tom cine
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lunedì 28 agosto 2023
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poche spiegazioni, molta paura
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Mario Colucci è uno di quei piccoli misteri del cinema: ha diretto soltanto due film, il western “Vendetta per vendetta” e l’horror “Qualcosa striscia nel buio” per poi tornare subito nell’anonimato. E’ stata, insomma, una di quelle persone che appaiono e scompaiono, nel mondo del cinema, senza lasciare apparentemente tracce. La notorietà e, molto probabilmente, anche le fortune degli unici due film diretti da Colucci sembrano aver seguito la strada del loro regista, facendo finire entrambe le opere nel dimenticatoio.
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Mario Colucci è uno di quei piccoli misteri del cinema: ha diretto soltanto due film, il western “Vendetta per vendetta” e l’horror “Qualcosa striscia nel buio” per poi tornare subito nell’anonimato. E’ stata, insomma, una di quelle persone che appaiono e scompaiono, nel mondo del cinema, senza lasciare apparentemente tracce. La notorietà e, molto probabilmente, anche le fortune degli unici due film diretti da Colucci sembrano aver seguito la strada del loro regista, facendo finire entrambe le opere nel dimenticatoio. Nel caso di “Qualcosa striscia nel buio”, la sorte è stata ingiusta: questo film ha un suo piccolo ma particolare fascino e riesce a sviluppare in maniera interessante una trama che parte da una serie di situazioni tipiche dei film gotici italiani del periodo (un inizio simile lo si trova in un film diretto, due anni prima, da Antonio Margheriti, “Contronatura”). La storia, infatti, narra la nottata da incubo che un gruppo di personaggi (una coppia in crisi, un medico con la sua assistente, un anziano professore con una predilezione per l’occulto, due poliziotti con un pericoloso maniaco omicida al seguito) sono costretti a passare, bloccati da un acquazzone, dentro una lugubre villa gestita da un sinistro guardiano che nasconde un amante. Il mal assortito gruppetto apprende che la villa apparteneva ad una donna, Sheila Marlowe, che era stata accusata di aver ucciso il marito e che aveva la fama di essere esperta di magia nera. La donna è morta da tempo e qualcuno ha la malsana (e balzana) idea di fare una seduta medianica per evocarne lo spirito. La defunta padrona di casa interviene durante la seduta e, ovviamente, non ha intenzioni pacifiche: infatti, qualcuno degli sprovveduti ci rimetterà, prima dell’alba, la vita. “Qualcosa striscia nel buio” è una classica storia sui fantasmi che utilizza tutto l’armamentario tipico di questo genere di narrazione (cinematografica e letteraria): la villa lugubre, la seduta spiritica, le ombre, le voci dall’aldilà, il dialogo fra una vacillante razionalità scientifica (personificata dall’ambiguo medico) e l’apertura al soprannaturale (rappresentata dall’anziano professore) e, infine, il dubbio che assale continuamente i personaggi sui fatti di cui sono protagonisti. In una scena molto particolare (che spicca particolarmente perché è l’unica girata al ralenti ed è accompagnata da un bel brano per pianoforte), insinua addirittura il dubbio che due personaggi siano delle reincarnazioni e poi lascia questo spunto senza spiegarlo e senza svilupparlo. Per quel che riguarda i rapporti tra i personaggi la narrazione lascia molte cose in sospeso e questo è forse il limite del film. Ma c’è una cosa in cui questo film riesce perfettamente ed è il motivo principale per cui bisognerebbe riscoprirlo e, magari, rivalutarlo: sa costruire, con molto poco, un’affascinante atmosfera di paura. Perché questo film fa molta paura: riesce nell’intento di suscitare quello smarrimento che qualsiasi essere umano, anche il più razionale, prova davanti all’ignoto mostrando il meno possibile e insinuando ambiguità anche sul comportamento della presenza spettrale. Ha un nome e un cognome, Sheila Marlowe, ma non la vediamo praticamente mai (se non in una fotografia: l’attrice è Loredana Nusciak, famosa per essere stata la coprotagonista di “Django”). Il massimo che ci è concesso di vedere è un fumo nero, in una delle scene finali, accompagnato da un respiro femminile ansante che fa scorrere brividi veri e profondi