zarar
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martedì 25 aprile 2017
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una difficile catarsi
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Al centro di questo bel film tutto giocato sull’interiorità e sui sentimenti è una grande sceneggiatura (Gianni Amelio e Alberto Taraglio). Sullo sfondo di eventi casuali, banali e quotidiani, o improvvisi e drammatici, il regista isola di volta in volta i suoi personaggi, come se una macchina di ripresa sbadata si soffermasse casualmente su questo o su quello. All’inizio siamo disorientati, non ne sappiamo niente, appena qualcosa affiora sul loro modo di essere, o sulle relazioni che li legano. Dal protagonista principale, Lorenzo, un avvocato in pensione dalla dubbia carriera (un grande Renato Carpentieri), ai suoi due figli, alla giovane coppia (Michela e Fabio) con due bambini che viene a istallarsi vicino all’avvocato, tutti hanno dentro qualcosa di profondamente irrisolto e sono testardamente impegnati piuttosto a seppellirlo sempre più in fondo a loro stessi che a rivelarlo.
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Al centro di questo bel film tutto giocato sull’interiorità e sui sentimenti è una grande sceneggiatura (Gianni Amelio e Alberto Taraglio). Sullo sfondo di eventi casuali, banali e quotidiani, o improvvisi e drammatici, il regista isola di volta in volta i suoi personaggi, come se una macchina di ripresa sbadata si soffermasse casualmente su questo o su quello. All’inizio siamo disorientati, non ne sappiamo niente, appena qualcosa affiora sul loro modo di essere, o sulle relazioni che li legano. Dal protagonista principale, Lorenzo, un avvocato in pensione dalla dubbia carriera (un grande Renato Carpentieri), ai suoi due figli, alla giovane coppia (Michela e Fabio) con due bambini che viene a istallarsi vicino all’avvocato, tutti hanno dentro qualcosa di profondamente irrisolto e sono testardamente impegnati piuttosto a seppellirlo sempre più in fondo a loro stessi che a rivelarlo. In un clima di tensione e attenzione tesa e continua, il regista ci conduce alla scoperta dei suoi personaggi attraverso un dialogo di grande impatto, pieno di echi nella sua trasandata normalità, nelle osservazioni improvvise, quasi lapsus, dove significativi silenzi, reazioni inaspettate, una domanda, un rifiuto aprono squarci improvvisi sui problemi irrisolti, sui demoni nascosti, su un bisogno d’amore compresso per troppi tradimenti ed errori. Un percorso complicato che si riflette visivamente negli aggrovigliati labirinti di troppo bui o troppo accecanti interni ed esterni napoletani. In questo groviglio un’eccezione è Michela (Micaela Ramazzotti), la moglie nella giovane coppia, sbadata e sbandata, ma soprattutto aperta, affettuosa, semplicemente decisa ad amare chiunque senza arrière pensées, capace di azzardare un’interpretazione profonda (una e una sola) solo dopo un bicchiere di vino. Sarà lei a creare a cerchi concentrici intorno a sé uno stupore nuovo, una speranza di tenerezza dimenticata. Una catarsi non ovvia, non facile, che richiederà un dramma estremo per consumarsi, come nelle tragedie greche, ma che alla fine ci sarà. L’equilibrio tra realtà e simbolo, tra parola e immagine, una bellissima fotografia, una recitazione senza enfasi e sentimentalismi fa di questo film, nonostante qualche sbavatura (non particolarmente efficace l’intermezzo della madre di Fabio) qualcosa che non si dimentica.
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[+] un invito al contatto umano per uscire dalla crisi
(di antoniomontefalcone)
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maumauroma
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martedì 25 aprile 2017
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la tenerezza
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In una Napoli inquieta e caotica, tra la penombra dei vicoli dei quartieri spagnoli e gli assolati grattacieli del centro direzionale, si svolge la storia di Lorenzo, avvocato in pensione con un discusso passato professionale alle spalle, vedovo, in perenne conflitto con i figli e con la vita che gli sta sfuggendo, solitario abitante di un grande appartamento nel centro storico, e in particolare dell' inatteso e originale rapporto che si instaura tra lui e i suoi nuovi vicini di casa, una giovane coppia con due bambini venuta da Trieste per ragioni di lavoro. Da una parte Fabio, che lavora come ingegnere navale nei cantieri del porto, il quale si porta dietro un intenso male di vivere, mai risolti conflitti esistenziali con la madre e un profondo senso di inadeguatezza a svolgere il ruolo di genitore che lo tormenta in continuazione.
