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Storia "poconormale" del cinema: la musica (2)

Un europeo cha capì l'America meglio degli Americani.
di Pino Farinotti

Dal cinema alla televisione
Vivien Leigh (Vivian Mary Hartley) 5 novembre 1913, Darjeeling (India) - 7 Luglio 1967, Londra (Gran Bretagna). Interpreta Rossella O'Hara (Scarlett O'Hara) nel film di Victor Fleming, George Cukor, Sam Wood Via col vento.

venerdì 19 marzo 2010 - Focus

Dal cinema alla televisione
C'è una frase musicale di un film, di grande qualità armonica e di grande intensità. Evoca un'epica sorpassata, un mondo ricco, elegante, educato che non c'è più. È una composizione nobile, e adesso da noi è molto popolare, lo è troppo. Sarebbe stato preferibile che rimanesse nel suo alveo, strumento legato soltanto al racconto, romantico, certo conosciuto, ma non deturpato di un film che fa parte della più bella dotazione che ci appartiene. Il film è Via col vento, il compositore è Max Steiner. Era certamente, appassionatamente augurabile che quella frase non diventasse tanto popolare. La sentiamo tutte le sere e la proposta continua, anche se non ne ha distrutto il sortilegio, certo lo ha compromesso. Il tema accompagna, in seconda serata, il programma Porta a a porta, condotto da Bruno Vespa. Se fossero stati ancora in vita Selznick e Fleming, produttore e regista di Via col vento, anche di fronte a un'offerta irrinunciabile, probabilmente avrebbero declinato. Se fosse stato in vita Steiner avrebbe rifiutato, furibondo. Il declino di quella breve sinfonia lo si può misurare così: accompagnava la magione degli O 'Hara e la tenuta di Tara in Atlanta, era cornice dei volti e dei corpi di Vivien Leigh, Olivia de Havilland, Leslie Howard e Clark Gable. Adesso avvolge uno studio algido senza mito, senza eleganza e senza storia, e introduce un conduttore davvero molto lontano da Clark Gable. Così come gli ospiti sono lontani da Vivien e Olivia. Su quei divani, non voglio far nomi, siedono tutti, e siede tutto. A seconda del momento e dell'opportunità, e quasi mai comanda lo stile o la qualità, prevalgono i trans e le escort che ti spiegano la vita, a modo loro, e devono essere ascoltati e tutelati perché sono ottimo marketing e alta audience. Certo può accadere che ci sia ospite un nobel, ma accanto a lui c'è una Canalis che lo interrompe per dire la sua, magari sul sociale o sulla politica. Sotto la giurisdizione, costretta, di Max Steiner.

Predestinato
La storia di Steiner (1888-1971) sembra scritta da uno sceneggiatore di Hollywood. Ma uno dei più bravi, perché davvero la fantasia, e i codici, sarebbero stati inadeguati rispetto alla realtà di questo compositore. Viennese per cominciare: si parla di musica no? Un'altra piccola leggenda lo vuole a dirigere una sinfonia all'età di quattordici anni.
Suo zio era Maximilian Steiner, direttore del Theater an der Wien di Vienna. Padrino di battesimo di Max fu nientemeno che Richard Strauss. Ma non è finita, suo insegnante di pianoforte fu Johannes Brahms. Strauss e Brahms non era gente che si scomodava se non ne valeva la pena. Quando nel '29 Max approdò a Hollywood, alla Warner, era già titolare di una storia musicale infinita, articolata e di altissima qualità. E là, in quei primi anni, fu un precursore. In quella major, una vera "bottega" , Steiner trovò un gruppo di colleghi europei dotatissimi, avrebbero fatto la storia delle colonne da film. Gente come Waxman, Deutsch, Friedhofer e Korngold. Ma fu lui a inaugurare l'era dei commenti musicali completamente originali e aderenti alla durata quasi totale del film, quando ancora si ricorreva a pezzi di repertorio o a brevi brani. Steiner copriva con le sue colonne, oltre il settanta per cento del minutaggio del film.

Europa
Come molti degli artisti che arrivavano dall'Europa capì l'America meglio degli americani. Così seppe adeguarsi a tutti i generi. Se proprio si doveva trovare un aggettivo prevalente, Steiner mostrò di gradire "romantico". Nel '36 lavorò sul film di Ford Il traditore. Raccontava la vicenda di un ribelle che si fa comprare per poche sterline nell'Irlanda in lotta contro gli inglesi. Steiner trasmise una percezione intensa e sinistra del rimorso del delatore. Una colonna che creò un precedente. E diede il primo Oscar al suo autore. Due anni dopo, nei molti temi composti per La figlia del vento, scrisse un valzer squisitamente alla Strauss, quando Henry Fonda costringe Bette Davis a ballare per punirla di fronte alla arrogante società sudista. Strepitosa la colonna di Via col vento: oltre tre ore di fraseggi che accompagnano scene d'amore, di guerra e di dramma. Col famoso tema portante finito poi, tragicamente a Porta a porta. Steiner ebbe una serie infinita di nomination all'Oscar e ne conquistò tre. Col già citato Traditore con Perdutamente tua ('42) e con Da quando te ne andasti ('44). Ma non sono queste le sue migliori composizioni. Basta citare altri titoli: Rebecca ('40) di Hitchcock, Casablanca ('43) di Curtiz, Il tesoro della Sierra madre ('48) di Huston. Tutti maestri che gli devono molto.
Così come Ròzsa, mitteleuropeo inventore "etnico", Steiner superdotato "complessivo", meritava una puntata.

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