alberto d.
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mercoledì 22 agosto 2007
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non solo contro il fast food
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L'intreccio di diverse storie, alcune incompiute, non mi pare una pecca del film, anzi.
Sarò stato condizionato dalla definizione del film come fortemente 'politico' - nella recensione citata nelle locandine - ma lo sguardo del regista sembra andare ben oltre il tema alimentare o ecologista, per coinvolgere il dramma di una società cinica, la cui umanità e legalità alla prova dei fatti si riducono, l'una, a ingenuità; l'altra, ad enunciazione di principio facilmente e impunemente violata.
Le decisioni (e quindi le vicende umane) sono determinate solo più dall'interesse pragmatico di ciascuno, che sia il 'produttore' di carne che sfrutta la manipolabilità del mercato e dei lavoratori per aumentare i dividendi, ovvero l'ossessione sessuale del responsabile del capo-reparto dello stabilimento, o ancora la disperazione (e l'amore) della messicana innocente di cuore che si piega al capo-reparto (in senso non metaforico) per ottenere le peggiori mansioni nel peggiore dei posti di lavoro.
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L'intreccio di diverse storie, alcune incompiute, non mi pare una pecca del film, anzi.
Sarò stato condizionato dalla definizione del film come fortemente 'politico' - nella recensione citata nelle locandine - ma lo sguardo del regista sembra andare ben oltre il tema alimentare o ecologista, per coinvolgere il dramma di una società cinica, la cui umanità e legalità alla prova dei fatti si riducono, l'una, a ingenuità; l'altra, ad enunciazione di principio facilmente e impunemente violata.
Le decisioni (e quindi le vicende umane) sono determinate solo più dall'interesse pragmatico di ciascuno, che sia il 'produttore' di carne che sfrutta la manipolabilità del mercato e dei lavoratori per aumentare i dividendi, ovvero l'ossessione sessuale del responsabile del capo-reparto dello stabilimento, o ancora la disperazione (e l'amore) della messicana innocente di cuore che si piega al capo-reparto (in senso non metaforico) per ottenere le peggiori mansioni nel peggiore dei posti di lavoro.
Nessuna speranza oltre l'indignazione: in America (che è non un luogo fisico ma una prospettiva del XX secolo) la speranza e la dignità dell'uomo si comprano e si vendono ogni giorno per meno di 80 dollari; servite con un sorriso e contorno di patate fritte.
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[+] non dispersivo, anzi una sintesi su cui riflettere
(di andre j)
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cinofilo_bau
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mercoledì 2 luglio 2008
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difficile da digerire
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Colpo mortale agli ultimi paninari, questo film ha la struttura della fiction ma assomiglia ad un documentario, tanto e' didascalico nei suoi intenti, anzi nel suo intento, che e' praticamente quello di mettere a nudo la mancanza di etica che sta dietro il business dei fast food. La storia, un po fiacca come plot ma fortissima come contenuto, e' imbastita su un manager di una catena di fast food (come fosse mac donald) che viene inviato a indagare sui processi di produzione di una industria di macellazione fornitrice della sua catena (e co-fautrice del suo successo). Scopre l'acqua calda, e cioe' che l' unico fine del profitto a qualsiasi costo, spinge la industria, sebbene operante in ambienti asettici e "a norma" a mantenere ritmi di lavoro, nella catena di trasformazione delle carni bovine, forsennati che non lasciano sufficiente tempo ai lavoratori (immigrati clandestini dal messico trattati come bestie)per compiere il lavoro in sicurezza ne' per la loro incolumita' personale,(e' un carnevale di arti triturati) ne per gli standard igienici del prodotto che risulta quasi sempre contaminato dalle viscere degli animali rimosse con troppa fretta (batteri fecali).
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Colpo mortale agli ultimi paninari, questo film ha la struttura della fiction ma assomiglia ad un documentario, tanto e' didascalico nei suoi intenti, anzi nel suo intento, che e' praticamente quello di mettere a nudo la mancanza di etica che sta dietro il business dei fast food. La storia, un po fiacca come plot ma fortissima come contenuto, e' imbastita su un manager di una catena di fast food (come fosse mac donald) che viene inviato a indagare sui processi di produzione di una industria di macellazione fornitrice della sua catena (e co-fautrice del suo successo). Scopre l'acqua calda, e cioe' che l' unico fine del profitto a qualsiasi costo, spinge la industria, sebbene operante in ambienti asettici e "a norma" a mantenere ritmi di lavoro, nella catena di trasformazione delle carni bovine, forsennati che non lasciano sufficiente tempo ai lavoratori (immigrati clandestini dal messico trattati come bestie)per compiere il lavoro in sicurezza ne' per la loro incolumita' personale,(e' un carnevale di arti triturati) ne per gli standard igienici del prodotto che risulta quasi sempre contaminato dalle viscere degli animali rimosse con troppa fretta (batteri fecali). Questo scopre e non solo, scopre anche che tutti lo sanno, tutti sanno che per avere un prodotto a basso costo non si puo' guardare troppo per il sottile. Il taglio sovente documentaristico contribuisce ad acuire il senso di disagio che si prova assistendo alla narrazione e anche se il racconto a volte si perde qua e la inseguendo episodi che non hanno una conclusione ( ma puo' essere voluto per accrescere il senso di veridicita del racconto) ne risulta un film potente, di denuncia. Riuscito.