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In una Napoli inquieta e caotica, tra la penombra dei vicoli dei quartieri spagnoli e gli assolati grattacieli del centro direzionale, si svolge la storia di Lorenzo, avvocato in pensione con un discusso passato professionale alle spalle, vedovo, in perenne conflitto con i figli e con la vita che gli sta sfuggendo, solitario abitante di un grande appartamento nel centro storico, e in particolare dell' inatteso e originale rapporto che si instaura tra lui e i suoi nuovi vicini di casa, una giovane coppia con due bambini venuta da Trieste per ragioni di lavoro. Da una parte Fabio, che lavora come ingegnere navale nei cantieri del porto, il quale si porta dietro un intenso male di vivere, mai risolti conflitti esistenziali con la madre e un profondo senso di inadeguatezza a svolgere il ruolo di genitore che lo tormenta in continuazione. Dall'altra parte Michela, donna certamente di poca cultura, sbadata e distratta , ma sincera e sensibile, con un difficile passato alle spalle, passato che pero' e'riuscito a rendere il suo carattere particolarmente solare e empatico verso il prossimo. Un rapporto in apparenza semplice, fatto di sguardi, di gesti, di confidenze, di consigli di vita, di dolci rimproveri. E poi una tragedia improvvisa e inattesa. Ma sara' proprio da questa tragedia, dalla fine di una famiglia nella quale Lorenzo aveva trovato un calore e un affetto a lungo cercato a dare all' anziano avvocato un nuovo stimolo alla vita, un senso alla sua esistenza. Il consiglio che Gianni Amelio ci da' in questo suo ultimo lavoro e' semplice ma al tempo stesso estremamente complicato da realizzare nel mondo di oggi così distratto e anaffettivo ed e' quello che in fondo per affrontare le nostre ansie, le nostre paure, le difficolta' che la vita ogni giorno ci pone, possono essere di grande aiuto gesti semplicissimi da regalare ai nostri simili: un sorriso, una carezza, una gentilezza inattesa, una semplice stretta di mano. La tenerezza e' un film che emoziona e coinvolge come pochi altri film italiani visti negli ultimi tempi e qualche sbavatura nella sceneggiatura ( come l' improbabile e inadeguato intervento della madre di Fabio che il regista adotta per giustificare almeno in parte l' insano gesto del figlio ) non intacca per nulla la bellezza di quest'opera. Molto bravi tutti gli attori in particolare spicca l ' interpretazione di Renato Carpentieri per naturalezza, semplicita' di espressione ed efficacia nel trasmettere stati d'animo
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roberteroica
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domenica 7 maggio 2017
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vecchio meraviglioso
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C’è stato un tempo, non remoto in cui Amelio era considerato, assieme a Moretti, il più grande regista italiano in attività. Erano gli anni Novanta in cui “Il ladro di bambini” e “Lamerica” conquistavano il plauso di critica ed pubblico. Poi, con i film successivi la sua stella si è progressivamente offuscata, e i critici fedeli lo hanno abbandonato, così come il pubblico. Il regista calabrese torna oggi con “La tenerezza” a dirigere una pellicola all’altezza della sua fama, tratta dal romanzo “La tentazione di essere felici”.
