Amanti perduti

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Un film di Marcel Carné. Con Arletty, Pierre Brasseur, Jean-Louis Barrault, Marcel Herrand.
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Titolo originale Les enfants du paradis. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 95 min. - Francia 1945. - Cineteca di Bologna uscita lunedì 25 novembre 2013. MYMONETRO Amanti perduti * * * * 1/2 valutazione media: 4,50 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

L'emozione che esce dallo schermo Valutazione 5 stelle su cinque

di Garancebp


Feedback: 1203 | altri commenti e recensioni di Garancebp
sabato 26 ottobre 2013

Les enfants du paradis è un film d’Amore che nasce nella Seconda Guerra Mondiale, un capolavoro di Marcel Carné e del cinema, che emoziona perché scorre con il ritmo della vita. E’ una storia della Parigi dell’Ottocento, dei suoi teatri e artisti e di una donna, Garance (Arletty), e un mimo, Baptiste (Jean-Louis Barrault), che si amano senza poter vivere pienamente il loro amore. E’ una storia semplice come les enfants del titolo, i ragazzi che a teatro potevano permettersi solo i posti alti e lontani, il paradiso appunto; semplice è il teatro dei Funambules dove si esibiscono i protagonisti e il Boulevard du Temple in cui si trova, detto pure Boulevard du crime; semplici sono infine i personaggi caratterizzati finemente, ma con negli occhi non un fulgore bensì “un piccolo lume”. La sceneggiatura di Jacques Prévert non poteva essere più acuta e poetica, col suo acme nei dialoghi che tanta parte hanno nel film, anche se non mancano scene mute deliziose come la scoperta di Nathalie (Marìa Casares) dell’innamoramento di Baptiste, le pantomime o il delitto finale. Che l’arte sia essenziale lo si evince già dall’inizio, quando sulla prima scena si alza il sipario, e infatti spesso si riflette sul rapporto vita-arte e sulla loro compenetrazione reciproca: è grazie alla gelosia che prova o crede di provare che Frédérick (Pierre Brasseur) riesce a interpretare Otello, è grazie alla magia dell’arte di far diventare altro da se stessi che Baptiste riesce a sembrare tanto cattivo, lui così gentile. Illuminante è il discorso che si tiene alla festa che segue la prima dell’Otello a proposito di come ciò che in arte è tragedia diventi una comune farsa quando si concretizza nel reale e che questa a ben vedere “si recita già”; l’ambiguità, l’alternarsi di espressivi primi piani fanno della scena una delle più memorabili. “Sognare e vivere è lo stesso; se non fosse così che varrebbe vivere?” dice Baptiste a proposito della vita, e dell’amore. “E’ tanto semplice l’amore” pensa Garance, semplice e sanguigna come il fiore di cui porta il nome. Frédérick è troppo dedito alla recitazione e alle donne per potersi innamorare; Lacenaire (Marcel Herrand) ha “troppe correnti”, una troppo fredda nella mente e una troppo calda nel cuore; il conte di Montray (Louis Salou) è troppo legato ai suoi denari e alla sua posizione; Baptiste solo, abituato a esprimersi col silenzio, sa guardare con gentilezza Garance e amarla. Due dialoghi scandiscono il loro amore e sono la quintessenza del romanticismo: il primo fuori dalla taverna in cui si riconoscono, il secondo fuori dalla casa del conte prima del loro ultimo incontro. La differenza sta innanzitutto nelle frasi di Baptiste, il quale, se prima chiedeva a Garance “voi m’amate almeno un po’?”, ora non domanda niente perché ha appreso che ciò che conta è vivere il presente senza aspettative, sapendo ormai che solo i ricordi “impediscono di invecchiare”. “Partite e il desiderio, il tempo lavorano per voi; poi rieccovi abbellita dalla poesia”: nel lamento di Nathalie si comprende come l’amore, i desideri (qui riecheggia il discorso della festa) siano poetici quando non soddisfatti poiché è il non possederli che induce a desiderarli. Sa bene Woody Allen che “l’amore è romantico solo quando è insoddisfatto”e tale resterà quello di Garance e Baptiste, perdendosi tra la folla festante del carnevale e lasciando gli amanti perduti col pensiero che “dovrai essere sempre lieto perché qualcuno ti ha amato”.

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antonio montefalcone mercoledì 27 novembre 2013
la poesia di amori non posseduti ma desiderati...
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Opera monumentale nata dalla collaborazione tra Marcel Carné e Jacques Prévert, “Les Enfants du paradis” (cioè «la folla del loggione» al teatro), è sia un intenso omaggio al Teatro (nella forma nobile – la pantomima, a cui si ispira guardando la storia del mimo ottocentesco Deburau; e in quella popolare – il grand guignol), sia un’acuta riflessione sull’irrealizzabilità della Felicità e di alcuni rapporti amorosi. Il film, in originale diviso in: “Le Boulevard du crime” e “L’Homme blanc”, si carica di fascino grazie all’elegante e raffinata messinscena, a un cast di attori straordinari, a lunghi monologhi e dialoghi letterari, ad un sapore d’epoca lontana. [+]

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