Opopomoz

Un film di Enzo d'Alò. Animazione, Ratings: Kids, durata 73 min. - Italia 2003. MYMONETRO Opopomoz * * * - - valutazione media: 3,00 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Federica Lamberti Zanardi

La Repubblica

“Mia puzzolente ciofecaglia”. Un diavolo scuro e spaventoso apostrofa così la sua ciurma, a dir vero un po’ indecisa, fra nuvole di fumo e lava incandescente. Sono le immagini che aprono il quarto il film di Enzo d’Alò, poeta dell’animazione(La freccia azzurra, La gabbianella e il gatto, Momo alla conquista del tempo). Si perché questo film, che promette di essere l’evento italiano d’animazione del Natale 2003, si apre con il primo vero mostro inventato da d’Alò.
“La sequenza iniziale serve a mettere I bambini in tensione a dargli l’idea che comunque c’è un cattivo che può spuntare da un momento all’altro. Qualche anno fa Vittorio Cecchi Gori mi disse: “Perché non fai un film sul Natale?”. Ho pensato: utilizziamo i diavoli per raccontare il Natale. Quei poveretti che ogni 25 dicembre vedono andare in fumo i loro sforzi per rendere gli uomini più cattivi. Mi sono ispirato ad un antico testo napoletano: la Cantata dei pastori dell’abate Pascucci”. Così è nato Opopomoz che è soprattutto un omaggio al presepe e a Napoli, che di pastori e re magi è la città per antonomasia. E di d’Alò, nato lì ma vissuto a Torino, è il luogo dell’infanzia. “Mi sembrava un bel modo per fare un film sulla mia città”, racconta il regista. Ci sono voluti due anni di lavoro e un cast di collaboratori di eccezione per realizzare questo film costato 7 milioni di euro, prodotto da Albachiara e distribuito da Mikado, che uscirà per Natale anche in Francia.
Opopomoz è anche un viaggio interiore in uno dei sentimenti più comuni (e sofferti) che un bambino può provare: la gelosia verso il fratello. Il protagonista è, infatti, Rocco, figlio unico di nove anni, che vede con apprensione l’arrivo dei piccolo Franceschino. Sua mamma Mariù partorirà proprio il 25 dicembre. Pronto a tutto pur di eliminare il suo antagonista, Rocco è facile preda dei tre diavoli: Farfaricchio, Astarotte e Scarapino, che hanno avuto il compito da Sua profondità, di impedire la nascita di Gesù. I tre convincono Rocco ad entrare nel Presepe pronunciando la parola magica “Opopomoz” per bloccare la nascita del bambinello e quindi tutte le nascite del mondo. “È un gioco di metafore e di simboli che si inseguono”, spiega d’Alò. “Il presepe è metafora della natività ma anche della nascita del bambino. Abbiamo voluto legare queste due vite parallele, non a caso i genitori di Rocco, si chiamano Peppino e Mariù, come Giuseppe e Maria. il Natale è una scusa per raccontare una storia su Napoli e la ricerca della felicità perduta”).
Una scusa per tare un film dove ogni particolare, ogni disegno, ogni personaggio è espressione della cultura napoletana. Un esempio? Quando Mariù apparecchia la tavola, le stoviglie sono di ceramica di Vietri su disegni originali di Vincenzo Solimene uno degli artigiani più famosi della costiera amalfi-tana. “Volevo raccontare una famiglia napoletana borghese, lontana dagli stereotipi di pizza e mandolino. Una Napoli vera, di tutti i giorni, dove la cultura fa parte del vissuto quotidiano. Persone normali che vivono il presepe come una tradizione a cui non si può rinunciare”. E che citano De Filippo, come quando Peppino dice: “Quando viene Natale se non faccio il presepio mi sembra di cattivo augurio...”. Frammenti di cultura, rimandi ad altre opere, citazioni della tradizione partenopea sono disseminati per tutto il film senza, però, mai invadere la scena. Anche perché ad alleggerire il tutto ci pensano le battute esilaranti dei diavoletti nate dalla penna di Antonello Dose e Marco Presta che hanno collaborato ai dialoghi, una sceneggìatura ariosa scritta da Enzo d’Alò insieme al grande Furio Scarpelli e al figlio Giacomo. E una colonna sonora di un altro napoletano doc, Pino Daniele, a cui si aggiunge un irresistibile blues finale di Gegé Telesforo. “Volevo che ogni dettaglio del film, esprimesse il meglio della cultura napoletana. Anche i doppiatori li ho scelti con questo criterio: Silvio Orlando, Vincenzo Salemme, Beppe Barra”. Ma c’è una voce che arriva da oltreoceano, quella dello zio americano di Rocco, doppiato da John Turturro. “È stato bravissimo. Non sapeva una parola di italiano ma ha accettato con entusiasmo. Siamo andati fino in America per fargli doppiare il film... Mi chiedeva: come dici tu questa battuta e poi la ripeteva con quel suo accento buffo”.
Solo Fabio Volo che doppia un diavolo è lombardo. i buoni sono del Sud e i cattivi dei Nord? “Non voglio fare il contro Bossi della situazione, non scendo al suo livello. Fare satira politica non è il mio lavoro. A me interessa fare un di-scorso etico, lasciare aperti dei problemi, fare in modo che all’uscita dal cinema bambini e genitori possano discutere. Mi piacerebbe che Opopomoz potesse avere una funzione liberatoria per i piccoli che soffrono di gelosia. E vorrei che i genitori riflettessero su quello che Rocco dice a San Giuseppe a proposito dell’educazione di un figlio: “quando qualcosa non gli va non dite subito: fa i capricci”...”. Ma non era solo un cartoon?
Da Il Venerdì di Repubblica, 17 ottobre 2003


di Federica Lamberti Zanardi, 17 ottobre 2003

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