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C’è stato un tempo, non remoto in cui Amelio era considerato, assieme a Moretti, il più grande regista italiano in attività. Erano gli anni Novanta in cui “Il ladro di bambini” e “Lamerica” conquistavano il plauso di critica ed pubblico. Poi, con i film successivi la sua stella si è progressivamente offuscata, e i critici fedeli lo hanno abbandonato, così come il pubblico. Il regista calabrese torna oggi con “La tenerezza” a dirigere una pellicola all’altezza della sua fama, tratta dal romanzo “La tentazione di essere felici”. Lorenzo è un avvocato ormai in pensione, più conosciuto nelle questure che nei tribunali, ha due figli con cui non parla dalla morte della moglie (si scoprirà il perché), è fatto a modo suo e chi sembra capirlo meglio è la giovane vicina di casa, trasferitasi a Napoli con la famiglia. Tra la giovane madre e il vecchio sembra instaurarsi una strana alchimia. Ma un terribile fatto sta per abbattersi sulla famiglia della donna… Uno straordinario Renato Carpentieri (è inutile che lo mettano quasi ultimo nei credits, il protagonista è lui) è la pedina fondamentale di un dramma della solitudine e dell’amore, che tocca sensibilità profonde e a tratti commuove. La prima parte è perfetta (compresi Elio Germano e Micaele Ramazzotti, finalmente in una bella prova lontana dagli stereotipi della bella scema) qualche forzatura nella seconda e un finale simbolico che rischia il banale. Ma il risultato è bello e potente come pochi film italiani degli ultimi tempi. E si rivede anche Greta Scacchi nella parte della madre di Germano, per chi la ricorda bellissima e sexy in “Coca cola kid” e “Misfatto bianco”. Splendida colonna sonora di Franco Piersanti.
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[+] non esagerare
(di kronos)
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nalipa
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martedì 25 aprile 2017
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prima di sorrentino ......
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Solo Amelio!!!!!!!!!!!
Un film su i sentimenti, quelli piu' profondi..... quelli che non si riesce ad esprimere.... perche' difficili da gestire!
La vicenda si snoda raccontando ora un individuo, ora un altro.
Renato CArpentieri impersona M A G I S T R AL M E N T E un anziano padre che non riesce a parlare con i suoi figli perche' non li ama.... (o forse li ama ma non ha il coraggio di dirglielo - a volte si costruiscono rapporti malati perche' non si ha avuto il coraggio di esprimere i propri pensieri in tempo, si finisce per immaginare cose che probabilmente non sono reali ) almeno lui dice di non amarli.
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Solo Amelio!!!!!!!!!!!
Un film su i sentimenti, quelli piu' profondi..... quelli che non si riesce ad esprimere.... perche' difficili da gestire!
La vicenda si snoda raccontando ora un individuo, ora un altro.
Renato CArpentieri impersona M A G I S T R AL M E N T E un anziano padre che non riesce a parlare con i suoi figli perche' non li ama.... (o forse li ama ma non ha il coraggio di dirglielo - a volte si costruiscono rapporti malati perche' non si ha avuto il coraggio di esprimere i propri pensieri in tempo, si finisce per immaginare cose che probabilmente non sono reali ) almeno lui dice di non amarli.
I due figli in conflitto tra loto, detestano ma cercano il padre ("perche' un padre e' sempre un padre!", dice la figlia che non vuole staccarsi dal burbero genitore. L'anziano parla molto solo con il nipotino ("ai bambini si puo' dire tutto!" Dice al giovane padre che non trova il modo di relazionarsi con i suoi due figli)
Elio Germano e Micaela Ramazzotti sono la coppia che abita accanto al vecchio burbero e sembra una coppia serena, genitori di due piccoli che vedono le pecche degli atteggiamenti dei genitori ma non possono ribbellarsi. LA capacita' di Amelio nella direzio e dei bambini e' unica.
La storia di due famiglie diverse ma molto simili.........costruito quasi come un thriller si svolge nella Napoli borghese dove nonostante l'apparente benessere si consuma una tragedia .....la piu' incredibile.
Il titolo del film e' quella tenerezza di cui avrebbero bisogno tutti per non cadere , quella tenerezza che funge da collante e sostegno in ogni rapporto.
Non e' un film facile da raccontare e' un film da
vedere.
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cesareguerreri
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lunedì 1 maggio 2017
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due trame non intrecciate
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L'elemento comune sono lo sfondo - Napoli a rappresentare l'umanità fatta luogo - e Lorenzo, l'avvocato più alla deriva che in pensione.
