elgatoloco
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giovedì 27 aprile 2017
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poliziottesco"altro"
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"Un uomo, una città"di Romolo Guerrieri, ma scritto da molti altri(nel 1974)è un"poliziottesco"che svela gli"altarini"della "Torino bene"(Torino come capitale ideale del neocapitalismo italiano, in parte europeo, ma potenzialmente il discorso è mondiale), con un ritmo serrato, ma non solo e non necessariamente da thriller: il commissario, interpretato da Enrico Maria Salerno(attore vero, non "manichino"da rivistina patinata o "popolare")non esita a metterli in mostra, dopo averli scovati, dietro la patina della"borghese apparenza", supportato in questo da un"giornalista democratico", un po'avvinazzato ma sempre lucido quando scrive, un sorprendente Luciano Salce, le ottime Paola Quattrini e Françoise Fabian, per non dire di Tino Carraro nella parte di un ex-dipendente FIAT"sciupà".
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"Un uomo, una città"di Romolo Guerrieri, ma scritto da molti altri(nel 1974)è un"poliziottesco"che svela gli"altarini"della "Torino bene"(Torino come capitale ideale del neocapitalismo italiano, in parte europeo, ma potenzialmente il discorso è mondiale), con un ritmo serrato, ma non solo e non necessariamente da thriller: il commissario, interpretato da Enrico Maria Salerno(attore vero, non "manichino"da rivistina patinata o "popolare")non esita a metterli in mostra, dopo averli scovati, dietro la patina della"borghese apparenza", supportato in questo da un"giornalista democratico", un po'avvinazzato ma sempre lucido quando scrive, un sorprendente Luciano Salce, le ottime Paola Quattrini e Françoise Fabian, per non dire di Tino Carraro nella parte di un ex-dipendente FIAT"sciupà"...funambolico, per dire poco. Poliziottesco più che altro in apparenza, dunque, più che altro per far passare una produzione di senso di durissima critica sociale, implacabile in certi momenti e che lo sia solo"in apparenza"o comunque quale copertura lo dimostrano i citati grandi interpreti(il che vale anche al femminile, ça va de soi...); film d'attori/attrici veri/e, non fotoromanzi filmati... Duramente anche di quegli anni, questo film, ma senza la patina fascistoide"law and order"tipica di altri"poliziotteschi"(volendo rimanere alla definizione di genere, così com'è, nuda e cruda)ma declinato come volano di critica sociale e(se si intende il termine in senso ampio) anche politica, questo film he vede anche il grande cantautore piemontese Gipo Farassino, anch'egli scomparso, in un piccolo ruolo, di cantante popolare in un locale. "Glorydays"di altri anni, di un altro tempo, diremmo(critica sociale, si diceva, cosa bisognerebbe fare oggi?), di un"altro mondo", possibile o im/possibile che esso sia. El Gato
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figliounico
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lunedì 12 giugno 2023
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mezzo capolavoro
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Tipico poliziesco degli anni ’70 ma con una atmosfera suggestiva da noir francese alla Grangier e lampi di luce sulla realtà sociale dell’epoca che ricordano se pur alla lontana il cinema di Petri. Enrico Maria Salerno ancora una volta veste i panni del commissario dopo La polizia è al servizio del cittadino, sempre di Romolo Guerrieri, del 1973. Come Gabin ha l’espressione triste di chi fa un mestiere ingrato e lo sguardo fermo del funzionario che crede nello Stato e nel proprio lavoro con la sua squadra di agenti che somiglia alla brigata di polizia di Maigret. I dialoghi saettanti e la sceneggiatura di Pontiroli restituiscono a distanza di tempo un mondo che non c’è più, un ibrido inscindibile tra la cronaca nera di quei tempi ed il suo racconto cinematografico che ha formato nell’immaginario collettivo di un’intera generazione l’immagine di una società corrotta fino al midollo dove pochi onesti funzionari soccombono sistematicamente al potere.
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Tipico poliziesco degli anni ’70 ma con una atmosfera suggestiva da noir francese alla Grangier e lampi di luce sulla realtà sociale dell’epoca che ricordano se pur alla lontana il cinema di Petri. Enrico Maria Salerno ancora una volta veste i panni del commissario dopo La polizia è al servizio del cittadino, sempre di Romolo Guerrieri, del 1973. Come Gabin ha l’espressione triste di chi fa un mestiere ingrato e lo sguardo fermo del funzionario che crede nello Stato e nel proprio lavoro con la sua squadra di agenti che somiglia alla brigata di polizia di Maigret. I dialoghi saettanti e la sceneggiatura di Pontiroli restituiscono a distanza di tempo un mondo che non c’è più, un ibrido inscindibile tra la cronaca nera di quei tempi ed il suo racconto cinematografico che ha formato nell’immaginario collettivo di un’intera generazione l’immagine di una società corrotta fino al midollo dove pochi onesti funzionari soccombono sistematicamente al potere. La polizia ha le mani legate e questa volta non contro la malavita comune ma si scopre impotente di fronte agli ambienti criminali della Torino bene. Romolo Guerrieri, regista a torto dimenticato del nostro cinema, senza sapere nulla di logge massoniche già le rappresenta nella cricca dell’alta borghesia in combutta con gli uomini marci delle istituzioni. Fanno da contrappunto le manifestazioni degli operai della Fiat che protestano contro lo sfruttamento dei padroni e la figura poetica quasi zavattiniana del personaggio interpretato da Tino Scotti, il vecchio operaio in pensione nostalgico della catena di montaggio che ancora crede nel miracolo italiano e negli industriali benefattori del popolo.
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