elgatoloco
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lunedì 10 dicembre 2018
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polanski forever
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Salvo qualche eccesso neo-con e neomoralistico in the States, Roman Polanski ha sempre goduto di un riconoscimento unanime negli USA quale"genio del cinema". Traendo spunto, neppure troppo liberamente, da un capolavoro di Charles Dickens, "Oliver Twist"(versione filmica del 2005), sarebbe stata difficile e comunque inopportuna una rilettura totalmente"originale"da parte del grande regista ebreo-polacco, ma questa versione, rispettosa dell'originale(e come non esserlo?)dickensiano, propone delle straordinarie"stampe"ottocentesche che, girate a colori ma con molta attenzione a una sorta di "background"in bianco e nero, ossia con colori particolatissimi, tra il color sépia e modulazioni cromatiche comunque particolarmente scure, accentua il tema della miseria , della povertà estrema nella terza decade dell'Ottocento(il romanzo esce tra il 1837 e il 1839); dove forse Polanski accentua, senza calcarli o tanto meno esagerarli, sono i toni della crudeltà verso le donne, con tratti che definire"espressionistici"parrebbe però assolutamente esagerato, dato che ne siamo lontani.
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Salvo qualche eccesso neo-con e neomoralistico in the States, Roman Polanski ha sempre goduto di un riconoscimento unanime negli USA quale"genio del cinema". Traendo spunto, neppure troppo liberamente, da un capolavoro di Charles Dickens, "Oliver Twist"(versione filmica del 2005), sarebbe stata difficile e comunque inopportuna una rilettura totalmente"originale"da parte del grande regista ebreo-polacco, ma questa versione, rispettosa dell'originale(e come non esserlo?)dickensiano, propone delle straordinarie"stampe"ottocentesche che, girate a colori ma con molta attenzione a una sorta di "background"in bianco e nero, ossia con colori particolatissimi, tra il color sépia e modulazioni cromatiche comunque particolarmente scure, accentua il tema della miseria , della povertà estrema nella terza decade dell'Ottocento(il romanzo esce tra il 1837 e il 1839); dove forse Polanski accentua, senza calcarli o tanto meno esagerarli, sono i toni della crudeltà verso le donne, con tratti che definire"espressionistici"parrebbe però assolutamente esagerato, dato che ne siamo lontani...Una soluzione cinematografica oppoertuna, rispettosa dell'originale, appunto, con qualche tratto di particolare insistenza importante, come l'essere"on the road"da parte del bambino Oliver, con scelte dunque di notevole equilibrio in una rilettura fedele quanto attenta all'oggi, anche nella distanza tra l'ambientazione e le condizioni attuali in molti paesi del Terzo-Quarto Mondo, dpve Polanski sceglie di lavorare con attenzione particolare in un'opera che forse non corrisponde al capolavoro realizzato e/o voluto del grande autore filmico, ma sicuramente sfiora il capolavoro... Ben Kingsley , come"Fagin"è un grande interprete e benissimo Barney Clark(Oliver Twist)e Leanny Rowe come Nancy, ma anche tutti gli altri(tutte le altre)sono interpeti assolutamente in linea con un ideale interpretativo, peraltro sempre perseguito dall'autore. El Gato
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francismetal
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lunedì 31 luglio 2017
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bello, ma troppo ottimista
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Notevole, c'è poco da dire, visto che non è un soggetto originale, non ho ancora letto il romanzo, ma da quello che ho potuto leggere da internet anche il libro finisce bene.
Dickens cosa avrebbe detto se avesse visto i film "Mery per sempre" e "Ragazzi fuori"?
In questo film Oliver alla fine viene adottato da un nobile che gli vuole bene, ma la realtà è così, sarebbe marcito, soprattutto perché essendo un bravissimo bambino non avrebbe mai rubato o ucciso e quello era l'unico modo per sopravvivere in quel mondo.