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delauris
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lunedì 13 agosto 2007
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wow! bel film!
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Il film scorre bene, storie parallele un po' alla Inarritu, non si capisce bene cosa abbiano a che fare tra loro, il che crea interesse. Anche il taglio realista senza fronzoli ha un sapore quasi di documentario, ci invita a seguire le storie. Il messaggio arriva con un colpo allo stomaco, se siete impressionabili preparatevi. Parliamo di multinazionali del profitto, incidenti sul lavoro, qualità del cibo e ambientalismo, che volete di più?
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mimmo erba
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martedì 7 agosto 2007
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un film divertente e che riesce a far riflettere
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"Fast food nation" è un film da consigliare perché non lascia indifferenti. Non può lasciare indifferenti lo squallora che c'è dietro ogni singolo hamburger. E Linklater mostra tutto lo squallore: quello degli operai messicani, quello dei dirigenti, della produzione degli animali.
Il punto di forza del film è che, pur trattando temi non certo divertenti, non dimentica mai l'ironia.
Il punto debole è che alcuni personaggi sono solo abbozzati, alcuni spunti troppo dispersivi.
Da vedere comunque, specie per i clienti affezionati di McDonald.
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kondor17
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mercoledì 5 agosto 2015
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una denuncia a metà
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Mi piace Linklater e il suo stile narrativo, ma qui fa un pò di confusione. Non ho letto il libro di Schlosser ma la denuncia è monca, perché non sfiora minimamente molti altri aspetti dell'impatto ecologico che la produzione intensiva di carni, soprattutto bovine, ha sull'intero pianeta. In questo film, infatti, vengono messi in risalto principalmente l'aspetto economico e quello igienico-etico, oltre al danno che la globalizzazione imposta dalle lobbie ha causato ai "poveri" cowboy americani, costretti a vendere le bestie a 80 cent al chilo. Niente a confronto al consumo di acqua, alla produzione di gas tossici che alimentano l'effetto serra, al depauperamento dei terreni e alla loro esclusiva destinazione per produzione dei mangimi.
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Mi piace Linklater e il suo stile narrativo, ma qui fa un pò di confusione. Non ho letto il libro di Schlosser ma la denuncia è monca, perché non sfiora minimamente molti altri aspetti dell'impatto ecologico che la produzione intensiva di carni, soprattutto bovine, ha sull'intero pianeta. In questo film, infatti, vengono messi in risalto principalmente l'aspetto economico e quello igienico-etico, oltre al danno che la globalizzazione imposta dalle lobbie ha causato ai "poveri" cowboy americani, costretti a vendere le bestie a 80 cent al chilo. Niente a confronto al consumo di acqua, alla produzione di gas tossici che alimentano l'effetto serra, al depauperamento dei terreni e alla loro esclusiva destinazione per produzione dei mangimi. Solo per citarne alcuni.
Il film ci racconta invece la storia parallela di alcuni clandestini messicani, carne alla carne, di un marketing manager redento inventore d3l big one e della famigerata fabbrica che lo produce. In parallelo un goffo quanto simpatico gruppo di attivisti tenta in qualche modo di fare qualcosa, interrogandosi sul senso della vita e del presente, ma linklater lo conosciamo. Da lui però mi aspettavo sinceramente di più, una critica più approfondita, non limitata magari agli states ma globale. Ottimi gli attori. Voto 6
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francescol82
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domenica 24 ottobre 2010
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interessante ma poteva essere fatto meglio
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Due gravi problemi dei giorni nostri vengono trattati in questo film, il primo è quello degli immigrati clandestini sfruttati dalle grosse aziende - in questo caso messicani impiegati nei macelli - le quali approfittano dell'estremo bisogno di queste persone facendole lavorare in condizioni disumane, il secondo argomento trattato é quello delle cattive abitudini alimentari di tutti noi legate alla diffusione dei fast food che a prezzi stracciati vendono panini appetitosi ma contenenti le sostanze peggiori che si possano ingurgitare.
Senz'altro un film originale ma con troppe scene inutili e dialoghi troppo lunghi, per conoscere meglio cosa si cela dietro le grosse catene di f.
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Due gravi problemi dei giorni nostri vengono trattati in questo film, il primo è quello degli immigrati clandestini sfruttati dalle grosse aziende - in questo caso messicani impiegati nei macelli - le quali approfittano dell'estremo bisogno di queste persone facendole lavorare in condizioni disumane, il secondo argomento trattato é quello delle cattive abitudini alimentari di tutti noi legate alla diffusione dei fast food che a prezzi stracciati vendono panini appetitosi ma contenenti le sostanze peggiori che si possano ingurgitare.