Due coppie di interpreti – Ramazzotti/Giordano e Mezzogiorno/Muselli - per due vicende separate da un evento drammatico che finiscono per non costruire un intreccio.
Tutto è lasciato sulle spalle del fantastico Lorenzo/Carpentieri, il vero protagonista di “La tenerezza”, che può personificare la tenerezza (mancante) in un rapporto genitoriale, ma difficilmente riesce a rappresentare la mancanza di tenerezza riservata a Fabio/Germano, nonostante lo soccorra in un momento critico.
Nonostante la trama non sia dinamica il ritmo della narrazione è tale da avvincere.
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L'elemento comune sono lo sfondo - Napoli a rappresentare l'umanità fatta luogo - e Lorenzo, l'avvocato più alla deriva che in pensione.
Due coppie di interpreti – Ramazzotti/Giordano e Mezzogiorno/Muselli - per due vicende separate da un evento drammatico che finiscono per non costruire un intreccio.
Tutto è lasciato sulle spalle del fantastico Lorenzo/Carpentieri, il vero protagonista di “La tenerezza”, che può personificare la tenerezza (mancante) in un rapporto genitoriale, ma difficilmente riesce a rappresentare la mancanza di tenerezza riservata a Fabio/Germano, nonostante lo soccorra in un momento critico.
Nonostante la trama non sia dinamica il ritmo della narrazione è tale da avvincere.
Un personaggio che meritava di essere sviluppato è quello della madre di Fabio/Germano come pure l’episodio che lo ha coinvolto da bambino.
Ha mentito sull’aver tentato di uccidere un amico – ed è stato coperto dall’affetto e dall’omertà dei genitori – e quando anni dopo dirà la verità, di non aver affatto tentato di ucciderlo, verrà punito dai genitori per averli fatti soffrire.
Quando i genitori avrebbero dovuto essere severi furono… teneri e quando era il caso di essere… teneri furono severi: quindi per Fabio/Germano adulto “nella vita tutto quello che facciamo è una scusa per farci volere bene”.
Una scusa, appunto: anche uccidere e uccidersi.
Ma da adulti quando si sbaglia, si sbaglia davvero.
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no_data
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giovedì 4 maggio 2017
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un occasione mancata
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Purtroppo ho trovato questo film di Amelio fumoso, incompleto, presuntuoso. Le situazioni, i sentimenti le caratterizzazioni e i legami fra personaggi, vengono presentati come dati di fatto e non estrapolati, neanche raccontati. Abbiamo l'ex avvocato che al calare di una vita vissuta spregiudicatamente si ritrova isolato dall'orgoglio e forse dai sensi di colpa (non è dato saperlo) che trova uno spiraglio nell'arrivo dei vicini di casa, personaggi delineati con l'accetta ma con cui è facile empatizzare: il marito storto, spigoloso, un vulcano di malessere malcelato , la moglie evanescente ma ingenuamente saggia, con due occhioni increduli e fiduciosi sulla vita, due figli probabilmente spaesati dall'arrivo in una nuova città .
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Purtroppo ho trovato questo film di Amelio fumoso, incompleto, presuntuoso. Le situazioni, i sentimenti le caratterizzazioni e i legami fra personaggi, vengono presentati come dati di fatto e non estrapolati, neanche raccontati. Abbiamo l'ex avvocato che al calare di una vita vissuta spregiudicatamente si ritrova isolato dall'orgoglio e forse dai sensi di colpa (non è dato saperlo) che trova uno spiraglio nell'arrivo dei vicini di casa, personaggi delineati con l'accetta ma con cui è facile empatizzare: il marito storto, spigoloso, un vulcano di malessere malcelato , la moglie evanescente ma ingenuamente saggia, con due occhioni increduli e fiduciosi sulla vita, due figli probabilmente spaesati dall'arrivo in una nuova città . L'attenzione cade inevitabilmente su di loro e sul loro iteragire con l'anziano protagonista, ma è un percorso annunciato e abortito... Cosi ti aspetti che a un certo punto la tragedia che prima della metà del film spazza via la parte più interessante del racconto funga da catalizzatore per i resto ... ma neanche questo, da li in poi il film si trascina con stanchezza lasciandoti con una storia incompiuta da una parte e risaputa dall'altra .
