La tigre e la neve

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Un film di Roberto Benigni. Con Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Jean Reno, Gianfranco Varetto, Tom Waits, Emilia Fox.
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Commedia, durata 118 min. - Italia 2005. - 01 Distribution uscita venerdì 14 ottobre 2005. MYMONETRO La tigre e la neve * * * - - valutazione media: 3,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Benigni poeta spensierato colpito dalla guerra. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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giovedì 8 maggio 2014

LA TIGRE E LA NEVE (IT, 2005) diretto da ROBERTO BENIGNI. Interpretato da ROBERTO BENIGNI – NICOLETTA BRASCHI – JEAN RENO – EMILIA FOX – TOM WAITS – GIUSEPPE BATTISTON – ANDREA RENZI – CHIARA PIRRI – ANNA PIRRI § Attilio De Giovanni è un ispirato insegnante di poesia, separato dalla moglie, padre di due figlie che incontra spesso e innamorato di Vittoria, scrittrice che sta componendo la biografia di Fuad, poeta persiano. Durante il tragitto in Iraq, Vittoria viene travolta dal crollo di un palazzo e finisce in coma. Attilio parte immediatamente per il paese asiatico e fa di tutto per garantire la sopravvivenza alla donna amata in stato incosciente, aiutato da Fuad che gli impartisce consigli e suggerimenti su come destreggiarsi nel paese devastato dalla guerra e invaso dagli americani. Imprigionato da questi ultimi perché ritenuto alleato degli irakeni, Attilio viene in seguito liberato per ordine del suo avvocato e, rientrato a Roma, rincontra Vittoria. Dopo i caratteri giocosi e picareschi di Pinocchio (2002), Benigni approda nuovamente alle atmosfere magiche e poetiche de La vita è bella (1997), creando una pellicola che si interroga sul potere innovativo e forte della poesia e cercando di cogliere il carpe diem oraziano nella vita di tutti i giorni che mette di fronte a prove complicate e pericolose come la missione di Attilio in Iraq per salvare Vittoria, assistito da Fuad finché questi non si suicida, e questo segna il passaggio dall’ottimismo candido alla dura e cruda realtà che trascende i significati velati e le amarezze quotidiane. Il film è stato girato in Tunisia, nonostante l’ambientazione mediorientale. Inseguendo un sogno a doppio volto (e con finale a sorpresa), Benigni ripercorre le orme dello stralunato ma convintissimo professor John Keating (interpretato da Robin Williams) de L'attimo fuggente, che insegna ai suoi alunni la forza della poesia come inno all’amore. Nelle sequenze oniriche appaiono, grazie alla computer graphic, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Jorge Luis Borges e Marguerite Yourcenar. Stroncato perentoriamente dalla critica americana e definito da essi come un film che cerca di proporre la durevole forza dell’ottimismo, la futilità della guerra e la potenza dell’amore barcamenandosi però nell’innocenza della persona del regista-attore che, una volta attraente, s’è ora inacidita. Altri ancora più severi hanno liquidato il film come una sciocchezza vergognosa, del tutto prevedibile, cupa e poco divertente, o anche come un  affronto bruciante all’intelligenza degli italiani, degli irakeni e del popolo cinematografico mondiale in generale, e Benigni è stato definito come indulgente con sé stesso e insopportabile. A mio parere, il film propone certi temi e li affronta sviscerandoli in un modo non troppo autocompiacente e sufficientemente completo ed esaustivo, aiutato anche dalla sceneggiatura del bravo e fedele Vincenzo Cerami in combutta con Benigni, che lascia trasparire la comprensività rigorosa della poesia di ogni epoca e stile nonché la bellezza intrinseca e intima dell’animo umano che si trova costretto a passare da una vita di comodità e agi sia materiali che spirituali a un’esistenza di sofferenze, stenti, perdite, dispiaceri e teatralità assurde. Non troppo convincente il finale, che lascia troppe cose in sospeso e non risolve il fine che il film s’era proposto, ossia la realizzazione dell’amore fra i personaggi di Benigni e della Braschi (forse anche più brava del solito). Bella fotografia a colori di Fabio Cianchetti, che carezza i paesaggi metropolitani di Roma altrettanto bene che le lande desolate tunisine sconvolte dal conflitto ivi rappresentato teatralmente. La scenografia di Maurizio Sabatini è abbastanza persuasiva e si distingue per un gusto amarognolo e agrodolce che gusta agli occhi dello spettatore. Nicola Piovani s’è occupato di comporre le musiche, e le sue arie fanno sempre sognare e procurano calore al cuore, come la struggente canzone interpretata da T. Waits al pianoforte nella scena iniziale del film. Non un capolavoro, ecco, ma un’opera che si prende sul serio e non manca di impressionare almeno parzialmente e con allegra positività, senza ricattare o annoiare. Prodotto dalla Melampo cinematografica. Premiato con due Nastri d’argento: miglior soggetto e migliore fotografia.

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