gianni lucini
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venerdì 16 settembre 2011
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john ford una citazione, sergio leone il maestro
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Per il gusto di uccidere inizia con la macchina da presa puntata su un deserto in campo lungo, anzi lunghissimo, di quelli che hanno consegnato alla storia del cinema le riprese di John Ford. Sull’orizzonte galoppa senza fretta un cavaliere solitario con il sole dietro alle spalle. Un inizio più americano di così non è possibile, ma basta la scena successiva in cui l’antieroe cinico guarda indifferente l’assalto dei banditi al convoglio dell’esercito per capire che si è trattato soltanto di una veloce citazione e non di un tradimento dei codici del western all’italiana. D’altronde una simile impostazione sarebbe in contraddizione con lo stile di Tonino Valerii il regista in assoluto più vicino e più in sintonia con il linguaggio stilistico di Sergio Leone, di cui oltre che ammiratore è stato anche collaboratore senza citazione in Per un pugno di dollari e direttore della seconda unità di regia in Per qualche dollaro in più.
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Per il gusto di uccidere inizia con la macchina da presa puntata su un deserto in campo lungo, anzi lunghissimo, di quelli che hanno consegnato alla storia del cinema le riprese di John Ford. Sull’orizzonte galoppa senza fretta un cavaliere solitario con il sole dietro alle spalle. Un inizio più americano di così non è possibile, ma basta la scena successiva in cui l’antieroe cinico guarda indifferente l’assalto dei banditi al convoglio dell’esercito per capire che si è trattato soltanto di una veloce citazione e non di un tradimento dei codici del western all’italiana. D’altronde una simile impostazione sarebbe in contraddizione con lo stile di Tonino Valerii il regista in assoluto più vicino e più in sintonia con il linguaggio stilistico di Sergio Leone, di cui oltre che ammiratore è stato anche collaboratore senza citazione in Per un pugno di dollari e direttore della seconda unità di regia in Per qualche dollaro in più. La stima, peraltro, è reciproca visto che il maestro sceglierà proprio lui nel 1973 per dirigere Il mio nome è nessuno, il film crepuscolare prodotto e voluto proprio da Leone che sigla la ricomposizione tra il western classico e quello all’italiana annunciando la fine di un’epoca.
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gianni lucini
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venerdì 16 settembre 2011
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l’antieroe scommette su se stesso
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«Ve la sentite di puntare su di voi?» La domanda, che nel film viene rivolta da Collins a Lanky, è la chiave di lettura principale di un film che ripropone con qualche variante, ma senza modificarne i codici, il cinico e disincantato antieroe senza nome interpretato da Clint Eastwood nei film della “trilogia del dollaro” di Sergio Leone. Come lui anche Lanky non si fida di nessuno e, soprattutto, non si appassiona particolarmente a nessuna causa che non sia il proprio benessere o la propria sopravvivenza. Per questo se proprio deve scommettere su qualcuno o su qualcosa lo fa su di sé. Cinico al punto da assistere senza battere ciglio agli assalti dei convogli che trasportano oro lasciando che i banditi di turno massacrino tranquillamente gli uomini di scorta, tiene la realtà ancor più lontana da sé di quanto non facesse il protagonista dei film di Leone grazie al fatto di poterla vedere da un cannocchiale di grande potenza perennemente montato sul suo fucile.
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«Ve la sentite di puntare su di voi?» La domanda, che nel film viene rivolta da Collins a Lanky, è la chiave di lettura principale di un film che ripropone con qualche variante, ma senza modificarne i codici, il cinico e disincantato antieroe senza nome interpretato da Clint Eastwood nei film della “trilogia del dollaro” di Sergio Leone. Come lui anche Lanky non si fida di nessuno e, soprattutto, non si appassiona particolarmente a nessuna causa che non sia il proprio benessere o la propria sopravvivenza. Per questo se proprio deve scommettere su qualcuno o su qualcosa lo fa su di sé. Cinico al punto da assistere senza battere ciglio agli assalti dei convogli che trasportano oro lasciando che i banditi di turno massacrino tranquillamente gli uomini di scorta, tiene la realtà ancor più lontana da sé di quanto non facesse il protagonista dei film di Leone grazie al fatto di poterla vedere da un cannocchiale di grande potenza perennemente montato sul suo fucile. Lui non si mescola, anzi, fin dall’inizio la guarda dall’alto con una felice scelta della sceneggiatura di farlo costantemente muovere su un piano diverso da quello degli eventi dei quali è testimone e, occasionalmente, partecipe. A ben vedere c’è un’altra differenza il personaggio interpretato da Clint Eastwood e Lanky. Se il primo era cinismo e indifferenza allo stato puro, Lanky porta con sé una compagnia pericolosa come il desiderio di vendicare il fratello, che non diventa un’ossessione come per gli eroi tormentati dei western di Corbucci, ma ha il suo peso nella storia. Quando uccide Gus nel duello finale prova il piacere sottile della vendetta compiuta e, per la prima volta dall’inizio del film, non agisce con il distacco del professionista che dispensa la morte più per destino che per il piacere. Uccide per il gusto di uccidere, appunto..
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