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angeloumana
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giovedì 4 maggio 2017
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la famiglia...il posto peggiore dove nascere
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La Tenerezza in extremis … Renato Carpentieri impersona un anziano avvocato onesto a modo suo, da incidenti falsi, una chiavica d’avvocato, che ha vissuto una vita pure a modo suo, staccato dalla moglie ora defunta e dai due figli, dotato di un’amante dalle forme generose come Maria Nazionale. In extremis riscopre la tenerezza verso almeno una dei figli, l’altro è anaffettivo e spilla soldi alla sorella, del resto è Renato a dire in un’occasione che a Napoli basta bussare e vi sarà aperto. La figlia è Giovanna Mezzogiorno, una molto umana traduttrice dall’arabo nei processi ad immigrati, bada al loro tono di voce, al fiato, agli occhi e quello che hanno nella testa.
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La Tenerezza in extremis … Renato Carpentieri impersona un anziano avvocato onesto a modo suo, da incidenti falsi, una chiavica d’avvocato, che ha vissuto una vita pure a modo suo, staccato dalla moglie ora defunta e dai due figli, dotato di un’amante dalle forme generose come Maria Nazionale. In extremis riscopre la tenerezza verso almeno una dei figli, l’altro è anaffettivo e spilla soldi alla sorella, del resto è Renato a dire in un’occasione che a Napoli basta bussare e vi sarà aperto. La figlia è Giovanna Mezzogiorno, una molto umana traduttrice dall’arabo nei processi ad immigrati, bada al loro tono di voce, al fiato, agli occhi e quello che hanno nella testa. Renato aveva smesso d’amarli, i figli, quando crebbero, dice per paura di non sapergli dare più niente, voleva liberarli di sé, ce l’aveva quasi fatta a renderli orfani. Li amava da bambini, il vecchio scontroso lega infatti coi bambini dei vicini, immigrati a Napoli ma da Trieste, essendo lui (Elio Germano) ingegnere navale. E’ molto legato pure al nipotino Francesco, che la figlia concepì in Egitto dove visse un tempo.
Un film con cui Gianni Amelio ti prende gentilmente e poi ti scuote fino alle lacrime, rivela storie familiari assurde ma tipiche, di incomprensioni, di fraintendimenti, di non detti, fino a una grande tragedia che si compie quasi sotto gli occhi di Renato. Due famiglie, quella di Renato e quella di Elio, con conflitti irrisolti. Attori dei nostri migliori, che rendono autentici i loro ruoli. L’anziano avvocato si stava innamorando della moglie dell’ingegnere, Micaela Ramazzotti, come di una figlia, mancandogli quella vera. Fin qui è la storia del film, o del libro da cui è tratto, ma si può discutere di quanto valgano questi ricongiungimenti in extremis: il vecchio avvocato stava per lasciarci le penne per un infarto all’inizio del film, non avesse deciso improvvisamente di scappar via da una degenza in ospedale e tornare a casa, dove vive solo, non avrebbe incontrato questi nuovi vicini di casa. Per via di questa conoscenza sente improvvisa la mancanza della figlia.
Renato parla alla vicina Micaela mentre essa è incosciente in ospedale e, sia questo monologo che quello di sua figlia Giovanna a lui rivolto durante il ricovero per infarto, sanno molto di confessioni, di cose che tra parenti ci diremmo o di cose che diciamo a noi stessi (inevitabile pensare al monologo di Come pietra paziente) ma, quando l’autunno dei sentimenti interviene, è troppo tardi, in extremis, quasi non serve più perché la tenerezza non è stata vissuta nel tempo perduto, quando si poteva … anche se qualcuno ci fa film e libri d’istruzioni su come recuperarla.
