Le ultime vicende francesi hanno offerto degli assist irresistibili. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti
Mai titolo è stato più aderente al tema. E’ un dato. Il racconto del mondo, nei media, piattaforme, testate, piccolo schermo, ormai è “cinema”. Entrerò nel merito francese più avanti, ma dando uno spunto iniziale. Dicevo “cinema”, le occasioni sono tali che MYmovies, che è il cinema, le ha accolte e le racconta privilegiando la leggerezza e mai entrando nel dibattito politico. Le ultime vicende francesi hanno offerto degli assist irresistibili. Ne scriverò ma ne anticipo uno. “Film Nicolas Sarkozy va in prigione”. E’ stato tutto organizzato preventivamente certo, ricorrendo a tutti gli stili del cinema. L’ex presidente è inquadrato in soggettiva, cammina sereno, con la moglie Carla Bruni sorridente (ma perché?) per mano. L’inquadratura si affianca alla coppia e stringe sui volti, poi la macchina si alza e allarga in prospettiva inquadrando una folla plaudente. Ecco poi l’abbraccio di Macron (ma perché?). Il quadro scende quando Sarkozy sale in macchina e il popolo intorno lo saluta. Seduto fa il gesto della vittoria con indice e medio, alla Winston Churchill (ma perché?).
Se non è cinema questo?... Riprenderò l’episodio, perché non è finito.
Se racconti la Francia in questa epoca puoi contare su una proposta infinita di immagini, devi scegliere. Un esempio: i network trasmettono momenti di televisione russa che sfottono Trump e lo definiscono “un fesso eccezionale”. Va detto che il presidente USA, divulgando quel video col letame che cade sui cittadini, non ha fatto niente per non essere sfottuto.
E’ notorio che la televisione russa è controllata dal Cremlino e che da qualche tempo propone programmi e situazioni sofisticate e iperboliche che riguardano l’Occidente.
Uno stile nuovo rispetto alla comunicazione mirata e rozza di qualche tempo fa. Chi comanda deve aver strigliato l’intellighenzia televisiva ordinando un’evoluzione estetica e culturale, sempre nell’alveo dell’ideologia del regime.
Immagino un network che avesse deciso di raccontare la Francia in una serie televisiva e avesse assunto i migliori sceneggiatori e il miglior regista dando questa indicazione: avete ridicolizzato Trump e il suo paese, fate qualcosa su uno stato dell’UE, importante. Magari la Francia.
Sceneggiare un film o una serie è un lavoro complesso, quasi mai individuale. E dunque immagino gli autori riuniti che portano le loro idee, espresse, discusse, bocciate. Poi qualcuno, esterno, suggerisce: “Signori, seguite le emittenti europee, i servizi che riguardano la Francia. Il nostro lavoro sarebbe inutile, è già stato fatto”.
La realtà transalpina ha lasciato la fiction, anche la più creativa e ispirata, indietro di molte lunghezze.
Ma prima di entrare in questa fantasia mi sembra opportuno un richiamo a un mio editoriale di qualche settimana fa sui rapporti fra Italia e Francia. Alcuni stralci.
“Non posso esimermi dall’evocare la Rivoluzione francese, che ha cambiato il mondo e consegnato ai francesi l’idea di una superiorità sociale e intellettuale. Magari da discutere, ma i transalpini non la discutono. In una diatriba “loro” hanno sempre ragione e ritengono, in caso di bisogno, di avere diritto alla tutela e al privilegio. Citerò qualcosa di esemplare di grande portata, quando il 25 agosto del 1944 De Gaulle entrò trionfante in Parigi liberata, col permesso di Eisenhower. Un trionfo che doveva al sacrificio di centinaia di migliaia di americani e alleati”.
“Da noi la magistratura ricerca e condanna le persone responsabili di atti di terrorismo. Ma costoro trovano un alleato efficace nella Francia, dove si rifugiano, grazie alla cosiddetta “dottrina Mitterand”, che non concede l’estradizione ai ricercati per “atti di natura violenta ma di ispirazione politica” qualora avessero rinunciato a ogni forma di violenza”.
“La cultura del sospetto e della diffidenza è una costante del rapporto fra Italia e Francia. L’eterno contrasto della gestione della crisi dei migranti si è accentuata per le critiche del ministro dell’interno francese che ha portato all’ennesima tensione diplomatica”.
“La Francia, sempre dalla sua posizione storica di custode del sociale e della morale nel pianeta, non manca di accusare l’Italia di essere incline a uno stucchevole lamento per gli sgarbi, presunti secondo i francesi, subiti dall’Italia. Certo, la diffidenza è reciproca”.
“Visione del mondo. Niente di più diverso. In un’epoca di globalizzazione i due paesi si pongono come azione e cultura in termini “filosoficamente” lontani. Quasi uno scontro fra gli italiani “populisti/sovranisti” e i francesi “elitari/mondialisti”.