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francesco marziani
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venerdì 2 settembre 2016
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una storia triste, ma molto intensa
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La pellicola, e' basata da un classico della letteratura di Charles Dickens: Oliver Twist, che narrano le vicende di un orfano di entrambi i genitori, che vive prima in un ospizio insieme a dei ragazzini nella sua stessa situazione, in seguito viene affidato alla famiglia dei signori Sowerberry, il cui marito e' impresario di pompe funebri; ma qui trattato male, fugge verso Londra, dove si unisce ad un gruppo di ragazzi che vanno in giro a rubare, e vivono in una casa, gestiti da Fagin, un vecchio che gli insegna appunto a rubare: tra i ragazzi spiccano Dodger, e Charley Bates, i più scaltri di tutti: un giorno però mentre sono in città per far capire a Oliver come funziona il mestiere, dopo aver sottratto un fazzoletto al signor Brownlow, un anziano signore dell'alta società, Oliver viene scambiato per il ladro vero, viene inseguito, e portato davanti al giudice; ma mentre egli lo stava condannando ai lavori forzati, interviene il libraio che spiega al giudice i fatti di come siano andate le cose, quindi Oliver Twist viene rilasciato e il signor Brownlow lo porterà a casa con se, dove insieme alla sua domestica, la signora Bedwin, si prenderanno le sue cure fino alla guarigione: Oliver dalla fame e dalla sete continuava ad avere attacchi di svenimento.
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La pellicola, e' basata da un classico della letteratura di Charles Dickens: Oliver Twist, che narrano le vicende di un orfano di entrambi i genitori, che vive prima in un ospizio insieme a dei ragazzini nella sua stessa situazione, in seguito viene affidato alla famiglia dei signori Sowerberry, il cui marito e' impresario di pompe funebri; ma qui trattato male, fugge verso Londra, dove si unisce ad un gruppo di ragazzi che vanno in giro a rubare, e vivono in una casa, gestiti da Fagin, un vecchio che gli insegna appunto a rubare: tra i ragazzi spiccano Dodger, e Charley Bates, i più scaltri di tutti: un giorno però mentre sono in città per far capire a Oliver come funziona il mestiere, dopo aver sottratto un fazzoletto al signor Brownlow, un anziano signore dell'alta società, Oliver viene scambiato per il ladro vero, viene inseguito, e portato davanti al giudice; ma mentre egli lo stava condannando ai lavori forzati, interviene il libraio che spiega al giudice i fatti di come siano andate le cose, quindi Oliver Twist viene rilasciato e il signor Brownlow lo porterà a casa con se, dove insieme alla sua domestica, la signora Bedwin, si prenderanno le sue cure fino alla guarigione: Oliver dalla fame e dalla sete continuava ad avere attacchi di svenimento.
Quando si risveglia, il signor Brownlow comincia ad affezionarsi a lui come ad un figlio: gli danno nuovi vestiti, e Oliver incomincia a trovarsi veramente bene.
Pero' nel frattempo, Fagin e' su tutte le furie, e incarica Bill Sykes, un altro ladro molto abile di andare a riportaglielo.
Allora riesce a restituirglielo contro voglia di Oliver. Ma alla fine la banda di Fagin viene denunciata alla polizia che riesce a restituire Oliver al signor Brownlow, che porta Oliver a trovare il suo vecchio amico Fagin in galera, ormai prossimo alla forca.
Film a mio parere riuscito veramente bene, perché ripercorre in modo fedele il romanzo: molto bravo Ben Kingsley che vinse il premio Oscar.
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great steven
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giovedì 15 gennaio 2015
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cupezza e realismo per un adattamento da dickens.
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OLIVER TWIST (GB/REP. CECA/FR/IT, 2005) diretto da ROMAN POLANSKI. Interpretato da BARNEY CLARK, BEN KINGSLEY, JAMIE FOREMAN, HARRY EDEN, LEANNE ROWE, MARK STRONG, EDWARD HARDWICKE, IAN MCNEICE, JEREMY SWIFT
Non è forse legittimo chiedersi cosa abbia spinto l’acclamato regista francese di origini polacche R. Polanski, girato l’angolo dei settant’anni, a proporre una versione moderna di Oliver Twist, il primo volume in lingua inglese ad avere per protagonista un bambino e uno dei primi esempi di romanzo sociale? Probabilmente una sorta di dimensione autobiografica più recondita, la medesima che gli ispirò Il pianista, rimembranza del suo passato sofferto e drammatico di ebreo perseguitato nonché frutto delle sue peripezie infantili.