Nel film ci sono due episodi che meriterebbero una “trattazione” a parte e che entrano dalla ‘finestra’ della trama. In uno Elio aggredisce un immigrato nella Galleria di Napoli per l’insistenza nel cercare di vendergli oggetti, un volgarmente detto “vu’ cumprà”, pentendosene poi … è umanità sopraggiunta, derivante forse dai suoi conflitti interiori e dai suoi vissuti di bambino a cui mancava la sicurezza di amicizie, per avere le quali era disposto a pagare, e che cercava scuse per farsi voler bene. In un altro compare la madre di Elio che racconta a Renato di qualcosa accaduto nell’infanzia di suo figlio, confessa Non ce l’ho fatta ad aiutarlo e finisce con un improvvido Difficile e caro oggi avere un posto al cimitero.
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[+] evviva i buoni film!
(di maria.f)
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kimkiduk
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venerdì 28 aprile 2017
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due tempi diversi
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Commento non facile per un film decisamente da due volti e due facce. Prima parte, diciamo fino al dramma, è bellissimo, seconda parte che non trova la quaglia o la quadratura o non chiude il cerchio dite come volete. Il messaggio del film arriva lo stesso e per questo è piacevole e importante la sua visione, ma ripeto qualcosa non giunge a compimento. Il protagonista è un uomo che "forse" non sa amare, che cerca di rimediare ai suoi errori di vita priva di affetto vero, verso la moglie attraverso un'amante anch'essa delusa; attraverso una figlia persa e sostituita improvvisamente dalla vicina di casa Ramazzotti; nel figlio mai considerato ricercato nel nipote che serve però quasi da riparo e da parafulmine per tutti e due le mancanze verso i figli.
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Commento non facile per un film decisamente da due volti e due facce. Prima parte, diciamo fino al dramma, è bellissimo, seconda parte che non trova la quaglia o la quadratura o non chiude il cerchio dite come volete. Il messaggio del film arriva lo stesso e per questo è piacevole e importante la sua visione, ma ripeto qualcosa non giunge a compimento. Il protagonista è un uomo che "forse" non sa amare, che cerca di rimediare ai suoi errori di vita priva di affetto vero, verso la moglie attraverso un'amante anch'essa delusa; attraverso una figlia persa e sostituita improvvisamente dalla vicina di casa Ramazzotti; nel figlio mai considerato ricercato nel nipote che serve però quasi da riparo e da parafulmine per tutti e due le mancanze verso i figli. Personaggi collaterali interessanti perchè la famiglia dei vicini ha molte somiglianze se non paradossalmente identica alla sua; è infatti una famiglia composta da un padre che non sa amare i figli da una madre non amata e da due figli esattamente come era quella di Lorenzo. Il dramma che sembra cambiare il film in realtà è un evento secondario, conta per la rappresentazione dei rapporti interiori e personali del protagonista, non per il fatto in sè. E qui ti aspetti la crescita finale per diventare memorabile, ma non arriva anzi si affloscia. Sparisce Michela come personaggio parlante ed il film ne perde quasi totalmente il contenuto. Anche Lorenzo, che sembrava eccezionale sfuma, quasi sostituito in importanza dalla figlia Elena, che però sia per il personaggio che per l'interpretazione di una spenta Mezzogiorno, non regge più la prima parte, sembra quasi che la Mezzogiorno non abbia più voglia di recitare. Il figlio poco o nulla; l'amante, speranza di fulgore non illumina; Lorenzo non morde come speravo. Il film si regge sulle frasi e suoi momenti; decisivi sono tre frasi che spiegano tutto il film: 1) il più bello e il più spiazzante è il discorso di Lorenzo a Michela quando dice che l'amore dei figli piccoli crescendo si perde e ci si accorge di non amarli più. Frase fondamentale che ci fa riflettere per tutta la nostra vita; 2) Michela che in sogno appare e offre la strada giusta a Lorenzo dicendogli di sparire e di non stare con lei perchè ha la sua "vita" e non è con lui come padre; di Elena nel finale che cita una frase di uno scrittore arabo che spiega come importante sia il ritorno e non l'andare via. Ti aspetti qualcosa di importante che non arriva e allora in fin dei conti ti accontenti del finale che a di "meglio che niente" con la consapevolezza da parte di Lorenzo di non sbagliare due volte nella vita allo stesso modo. Il voto è alto sicuramente, ma forse durante il film speri anche di più. Finisco con una considerazione: per vedere buoni film ancora ci dobbiamo nutrire di registi chiamiamoli datati, tipo Taviani, Amelio od Olmi come dire l'esperienza fa la differenza.
