L'amore di Màrja

Maria Pia Fusco

Nel mio paese, in Finlandia, il presidente della repubblica è una donna. L’Italia sarebbe pronta ad accettare una donna presidente? Non posso dire di conoscere l’Italia, ci sono stata solo tre mesi, ma ho notato che qui perle donne c’è ancora molto da fare, ci sono ancora lavori e carriere precluse, per esempio in politica. E mi ha molto colpito la televisione. Abbiamo molti quiz e molti format simili, ma perché c’è un presentatore vestito circondato di ragazze seminude? Da noi ci sono i varietà con le ballerine, ma, come negli altri paesi europei, nei quiz per esempio le presentatrici sono belle donne, vestite in modo elegante».
E Laura Malmivaara che parla, la biondissima attrice finlandese, protagonista di L’amore di Màrja, secondo film di Anne Riitta Ciccone (aveva esordito con Le sciamane) che, prodotto da Francesca Torelli. Il confronto tra i due paesi non è casuale, è uno dei temi del film, che racconta la vicenda di Màlia che negli anni Settanta, vestita dei colori e dell’allegria degli hippies, sogna di cambiare il mondo e di portarvi serenità e pace per tutti, vive in una comune dove trova l’amore di Fortunato, un giovane siciliano che vive i suoi stessi sogni. Nel film è Vincenzo Peluso.
I sogni sfumano, Màrja, Fortunato e le loro due bambine tornano alla realtà, un paese della Sicilia. E l’incontro è brutale. Una bionda che passeggia con quei vestiti tutti fiori, che ama giocare con la fantasia, che balla disinvolta e al bar sorride alla gente è quasi uno scandalo, Fortunato prova a mediare, ma poi deve andare a lavorare fuori “per non farvi mancare niente”, Màrja cerca di adeguarsi, ma è troppo diversa, si chiede in un silenzio solitario che diventa follia, finisce all’ospedale per la mente.
L’amore di Màrja è tratto dalla commedia Amarsi da pazze, premio Idi 1995, scritto dalla stessa Ciccone, ma viene soprattutto dalla memoria dell’autrice che, figlia di una finlandese e di un siciliano, ha vissuto un’esperienza molto vicina a quella delle figlie di Mìtrja. «Mio padre non somiglia a Fortunato, ma il rapporto con la Sicilia è lo stesso. Io ho vissuto a Messina e il film è ambientato in un paese perché pensavo che oggi la mentalità in una grande città fosse cambiata, ma oggi non ne sono tanto sicura. Penso che i pregiudizi e l’intolleranza verso chi è diverso - magari oggi è più nei confronti della pelle nera - non sia del tutto scomparsa», dice la Ciccone.
Il film, girato in esterni in Sicilia e in interni a Cinecittà, è, dice l’autrice, «squisitamente femminile, nel senso che un elemento forte è il rapporto d’amore tra la madre e le figlie, ma anche perché la solidarietà in certi contesi è più facile trovarla tra le donne. Non c’è una critica nei confronti degli uomini, Fortunato non è cattivo, ma viene riassorbito dalla cultura in cui è nato, pensa di esaurire il suo dovere lavorando molto per il benessere della famiglia. Penso che per molti uomini sia così, si tolgono ogni complesso di colpa “non facendo mancare niente”, e il resto non conta. Questo, almeno, è il mio pensiero».
La Ciccone, che per anni ha provato disagio verso la Sicilia -«Ma oggi ho fatto pace, mi ha aiutato mio padre a capire tante cose, a non scambiare la stupidità con la cattiveria» - ha esitato a lungo prima di fare il film: «So che un film non cambia il mondo, ma ho pensato che in un tempo così pieno di intolleranza,fosse giusto raccontare la storia di una piccola eroina contro i pregiudizi. E poi, visto che in genere vittime dei pregiudizi sono i “piccoli e neri”,ho trovato divertente rovesciare i ruoli: la vittima è alta e bionda».
L’amore di Màrja
Da La Repubblica, 25 marzo 2004


di Maria Pia Fusco, 25 marzo 2004