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OLIVER TWIST (GB/REP. CECA/FR/IT, 2005) diretto da ROMAN POLANSKI. Interpretato da BARNEY CLARK, BEN KINGSLEY, JAMIE FOREMAN, HARRY EDEN, LEANNE ROWE, MARK STRONG, EDWARD HARDWICKE, IAN MCNEICE, JEREMY SWIFT
Non è forse legittimo chiedersi cosa abbia spinto l’acclamato regista francese di origini polacche R. Polanski, girato l’angolo dei settant’anni, a proporre una versione moderna di Oliver Twist, il primo volume in lingua inglese ad avere per protagonista un bambino e uno dei primi esempi di romanzo sociale? Probabilmente una sorta di dimensione autobiografica più recondita, la medesima che gli ispirò Il pianista, rimembranza del suo passato sofferto e drammatico di ebreo perseguitato nonché frutto delle sue peripezie infantili. O magari l’accettabile desiderio di padre tardivo di mostrare ai due figli di dodici e sette anni (che compaiono nel film) un’opera che potesse essere appetibile per due palati preadolescenziali. Un terzo motivo si potrebbe riscontrare nell’allettante impegno da investire in una fastosa produzione in costume (sessanta milioni di dollari, compresi gli effetti digitali) ispirata alle incisioni (1869) di Gustave Doré e alle illustrazioni originali di George Cruikshank dell’edizione originale. In ogni caso l’esperimento riscuote il successo sperato, e la raffigurazione odierna delle disavventure del pargolo disperso in una Londra che sconta duramente i ritmi e le magagne dell’industrializzazione, appare ben più che credibile e, nonostante un eccesso di accademismo illustrativo, il contesto storico e ambientale è riprodotto con fedeltà e addirittura con una felicità che esprime sé stessa attingendo ai valori della tensione drammatica e dello stile narrativo più classico. L’energia, il ritmo e il versante dark della storia emergono in una tripletta formidabile che centra pienamente il bersaglio, restituendo alla vicenda il suo senso permeato fino al midollo di tragicità nonché il suo immenso calore che veicola significati profondi riguardo alla povertà, al ladrocinio come mezzo di sopravvivenza, alla dignità umana, al lavoro come strumento di riscatto e ai temi più elevati della giustizia. Ottime interpretazioni, che denotano tutte affiatamento e motivazione: B. Clark brilla alquanto nell’incarnare Oliver, fanciullo smarrito in una città ormai metropolitana che pullula tanto di criminali e mascalzoni quanto di gente retta e onesta, e lui è costretto a scegliere suo malgrado da qualche parte schierarsi; un irriconoscibile e ammirevole B. Kingsley interpreta l’ebreo Fagin, ricettatore dei ragazzi intenti alle ruberie, con la professionalità di un attore anziano che ha alle spalle ruoli molto importanti e tutti diversi fra loro (come in effetti è accaduto), mentre quello di questo film fa risaltare l’ambiguità, l’ironia, la caparbietà e la mellifluità di un personaggio controverso e contraddittorio; J. Foreman è un Bill Sykes iracondo e violento, un malvivente di prima categoria che spara con una facilità impressionante e si impone con la prepotenza di un tiranno sui collaboratori; L. Rowe fa Nancy, una ragazza dal cuore d’oro che nutre profondo rispetto e genuino affetto per Oliver, la quale arriva perfino a tradire la causa del suo gruppo di rapinatori rivelando all’anziano nobiluomo (E. Hardwicke) come fare per rintracciare Oliver e proteggerlo, cosa che le costerà la vita, in quanto verrà brutalmente assassinata da Sykes. Polanski, come sempre, ci mette la farina del suo sacco sfoderando una regia meticolosa e attentissima ai particolari, che non trascura i contributi tecnici e insiste sulla drammaticità dei dialoghi per ritrarre un contesto umano e sociologico il più possibile vicino alla realtà di una città britannica ottocentesca, la quale non è però poi così lontana dalle problematiche, dagli errori madornali e dalle complicazioni di una metropoli del XXI secolo. E questo Polanski lo fa vedere senza la minima vergogna, e gli agganci alla realtà corrente non mancano: i giovani delinquenti rubano a dismisura per sopravvivere all’indigenza; Fagin spiega ad Oliver che l’ingratitudine è il peccato più grave che un uomo possa commettere nei confronti dei suoi amici; Sykes insegna ad uno spaventato Oliver come manovrare una pistola e come introdursi nella casa di un signore benestante per depredarne tutte le ricchezze. In conclusione, il traguardo è stato tagliato con largo anticipo e la pellicola merita una bella medaglia d’argento. Dovrebbe essere proiettato nelle scuole per far apprendere agli studenti la meraviglia di un capolavoro della letteratura anglosassone, la situazione economica e sociale della Londra del XIX secolo e la bravura di un cineasta che ha saputo ritagliarsi un posto di autore spregiudicato e controcorrente.
