luca scial�
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martedì 21 luglio 2015
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la brutta fine di un borghese dalla doppia vita
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Strana la carriera cinematografica di Claude Sautet. Questa rappresenta la sua terza pellicola, che doveva essere quella della consacrazione. E invece arrivarono tanti film trascurabili, fino a un altro sussulto: Un cuore in inverno. Scomparve nel 2006, rappresentando un'occasione mancata per il cinema francese.
Tratto da un romanzo di Paul Guimard, racconta la vita di un uomo di successo, che ama la bella vita. E' ormai separato con la moglie, una bella donna, con la quale ha un figlio inventore che però vede poco. Ha una giovane amante, bella, che lo ama davvero e vorrebbe averlo solo per sè. Proprio quando il loro rapporto sembra incrinarsi, e lui risente l'importanza della famiglia, ha un brutto incidente.
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Strana la carriera cinematografica di Claude Sautet. Questa rappresenta la sua terza pellicola, che doveva essere quella della consacrazione. E invece arrivarono tanti film trascurabili, fino a un altro sussulto: Un cuore in inverno. Scomparve nel 2006, rappresentando un'occasione mancata per il cinema francese.
Tratto da un romanzo di Paul Guimard, racconta la vita di un uomo di successo, che ama la bella vita. E' ormai separato con la moglie, una bella donna, con la quale ha un figlio inventore che però vede poco. Ha una giovane amante, bella, che lo ama davvero e vorrebbe averlo solo per sè. Proprio quando il loro rapporto sembra incrinarsi, e lui risente l'importanza della famiglia, ha un brutto incidente.
Un film essenziale, relativamente breve (dura meno di un'ora e mezza), asciugato di ogni dialongo lungo, smielato e stancante. Con una colonna sonora leggera e subentrante quando serve, nonché attori protagonisti sublimi e affascinanti: Michel Piccoli, Romy Schneider e la nostra Lea Massari.
Unica pecca la rielaborazione del titolo in italiano. Troppo sminuente.
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gabriella
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mercoledì 15 giugno 2011
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le cose della vita.
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Non rende giustizia al fil il titolo italiano tutto incentrato sull'amante;sono infatti tante le cose della vita di Pierre il protagonista del film,tanti i suoi sentimenti,tanti i suoi desideri,tanti i suoi affetti.E li rivede scorrere tutti negli ultimi istanti della sua vita interrotta da un tragico incidente;come in un'esperienza di pre-morte in cui pevale un'accecante luce.Ha ancora il tempo di pensare a tutte le cose che non ha ancora fatto e a tutte quelle che deve improrogabilmente fare;ma è troppo tardi ormai e lo vediamo immergersi,in una bellissima scena,in acque profonde e limpide.Un film che si muove tra il presente ed i continui flashback inerenti il passato;che si muove tra gli ultimi momenti di vita e la morte.
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Non rende giustizia al fil il titolo italiano tutto incentrato sull'amante;sono infatti tante le cose della vita di Pierre il protagonista del film,tanti i suoi sentimenti,tanti i suoi desideri,tanti i suoi affetti.E li rivede scorrere tutti negli ultimi istanti della sua vita interrotta da un tragico incidente;come in un'esperienza di pre-morte in cui pevale un'accecante luce.Ha ancora il tempo di pensare a tutte le cose che non ha ancora fatto e a tutte quelle che deve improrogabilmente fare;ma è troppo tardi ormai e lo vediamo immergersi,in una bellissima scena,in acque profonde e limpide.Un film che si muove tra il presente ed i continui flashback inerenti il passato;che si muove tra gli ultimi momenti di vita e la morte.Bravi gli attori tra i quali una splendida Romy Schneider ed una espressiva Lea Massari.Grande lezione di cinema di Claude Sautet.E poi un finale di grande umanità che vede un'attonita Lea Massari stracciare la lettera d'addio scritta da Pierre all'amante prima dell'incidente ma non inviata.Come se avesse scrutato gli ultimi istanti della vita di Pierre nei quali si riproponeva di stracciarla per,come egli stesso pensa,non vivere più da solo.Commovente e molto triste,come la vita...