lungo la schiena. Inoltre, si tratta di una “presenza” che agisce in maniera imprevedibile: se di fantasma si tratta, si comporta in maniera anomala e demoniaca, arrivando perfino a possedere i corpi degli sventurati e usandoli per scopi omicidi. Questo film fa dell’ambiguità il suo cardine e la sua carta vincente: la parola-chiave del titolo è “Qualcosa” e ciò che viene mostrato tiene perennemente fede a quello che il titolo promette. E, così facendo, batte di parecchi punti molti film horror di allora e soprattutto di oggi: fa capire la differenza fra un film che genera un’inquietudine più profonda e quello che si presenta come un banalissimo e ripetitivo catalogo di infantili e stucchevoli pretesti per far saltare sulla sedia senza generare vera tensione. Infine, rimane da scrivere qualche parola sul funzionale cast. A parte Loredana Nusciak (caso più unico che raro di attrice che partecipa comparendo soltanto in una fotografia) Farley Granger, Lucia Bosé, gli unici interpreti che ebbero una discreta notorietà a quei tempi e con le eccezioni di Giacomo Rossi Stuart (volto noto del nostrano cinema horror e thriller di quel periodo) e di Stan Cooper (ovvero Stelvio Rosi), il resto è composto da illustri sconosciuti sprofondati nell’oblio e dal compositore Angelo Francesco Lavagnino, anche autore della colonna sonora, alla sua unica esperienza recitativa nel ruolo dell’anziano professore.
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fedeleto
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mercoledì 11 maggio 2016
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misteri nel buio
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Un gruppo di persone, si ritrova a passare la notte in una villa poiché un ponte è crollato. Come se non bastasse tra loro c'è anche un assassino sorvegliato da un ispettore. Le morti cominciano a susseguirsi non appena per gioco si fa una seduta spiritica dell'ex padrona della villa morta in circostanze misteriose. Chi è l'assassino? Colucci (vendetta per vendetta) dopo l'esordio western tenta l'horror, ma i risultati non sono speciali né originali. Porte che si aprono, risate isteriche nella notte, e per allungare il brodo lunghi silenzi. Non mancano scene interessanti (lo slow scene tra la donna e l'assassino mentre quest'ultimo suona il piano, il fermarsi improvviso degli orologi), ma dopo il primo tempo passa la voglia di sapere cosa ci sia sotto.
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Un gruppo di persone, si ritrova a passare la notte in una villa poiché un ponte è crollato. Come se non bastasse tra loro c'è anche un assassino sorvegliato da un ispettore. Le morti cominciano a susseguirsi non appena per gioco si fa una seduta spiritica dell'ex padrona della villa morta in circostanze misteriose. Chi è l'assassino? Colucci (vendetta per vendetta) dopo l'esordio western tenta l'horror, ma i risultati non sono speciali né originali. Porte che si aprono, risate isteriche nella notte, e per allungare il brodo lunghi silenzi. Non mancano scene interessanti (lo slow scene tra la donna e l'assassino mentre quest'ultimo suona il piano, il fermarsi improvviso degli orologi), ma dopo il primo tempo passa la voglia di sapere cosa ci sia sotto. Soggetto e sceneggiatura dello stesso Colucci. Della serie appena sufficiente.
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wurdalak
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venerdì 25 maggio 2007
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qualcosa striscia nel buio
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Premetto una cosa: a me sto film piace.
Questo seconda incursione alla regia di Mario Colucci (la prima fu "Vendetta per vendetta", bizzaro western sessantottino che pochi ricorderanno), non rappresentò certo un'evento memorabile nella storia del cinema horror italiano. Interpreti e caratteristi anche bravi del nostro cinema, come Giacomo Rossi Stuart, Farley Granger e il glorioso musicista A. Francesco Lavagnino, non offrono certo performaces memorabili. Il ridicolo affiora parecchie volte nel corso della pellicola, ed anche lo spunto iniziale, del gruppo di persone eterogenee costrette a rifugiarsi in un maniero in una notte di tempesta e relativa seduta spiritica, non è certo originale.