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toty bottalla
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martedì 9 settembre 2014
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il fascino del male "indispensabile"
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Oliver twist di polanski è un gran bel film, il regista polacco racconta la storia del piccolo orfano in modo credibile donando al personaggio fragile e in balia degli eventi la forza interiore più bella piazzando qua e là tra le forze del male elementi di contrasto un pò come avviene nella vita, la narrazione prende forma e bellezza grazie ad una splendida fotografia e ambientazione fantastica, ottimo come sempre ben kingsley e l'allora piccolo barney clark. Saluti.
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tomdoniphon
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domenica 8 giugno 2014
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un bellissimo adattamento
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Per quale motivo un regista dovrebbe realizzare un altro adattamento del celebre romanzo di Dickens, dopo, tra gli altri, quello bellissimo di David Lean del 1948? Siamo di fronte alla solita fiacca versione cinematografica hollywoodiana di un romanzo dell'800? Per rispondere a queste domande, è sufficiente ricordare chi è il regista del film: Roman Polanski, una garanzia di qualità assoluta. Egli, anche per ragioni autobiografiche, era interessato a rappresentare il piccolo Oliver come un simbolo della sofferenza umana; per farlo, a differenza di David Lean, decide di non rispettare alla lettera il romanzo (che è tra i più famosi di Dickens, ma non certo il migliore): in particolare, tra le tante differenze, va segnalato che nel film non si fa cenno ad una parentela tra Oliver ed il sig.
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Per quale motivo un regista dovrebbe realizzare un altro adattamento del celebre romanzo di Dickens, dopo, tra gli altri, quello bellissimo di David Lean del 1948? Siamo di fronte alla solita fiacca versione cinematografica hollywoodiana di un romanzo dell'800? Per rispondere a queste domande, è sufficiente ricordare chi è il regista del film: Roman Polanski, una garanzia di qualità assoluta. Egli, anche per ragioni autobiografiche, era interessato a rappresentare il piccolo Oliver come un simbolo della sofferenza umana; per farlo, a differenza di David Lean, decide di non rispettare alla lettera il romanzo (che è tra i più famosi di Dickens, ma non certo il migliore): in particolare, tra le tante differenze, va segnalato che nel film non si fa cenno ad una parentela tra Oliver ed il sig. Brownlow. In questo modo, Polanski evita anche di incorrere in "cadute" melodrammatiche. Perfetta ricostruzione dell'epoca, anche se non sontuosa come in un film di Spielberg (ed anche questo è ovviamente un merito di Polanski). Da non perdere.
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fexy96
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mercoledì 1 gennaio 2014
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capolavoro
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Ah dimenticavo. Consigliatissimo, da vedere come, quando, dove e con chi vuoi!
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fexy96
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mercoledì 1 gennaio 2014
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capolavoro
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Un film fantastico. Sa emozionare, divertire, eccitare nel modo giusto al momento giusto. Roman Polanski in versione superba. Barney Clark è fantastico.
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andrea zagano
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domenica 7 luglio 2013
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scatto fisso, telaio in acciaio, senza freni.
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Finalmente un film che esce dagli standard hollywoodiani!
“Scatto fisso, telaio in acciaio, niente freni. Non posso fermarmi, anzi, non voglio!”; all’interno di questa citazione è racchiuso tutta la quotidianità del corriere newyorchese che si applica per un lavoro singolare, originale, della serie "fare ogni giorno ciò che piace, senza badare allo stipendio” limitato tante volte da classiche restrizioni(come la famosa 'giacca e cravatta'). Che sia giusto o sbagliato questo non lo so, ma non si può dar torto a chi lo fa; le emozioni dell’effettuare ogni giorno un lavoro per così dire, 'alternativo', sono nettamente differenti rispetto per esempio ad un lavoro routinario come quello d’ufficio.
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Finalmente un film che esce dagli standard hollywoodiani!
“Scatto fisso, telaio in acciaio, niente freni. Non posso fermarmi, anzi, non voglio!”; all’interno di questa citazione è racchiuso tutta la quotidianità del corriere newyorchese che si applica per un lavoro singolare, originale, della serie "fare ogni giorno ciò che piace, senza badare allo stipendio” limitato tante volte da classiche restrizioni(come la famosa 'giacca e cravatta'). Che sia giusto o sbagliato questo non lo so, ma non si può dar torto a chi lo fa; le emozioni dell’effettuare ogni giorno un lavoro per così dire, 'alternativo', sono nettamente differenti rispetto per esempio ad un lavoro routinario come quello d’ufficio.
Bella simbologia, tra la vita e la bicicletta: i più matti la vivono in un modo, i più prudenti si fermano davanti all’ostacolo facendo ben attenzione al pericolo imminente che risiede ad ogni angolo in una grande città come NY.
