sylya
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domenica 27 gennaio 2013
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un film da sentire, non da comprendere
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Come e più dell’altro film di Lynch che ho avuto modo di vedere (Mulholland Drive), in Inland Empire vediamo una trama che da lineare o solo vagamente misteriosa si trasforma in un buco nero di scene spezzate, frammenti di una storia che è tante storie, che si distendono su una pellicola di circa tre ore e sembrano riflettere continuamente decine di trame, momenti e personaggi diversi o in diverse prospettive. Lynch prende uno specchio, lo pone di fronte ad una trama (potenzialmente) logica, lo rompe e ci mostra il riflesso di ogni pezzo del mosaico, che però non aiuta a ricomporre ciò che prima era un intero e che dunque non permetterà mai di vedere la trama iniziale, bensì essa in decine di dimensioni diverse, raccogliendone colori e sfumature, dettagli e luci, che non saranno mai più altro che pezzi.
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Come e più dell’altro film di Lynch che ho avuto modo di vedere (Mulholland Drive), in Inland Empire vediamo una trama che da lineare o solo vagamente misteriosa si trasforma in un buco nero di scene spezzate, frammenti di una storia che è tante storie, che si distendono su una pellicola di circa tre ore e sembrano riflettere continuamente decine di trame, momenti e personaggi diversi o in diverse prospettive. Lynch prende uno specchio, lo pone di fronte ad una trama (potenzialmente) logica, lo rompe e ci mostra il riflesso di ogni pezzo del mosaico, che però non aiuta a ricomporre ciò che prima era un intero e che dunque non permetterà mai di vedere la trama iniziale, bensì essa in decine di dimensioni diverse, raccogliendone colori e sfumature, dettagli e luci, che non saranno mai più altro che pezzi. Nonostante questo, il film è intriso, anche grazie a delle riprese intense ed ai lenti primi piani accompagnati da musiche d’atmosfera non da poco, di una carica comunicativa che per qualche motivo mi impedisce di considerarlo un film brutto..nonostante la trama non abbia un senso -o perlomeno non uno solo, razionale, nè interpretazioni che sappiano spiegarne tutte le scene. Per tre ore permette di immergersi in un vortice di sensazioni che persino lo spettatore potrebbe non riuscire a spiegarsi, a provare rassicurazione, tensione, timore, inquietudine, commozione ed arrivare alla fine con un enorme punto interrogativo senza riuscire a smettere di pensarci, finendo così a cogliere, lentamente ed a volte con un po’ di ritardo, piccoli dettagli e collegamenti che rendono la trama un intreccio sempre più ipnotico.
Laura Dern è una meraviglia, pur non eccezionale, ma adeguatissima, profonda e adatta, così come gli altri, funzionali ed altrettanto adatti. La regia merita, anche nelle sue cadute trash, ed il resto non è commentabile. E’ un film di sensazioni, non di tecnica nè di trama. Lo consiglio solo a chi è disposto ad accettare uno stile comunicativo assolutamente diverso dal consueto. Altrimenti risulterebbe, agli occhi della persona sbagliata, un film privo di senso, un’accozzaglia di frammenti insensati. Quale non è.
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marco
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sabato 10 febbraio 2007
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più che un film, un'esperienza
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Un film da girare. Un'attrice che deve interpretare il ruolo di una donna fedigrafa, ma finisce con il tradire realmente il proprio marito. Un mistero e un mistero che avvolgono questo film [i]Il buio cielo del domani[/i], remake di una pellicola mai portata a termine, causa morte dei due attori protagonisti. La trama di INLAND EMPIRE è comunque un semplice pretesto; un punto di partenza da cui si sviluppa un viaggio allucinato nella psiche, nell'inconscio; nei sogni e nelle paure; nei desideri e nei ricordi. Una vera e propria odissea mentale e fisica quella dell'attrice Nikki Grace (una grandissima Laura Dern) che altro non è che un libero flusso di pensiero, immagini e suoni che prendono diverse direzioni.