Tuttavia, non mancano neppure momenti di genuina suspence, sostenuti con discreto mestiere dalla regia.
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Premetto una cosa: a me sto film piace.
Questo seconda incursione alla regia di Mario Colucci (la prima fu "Vendetta per vendetta", bizzaro western sessantottino che pochi ricorderanno), non rappresentò certo un'evento memorabile nella storia del cinema horror italiano. Interpreti e caratteristi anche bravi del nostro cinema, come Giacomo Rossi Stuart, Farley Granger e il glorioso musicista A. Francesco Lavagnino, non offrono certo performaces memorabili. Il ridicolo affiora parecchie volte nel corso della pellicola, ed anche lo spunto iniziale, del gruppo di persone eterogenee costrette a rifugiarsi in un maniero in una notte di tempesta e relativa seduta spiritica, non è certo originale.
Tuttavia, non mancano neppure momenti di genuina suspence, sostenuti con discreto mestiere dalla regia. La seuqenza della seduta spiritica riesce a suscitare qualche sussulto anche all'amante dell'horror più scafato.
Belle e d'atmosfera tutte le scene notturne girate in esterno.
il finale, poi, con la soggettiva dell'entità che si aggira nel corridoio, gentando oscurità ad ogni anfratto è davvero da cardiopalma.
In conclusione, lo trovo un film tutto sommato riuscito, nonstante i molti limiti e difetti, capace (senza troppe pretese) di soddisfare pienamente gli amanti dell'horror anni '70 nostrano, nostalgici di un cinema ormai totalmente estinto.
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venerdì 25 maggio 2007
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Questo seconda incursione alla regia di Mario Colucci (la prima fu "Vendetta per vendetta", bizzaro western sessantottino che pochi ricorderanno), non rappresentò certo un'evento memorabile nella storia del cinema horror italiano. Interpreti e caratteristi anche bravi del nostro cinema, come Giacomo Rossi Stuart, Farley Granger e il glorioso musicista A. Francesco Lavagnino, non offrono certo performaces meorabili. Il ridicolo affiora parecchie volte nel corso della pellicola, ed anche lo spunto iniziale, del gruppo di persone eterogenee costrette a rifugiarsi in un maniero in una notte di tempesta e relativa seduta spiritica, non è certo originale.
Tuttavia, non mancano neppure momenti di genuina suspence, sostenuti con discreto mestiere dalla regia.
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Premetto una cosa: a me sto film piace.
Questo seconda incursione alla regia di Mario Colucci (la prima fu "Vendetta per vendetta", bizzaro western sessantottino che pochi ricorderanno), non rappresentò certo un'evento memorabile nella storia del cinema horror italiano. Interpreti e caratteristi anche bravi del nostro cinema, come Giacomo Rossi Stuart, Farley Granger e il glorioso musicista A. Francesco Lavagnino, non offrono certo performaces meorabili. Il ridicolo affiora parecchie volte nel corso della pellicola, ed anche lo spunto iniziale, del gruppo di persone eterogenee costrette a rifugiarsi in un maniero in una notte di tempesta e relativa seduta spiritica, non è certo originale.
Tuttavia, non mancano neppure momenti di genuina suspence, sostenuti con discreto mestiere dalla regia. La seuqenza della seduta spiritica riesce a suscitare qualche sussulto anche all'amante dell'horror più scafato.
Belle e d'atmosfera tutte le scene notturne girate in esterno.
il finale, poi, con la soggettiva dell'entità che si aggira nel corridoio, gentando oscurità ad ogni anfratto è davvero da cardiopalma.
In conclusione, lo trovo un film tutto sommato riuscito, nonstante i molti limiti e difetti, capace (senza troppe pretese) di soddisfare pienamente gli amanti dell'horror anni '70 nostrano, nostalgici di un cinema ormai totalmente estinto.
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