Senz'altro un film originale ma con troppe scene inutili e dialoghi troppo lunghi, per conoscere meglio cosa si cela dietro le grosse catene di f.f. ho trovato decisamente più interessante super size me. Inutile la partecipazione di Bruce Willis.
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gianleo67
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domenica 13 aprile 2014
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junk food nation
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Dirigente del marketing di una (immaginaria) catena di fast food viene incaricato di verificare qualità e rispetto delle norme igieniche nella filiera di lavorazione della carne da parte del loro principale fornitore. Il suo viaggio dalla California al Colorado, sede della società di produzione, lo aiuterà a scoperchiare una realtà che ,sotto le apparenze di legalità e rispetto delle regole, cela uno sconvolgente intreccio di contaminazioni alimentari e sfruttamento della manodopera messicana, ma anche le oscure trame di una politica aziendale con cui è meglio non fare i conti.
Dal best seller di Eric Schlosser e da quest'ultimo sceneggiato insieme all'autore, Richard Linklater si misura con un racconto corale che ha il sapore (sintetico?) della docu-fiction senza esserlo veramente, cercando di mettere molta carne al fuoco nella rappresentazione romanzata di una realtà sociale ed economica dove si intrecciano e intersecano le vicende di personaggi (dagli allevatori ai produttori, dai venditori agli esperti di marketing, dai mercanti di schiavi tex-mex alla manodopera 'low price') che ruotano attorno al fiorente mercato di una 'colazione dei campioni' che fa degli Stati Uniti la patria indiscussa di quello stile alimentare che dallo 'junk food' transita insensibilmente verso lo 'shit food'.
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Dirigente del marketing di una (immaginaria) catena di fast food viene incaricato di verificare qualità e rispetto delle norme igieniche nella filiera di lavorazione della carne da parte del loro principale fornitore. Il suo viaggio dalla California al Colorado, sede della società di produzione, lo aiuterà a scoperchiare una realtà che ,sotto le apparenze di legalità e rispetto delle regole, cela uno sconvolgente intreccio di contaminazioni alimentari e sfruttamento della manodopera messicana, ma anche le oscure trame di una politica aziendale con cui è meglio non fare i conti.
Dal best seller di Eric Schlosser e da quest'ultimo sceneggiato insieme all'autore, Richard Linklater si misura con un racconto corale che ha il sapore (sintetico?) della docu-fiction senza esserlo veramente, cercando di mettere molta carne al fuoco nella rappresentazione romanzata di una realtà sociale ed economica dove si intrecciano e intersecano le vicende di personaggi (dagli allevatori ai produttori, dai venditori agli esperti di marketing, dai mercanti di schiavi tex-mex alla manodopera 'low price') che ruotano attorno al fiorente mercato di una 'colazione dei campioni' che fa degli Stati Uniti la patria indiscussa di quello stile alimentare che dallo 'junk food' transita insensibilmente verso lo 'shit food'. A metà tra denuncia civile e dramma sociale, il regista americano evita gli abusati clichè da turgore oratorio del cinema indipendente per la messa in scena di una molteplicità di vicende che, tra ironia e tragedia, si apprezzano per la freschezza del linguaggio e l'efficacia del montaggio facendo viaggiare in parallelo le trasferte 'on the road' tanto di una manodopera poverissima e sfruttata (dai mercanti di carne umana prima e da quelli di carne bovina poi) quanto dei facoltosi manager di una industria dell'alimentazione di massa che dovrebbero garantire qualità del prodotto e rispetto dell'etica lavorativa.
Forse eccessivamente didascalico nell'intreccio di vicende esemplari che restituiscano il quadro di una diffusa illegalità e di tematiche precipue (il traffico umano,lo sfruttamento del lavoro, le frodi alimentari, le strategie di marketing, le politiche ambientali, i compromessi politici e chi più ne ha più ne metta) convince più sul versante narrativo, riuscendo a calare personaggi e situazioni sulla breccia di un convincente realismo psicologico e riportando la questione generale nel dominio indiscusso di una inesorabile strategia della mistificazione quale sconsolata e cinica presa d'atto di un sistema consumistico che risponde al famoso detto che 'se occhio non vede, cuore non duole' e passando allegramente dal 'Big one' al 'Barbecue Big One' che, sebbene contengano merda oltre i valori consentiti, almeno sono cotti a puntino.
Buoni protagonisti (Greg Kinnear e Avril Lavigne su tutti) il film inanella una serie di camei eccellenti da Patricia Arquette a Ethan Hawke, da Bruce Willis a Kris Kristofferson per un film forse sottovalutato e presentato in concorso al Festival di Cannes 2006 insieme al notevole 'A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare', trasposizione fumettistica del capolavoro di P.K.Dick.
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