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Un film da girare. Un'attrice che deve interpretare il ruolo di una donna fedigrafa, ma finisce con il tradire realmente il proprio marito. Un mistero e un mistero che avvolgono questo film [i]Il buio cielo del domani[/i], remake di una pellicola mai portata a termine, causa morte dei due attori protagonisti. La trama di INLAND EMPIRE è comunque un semplice pretesto; un punto di partenza da cui si sviluppa un viaggio allucinato nella psiche, nell'inconscio; nei sogni e nelle paure; nei desideri e nei ricordi. Una vera e propria odissea mentale e fisica quella dell'attrice Nikki Grace (una grandissima Laura Dern) che altro non è che un libero flusso di pensiero, immagini e suoni che prendono diverse direzioni. Un flusso selvaggio e inarrestabile, non lineare, soggetto alle più svariate interpretazioni, intuizioni ed emozioni personali. E' praticamente impossibile dare una spiegazione univoca di ciò che si vede; sia per limiti oggettivi, sia perchè non è questo lo scopo del film. Un'apertura sensoriale a trecentosessanta gradi e una liberazione creativa che rimette in discussione tutti i canoni e lo schematismo dell'arte cinematografica, dando vita qualcos'altro. La rappresentazione di un incubo, di un mondo onirico che non ha freni inibitori e che quindi in tal modo deve essere rappresentato. Tutto realizzato da Lynch in modo esemplare, con una suggestione e un fascino quasi unici. Un'opera che parla di sogni, vita e finzione, non come elementi tra di loro separati, ma anzi compenetranti; l'uno indispensabile all'altro. La televisione diventa specchio di ciò che ci circonda; un ritratto di una società disumanizzata ed in questo è significativa la ripresa dei [i]Rabbits[/i], così come delle risate pre-registrate che cadono su parti del discorso morte o che non dovrebbero suscitare la minima ilarità. Il cinema come unico mezzo per poter rappresentare questo flusso di idee. Ma soprattutto la convinzione che cinema e vita siano un'unica realtà: la realtà influenza il cinema esattamente come il cinema influenza la realtà. In questo senso è esemplificativa la vicenda di base: un soggetto cinematografico trova applicazione nella vita vera, tanto più che la stessa protagonista non riesce più a distinguere questi due universi. E di questo inganno sono ovviamente vittime anche gli spettatori. Nikki/Susan che si accascia a terra e muore in mezzo all'immondizia tra due barbone che parlano come se nulla fosse; noi siamo convinti che il film INLAND EMPIRE finisca in quel momento, ma un movimento di macchina ci mostra a sua volta una macchina da presa. E' l'inganno del cinema. E la conclusione non può che provocare disorientamento in ogni caso, sia che si sia amato o si sia odiato ciò che si è appena visto. Più che un film, un'esperienza: unica, emozionante e spiazzante.
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spencer
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lunedì 12 maggio 2008
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complesso e kafkiano
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Lynch torna ad abbracciare la sua visione del cinema(e forse anche dell'arte)come qualcosa di integrante e palpabile nella vita reale,come e forse di più che nelle sue opere prime(i personaggi con la testa di coniglio potrebbero essere una citazione del suo primo lungometraggio"Rabbits").Riesce ad entrare nell'animo della protagonista facendo vivere allo spettatore i suoi incubi e le sue angosce,bombardandolo senza sosta con elementi ora orrorifici,ora comprensibili,ora enigmatici(vedi le persone "normali" come prostitute,week enders ad un barbeque,barboni,ecc...)creando un'atmosfera disturbante,psichedelica e onirica insieme.La lunghezza eccessiva può spazientire,e va da se che chi non ha visto almeno tutti i precedenti film del regista non potrà assolutamente apprezzare.
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Lynch torna ad abbracciare la sua visione del cinema(e forse anche dell'arte)come qualcosa di integrante e palpabile nella vita reale,come e forse di più che nelle sue opere prime(i personaggi con la testa di coniglio potrebbero essere una citazione del suo primo lungometraggio"Rabbits").Riesce ad entrare nell'animo della protagonista facendo vivere allo spettatore i suoi incubi e le sue angosce,bombardandolo senza sosta con elementi ora orrorifici,ora comprensibili,ora enigmatici(vedi le persone "normali" come prostitute,week enders ad un barbeque,barboni,ecc...)creando un'atmosfera disturbante,psichedelica e onirica insieme.La lunghezza eccessiva può spazientire,e va da se che chi non ha visto almeno tutti i precedenti film del regista non potrà assolutamente apprezzare.Anche agli iniziati,comunque,è richiesto un bel pò di impegno.Non è certo un film da dopocena con gli amici.William H.Macy è il presentatore del Talk Show.
