samanta
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domenica 10 marzo 2019
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il vento della libertà
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Delmer Daves è uno degli artigiani di lusso della cinematografia americana che contribuirono a renderla nel periodo dal 1945 ai primi anni '60 il momento migliore del cinema USA. Il regista diresse numerosi western, iniziò con L'amante indiana in cui affrontò tra i primi la tematica degli indiani visti non più solo come feroci selvaggi (lo aveva fatto però prima anche John Ford con il Massacro di Fort Apache) e proseguendo con altri western di ottimo livello (Quel treno per Yuma con Glenn Ford e Van Heflin di cui è stato fatto un remake nettamente inferiore e per ultimo il pregevole L'albero degli impiccati con Gary Cooper); il suo film più celebre fu un drammone sentimentale Scandalo al Sole la cui musica martellò i Juke-box a lungo; Daves spaziò dai film di querra alle commedie sentimentali non sempre con successo, ma dimostrando un'indubbia abilità che ovviamente non gli fruttò neppure una nomination-
Trama: Comanche Todd (Richard Widmark) è un bianco che a 8 anni gli viene ucciso il padre predicatore e viene raccolto dai Comanche (ricordate gli indiani di Sentieri selvaggi?) e da loro allevato, dopo 20 anni si allontana sposa un'indiana ha 2 bambini e vive libero nei boschi e nelle praterie.
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Delmer Daves è uno degli artigiani di lusso della cinematografia americana che contribuirono a renderla nel periodo dal 1945 ai primi anni '60 il momento migliore del cinema USA. Il regista diresse numerosi western, iniziò con L'amante indiana in cui affrontò tra i primi la tematica degli indiani visti non più solo come feroci selvaggi (lo aveva fatto però prima anche John Ford con il Massacro di Fort Apache) e proseguendo con altri western di ottimo livello (Quel treno per Yuma con Glenn Ford e Van Heflin di cui è stato fatto un remake nettamente inferiore e per ultimo il pregevole L'albero degli impiccati con Gary Cooper); il suo film più celebre fu un drammone sentimentale Scandalo al Sole la cui musica martellò i Juke-box a lungo; Daves spaziò dai film di querra alle commedie sentimentali non sempre con successo, ma dimostrando un'indubbia abilità che ovviamente non gli fruttò neppure una nomination-
Trama: Comanche Todd (Richard Widmark) è un bianco che a 8 anni gli viene ucciso il padre predicatore e viene raccolto dai Comanche (ricordate gli indiani di Sentieri selvaggi?) e da loro allevato, dopo 20 anni si allontana sposa un'indiana ha 2 bambini e vive libero nei boschi e nelle praterie. Il film inizia con lui che uccide il terzo assassino della moglie violentata e massacrata con i figli da 3 fratelli, ne ha già uccisi 2, subito dopo rimasto senza munizioni viene catturato da un brutale sceriffo che si aggrega ad una carovana di pionieri che si è spersa nel territorio indiano degli Apache in Arizona. Lo sceriffo viene ucciso da Todd mentre per un futile motivo sta picchiando un giovane ragazzo. Nella notte un gruppo di ragazzi si allontana per fare una nuotata in un laghetto vicino richiamati da una ragazza Jenny (Felicia Farr) madre vedova del piccolo Billy ritornano all'accampamento dove trovano tutti i pionieri massacrati, l'unico superstite è Todd perchè legato a un carro è precipitato in un dirupo, viene liberato e malgrado le diffidenze e gli scontri salverà la vita a tutti e nel finale anche ad un gruppo di cavallegeri che stavano per soccombere ad un agguato degli Apache.
Il film è pregevole per la caratterizzazione dei personaggi come In Ombre Rosse lo stare per forza uniti fa venire alla luce i buoni e i cattivi sentimenti che covano nel cuore di ognuno. Viene affrontato con equilibrio il problema razziale Valinda (Stephanie Grffin) odia la sorellastra Jolie (Susan Kohner) che il padre vedovo ha avuto dalla seconda moglie indiana, il giovane Ridge odia Todd perché lo considera mezzo indiano, in compenso Jenny e il figlio solidarizzano con lui. Equilibrato è l'atteggiamento del regista: non nasconde che gli indiani erano guerrieri feroci che si odiavano tra le diverse tribù ben prima che arrivassero i bianchi ed erano abituati da secoli a combattere, nello stesso tempo invita a conoscere un mondo quello dei pellirosse al di fuori degli stereotipi. Insomma non è un politically correct assurdo ante litteram ma il buon senso di capire come vivono gli altri e perché fanno certe azioni. Il film è diretto con abilità, le azioni si susseguono ma non sono a detrimento di alcune riflessioni anche profonde: Todd ha tempo di insegnare che la città non è tutto il mondo ma si può anche vivere in altro modo in libertà con tutti i rischi che ciò comporta. Ovviamente il film finisce bene con un tribunale militare che assolve Todd per il suo eroico comportamento e andrà a vivere con Jenny e Billy, un accenno agli attori: Richard Widmark fa la solita ottima interpetazione, ebbe un'eccezionale carriera di 50 anni, sarebbe troppo lungo citare i suoi film (tra i tanti: Alvarez Kelly, il drammatico Ultima notte a Cottonwood, il poliziesco Madigan,) ebbe solo una nomination nel 1947 per Il bacio della morte! E poi siamo costretti a vedere certe premiazioni nei recenti Oscar fatte solo per il politycally correct! Da segnalare sia Vinicia Farr che ebbe una breve ma interessante carriera e Susan Kohner che ebbe una carriere ancora più breve ma riuscì a ricevere 2 Golden Globe. Splendida la fotografia in Cinemascope e i paesaggi dell'Arizona, ottima la musica della colonna sonora.
