Dark City

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Un film di Alex Proyas. Con Rufus Sewell, William Hurt, Kiefer Sutherland, Jennifer Connelly, Richard O'Brien.
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Horror, durata 106 min. - USA 1998. - C.G.D - Cecchi Gori Distribuzione uscita venerdì 25 settembre 1998. MYMONETRO Dark City * * 1/2 - - valutazione media: 2,75 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Trovare se stessi nel labirinto della Dark City. Valutazione 4 stelle su cinque

di ashtray_bliss


Feedback: 29534 | altri commenti e recensioni di ashtray_bliss
martedì 19 maggio 2015

Un film visionario, originale per i suoi anni e supportato da uno script ben delineato e finemente realizzato. Cupo e gotico come il titolo lascia intendere, introspettivo e denso di parallelismi metaforici attuali. Un prodotto che non disdegna di proporsi per il consumo da parte della popolazione piu' giovane, con continui richiami al genere fumettistico e fantasy, ma potendo vantarsi di una solida struttura narrativa 'adulta' il film firmato Proyas abbraccia indistintemente ambedue le categorie di spettatori e si conferma un ottimo prodotto crossover che sa spaziare in modo intelligente e bilanciato dal fumetto gotico, a quello fantasy, entrando nel campo della fantascienza a tinte noir. Una vera perla ampiamente e ingiustamente sottovalutata che merita un rispolvero obbligatorio da parte di chiunque sappia apprezzare non tanto il genere sci-fi in se (di cui il film mantiene un sapore vago) quanto dai veri amatori del fumetto fanta-thriller a sfumature gotiche.
 
Realizzato con pochi effetti speciali, la Dark City punta tutto nel creare un'atmosfera opprimente e quasi certamente claustrofobica. Un'atmosfera che sa catturarti come spettatore, ed è indisputabilmente la parte migliore, la più memorabile di tutta la durata della pellicola in questione. L'ambientazione fredda, oscura, plumbea, opprimente è la chiave per l'apprezzamento del film nel suo insieme.
Bisogna ammettere però che la scelta del cast è altrettanto azzecata, e infatti vi troviamo un ottimo William Hurt nelle vesti di un detective acuto, scaltro e tormentato. Successivamente troviamo un Rufus Sewell in uno dei ruoli più importanti della sua carriera, anche lui in ottima forma e una carinissima Jennifer Conelly ancora in erba che doveva scoprire e far emergere il suo innato talento e carisma. Intanto ci offre una buona e convincente performance nelle vesti di Emma/Anna. Il personaggio più riuscito e ben sviluppato è tuttavia, e senza ombra di dubbio, il dottore. Interpretato da uno strepitoso Kiefer Sutherland, ci offre una personalità ambigua, perennemente avvolta da luci e ombre, un personaggio subdolo e catartico allo stesso tempo che rimane impresso.
 
Per il resto il film si fa apprezzare anche per la trama vera e propria, che riesce a creare un crescendo di suspence e mistero attorno ai quali lega gli spettatori che non sanno mai quale risvolto della storia si devono aspettare minuto dopo minuto. La trama è ambientata nella Città Oscura, una città come tante altre e non meglio definita, dove si muovono delle persone in apparenza normali le quali in realtà sono oggetto di studio e sperimentazione da parte di una razza aliena, nota come gli 'Stranieri'. Quest'ultimi stanno morendo, stanno lentamente estinguendosi e hanno bisogno degli essere umani per studiarli, monitorarli ed infine tentare di capire cosa sia e dove si trova la loro anima di cui avrebbero disperatamente bisogno, nel tentativo di salvarsi, impossessandosene. La loro sperimentazione, col tacito appoggio del dottore, consiste nel cancellare e sostituire ripetutivamente le memorie delle persone nonchè rimodellare ogni notte la città a loro piacimento (ma pur sempre seguendo un rigido piano), grazie a dei poteri speciali che loro definiscono 'capacità di accordarsi'. Derubando cosi gli umani delle loro 'vere' identità, interscambiandole con memorie fasulle e create ad hoc per studiarne il comportamento all'interno di questo vasta, caotica citta-laboratorio. Proprio come si fa con i topi da laboratorio. In tal senso significativa in retrospettiva è la scena in cui il dottor Schreber osserva il comportamento di due topi posti all'interno di un labirinto tridimensionale a forma di spirale; un 'auto-riferimento' ed evidente anticipazione della risoluzione della trama di cui ancora si conserva la suspence e il mistero.
 
In tale contesto, seguiamo le vicende di John Murdoch, un uomo che si risveglia totalmente privo di memoria, spaesato e spaventato nonchè accusato di plurimi omicidi di prostitute. L'uomo con sola guida il suo portafogli e una cartolina di un luogo marittimo e ben soleggiato, denominato Shell Beach, inizierà una corsa contro il tempo per capire cosa gli sta succedendo e cosa tiene questa misteriosa città avvolta nel buio costante.
Supportato da una strabiliante scenografia, perfettamente ricreata agli interni di studios e curata nei minimi dettagli, capace di evocare tempi passati, dal sapore retrò e dal retrogusto vintage, la suddetta pellicola lascia poco o nulla al caso. Ben dosati ed efficenti gli effex utilizzati, buona anche la crezione visiva degli 'stranieri' che ricordano più che mai delle tetre figure vampiresche, dal aspetto pallido e con una costante ed inspiegabile avversione per la luce e l'acqua. Il primo elemento è difatti presente nel film soltanto in forma artificiale, salvo i minuti antecedenti al finale. Il secondo elemento, l'acqua, è ricorrente per tutta la durata del lungometraggio, e come sempre è simbolo di catarsi, vitalità, rinascita. 
 
Intrinsecamente allegorico, Proyas vuole spingere il suo prodotto ad essere qualcosa in più rispetto a quello che sembra, riflettendo su tematiche quali il controllo subdolo che i leader del pianeta effettuano su di noi, semplici ed inconsapevoli cittadini. Il lavaggio del cervello, e la manipolazione capillare della realtà percepita e delle memorie di cittadini usati come pedine all'interno di un grande esperimento per il quale nessuno ha esplicitamente dato il proprio consenso. In tal modo si parla anche di abuso di potere.
Ma Proyas è attento a non discendere troppo in aree spesso controverse e preferisce aderire alle interpretazioni del suo prodotto come una allegoria platonica. Una metafora della caverna di Platone, dove le sue genti incatenate nel buio non conoscono la luce (ovvero la verità e la αρετή) ma anche un riferimento al riccorente motivo mitologico degli dei che a loro piacimento coordinano e decidono le sorti dell'umanità. 
Un prodotto completo per tutti insomma, da chi cerca puro svago e intrattenimento a chi vuole vedere anche un'interpretazione più adulta e matura. Ma in qualsiasi modo lo spettatore preferisca gustarsi il film, sicuro è che non rimarrà deluso. Una piccola chicca per estimatori, ingiustamente ignorato ai tempi della sua uscita ufficiale ma che nel tempo ha saputo riscattarsi.
Assolutamente consigliato.

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