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Mario Gromo
La Stampa
Nicole Vedrès deve avere l'animo di un collezionista, di un pignolo e di un poeta. Ha immaginato di rievocare sullo schermo la vita parigina tra il 1900 e il 1914, la Parigi dei tempi felici, travolti poi dalla prima guerra mondiale. Il primo novecento, con le sue fogge diventate ormai costumi, con le sue cronache diventate ormai storia, fu a suo tempo una scoperta per soggettisti e registi. Un facile colore, una ancora più facile nostalgia, e una blanda ironia, imposero quell'epoca a fin troppi film, e sé la Vedrès si fosse accinta all'ennesimo, ben difficilmente ne avrebbe ottenuto un fresco e vivace consenso. [...]
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