sono erroneamente adagiati.
E l'autore bergamasco è troppo acuto per non mettere in piazza dubbi ed affondi poco ortodossi che agiterebbero legittimamente molte anime. "Centochiodi" è un dipinto di quella genuinità, di quella semplicità quasi tediosa che fa da sottofondo a molte realtà rurali che rischiano una sommersione mai così crudele e perniciosa per il futuro dell'uomo. Ma la cornice è una metafora di estrema tenerezza. E' su queste placide rive del Po' che il regista snocciola questioni che si esitano anche solo a scrivere.
Le contraddizioni sono il sale della vita, altrimenti accesi dibattiti esistenziali non avrebbero avuto luogo e forse l'eccessiva linearità degli eventi avrebbe inferto un colpo letale al dispositivo che nutre l'umanità: la libertà di parola, e in questo caso di feroce riflessione: i libri possono avere intaccato l'ancestrale ruolo dell'uomo di amare il prossimo? Olmi ci pone di fronte ad un dilemma che avremmo evitato vista la delicatezza dell'argomento: la messa in scena però fa pendere la bilancia verso una verità pericolosa. La fobia che anche il minimo sussulto morale su ciò che ruota intorno a Dio possa essere messo al vaglio della gente pare destabilizzare le coscienze più di quanto pensiamo. Ma è necessario per la nostra crecita intellettuale e storica. La cultura, le leggi di Dio hanno il potere unico di intervenire su un globo terrestre sempre più debilitato. Veramente pensiamo che inculcare i testi sacri ai seguaci sia più istruttivo e costruttivo che dar retta ad un gruppo di vecchi segnati dalle fatiche della vita? Veramente pensiamo che quello che avidamente leggeva il sacerdote in fondo alla biblioteca dei libri chiodati nel film possa avere avuto un seguito materiale nella vita quotidiana?
A dar sfogo alle troppo malcelate inquietudini nostrane ci pensa Raz Degan che Olmi ha plasmato a Dio in terra e uomo di solidarietà e benevolenza. Fa un po' sorridere nell'agiato mondo attuale vedere abbandonare una fuoriserie e soldoni sonanti ma è la sostanza delle immagini che deve emergere.
L'umanità degli esseri umani non deve essere solo scritta o letta, necessita di prove reali, tangibili. Il suggerimento torna più che mai attuale grazie ad un regista più che mai cattolico. Se i dogmi mostrano segnali di cedimento ad onta dei più ossequiosi, probabilmente non è più utopia sperare anche solo nel "dubbio". E se ce lo mostra Ermanno Olmi siamo già oltre la speranza.
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