Per superare la morte del figlio, una donna e il marito psicologo si rifugiano in un vecchia casa nel bosco, che loro chiamano “Eden”. Nonostante le attenzioni del marito, ogni giorno che passa la donna viene assalita sempre più dalle sue paure, fino a perdere totalmente il controllo…
Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe stanno facendo l’amore sotto la doccia. Sono ripresi in un bianco e nero patinato, al rallentatore, con in sottofondo una delicata aria di Händel. Dopo forse una decina di secondi, il regista ci mostra un particolare della penetrazione.
Inizia così, Antichrist, ed è l’inizio giusto per un film come questo, è un banco di prova che viene giustamente presentato fin dall’inizio allo spettatore, per testarne la volontà, la disponibilità nei confronti di ciò che gli si vuole raccontare. Se stiamo al gioco e accettiamo quell’inquadratura, allora accetteremo tutto quello che von Trier ci presenta nell’ora e tre quarti successiva; se la rifiutiamo, se ci mettiamo a ridere, allora tanto vale uscire subito dalla sala, perché questo non è il film che fa per noi. Grazie anche alla sontuosa fotografia digitale di Anthony Dod Mantle e all’ottimo montaggio di Anders Refn, Lars von Trier ci avvolge nelle sue paranoie più violente, derivanti dalla crisi depressiva in cui era caduto nel 2007 e da cui è uscito proprio scrivendo questo film. Ci propone immagini e dialoghi difficili da accettare e ancor più da sopportare; ci parla della Natura ma anche della natura umana, di sesso e dei sessi, di Dio e del Demonio, di sogni e di realtà, di vita e di morte, di colpe e di espiazioni; ci inchioda alla poltrona, ci fa trasalire dall’imbarazzo, ci fa chiudere gli occhi per il disagio, ci fa rabbrividire per ciò che ci mostra. Per ciò di cui ci parla. Ma nulla avrebbe potuto, il regista danese, senza la straordinaria interpretazione di Charlotte Gainsbourg, che offre anima e corpo al suo personaggio, trascinandoci giù verso la disperazione umana, nella follia più pura e inafferrabile. Una discesa che può forse ricordare quella di Isabelle Adjani nel Possession di Zulawski, ma che è infinitamente più potente, più inquietante. Un’interpretazione che ha pienamente meritato il premio come miglior attrice del Festival di Cannes 2009. Qualcuno ha definito questo Antichrist «un film per persone intelligenti», il regista ha detto che è il film più importante della sua carriera. Di sicuro non è un film per tutti.
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