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m.d.c
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mercoledì 13 ottobre 2010
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sautet:il gioco tragico della vita
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Un nitido, ipnotico replay ricostruisce con un'inversione temporale cinematograficamente vertiginosa un'automobile andata distrutta in un assordante(anche nella sua silenziosa rappresentazione)incidente stradale. Il conducente giace in un prato mentre ascoltiamo la sua voce mentale che continua a ripetere che "lui" è sul punto di aprire gli occhi e svegliarsi. Intorno al luogo si è formato un assembramento, la gente osserva la scena, qualcuno suggerisce di chiamare un'ambulanza."E' già stata chiamata", replica un altro stizzito.Giunge anche la polizia mentre una pioggia sottile disperde gli spettatori. Resta solo quel corpo avvolto in una coperta che non può essere toccato come una specie di muta,inesorabile presenza al centro dell'immagine che continua a distillare pensieri, sensazioni.
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Un nitido, ipnotico replay ricostruisce con un'inversione temporale cinematograficamente vertiginosa un'automobile andata distrutta in un assordante(anche nella sua silenziosa rappresentazione)incidente stradale. Il conducente giace in un prato mentre ascoltiamo la sua voce mentale che continua a ripetere che "lui" è sul punto di aprire gli occhi e svegliarsi. Intorno al luogo si è formato un assembramento, la gente osserva la scena, qualcuno suggerisce di chiamare un'ambulanza."E' già stata chiamata", replica un altro stizzito.Giunge anche la polizia mentre una pioggia sottile disperde gli spettatori. Resta solo quel corpo avvolto in una coperta che non può essere toccato come una specie di muta,inesorabile presenza al centro dell'immagine che continua a distillare pensieri, sensazioni.
La scena non fa parte della pagina iniziale di una storia dalle tonalità psichedeliche ma di uno dei più intensi e sottovalutati film degli anni '70, les choses de la vie di Claude Sautet(che la traduzine italiana, in modo superbamente dilettantistico, ha ribattezzato in modo avvilente con l'amante). La storia procede seguendo una narrazione ondivaga di una efficacia straniante,attraverso l'alternanza fra passato e presente, mostrando scene di vita vissuta tra lui(un sempre intenso e plausibile Piccoli)e lei(una Schneider incantatrice) amanti alle prese con problemi di comunicazione per via dei dubbi dell'ingegnere Piccoli che ha abbandonato la devota moglie Lea Massari.Un litigio della coppia è il preludio al viaggio tragico in automobile, ed una lettera di addio scritta in fretta all'amante dal protagonista e non ancora spedita fa da ossessivo contrappunto al delirio provocato dall'incidente, con una scelta narrativa che avrebbe interessato un poeta del dubbio come Kieslowski. Sautet con maestria impareggiabile stravolge le regole del melò per rappresentare, con una analisi intensamente persuasiva, le dinamiche di coppia,andando al di là delle limitazioni del cinema romantico e congelando le passioni in una spirale di eventi che culminano nella ossessiva riproposizione dell'incidente stradale.Il vortice sentimentale, fra un incontro in un bistrot ed un litigio dopo una festa, diviene il crocevia di destini legati dal filo indecifrabile del caso mentre il regista, padroneggiando da par suo il materiale narrativo, suggerisce che la vita segue il suo corso senza tenere conto dei progetti, anche quelli più appassionati, degli uomini. Tuttavia l'impronta pessimistica cede il passo alla profonda maestria di una autore come Sautet, capace di percorrere con invidiabile disinvoltura e senza nessun passo falso il sentiero accidentato dei sentimenti.Matteo De chiara
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vincenzo carboni
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domenica 5 ottobre 2008
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alfa romeo giulietta sprint
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Se si potesse procedere in avanti tornando indietro, la vita prenderebbe a modello questo film di Sautet, così esitante nel soffermarsi sui momenti di una esistenza tanto da accelerare di colpo e poi frenare proprio come su una Giulietta Sprint. Gilles Deleuze ha scritto del divenire come di un farsi grande e piccolo simultaneamente in modo da schivare sempre il presente, schivare sè stessi e l'altro in un incontro-scontro paventato che rimanda forse ad una fuga perenne, senza sapere da cosa. Siamo portati via sulla strada come in un imbuto dentro la strozzatura di una bottiglia. L’immagine della ruota bloccata e poi lasciata scivolare sull’asfalto l’attimo prima dell’impatto, rivela il momento in cui sappiamo di non poterci più fermare: non ci resta che accompagnare il movimento dell’esistenza e tentare di schivare l’ostacolo in velocità, continuando a viaggiare.