“La cultura. E’ legittima l’idea che Francia e Germania si contendano storicamente il primato della cultura nel continente europeo. C’è un acronimo STEM, dall’inglese science, technology, engineering and mathematics che appartiene alla Germania che nelle discipline scentifico-tecnologiche, non ammette competitor. Poi c’è la letteratura e lì è la Francia ad accaparrarsi la leadership, anche questo è condiviso. E l’Italia? Il novecento e anche il duemila, nel consesso delle nazioni europee l’Italia ha perso dei punti soprattutto per il suo ruolo nella seconda guerra mondiale. Con la conseguenza di un riverbero sull’insieme del Paese Italia, compresa la cultura. Eppure, storicamente, con merito, “cultura” nel mondo significa(va) Italia. C’è uno strumento che se non risolve, certo aiuta nelle misure. E’ il premio Nobel della letteratura. Sono 16 gli eletti francesi, 6 gli italiani.”
Tornando al tema. Sintesi estrema di quadro generale.
Le difficoltà attuali della Francia derivano da un'instabilità politica e da una situazione economica difficile, compromessa da un elevato debito pubblico e da una crescita economica bloccata. E’ palese, tattile, la difficoltà nel formare governi stabili. In poco più di un anno e mezzo Macron ne ha formati quattro.
Il racconto del percorso di Sebastien Lecornu ultimo nominato presidente del consiglio, è stato tragicomico. Prima ha rifiutato il mandato, poi per salvare il presidente dalle critiche e sfide interne, lo ha accettato. Poi si è trovato nei guai per aver mentito, nel curriculum, sul suo master. Macron è conscio di aver prodotto una impasse della Francia che non ha precedenti.
La crisi del governo.
Infinita, stucchevole e, volendo, comica deve vedersela con un riscontro, forte, tipicamente francese, del popolo nelle piazze. E’ una tenaglia che il presidente si sente alla gola. E per respirare, per compensare, per mostrarsi ancora vivo, capo di un Paese importante fondatore, si inventa qualche iniziativa di politica estera della quale la comunità dell’UE prende atto. Ma non fa altro.
E’ questo il segmento triste del film-Macron. La sceneggiatura se l’è scritta lui, non servono altri autori.
Tornando alla citazione iniziale di Sarkozy che va in prigione. C’è la seconda parte dove viene mostrata la cella nel carcere della Santé che lo accoglierà. Dodici metri quadrati, un letto a castello, un tavolino, una sedia e il necessario per l’igiene. Sarà proprio così? Una regola francese è quella di agire fuori dagli schemi. Se si fa giustizia deve essere uguale per tutti, così come una cella. E poi ti dicono “ma perché stupirsi, noi abbiamo tagliato la testa a un re e a una regina.” Il detenuto ha portato con sé due libri, Il conte di Montecristo e una Vita di Gesù. Nel suo romanzo Dumas racconta di Edmond Dantès rinchiuso innocente per anni nel famigerato Castello d’IF. Ma quando esce si vendica spietatamente dei suoi accusatori. Beh, non è difficile tradurre quel segnale. Anche Gesù ha un significato, un promemoria su qualcosa che la vita complicata ti ha portato a trascurare. Una cosa bella e buona, da riesplorare, da riportare al presente. Può significare una promessa, a sé stesso e agli altri: “da adesso starò attento a quel modello.”.
Altro episodio del “film Francia”, il furto al Louvre. E’, come si dice, roba da matti, più divertente del colpo dei Soliti ignoti. Abbiamo visto tutto, più volte. I ladri salgono nel museo attraverso quella lunga, comoda scala, sanno naturalmente dove andare, rompono indisturbati le vetrine e rubano i gioielli di Napoleone e altro. Poi rifanno il percorso inverso, indisturbati e si danno alla fuga, non dopo aver perso la corona dell’imperatrice Eugenia. Non è davvero improprio omologare quel Louvre, assoluta eccellenza nel mondo, simbolo epico del paese, allo stato della Francia di adesso. C’è debolezza disattenzione, disorganizzazione, scarsa visione del momento. E un offuscamento strisciante del prestigio.
Che film, che film!
Scrittura. Woody Allen, Billy Wilder, Michael Crichton, e Neil Simon che hanno raccontato tutte le fantasy e le storie, maestri di sorriso, di evasione, di ironia e di licenze non sarebbero riusciti a tanto. E’ un modo di dire, ma ci sta: quando la realtà supera la fantasia.
La prima parte del mio scritto ricorda una Francia dominante, sicura del proprio ego e del suo ruolo nel mondo. Ad essere cattivi diciamo che quanto le sta succedendo può essere un deterrente alla sua arroganza. Ma dico che trattasi di un momento. Quando abbiamo aperto per la prima volta, a scuola, il sussidiario, Rivoluzione francese, Napoleone, erano fra le prime storie che abbiamo assunto e trasferito nella memoria recondita. E lì rimangono, e non è il ricordo di questa Francia, che fa male al cuore.
Ma quello è un paese particolare, imprevedibile nei suoi corsi. E niente è più probabile che arrivi un ricorso che rimette la Francia al suo posto nella storia. E chissà che non si appalesi un nuovo De Gaulle, o meglio ancora un Napoleone senza battaglie. Come dice quel tale in tivù “aspettatevi di tutto.” Da quelle prime letture del sillabario dico che siamo tutti un po’ francesi. Per quanto mi riguarda ho sempre avuto quel paese e quella cultura come primo riferimento oltreconfine. E con la famiglia, quando si presenta l’occasione, ce ne andiamo a Parigi.