
In streaming su MYmovies ONE il ritratto del celebre architetto tedesco attraverso lo sguardo delle figure femminili con cui ha condiviso l’esistenza. GUARDA ORA »
di Simone Granata
È ora disponibile su MYmovies ONE Mies Van Der Rohe: Le linee della vita, il documentario di Sabine Gisiger su Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969), uno dei più grandi architetti e designer del Novecento.
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Negli ultimi anni la figura dell’architetto è stata particolarmente al centro del discorso cinematografico, basti pensare a Megalopolis (2024) di Francis Ford Coppola o a The Brutalist (2024) di Brady Corbet.
Mentre, in quei casi, l’architetto della distopica New Rome Cesar Catilina (Adam Driver) e l’architetto ebreo ungherese László Tóth (Adrien Brody) erano personaggi di finzione, qui il protagonista è realmente esistito. Resta, in ogni caso, la potente carica simbolica dell’architettura, quale metafora delle trasformazioni sociali, politiche, culturali e personali.
Ludwig Mies van der Rohe è stato uno dei maggiori esponenti del razionalismo, accostabile a maestri come Le Corbusier o Frank Lloyd Wright. Ha saputo dare forma all’essenziale e al concetto di “less is more”, passando attraverso il Bauhaus e la Repubblica di Weimar, fino alla fuga dal regime nazista e all’esilio volontario negli Stati Uniti dal 1938, dove avrebbe proseguito la sua opera facendo di ogni edificio una testimonianza del proprio stile inconfondibile.
La regista svizzera Sabine Gisiger costruisce un documentario lontano dalla mera divulgazione o dalla retorica celebrativa. Al contrario, si tratta di un ritratto stratificato e a più voci, in cui la figura di Mies van der Rohe emerge attraverso lo sguardo delle donne che più hanno avuto a che fare con lui.
L’espediente usato è quello di un’intervista “impossibile” alla figlia di van der Rohe, Georgia – attrice, ballerina e documentarista – che compone una narrazione in cui a parlare sono lei e le altre figlie dell’architetto, Marianne e Waltraut, la moglie Adele Bruhn, e l’amante Lilly Reich, designer pioniera nel suo campo e ispiratrice importante nel processo creativo dello stesso Mies.
Alternando dialoghi immaginari, materiali d’archivio, interviste a studiosi ed esperti, si delinea il volto pubblico e quello privato di un maestro celebrato e di un uomo spesso emotivamente scollegato e incapace di gestire i legami familiari o affettivi.
Tanto universalmente riconosciuto per il rigore del suo stile – fatto di trasparenza, leggerezza, linee essenziali – quanto irrisolto nelle vesti di padre e compagno, con il suo carico di contraddizioni e scelte dolorose, come l’abbandono delle figlie nel momento della partenza per l’America.
Ed è proprio in questa ambiguità che Mies van der Rohe rivela tutta la sua complessità – ben esplorata dal documentario – sempre in bilico tra il genio della forma e l’inquietudine dell’animo.