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Se si potesse procedere in avanti tornando indietro, la vita prenderebbe a modello questo film di Sautet, così esitante nel soffermarsi sui momenti di una esistenza tanto da accelerare di colpo e poi frenare proprio come su una Giulietta Sprint. Gilles Deleuze ha scritto del divenire come di un farsi grande e piccolo simultaneamente in modo da schivare sempre il presente, schivare sè stessi e l'altro in un incontro-scontro paventato che rimanda forse ad una fuga perenne, senza sapere da cosa. Siamo portati via sulla strada come in un imbuto dentro la strozzatura di una bottiglia. L’immagine della ruota bloccata e poi lasciata scivolare sull’asfalto l’attimo prima dell’impatto, rivela il momento in cui sappiamo di non poterci più fermare: non ci resta che accompagnare il movimento dell’esistenza e tentare di schivare l’ostacolo in velocità, continuando a viaggiare. Il viaggio –appunto- è solo un pretesto per prendere le distanze dall'oggetto d'amore, un viaggio che -naturalmente- non porterà da nessuna parte. Perfino un viaggio che non verrà mai fatto (il viaggio d'affari in Tunisia con Romy Shneider/Helene) permette a Piccoli/Pierre di indugiare su un momento della sua vita, come al palo di un Gran Premio, in attesa di scaricare i cavalli sull'asfalto (ma in che senso? Avanti? A ritroso?). Le donne intanto osservano le vite degli amanti, al telefono, in attesa di uno squillo, di una lettera che non verrà spedita. La moglie –Catherine- osserva divertita e orgogliosa Pierre mandare al diavolo un grigio burocrate. Vuole mettere i garage a vista sotto le finestre, le finestre di un caseggiato progettato dal suo ex marito. Sotto le finestre –urla Pierre- la gente vedrà giardini, e fiori, e vita. Catherine sorride come se Pierre ancora fosse suo, se ancora potesse farlo suo. Un uomo da solo non può essere artefice del proprio progetto, per quanto bello sia (è così anche con il progetto-film, vero Sautet?). Ma è questo rigore morale di Pierre ad essere tenero, fragile come un corpo fragile contro un ostacolo. Questo girare a vuoto intorno alla ricerca di un centro nella vita di un uomo (un figlio, la famiglia, una moglie, un'amante che forse è qualcosa di più, un lavoro da raggiungere lontano...) porterà Pierre ad accelerare sempre più il movimento verso un centro –questo davvero ‘centro’ in quanto impatto, in quanto morte/impatto- che si rivela reale e illusorio allo stesso tempo, per quanto illusoria sia la perenne fiducia che ci sostiene –e non potrebbe essere altrimenti- a schivare la morte e che ci fa credere –bontà nostra- immortali. Pierre disteso a terra raccoglie le memorie in un ultimo afflato di vita, ricompone i pezzi degli affetti, tranne l’ultimo. Sarebbe bello pensare che qualcuno completerà una intenzione interrotta, darà movimento nuovo allo slancio ultimo seppure fragile, seppure al colmo del respiro. Ma è come quando si spinge un auto in panne sulla strada senza la speranza che qualcuno venga a soccorrerci. L’auto, appunto: una Alfa Romeo Giulietta Sprint il cui riverbero d’argento della scocca al riflesso del sole fa pensare ai capelli di una donna sollevati dal vento. E’ una donna, forse un utero di una donna: dentro il quale nascere, affannarsi, perdersi, dentro il quale morire.
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