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[+] solo una precisazione
(di matteoduranti)
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sirio
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venerdì 20 marzo 2009
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ai limiti del visionario
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Un'attrice intrappolata in un personaggio da interpretare. O forse è il contrario? O forse questo non centra proprio nulla. Realtà, finzione, concreto, astratto, tangibile: solo parole fini a sé stesse, che qui abbandonano il proprio significato e ci trascinano in una spirale sensoriale. Un'infinita sequenza di immagini e suoni che si intrecciano tra loro in un turbinare di emozioni che non possono lasciare indifferente lo spettatore, se solo per un attimo vogliamo lasciare da parte la razionalità a cui siamo tanto assuefatti e che ci costringe per abitudine a cercare di dare un senso a tutto.
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noia1
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venerdì 6 giugno 2014
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“è tutto ok, stai solo morendo …”
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Folle serie di complessi flashback il cui filo conduttore consiste nella relazione tra Nikki, il personaggio del film da lei interpretato e una ragazza che guarda una TV nella quale si dipana la vicenda dell’attrice.
Come al solito non aspettiamoci un film facile, se dietro la cinepresa c’è il maestro del delirio cinematografico (David Lynch) non ci si può aspettare di perdere due ore stravaccati sul divano. David Lynch, un regista a cui non basta sconvolgerci con il suo immenso talento, non serve che sto qui a perdere tempo ad elencare i meriti di sceneggiatura, tecnici e la bellezza delle varie inquadrature perché si sa già anche prima di vedere il film che saranno al limite della perfezione.
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Folle serie di complessi flashback il cui filo conduttore consiste nella relazione tra Nikki, il personaggio del film da lei interpretato e una ragazza che guarda una TV nella quale si dipana la vicenda dell’attrice.
Come al solito non aspettiamoci un film facile, se dietro la cinepresa c’è il maestro del delirio cinematografico (David Lynch) non ci si può aspettare di perdere due ore stravaccati sul divano. David Lynch, un regista a cui non basta sconvolgerci con il suo immenso talento, non serve che sto qui a perdere tempo ad elencare i meriti di sceneggiatura, tecnici e la bellezza delle varie inquadrature perché si sa già anche prima di vedere il film che saranno al limite della perfezione. In ogni caso si va oltre la bellezza del film deformando tutto all’insegna dell’angosciante fino a condizionare lo spettatore, lo si disturba senza il bisogno di immagini orrorifiche ma bensì sfruttando le proprie doti di regia in maniera distorta.
POSSIBILI SPIEGAZIONI DEL FINALE (SOLO PER CHI HA GIÁ VISTO IL FILM): tutto potrebbe essere il gigantesco sogno della ragazza che guarda la TV e che rivive il tutto nella sua testa immedesimandosi in Nikki che a sua volta interpreta Sue, probabilmente la ragazza ha ucciso il marito ma (come si vede alla fine) inizialmente spaesata da ciò, saprà poi ritrovare sé stessa e probabilmente è proprio lei la ragazza di cui parla la vecchia all’inizio – una ragazza che ha perso sé stessa ma che poi ha ritrovato la strada ̶ ; l’altra ipotesi sta nella possibilità che sia tutto un delirio di Nikki trafitta dal cacciavite, in effetti lei guarda da un foro (simile a quello causato dal cacciavite stesso) e quel guardare attraverso il foro potrebbe essere una metafora per rappresentare il primo sguardo della ragazza nell’aldilà o anche la visione del mondo che ha la ragazza nel delirio della morte.
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jacopo b98
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martedì 23 giugno 2015
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l'ultimo lynch: un indimenticabile addio
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Una famosa attrice (Dern) di Hollywood deve girare un film importante. A una riunione però scopre che il film altro non è che un remake di un film mai terminato, a causa della morte di alcuni membri del cast. La donna è in pericolo: non sa perché ma ne è certa, grazie anche all’inquietante rivelazione di una vicina di casa (Zabriskie). La donna viene scaraventata in un vortice senza fondo di sogni, incubi, deliri, in cui nulla è più distinguibile, fra realtà, finzione filmica e puro delirio. David Lynch pare davvero giunto all’arrivo, punto di conclusione di una carriera leggendaria, punteggiata da capolavori senza pari (The Elephant Man, Una storia vera, Mulholland Drive, solo per citarne alcuni).
