dandy
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martedì 14 giugno 2011
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indovinato sotto certi aspetti,un pò meno in altri
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Alla sua seconda opera da regista,Muccino fa esordire il fratello adolescente come attore,e si serve di una situazione abbastanza canonica sia nella fine degli anni '90 che in tempi più recenti:l'occupazione di una scuola,in questo caso secondo l'adolescenza borghese romana(ma è più o meno lo stesso da tutte le parti).Ideali a raffica ma vera partecipazione quasi zero,tanti diverbi coi genitori(chi perchè avendo vissuto in prima persona certe esperienze ma in un periodo assai più cruciale,chi per preoccupazione eccessiva verso i propri figli),e tante scaramucce amorose.Forse queste ultime,è un pò difficile che possano accadere tutte nell'arco di 24 ore.
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Alla sua seconda opera da regista,Muccino fa esordire il fratello adolescente come attore,e si serve di una situazione abbastanza canonica sia nella fine degli anni '90 che in tempi più recenti:l'occupazione di una scuola,in questo caso secondo l'adolescenza borghese romana(ma è più o meno lo stesso da tutte le parti).Ideali a raffica ma vera partecipazione quasi zero,tanti diverbi coi genitori(chi perchè avendo vissuto in prima persona certe esperienze ma in un periodo assai più cruciale,chi per preoccupazione eccessiva verso i propri figli),e tante scaramucce amorose.Forse queste ultime,è un pò difficile che possano accadere tutte nell'arco di 24 ore.E di certo,si è un pò calcata la mano sulle scene dei "fasci" e della carica finale della polizia.E' un film girato con innegabile fluidità,con attori abbastanza indovinati(forse Muccino era meglio allora,certo,prima di diventare lui stesso regista!)e la furbizia di chi sa come arruffianarsi il plauso di un certo tipo di pubblico.In questo caso un pubblico di adolescenti.E ritengo che sia adatto quasi esclusivamente a loro,se si esclude qualche maturo un pò nostalgico.Certo il finale,è un pò più coraggioso del previsto.Forse una risposta a certi clichè, prima che il cinema giovanilista diventasse una moda senz'anima grazie soprattutto al caro Moccia.Musiche di Paolo Buonvino.A seconda dell'età di chi guarda sono menate generazionali o drammi esistenziali non indifferenti.A voi la scelta.Io ho visto di meglio,ma anche di peggio.
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davidestanzione
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domenica 26 dicembre 2010
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il docuhorror mucciniano
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Ecco fatto. Muccino (Gabriele, il regista) ci distilla il suo urlato ritratto (più che altro, un bozzetto da bambino d'asilo) di una gioventù romana zeppolosa, urlata e idealqualunquista con la vanagloriosa e sfacciata superbia dello spaccato generazionale. In realtà, nonostante il buon Silvio (Muccino, l'attore...?) abbia ragione da vendere quando fa notare al padre che i fascisti della sua epoca erano altrettanto edulcorati rispetto a quelli del Ventennio tanto quanto quelli di fine anni '90 lo sono a confronto dei sessantottini, l'affresco é circoscritto, limitato (e non solo dal punto di vista territoriale), mal recitato e vagamente posticcio. Pretenzioso il tentativo di demolire una generazione (che di per sé non ne ha affatto bisogno) attraverso un personaggio vagamente smidollato e arrogantemente pasticcione come Silvio, o piuttosto facendoci (semplicemente) notare che gli ex rivoltosi si sono trasformati oggi in borghesucci con cravatta e doppio petto: il tutto é scontato, lapalissiano e superficialotto in quello che é forse il peggior film di Muccino, già un po' tronfio ma ancora non così smaliziato da celare le imbarazzanti falle di scritture dietro recitazioni esagerate e sensazionalistiche.
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Ecco fatto. Muccino (Gabriele, il regista) ci distilla il suo urlato ritratto (più che altro, un bozzetto da bambino d'asilo) di una gioventù romana zeppolosa, urlata e idealqualunquista con la vanagloriosa e sfacciata superbia dello spaccato generazionale. In realtà, nonostante il buon Silvio (Muccino, l'attore...?) abbia ragione da vendere quando fa notare al padre che i fascisti della sua epoca erano altrettanto edulcorati rispetto a quelli del Ventennio tanto quanto quelli di fine anni '90 lo sono a confronto dei sessantottini, l'affresco é circoscritto, limitato (e non solo dal punto di vista territoriale), mal recitato e vagamente posticcio. Pretenzioso il tentativo di demolire una generazione (che di per sé non ne ha affatto bisogno) attraverso un personaggio vagamente smidollato e arrogantemente pasticcione come Silvio, o piuttosto facendoci (semplicemente) notare che gli ex rivoltosi si sono trasformati oggi in borghesucci con cravatta e doppio petto: il tutto é scontato, lapalissiano e superficialotto in quello che é forse il peggior film di Muccino, già un po' tronfio ma ancora non così smaliziato da celare le imbarazzanti falle di scritture dietro recitazioni esagerate e sensazionalistiche. Com'é mieloso, questo crollo idealistico postsessantottino: annega nelle guanciotte arrossate, negli ingenui palpiti altrettanto cromatizzati, nelle catalogazione enumerante delle varie tipologie giovanilistiche "romanare" e non solo (gli emo avevano da venire, ma la scena é forse in sé la più carina e, per così dire, "memorabile" del film), perfino nella posticcia e insopportabile surrealizzazione finale dell'atto sessuale tanto agognato. I comprimari Giuseppe Sanfelice e Giulia Stagerwalt, pur non dotatissimi neanche loro in termini espressivi, sono surclassati dalle sputacchianti rivendicazioni di Muccino S. Un Muccino che disteso sul letto si interroga su temi come futuro, morte e caducità dell'esistenza con frasi della serie "Vorrei svegliarmi tra trent'anni", un Che ne sarà di noi ante litteram a tutti gli effetti, chiosato e fastidiosissimo. A volerlo prendere seriamente (impresa titanica) "Come te nessuno mai" potrebbe essere catalogato come un docuhorror. La domanda é una sola a questo punto: docuhorror realistico? Be', l'horror di per sé é raramente realistico, per tanto l'espressione docuhorror é in sé quasi ossimorica. "Come te nessuno mai" non fa eccezione: di sicuro é tutt'altro che realistico proporci con grossolana ruffianaggine da commediola approssimativa un panorama giovanile in cui campeggiano soltanto assolute teste vuote e insopportabili fregnoni.
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