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domenico rizzi
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mercoledì 29 aprile 2015
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indiano bianco redento
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Non è facile affrontare la questione razziale in un western senza scadere nella retorica, ma Delmer Daves non è un dilettante ed ha già trattato il medesimo tema in “L’amante indiana”, del 1950. Perciò dimostra di trovarsi perfettamente a suo agio nel narrare la vicenda di Comanche Todd (Richard Widmark) un Indiano bianco vissuto fra i Comanche, al quale una banda di malfattori bianchi ha trucidato la famiglia. Non solo: fra i sopravvissuti di una carovana sterminata dagli Apache, che si affida alla sua esperienza per cercare una difficile salvezza, si trova anche una ragazza pellerossa adottata dai Bianchi e discriminata dagli stessi famigliari per le sue origini.
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Non è facile affrontare la questione razziale in un western senza scadere nella retorica, ma Delmer Daves non è un dilettante ed ha già trattato il medesimo tema in “L’amante indiana”, del 1950. Perciò dimostra di trovarsi perfettamente a suo agio nel narrare la vicenda di Comanche Todd (Richard Widmark) un Indiano bianco vissuto fra i Comanche, al quale una banda di malfattori bianchi ha trucidato la famiglia. Non solo: fra i sopravvissuti di una carovana sterminata dagli Apache, che si affida alla sua esperienza per cercare una difficile salvezza, si trova anche una ragazza pellerossa adottata dai Bianchi e discriminata dagli stessi famigliari per le sue origini. Daves sviluppa la sua storia senza inutili sbavature, seguendo un filo logico che procede robusto e snello fino alla fine. L’azione si limita a qualche scena iniziale e finale, i dialoghi sono essenziali, i riferimenti storici tirano in ballo il famoso Geronimo – soltanto nominato nel film – e il “generale cristiano” Oliver Howard, entrambi realmente esistiti. La scenografia è degna delle migliori opere fordiane, con le maestose immagini dei canyon e i meravigliosi contrasti di colori fra le rosse rocce della valle e la lussureggiante vegetazione dei pendii. Memorabile la sequenza notturna in cui alcuni componenti della carovana prendono il bagno in un torrente. Per aggiungervi un elemento che accresca le insidie riservate agli emigranti dalle aspre solitudini del West, il regista inserisce la scena del serpente a sonagli che morsica una delle donne superstiti, salvata dal provvidenziale intervento dell’Indiano bianco. Daves mostra anche senza mezzi termini i contrasti esistenti fra le tribù indiane – il cruento duello fra Todd, che è un Comanche e due guerrieri Apache – nemiche fra loro nonostante la minaccia dei Bianchi colonizzatori, verità storica che parecchi altri registi a malapena sottintendono o negano apertamente, pur di mostrare l’Indiano come vittima del perfido colono. Il protagonista riassume in sé molte delle caratteristiche dei personaggi lanciati da John Ford, quali il Ringo Kid di “Ombre rosse”, l’Ethan Edwards di “Sentieri selvaggi” e il Robert Hightower di “In nome di Dio”. Todd non l’eroe puro della tradizione, ha ucciso degli uomini a sangue freddo per consumare la propria vendetta, è duro e inesorabile come i Comanche che l’hanno cresciuto. Sicuramente ne trarranno ispirazione, molti anni dopo, sia Clint Eastwood (“Gli spietati”) che Kevin Costner (“Terra di confine”) esaltando figure di ex criminali come Will Munny e Charley Waite, quale fosse un tardivo omaggio al regista John Ford, che aveva fatto dei delinquenti i suoi veri eroi. Pragmatica la conclusione, che nella valutazione di un giudice militare tiene maggiormente conto dei meriti umani del ricercato Todd rispetto alle sue azioni negative del passato. “L’ultima carovana” concede, a differenza di molti altri western dell’epoca, il giusto risalto ai personaggi femminili: Jenny (Felicia Farr) che trova in Todd, nonostante i suoi inquietanti trascorsi, il suo ideale maschile, Jolie Normand (Susan Kohner) la figlia mezzosangue di un Bianco, Valinda Norman (Stephanie Griffin) la sorellastra razzista di Jolie. Ricavato da un romanzo di James Edward Grant e girato in Cinemascope nel 1956 nel territorio dell’Arizona, il film non ottenne alcun premio e registrò incassi abbastanza deboli, coprendo a stento la spesa di 1.650.000 dollari del budget. Ma non sempre il pubblico ha dimostrato la maturità necessaria a comprendere la bellezza di certe opere cinematografiche.
Domenico Rizzi, scrittore.
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