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Una famosa attrice (Dern) di Hollywood deve girare un film importante. A una riunione però scopre che il film altro non è che un remake di un film mai terminato, a causa della morte di alcuni membri del cast. La donna è in pericolo: non sa perché ma ne è certa, grazie anche all’inquietante rivelazione di una vicina di casa (Zabriskie). La donna viene scaraventata in un vortice senza fondo di sogni, incubi, deliri, in cui nulla è più distinguibile, fra realtà, finzione filmica e puro delirio. David Lynch pare davvero giunto all’arrivo, punto di conclusione di una carriera leggendaria, punteggiata da capolavori senza pari (The Elephant Man, Una storia vera, Mulholland Drive, solo per citarne alcuni). Infatti non sono solo le dichiarazioni del regista (che ha annunciato la conclusione della sua carriera cinematografica) a farci pensare che INLAND EMPIRE (Lynch vuole che venga scritto maiuscolo) possa essere il suo ultimo film, bensì il film stesso, che è sostanzialmente un testamento finale, un’opera definitiva e conclusiva, che di certo richiederà centinaia di visioni per venirne a capo: insomma, Lynch ci ha lasciato parecchio da pensare sul suo forse ultimo film. Contrariamente a Mulholland Drive (a parere di chi scrive l’opera più riuscita e significativa del regista), in cui l’autore creava un puzzle colossale in cui raccapezzarsi era sostanzialmente impossibile, ma trovare un’interpretazione psicologica era interessante e persino divertente, qui Lynch decide deliberatamente di perdersi (letteralmente) nel film. INLAND EMPIRE è un film creato dal suo autore con la certezza assoluta che mai nessuno ne verrà a capo: anche solo provarci è impossibile. Non è un film che vuole essere capito e in questo senso è un “non film”, eppure è uno dei film più cinematografici che Lynch abbia fatto. La trama qui ha poca importanza: Lynch è un maestro, un prestigiatore; il trucco c’è ma lui non vuole farcelo capire in alcun modo. E a noi non resta nient’altro da fare che guardare ammirati il trionfale gioco di carte che il Maestro ci ha preparato. Ci si emoziona, ci si commuove (grazie anche ad una prova mastodontica di Laura Dern), si è letteralmente travolti dal film, che ci immerge nel suo mondo: l’impero della mente. E per oggetto INLAND EMPIRE ha il più onorevole di tutti, in campo cinematografico: il vedere. Tutti “guardano” nel film, tutti guardano gli altri, se stessi, storie e ancora storie, in un labirinto visivo sconvolgente e terrificante. Lynch l’ha scritto giorno per giorno durante le riprese (e questo già dice tutto) e l’ha girato in digitale con cineprese semi-professionali (infatti l’immagine è sgranata e relativamente di bassa qualità, ma ha una potenzialità espressiva quasi senza pari, che mai con la pellicola si sarebbe potuta ottenere). Non c’è uscita da un film come questo: bisogna solo affogare in questo vortice immaginifico, creato come agghiacciante fusione di musica e immagine. C’è chi non l’ha amato, ma è normale: non è un film per tutti e di certo chi vuole una storia nel senso stretto del termine si orienti su altre visioni, ma di certo per chi ha voglia di affrontare una visione totale e impegnativa è il film perfetto. Grandioso il finale conciliatorio e liberatorio. È un film psicologico nel senso stretto del termine: pieno di allusioni, simmetrie, luoghi che tornano e ritornano…proprio come nei sogni. Per questo Lynch è uno dei più grandi autori di sempre: è l’unico (probabilmente sì, l’unico!) che sia davvero riuscito a mostrare all’uomo il sogno in tutte le sue sfaccettature. L’unico che davvero è riuscito a farci sognare.
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giacomo93
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domenica 18 giugno 2017
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allucinato, allucinante, eppure perfetto.
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Incomprensibile, allucinato, allucinante, eppure perfetto. "INLAND EMPIRE - l'impero della mente" è un'esperienza. Non cerca di avere un senso, ma lascia che ognuno trovi il suo significato. Non si lascia raccontare, ma fa vivere emozioni. Non si lascia seguire, ma ti trascina in un vortice di sequenze oniriche, da sogno, da incubo. Fugge l'idea di film per diventare opera d'arte. Il film è unico, ma mutevole: ogni volta ci sarà qualcosa di nuovo a livello dell'esperienza. Le immagini ci trascianno in un buco nero dove i personaggi galleggiano e si mostrano, uno dietro l'altro. Sta a noi capire, interpretare, ma soprattutto sentire cosa quest'opera voglia dirci.