Un film rivelazione, ben recitato, intelligentemente realizzato, montato molto bene grazie al numeroso utilizzo di flashback che saltano da un'ora all'altra ricostruendo la folle giornata del protagonista.
Mezzo voto in più per l'originalità, chiaramente. Gran bella idea quella di realizzare un non saprei come chiamarlo, mi piace il termine 'soft-thriller'. È questa la sensazione che lascia: un thriller poco impegnativo, ma originale, una pellicola d’azione, ma senza le solite sequenze inverosimili.In Italia non è neanche uscito al cinema, ma direttamente per il mercato home video. Pellicola quindi semisconosciuta.
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alberto godio
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sabato 29 dicembre 2012
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please sir, i want some more
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E’ da questa frase, citata nella sua controparte inglese, che iniziano le peripezie di Oliver Twist, ed è da questa frase che voglio iniziare la mia recensione.
Polanski ci dona una nuova pellicola tratta dal libro “Le avventure di Oliver Twist”, una scelta non priva di logica, in quanto la storia è indissolubilmente legata al passato e al presente, e lo stesso Polanski, o meglio, la sua giovinezza può, ad analisi attenta, ricordare quella del piccolo Oliver Twist. Lo stesso Dickens nell’incipit della narrazione faceva velatamente notare ai suoi lettori come la storia non avesse né un luogo né un epoca precisa, ponendo quindi la loro attenzione unicamente sulla vicenda.
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E’ da questa frase, citata nella sua controparte inglese, che iniziano le peripezie di Oliver Twist, ed è da questa frase che voglio iniziare la mia recensione.
Polanski ci dona una nuova pellicola tratta dal libro “Le avventure di Oliver Twist”, una scelta non priva di logica, in quanto la storia è indissolubilmente legata al passato e al presente, e lo stesso Polanski, o meglio, la sua giovinezza può, ad analisi attenta, ricordare quella del piccolo Oliver Twist. Lo stesso Dickens nell’incipit della narrazione faceva velatamente notare ai suoi lettori come la storia non avesse né un luogo né un epoca precisa, ponendo quindi la loro attenzione unicamente sulla vicenda.
Lo fa con innovazione, cercando di attribuire al proprio lavoro due diversi significati, uno per ogni singolo e diverso destinatario. Infatti, vuole rendere la narrazione più apprezzabile anche dal pubblico giovane, e ci riesce appieno snellendola e tenendo taciuti molti particolari, per concentrarsi molto di più sulle vicende del protagonista, adottando quindi, anche se in maniera diversa, la tecnica di Dickens. Invece per il pubblico adulto si limita a riproporre una storia ben conosciuta, arricchita però dai progressi della cinematografia.
Appurato quindi il fatto che il regista non abbia incentrato la pellicola sugli spunti di riflessione che la narrazione dovrebbe suscitare, è curioso notare come in diversi punti ci siano comunque dei chiari riferimenti a ciò; prendiamo il carattere di Oliver Twist per esempio, il personaggio di per sé è comune, sono le vicende a caratterizzarlo, ma più di tutto il carattere, che appare decisamente maturo per un ragazzo della sua età, è quindi lampante il fatto che il giovane ragazzo cerchi sempre una figura a cui affidare la sua lealtà, ma è proprio all’inizio che questa lealtà viene infranta, quando “osa” chiedere un’altra porzione di cibo. Un altro punto che a mio parer personale è ritenuto fondamentale è l’amicizia, nella fattispecie quella tra Dawkins e Twist; il regista riesce ad inserire dei chiari riferimenti anche a questa, seppur non facendolo esplicitamente, lasciando e stuzzicando così lo spettatore a trovare da sé quanto la narrazione custodisce.
In ogni caso tutte queste scelte del regista sono ottimamente supportate da una fantastica ambientazione, che ci riporta coi pensieri alla Londra dell’ ‘800 così come abbiamo imparato a conoscerla ed immaginarcela, tra ville lussureggianti e soleggiate ad angusti ed ombrosi bassifondi. Un’ulteriore ottima figura proviene dalla colonna sonora, composta dalla già premio oscar Portman.
In sostanza, un altro ottimo lavoro che sa arrivare dritto ai cuori di molte persone, questa volta anche a quelli dei più piccoli, rappresentando loro una dura realtà, alleggerita però da una narrazione coinvolgente e toccante, che non perde tuttavia di significato. “Oliver Twist” è, e rimarrà per sempre, nel mio cuore.
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