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valterchiappa
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giovedì 1 giugno 2017
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il dono inatteso della tenerezza
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Lorenzo (Renato Carpentieri) è un vecchio scontroso, che vive da solo in un grande appartamento della vecchia Napoli. Non vuole rapporti con i figli, non chiede aiuto per farsi portare le pesanti buste della spesa e ostenta cinismo in ogni risposta. Ma non è l’età ad averlo incrudito. È stato un avvocato intrallazzatore e truffaldino, il marito fedifrago di una moglie che non amava, l’amante di una donna lasciata senza un motivo, un padre distante.
Ma, reduce da un infarto, sulla strada di casa lo sorprende, inattesa, la tenerezza. Ha l’aspetto di una giovane donna (Micaela Ramazzotti), candida come una bambina.
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Lorenzo (Renato Carpentieri) è un vecchio scontroso, che vive da solo in un grande appartamento della vecchia Napoli. Non vuole rapporti con i figli, non chiede aiuto per farsi portare le pesanti buste della spesa e ostenta cinismo in ogni risposta. Ma non è l’età ad averlo incrudito. È stato un avvocato intrallazzatore e truffaldino, il marito fedifrago di una moglie che non amava, l’amante di una donna lasciata senza un motivo, un padre distante.
Ma, reduce da un infarto, sulla strada di casa lo sorprende, inattesa, la tenerezza. Ha l’aspetto di una giovane donna (Micaela Ramazzotti), candida come una bambina. È la sua nuova vicina, trasferitasi lì, ad un solo cortile di distanza, con i due piccoli figli, per il lavoro del marito Fabio (Elio Germano).
Michela, così si chiama, è goffa e sbadata, sorride sempre, ha parole semplici per aprirgli il cuore: “Sorridi…un po’ di più…”. Lorenzo si lascia trasportare dall’incanto di quella voce e muove passi timidi nella nuova famiglia. Gioca con i pupazzetti dei bambini, e poi ascolta le storie dei due, fatte di solitudine ed abbandono; i pensieri cupi di Fabio, il cui umore è evidentemente instabile, l’insanabile ottimismo di Michela.
Così, sospinto dalla tenerezza, Lorenzo inizia il suo viaggio, che però non ha come meta la casa di fronte, ma va molto più lontano, a ritroso, verso una mano che da troppo tempo aspettava di esser stretta. Perché “la felicità non è una meta da raggiungere, ma una casa a cui tornare; non è davanti ma dietro; tornare, non andare”.
Un viaggio quanto mai duro, su scale che sono ovunque, da salire perennemente soffocati dall’affanno. La lotta della tenerezza è contro la solitudine, contro il silenzio, l’incomunicabilità. Genitori che non parlano con i figli, uomini e donne che non si comprendono, malesseri interiori che restano dentro. E attorno una città, Napoli, caotica e colorita come ce la si aspetta, ma affollata da fiumi di gente che cammina indifferente e di motorini che passano schivando.
Le tematiche trattate in “La tenerezza” sono note, forse abusate. Gianni Amelio sceglie di non forzare i toni, anche se la vicenda evolve attraverso eventi e racconti drammatici. Il regista calabrese non alimenta il pathos, ma disegna un dolore permanente e pervasivo, che colora ogni scena, ogni volto, ogni battuta. E per rispettare la scelta di sobrietà nello stile, non poteva non ambientare il suo film a Napoli, dove un’antica dolenza è ancestralmente stemperata dalla maschera di un’ironia amara e disincantata.