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Incomprensibile, allucinato, allucinante, eppure perfetto. "INLAND EMPIRE - l'impero della mente" è un'esperienza. Non cerca di avere un senso, ma lascia che ognuno trovi il suo significato. Non si lascia raccontare, ma fa vivere emozioni. Non si lascia seguire, ma ti trascina in un vortice di sequenze oniriche, da sogno, da incubo. Fugge l'idea di film per diventare opera d'arte. Il film è unico, ma mutevole: ogni volta ci sarà qualcosa di nuovo a livello dell'esperienza. Le immagini ci trascianno in un buco nero dove i personaggi galleggiano e si mostrano, uno dietro l'altro. Sta a noi capire, interpretare, ma soprattutto sentire cosa quest'opera voglia dirci.
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figliounico
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lunedì 28 novembre 2022
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straordinario ma inguardabile
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Linch smonta il mondo costruito dalla mente ordinaria, squarcia il velo di Maya e ce lo mostra nudo, ovvero come un’accozzaglia di immagini senza senso e senza tempo. D’obbligo il riferimento a Pirandello, a Sei personaggi in cerca d’autore, per il rapporto ambiguo e reciprocamente trasmutante tra realtà e finzione, a Persona di Bergman per la trasposizione dell’inconscio in celluloide, a L’innominabile di Beckett per l’abbandono dei consueti schemi sintattici del racconto. Lo stile è quello immaginifico, visionario, onirico, surreale di Muholland Drive e Strade perdute, laddove tuttavia era conservata marginalmente la logica convenzionale e la successione cronologica degli avvenimenti, sebbene perversamente invertita o involuta su se stessa a loop.
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Linch smonta il mondo costruito dalla mente ordinaria, squarcia il velo di Maya e ce lo mostra nudo, ovvero come un’accozzaglia di immagini senza senso e senza tempo. D’obbligo il riferimento a Pirandello, a Sei personaggi in cerca d’autore, per il rapporto ambiguo e reciprocamente trasmutante tra realtà e finzione, a Persona di Bergman per la trasposizione dell’inconscio in celluloide, a L’innominabile di Beckett per l’abbandono dei consueti schemi sintattici del racconto. Lo stile è quello immaginifico, visionario, onirico, surreale di Muholland Drive e Strade perdute, laddove tuttavia era conservata marginalmente la logica convenzionale e la successione cronologica degli avvenimenti, sebbene perversamente invertita o involuta su se stessa a loop. Inland empire scardina il concetto di realtà, abbandona del tutto l’dea di mettere in scena una vicenda sensata, frustra l’affannosa ricerca di significato dello spettatore, sbeffeggiato paradossalmente dalla vecchietta che all’inizio del film racconta una storiella incomprensibile alla protagonista, una bravissima Laura Dern che rende interessante una pellicola altrimenti straordinaria ma inguardabile con i nostri poveri occhi mortali e soprattutto troppo lunga e dannatamente noiosa. Apprezzabile il cammeo di William Macy, peccato si riduca a una comparsata.
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darjus
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mercoledì 11 aprile 2007
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la vita non ha senso,xchè dovrebbe averne un film?
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Lynch moltiplica esponenzialmente la tetra-tomia chiasmica sogno/veglia – finzione/realtà, attraverso la tecnica del meta-linguaggio e usando un approccio antinarrativo, atemporale ed illogico, proprio dello stato del sogno. “Inland Empire” è, in tutta la sua evidente schizofrenia, un incubo di pulsioni che strazia ogni residuo di purezza, dilaniando le carni del vivere comune. I continui paradossi tra reale, simbolico ed immaginario si perdono nei labirinti della mente ed i vari livelli si contaminano, mescolandosi ed influenzandosi in maniera reciproca. E così un film ritrae eventi reali accaduti durante la lavorazione di un altro film che condiziona la trama del primo film che, a sua volta, determina diverse realtà.
