Strada senza ritorno

   
   
   

Goodis touch Valutazione 3 stelle su cinque

di Vincenzo Carboni


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domenica 4 gennaio 2009

Sono le quattro del mattino di un freddo inzio del nuovo anno. Mia figlia mi costringe ad alzarmi alle quattro: ha una brutta tosse. Le dò uno sciroppo calmante, poi sono combattuto tra alzarmi definitivamente e provare a dormire ancora. Misuro a passi silenziosi la casa. Nella mia videoteca scorro i titoli: tra questi ‘Strada senza ritorno’. L’avevo registrato tanto tempo fa da ‘Canale 5’. L’ultimo Fuller merita un poò del mio sonno perduto. Sarà un buon compagno di nottata. Dai titoli di testa mi accorgo che il film è tratto dal romanzo omonimo di Goodis. Ricordo di averlo letto tanti anni fa durante un viaggio a Dublino. Ritorno al film: riconosco subito il freddo vitreo dei dialoghi secchi come lame, e il ritmo veloce e un po’ sciatto di un film a basso costo. Il personaggio di Andrea Ferreol- Rhodâ è proprio un ‘Goodis touch’: feroce come una madre edipica, pronta a divorare i suoi figli. Bill Duke è straordinario con il suo aplomb annoiato. Keith Carradine: mi chiedo perché non abbia fatto film importanti (a parte ‘I duellanti’ non me ne rammento altri). Qui è Michael, un cantante di successo alle prese con il ricordo di una donna nuda che viene a cavallo, ma senza volto (non lo ricorda), come in un sogno dove le donne sono cavalieri e gli uomini -a piedi- aspettano di essere presi su da queste e portati via. Questo capovolgimento è tipico dei personaggi di Goodis (donne virago vs uomini deboli trascinati in un gorgo di perdizione), in cui il terrore nei confronti di un padre castrante (Eddie taglia le corde vocali a Michael dal chiaro valore simbolico) deve fare strada (ma senza ritorno) al percorso di una individuazione in cui il figlio si appropria della donna del triangolo castrando egli stesso l’uomo (è Michel a sparare sui genitali di Eddie chiudendo così il cerchio della vendetta). Non parliamo –a mio avviso- del miglior film di Fuller ma di Fuller è individuabile perfettamente una caratteristica: l’onestà dei personaggi, pronti a seguire sé stessi fino in fondo al pozzo scuro in cui precipitano. Nessuno li spinge. E’ una volontà lucida, luccicante, di qualcun altro magari (sembrano personaggi che sono stati ‘scritti’ da qualche parte, in un luogo altro, come immancabilmente siamo noi) ma sempre implacabile. Come i personaggi di Goodis. “Potremmo trovare qualche rimedio…” esclama il barbone sul marciapiede nella prima pagina del romanzo. “Non c’è nessun rimedio –esclamò l’altro-. Continueremo a starcene qui e ad avere sempre più sete…”.

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