Peccato che la sceneggiatura trovi un inciampo in alcuni momenti di dialogo retorici o didascalici, pur non rischiando mai di diventare uno di quegli odiosi sermoni, che hanno la pretesa di insegnarci qualcosa della vita.
Ma se “La tenerezza” è, come è, un ottimo film, lo si deve principalmente all’interpretazione dei protagonisti. Un’interpretazione stellare.
Assolutamente magistrale la prova attoriale di Renato Carpentieri che, letteralmente dalla prima scena all’ultima, si carica sulle spalle il suo personaggio e le tematiche del film, che attorno ad esso ruotano, e lo accompagna fra le creste e i cavi delle onde tempestose che scuotono il mare mai placido della vita, guidandolo con il dono di una misura incomparabile, senza mai uno sbandamento, lungo una rotta faticosa ma diritta, fino al porto sicuro della sua destinazione.
Né non si può non restare sbalorditi (ancora una volta e ancor di più) di fronte alla bravura di Elio Germano, che con poche scene ed un pugno di battute a disposizione, con la sola mimica dipinge in maniera incredibilmente compiuta il complesso e tormentato mondo interiore del suo personaggio.
Micaela Ramazzotti e Giovanna Mezzogiorno utilizzano le corde a loro più congeniali, o forse le sole che posseggono. Ma se la prima ha l’ineffabile dono di creare immediata compartecipazione emotiva, la seconda sa far bene risuonare, sotto la cappa silenziosa della rigida impostazione, il vibrare inarrestabile di un sentimento più forte della vita stessa.
La tenerezza è leggera, impalpabile, può sfuggire, nascondersi fra le pieghe delle parole.Solo un volto che s’illumina di un sorriso fugace e appena accennato, il volto di un grande attore, può svelarne la calda luce che nessun seppellimento potrà mai oscurare.
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maopar
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giovedì 11 maggio 2017
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la tenerezza un sentimento nascosto dell'anima
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Nel film di Gianni Amelio sembra che si parli di tutto tranne che di Tenerezze… forse abbiamo una falsa idea di cosa voglia dire veramente il termine TENEREZZA.. Sicuramente si tratta di un sentimento che colora la vita facendo sì che azioni e situazioni Anche drammaticamente non edificanti , possano sublimarsi in espressioni di puro amore.. Nel film di Gianni Amelio la tenerezza la si comunica raccontando , con Immagini e musiche.. con un rapporto diretto tra Regista e Spettatore . La “ naturale incertezza del Vivere” , per dirla come un Napoletano verace come Nino Buonocore, ci coglie fragili e indifesi ad affrontare il vivere quotidiano , e solo uno sguardo all’indietro , ripensando a quello che può aver indotto e condizionato scelte di vita, può scatenarsi quel sentimento appagante e consolatorio che è la TENEREZZA.
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Nel film di Gianni Amelio sembra che si parli di tutto tranne che di Tenerezze… forse abbiamo una falsa idea di cosa voglia dire veramente il termine TENEREZZA.. Sicuramente si tratta di un sentimento che colora la vita facendo sì che azioni e situazioni Anche drammaticamente non edificanti , possano sublimarsi in espressioni di puro amore.. Nel film di Gianni Amelio la tenerezza la si comunica raccontando , con Immagini e musiche.. con un rapporto diretto tra Regista e Spettatore . La “ naturale incertezza del Vivere” , per dirla come un Napoletano verace come Nino Buonocore, ci coglie fragili e indifesi ad affrontare il vivere quotidiano , e solo uno sguardo all’indietro , ripensando a quello che può aver indotto e condizionato scelte di vita, può scatenarsi quel sentimento appagante e consolatorio che è la TENEREZZA.. avendo il coraggio di stringerla fra le mani, stendendo la mano verso l’altro in un atto di Carità e, forse, proprio verso se stessi… Egoismi ,indifferenza ,rinunzie e drammatiche scelte …si sublimano in una visione di universale pietà. Pietà che non ha avuto il regista nella sequenza finale ..disponendo l’accensione delle luci in sala subito Dopo l’ultima inquadratura tanto coinvolgente.. sorprendendo molte lacrime ..non solo femminili....
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