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Lynch moltiplica esponenzialmente la tetra-tomia chiasmica sogno/veglia – finzione/realtà, attraverso la tecnica del meta-linguaggio e usando un approccio antinarrativo, atemporale ed illogico, proprio dello stato del sogno. “Inland Empire” è, in tutta la sua evidente schizofrenia, un incubo di pulsioni che strazia ogni residuo di purezza, dilaniando le carni del vivere comune. I continui paradossi tra reale, simbolico ed immaginario si perdono nei labirinti della mente ed i vari livelli si contaminano, mescolandosi ed influenzandosi in maniera reciproca. E così un film ritrae eventi reali accaduti durante la lavorazione di un altro film che condiziona la trama del primo film che, a sua volta, determina diverse realtà. L’arte, com’è noto, cattura il reale, e il sogno può costituire il vero stato cosciente, anche quando è confuso. Lynch si rivolge dunque ad un subconscio duale: a quello che sta nella testa ed a quello che sta nelle budella; e, in tre debordanti ore, riesce a stimolare sensazioni, far provare brividi, angustiare e alienare, il tutto senza giovarsi di una trama, semplicemente con l’uso delle immagini e incurante del rischio di risultare sesquipedale. La tecnica è consapevolmente e compiaciutamente sublime: dal montaggio all’uso parossistico e paradossale dei primi piani, passando per la combinazione di pellicola e digitale; e le strabilianti istantanee in movimento riproducono un’estetica surrealista o da pop-art (i leprotti sono fatti di pura genialità visiva). Ciò che impedisce ad “Inland empire” di essere perfetto, però, è il suo stesso pregio: l’incoerenza narrativa e l’illogicità della sinossi si riducono a simboli e metafore che si trasformano in un mero significante di un concetto già rivisitato (segnatamente dallo stesso Lynch): la realtà apparente è ingannevole e falsa almeno quanto Hollywood e perbenismo, fama, ricchezza e affettazione nascondono degrado, malvagità e impurità di ogni genere. E’ dunque lo stesso incubo dell’impero interiore a togliere all’opera originalità e potenza filosofica, riducendola a film privo di senso ma fatto di sensazioni, ineluttabilmente rivolte a ritrarre l’insensatezza della vita. Ottima Laura Dern, cameo per Nastassja Kinski e, solo nella voce, anche per Naomi Watts.***1/2
http://lemierecensioni.blog.tiscali.it/
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giuliana
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martedì 6 febbraio 2007
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laura dern è una dea
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Ragazzi, mettete da parte i pregiudizi e vedetevi il film anche solamente per le stupende interpretazioni degli attori (molti sono già comparsi in diversi film di Lynch, e qui tornano nel loro splendore sotto una luce completamente diversa).
Il film è innovativo e allo stesso tempo riassume tutta la poetica lynchana.
E' davvero un piccolo capolavoro, un gioiello del cinema contemporaneo che rimarrà impresso forse addirittura più degli altri suoi film, anche per il magico connubio di due mondi che prima nella sua filmografia non si erano mai incontrati veramente, se non verbalmente: parlo degli Stati uniti e dell'Europa.
Un pensierino da parte mia: il link a un sito francese in cui potete visionare un altro trailer (bande-annonce) e 3 spezzoni dal film in lingua originale, sottotitolati in francese.
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Ragazzi, mettete da parte i pregiudizi e vedetevi il film anche solamente per le stupende interpretazioni degli attori (molti sono già comparsi in diversi film di Lynch, e qui tornano nel loro splendore sotto una luce completamente diversa).
Il film è innovativo e allo stesso tempo riassume tutta la poetica lynchana.
E' davvero un piccolo capolavoro, un gioiello del cinema contemporaneo che rimarrà impresso forse addirittura più degli altri suoi film, anche per il magico connubio di due mondi che prima nella sua filmografia non si erano mai incontrati veramente, se non verbalmente: parlo degli Stati uniti e dell'Europa.
Un pensierino da parte mia: il link a un sito francese in cui potete visionare un altro trailer (bande-annonce) e 3 spezzoni dal film in lingua originale, sottotitolati in francese. Per chi non ha ancora visto il film o abita in zone dove il film non sarà proiettato, rifatevi la bocca con questi.
http://www.commeaucinema.com/bandes-annonces=45760.html
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[+] é vero!
(di luca)
[ - ] é vero!
[+] grazie
(di bruce harper)
[ - ] grazie
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